UMBERTO TOZZI: si aggiungono nuovi ospiti al cast dell’evento “40 ANNI CHE TI AMO”, il 18 SETTEMBRE all’ARENA DI VERONA. Sul palco anche AL BANO, FAUSTO LEALI e RAF, oltre ad ANASTACIA, ENRICO RUGGERI e MARCO MASINI!

UMBERTO TOZZI

“40 ANNI CHE TI AMO”

18 SETTEMBRE

ARENA DI VERONA

Un EVENTO UNICO per celebrare la carriera

di uno dei più grandi cantautori italiani!

 

Dopo ANASTACIA, ENRICO RUGGERI e

MARCO MASINI

NUOVI OSPITI!

AL BANO

FAUSTO LEALI

RAF

 

Biglietti in prevendita su TicketOne

Si aggiungono nuovi ospiti all’evento “40 ANNI CHE TI AMO”, che il 18 settembre all’Arena di Verona vedrà protagonista UMBERTO TOZZI che, accompagnato dagli amici e colleghi di sempre, celebrerà la sua carriera reinterpretando i suoi più grandi successi.

Sul palco insieme ad Umberto Tozzi saliranno, oltre ai già annunciati ANASTACIA, ENRICO RUGGERI e MARCO MASINI, anche AL BANO, FAUSTO LEALI e RAF, per un vero e proprio concerto-evento che si preannuncia come imperdibile.

I biglietti per “40 ANNI CHE TI AMO” sono disponibili in prevendita sul circuito TicketOne e nei punti vendita abituali. L’evento è prodotto da F&P Group, Momy Records, Concerto Music e Saludo.

 

Io te Francesca e Davide: Syria canta Ambra… con Ambra

“Ci sono cose che non si possono spiegare, quando accadono per magia e le vivi rimangono indelebili per sempre. Cantare con Ambra è un altro sogno importantissimo che si avvera, la stimo da sempre come donna, mamma ed attrice, che privilegio sono felicissima!” (Syria)

“Questa cover, importante per Syria e divertente per me, ha riunito gente di talento che amo molto e che grazie a questo pezzo torna a farsi sentire. Cecilia tra i miei numeri 1 per sempre.” (Ambra)
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Il brano è la cover di una canzone di Ambra pubblicata nel 1997 e fa parte dell’ultimo album di Syria IO+IO.
Ora ne arriva una nuova versione che vede collaborare le due artiste.
L’inedita collaborazione tra Syria e Ambra nasce da una regola matematica: due rette parallele che si sono incontrate all’infinito di una canzone.

Senhit: il 30 giugno arriva l’EP, poi un’estate di live e… calcio

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Uscirà il 30 giugno Hey Buddy, primo EP della cantante italo eritrea Senhit.
I brani, in gran parte prodotti da Brian Higgins (che ha lavorato tra gli altri con Kylie Minogue, Pet Shop Boys, Kaiser Chiefs), sono stati presentati in Italia e ad Amsterdam, Parigi, Manchester, Berlino e Londra.

Hey Buddy conterrà i singoli Something On Your Mind e Higher, prodotto da Corrado Rustici, gli inediti Went Out With A Bang e Last Tango e i remix di Living For The Weekend e Something On Your Mind.

In estate Senhit sarà inoltre impegnata con i live del Festival Show e negli appuntamenti di Giochi del calcio di strada, un torneo dedicato ai passatempi praticati nelle piazze e nei campetti, che arriva ogni weekend in una nuova città d’Italia e vede Senhit esibirsi come special guest con le sue canzoni, ma anche in veste di blogger e videomaker sui suoi social e, ogni sabato sera, porta sul palco l’energia dei sui brani electro pop.
Giochi del calcio di strada è un tour legato allo sport targato HelloSport e Calciatori Brutti.
Ogni weekend comincia il sabato mattina con tornei, conferenze e giochi, proseguendo fino a domenica sera (per informazioni info@calciodistrada.it – http://calciodistrada.it/).

Queste tutte le date: il 17 e il 18 giugno a Capo d’Orlando (Messina) in via Palermo, il 24 e il 25 giugno a Gaeta (Latina) nello Stadio Riciniello, l’1 e 2 luglio a Polignano a Mare (Bari) nel Piazzale Marco Polo, l’8 e 9 luglio a Finale Ligure (Savona) in Piazza Vittorio Emanuele II, il 15 e 16 luglio a Rimini in Largo Boscovich e il 22 e 23 luglio a Bibione (Venezia) in Piazza Zenith.

BITS-RECE: Chrysta Bell, We Dissolve. Anche gli alieni fanno pop?

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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La prima volta che l’ha vista esibirsi, a David Lynch è apparsa come la più bella aliena che avesse potuto immaginare, tanto che nel 2011 ci ha fatto un album insieme, This Train, in cui affrontavano gli orizzonti dell’electro-blues.
Adesso però Chrysta Bell ha fatto da sola e ha pubblicato il suo primo vero album da solista, We Dissolve.
Ora, io non so esattamente che musica facciano e ascoltino gli alieni lassù tra le galassie, ma posso dire che quella di Chrysta Bell è elegantissima, raffinata, senza essere mai superba. Un pop sognante e affusolato, foderato di velluto dai colori notturni.

Ci sono elementi elettronici, classici, blues, jazz, anche rock, tutti però lasciati scorrere sotto la superficie di melodie sornione e degne di una diva quale la signora pare essere. Non c’è ovviamente il pop facile facile, non ci sono pezzi “radiofonici” (che brutta parola!), ma non siamo neanche nell’universo dell’indie (altra brutta parola…) più prepotente.
A tratti il disco scintilla di chitarre, a tratti si fa rarefatto e più ipnotico, a tratti si scioglie in arrangiamenti orchestrali, mentre la voce della Bell non perde per un attimo la classe austera che probabilmente ha folgorato Lynch.
A dispetto del titolo, il singolo Gravity – piazzato in chiusura – è probabilmente il momento di maggiore slancio e forse il più ricco di echi del passato.
Il pop di lusso non è destinato solo alle élite. Ci voleva un’aliena per un’aliena per farcelo capire?

Luna: Fabri Fibra pubblica l’outtake realizzata con Mahmood

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Durante le sessioni di scrittura di Fenomeno, Fibra ha scritto e prodotto oltre 40 brani.
Fin dal momento in cui la tracklist definitiva del disco prendeva forma, alcuni brani, esclusi sono rimasti lì in evidenza, con un ruolo ben definito: avrebbero visto luce prima o poi, questa l’intenzione e la promessa.
Dopo Tony Hawk, dedicato al celebre skater, regalato in aprile nella settimana che precedeva l’uscita dell’album, tocca a Luna e alla sua storia.

Chiamare ospiti in un disco di rap credibile, oggi, in Italia, non è cosa semplice.
L’esigenza di avere una voce fuori dalla media italiana, talentuosa, anche impossibile da riconoscere, che definisse da sola il carattere di una canzone, superava ogni tipo di obiettivo commerciale.
Fibra ha invitato in studio Mahmood, incrociato solo in un passaggio tv a Sanremo l’anno precedente, per provare, senza pressione di classifica alcuna, un pezzo scritto a 4 mani.

E’ nato Luna, un pezzo dalla struttura non convenzionale: non una canzone normale, non un singolo, ma la fotografia dell’incontro spontaneo tra due artisti.

#MUSICANUOVA: I giocattoli, Il ragno

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Farsi piccolo piccolo per poter stare sempre accanto alla ragazza dei suoi sogni, sussurrarle parole all’orecchio e addirittura arrivarle al cuore e lì farci una tela.
È questo che raccontano I giocattoli nel loro ultimo singolo, Il ragno, un brano sottile, immerso in una limpida atmosfera pop-elettronica.

Il ragno arriva dopo alcuni mesi dall’esordio con Sulla neve, mentre per i prossimi mesi la band palermitana è attesa con il primo album.

BITS-RECE: Roger Waters, Is This The Life We Really Want? La banalità della bellezza

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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Quando ci si trova davanti a una leggenda, un colosso, un nome enormemente vasto anche solo nel pronunciarlo, si hanno due possibilità. O se ne parla avendo cognizione di causa e gli strumenti adatti, oppure ci si limita ad ascoltare e godere in silenzio della bellezza che sa regalare. La terza possibilità, tremenda, è quella di volerne per forza parlare tirando fuori solo banalità o, peggio, castronerie (o forse sono peggio le banalità?).

Di Roger Waters, così come dei Pink Floyd, non ho mai parlato, un po’ perché non fanno parte dei miei ascolti abituali e un po’ perché, lo dico senza paura, anche quando ce ne sarebbe stata la possibilità non me la sono sentita. Cosa posso dire io più di quanto non sia stato già detto (meglio) di una delle band più stratosferiche di ogni tempo? E ugualmente, cosa potrei dire io di realmente interessante della musica del suo bassista?
Però poi è capitato che l’ultimo album di Waters, Is This The Life We Really Want?, l’ho ascoltato e, porca miseria, come si fa non dire neanche una parola? Anche solo un “wow”? Quindi sì, mi prendo il rischio e due parole le scrivo.

Erano 25 anni che Roger Waters non pubblicava un lavoro di inediti e quando mi capitava di sentir parlare dei Pink Floyd una delle cose che sentivo dire più spesso era che la loro musica non ha nome e non ha tempo. Quella di Roger Waters altrettanto. Dopotutto, potrebbe non essere così?
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Is This The Life We Really Want? è uscito adesso, ma sarebbe tranquillamente potuto uscire quarant’anni fa o potrebbe uscire fra quarant’anni, e sarebbe stato esattamente così, perfettamente adeguato ai tempi e contemporaneamente al di sopra di essi, puro, innocente, di quella bellezza che c’è e basta, non ha bisogno di parole per farsi capire. Persino i Beatles, così rivoluzionari, sono in qualche modo passati di moda e hanno perso attualità, ma non i Pink Floyd, non Roger Waters.
È rock la musica di Roger Waters? (Erano rock i Pink Floyd?) È elettronica? Sperimentale? Avanguardistica? Classica? Acustica? Sono decenni che ce lo si domanda, senza che una risposta ci sia.
Al centro del suo nuovo album, c’è la critica alla società di oggi, c’è la rabbia, il disincanto. Il disco si apre con l’inquietante ticchettio di un orologio, su cui si sovrappone in stridente contrasto la musica, e in più punti affiorano voci di radio e televisioni, a richiamare il ruolo della stampa e della comunicazione nei giorni nostri. Waters – con una voce che spesso assomiglia a quella dell’ultimo Bowie – si chiede se è proprio questa la vita che avevamo sognato di vivere, se è questo il mondo che avevamo pensato di lasciare (il sottotesto rivolto a Trump è fin troppo evidente). Nella malinconicissima Déjà vu si mette addirittura nei panni di Dio, domandandosi cosa avrebbe fatto lui al suo posto.
Michela Monina, la voce più caustica e spietata della critica musicale italiana, ha definito il disco “di una bellezza abbacinante“, termine che gli prendo volentieri in prestito, aggiungendo solo che questa musica è come il sole all’alba: qualcosa di profondamente naturale eppure assolutamente straordinario, nudo, limpido e commovente.

Alcuni, più scettici, si chiedono dove stia il confine tra la musica dei Pink Floyd e quella di Waters come solista, come se fosse davvero necessario trovarlo questo confine, e non bastasse godere di questa bellezza.
E mi fermo qui, perché non serve dire davvero altro. Scusate la banalità.

BITS-RECE: Harry Styles, Harry Styles. C’è vita oltre la band

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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Non ho mai scritto degli One Direction. Solo una volta, qualche anno fa: scrivevo per un altro portale web e la richiesta della recensione era arrivata dal caporedattore. Per il resto, la band inglese l’ho sempre evitata come la peste. Atteggiamento snob e poco professionale? Può darsi, ma tant’è.

HarryStyles_JamieJamesMedinaCon la medesima linea di pensiero, avrei anche evitato di parlare del debutto solista di Harry Styles, se non fosse che di questo album hanno parlato tutti bene, troppo bene. E quando dico tutti non mi riferisco a magazine e blog destinati al pubblico teen, ma parlo dei principali organi di informazione musicale. Possibile che il primo album di un ragazzino di una boy band venga accolto con tanto entusiasmo? Qualcosa decisamente non mi quadrava, e con pensiero sono andato ad ascoltarmi Sign Of The Times, il primo singolo.
Beh, gente, se anche voi eravate tra quelli che vedevano in Styles l’ennesimo bambolino pop insipido, sappiate che dovete fare almeno un paio di passi indietro e rivedere le vostre convinzioni.
Non solo Sign Of The Times è una ballata di stupefacente magnetismo, ma l’intero disco è una sorpresa continua. Roba che se queste canzoni le avesse cantate un Robbie Williams o un Sam Smith saremmo tutti qui a osannarle senza se e senza ma. Intendiamoci, tra questo disco e il capolavoro c’è un buon tratto di strada, ma vi sfido a restarne indifferenti durante l’ascolto.
Nei suoi primi dieci brani firmati con il suo nome, Styles lascia da parte il pop facilone da stadio per cimentarsi con il soft rock, il folk e il country, e anziché riempirli di friccicorii e coriandoli li cosparge di toni crepuscolari, spesso malinconici, e addirittura vicini all’universo indie, con un effetto destabilizzante non da poco per chi – come me – ha sempre visto in lui solo un faccino da poster.

Davanti a tutto ciò, le domande che mi ronzano in testa sono almeno due: dov’è stato fino a ieri il vero Harry Styles? E come reagiranno le migliaia di fan sparse nel mondo di fronte a un così repentino salto stilistico? Il punto è che se questa è la via che il ragazzo ha scelto di seguire, non gli sarà difficile scrollarsi da dosso i pregiudizi del pop e farsi amico anche il pubblico della più conveniente scena rock.
Insomma, pare esserci vita oltre la band. Una vita completamente nuova.

Non ci credete, vero?

Queens Of The Stone Age a novembre in Italia

DOPO CENTINAIA DI LIVE EPICI

 
UN ANNO IN TOUR CON IGGY POP
 
L’ALBUM “…LIKE CLOCKWORK„ ALLA #1 IN USA E #2 UK
 
TORNANO A DISTANZA DI 4 ANNI CON UN NUOVO ALBUM E UN NUOVO TOUR
 

QUEENS OF THE STONE AGE
 
 
 SABATO 4 NOVEMBRE 2017
UNIPOL ARENA – BOLOGNA
 
 
Prezzo biglietto:
Parterre: €40+ diritti di prevendita
 Tribuna Numerata Ovest: € 50+ diritti di prevendita
Tribuna Numerata Est: € 50+ diritti di prevendita
 Tribuna Numerata Sud: € 50+ diritti di prevendita
Biglietti: Ticketone – www.ticketone.it – 892.101
I biglietti saranno disponibili dalle ore 09.00 di mercoledì 21 giugno su Io Vado Club (www.iovado.club) e My Live Nation (http://www.livenation.it) (previo utilizzo di codice)e dalle ore 10.00  di giovedì 22 giugno su www.ticketone.it
L’organizzatore declina ogni responsabilità in caso di acquisto di biglietti fuori dai circuiti di biglietteria autorizzati non presenti nei nostri comunicati ufficiali.
I Queens of The Stone Age, band capitanata da Joshua Homme, tornano in Italia per una data imperdibile SABATO 4 NOVEMBRE 2017 all’ Unipol Arena di Bologna.
 
 “Il titolo Villains non è una dichiarazione politica. È semplicemente 1) una parola fantastica e 2) un commento sulle tre versioni di ogni scenario: il tuo, il mio e quello che è successo davvero… Ognuno ha bisogno di qualcosa o qualcuno a cui dar contro, il proprio cattivo. Non puoi controllarlo. L’unica cosa che puoi controllare è quando lo lasci andare.”—Joshua Homme
 
Dopo centinaia di live epici, un anno in giro con Iggy Pop e  le nomination ai Grammy, i Queens Of The Stone Age riemergono dal deserto con il settimo album, “Villains”, (in uscita il 25 Agosto su Matador Records) accompagnato da un tour mondiale che li vedrà in Italia sabato 4 Novembre all’Unipol Arena di Bologna.
Prodotto da Mark Ronson, Villains è il primo album dei Queens Of The Stone Age da “…Like Clockwork” del 2013, album che ha portato la band per la prima volta al #1 posto in classifica in U.S. e al #2 in UK.
In “Villains” appare inconfondibile, come sempre, il sound rock’n’roll che la band porterà in giro per il mondo.
I Queens of The Stone Age sono Joshua Homme, Troy Van Leeuwen, Michael Shuman, Dean Fertita, Jon Theodore.