Fatti sentire: il ritorno “in volo” di Laura Pausini, tra ballate e reggaeton

lpcm2 mail
“Questo è un viaggio corto, ma ci tenevo a farlo con voi per farvi entrare per un giorno nella mia vita, fatta di voli in aereo anche tre volte al giorno”.

Laura Pausini accoglie così gli oltre 100 giornalisti imbarcati sul volo Alitalia AZ 2045, partito nella mattinata di giovedì 15 marzo dall’aeroporto milanese di Linate con destinazione Fiumicino. Meta finale il Circo Massimo, location scelta non certo a caso, visto che l’anteprima del tour mondiale si svolgerà proprio lì il 21 e 22 luglio.
Durante il tragitto in aereo Laura si è comportata da vera responsabile di cabina, leggendo gli annunci e servendo le bevande, ma soprattutto ha parlato per la prima volta di Fatti sentire, il suo tredicesimo disco in studio in italiano in uscita il 16 marzo. Un disco che arriva in un momento inaspettato: “La casa discografica si aspettava di uscire verso fine anno o addirittura l’anno prossimo, ma io i brani li avevo già pronti. Non è stato facile convincerli ad uscire adesso, ma sono contenta che alla fine mi abbiano appoggiato, anche nella scelta di comparire di spalle sulla copertina del singolo”.
FATTI SENTIRE
Dentro al nuovo album c’è la Pausini che conosciamo, ma anche quella che non ti aspetti: non per niente questo è l’album più vario che ha fatto in 25 anni di carriera. Lei non ha dubbi: Fatti sentire fa un passo in più in là rispetto a Simili, sotto ogni punto di vista. Musicalmente un lavoro molto eterogeneo, il nuovo album vede anche la presenza di numerosi autori, molti già all’opera con Laura da diversi anni (si veda alle voci Niccolò Agliardi e Virginio), altri acquisiti di recente (Enrico Nigiotti, Tony Majello). Si passa dalla ballad, territorio in cui Laura è abituata a muoversi e che l’ha portata molto lontana anche all’estero, a brani più rock, fino all’elettronica di E.STA.A.TE. e al reggaeton, come testimonia Nuevo. Un genere a cui però Laura non è del tutto nuova: già in Simili ce n’era stato un primo assaggio con Innamorata, firmata da Lorenzo Jovanotti, ma in quell’occasione lei aveva voluto mischiarci dentro un po’ di pop: qui invece il DNA urbano è puro, e proprio per questo la canzone è stata lasciata in spagnolo, dal momento che l’italiano “sarebbe suonato troppo finto.”
UB1A7905oklau mail

La decisione di spingersi su queste sonorità si deve anche, e forse soprattutto, alla frequentazione con Miami, città statunitense sulla cartina, ma latina nell’animo: “Stando spesso a Miami ascolto molto la radio e conosco quasi tutto il repertorio reggaeton del momento. Inoltre il reggaeton mi permette di affrontare anche temi più frivoli, leggeri, mentre le ballad restano più adatte per tematiche più serie e delicate, dove tra l’altro io mi sento più a mio agio. Sarà che ho le corde vocali italiane, tricolore, che mi fanno spingere sul volume, ma più una canzone affronta un tema profondo e serio più io vado fuori di testa”.
Una bella novità quindi: “Quando io ho iniziato, 25 anni fa, la ballate pop venivano criticate per essere troppo noiose, si preferiva altro, soprattutto all’estero. Oggi invece che imperversano le sonorità urbane, noi italiani siamo diventati più chic e raffinati”. È inoltre di pochi giorni fa l’uscita di un remix di Non è detto, opera della band cubana Gente de Zona: “Sono intervenuti sulla canzone cambiando anche testo e melodia, un’operazione forse mai fatta prima da un artista italiano. La collaborazione con loro mi inorgoglisce molto anche perché finalmente potrò andare a cantare a Cuba! Un sogno che ho da molti anni, ma che non ho mai potuto realizzare perché anche se oggi la situazione è più distesa che in passato, chi canta a Cuba ha poi difficoltà ad essere passato in radio a Miami: però mi hanno invitato loro, e non posso certo rifiutare! Accadrà molto, molto presto…”
Sessione studio-343OKL (Julian Hargreaves)
Impossibile poi non soffermarsi su Francesca (piccola aliena), sicuramente il momento più intenso del disco: “È un brano dedicato alla mia nipotina, morta lo scorso anno per una rara malattia genetica. Sua madre Roberta la chiamava così, piccola aliena, e ha inventato una storia fantastica per accompagnarla nella sua vita. I proventi della canzone andranno in beneficenza alla Onlus Bimbo Tu”. Al di là della varietà, c’è però un denominatore comune che lega tutti i brani: “In queste nuove storie c’è sempre qualcuno che deve fare una scelta, a volte anche dolorosa. Anche le canzoni più leggere presentano sempre un bivio, una decisione da prendere. E qualunque scelta tu possa fare, non accontenterai mai tutti. Inutile tentare di piacere per forza.”
Infine, una piccola sorpresa: quello in uscita adesso è solo il primo volume di un progetto di cui è previsto – ancora non si sa quando – un seguito.

Sul fronte live, l’agenda dei prossimi mesi si prospetta parecchio fitta di appuntamenti: l’anteprima sarà riservata all’Italia, con i due concerti al Circo Massimo di Roma il 21 e 22 luglio: “Appena mi è stata proposta la location ho detto sì, presa dall’entusiasmo, poi a mente fredda mi sono venuti un sacco di dubbi. Il Circo Massimo non è mai stato proposto a un artista italiano, e il rischio era quello di non riuscire a riempirlo, tirandomi dietro anche l’accusa che le donne non sono in grado di fare i concerti nei grandi spazi. Poi ho visto il numero di biglietti venduti, e la paura è passata”. A seguire, una serie di date all’estero, tra America Latina e Stati Uniti, per tornare poi in Italia e in Europa da settembre. Per le date italiane, Laura apre le porte a tutti gli autori che hanno preso parte alla scrittura dei brani: “Seguendo il titolo dell’album, voglio che tutti loro abbiamo la possibilità di farsi sentire davanti al mio pubblico aprendo i miei concerti con la loro musica.”
Lo spettacolo sarà sostanzialmente lo stesso per tutte le nazioni: ridimensionata la componente scenografica, che su richiesta dei fan più irriducibili si spoglia di ballerini e scenografie troppo imponenti per mettere al centro la musica. La vera difficoltà è ora quella di definire la scaletta: “Molti fan mi hanno chiesto di non fare più medley e di non mettere in scaletta i successi del passato, ma mi rendo conto che ci sono canzoni che non posso non portare in un mio live, perché so che c’è tutta un’altra parte del pubblico che se le aspetta. Di sicuro, voglio far sentire molto di questo disco.”

BITS-CHAT: Sotto un cielo di note azzurre. Quattro chiacchiere con… Enrico Giaretta

Enrico Giaretta_1_b
Per lui è stato coniato il termine di cantaviatore, ovvero un artista che divide la sua musica con la passione per il cielo e gli aerei. Enrico Giaretta alterna infatti i tasti del pianoforte ai comandi dell’aereo, essendo anche a tutti gli effetti un comandante di Alitalia.
Lo scorso 21 maggio è stato tra i protagonisti di Piano City Milano, il grande evento dedicato alla musica pianistica, durante il quale ha tenuto un concerto in cui, accompagnato da un coro di bambini, ha presentato anche l’Inno degli Amici cucciolotti e Black Rhino, il primo brano per bambini appositamente composto da Paolo Conte per sensibilizzare i più piccoli all’amore per gli animali.

E mentre le sorti di Alitalia tengono tutti con il fiato sospeso, Giaretta continua a solcare i cieli del mondo e quelli immaginari delle note, facendo tesoro delle parole che un giorno proprio Paolo Conte gli ha riservato.
Enrico Giaretta_2_b
La tua carriera si divide tra la passione per il pianoforte e quella per gli aerei, ma quale delle due è arrivata per prima nella tua vita?

Assolutamente la musica, credo sia arrivata quando ancora dovevo nascere. Mia mamma passava le giornate ascoltando Mozart, Verdi, Beethoven a volumi da stadio. Praticamente “condivideva” già allora con tutto il quartiere, e con me, nella sua pancia. All’età di 18 anni, ho scoperto gli aerei con il mio primo volo durante il servizio militare. Da allora ancora cammino guardando le nuvole. La mia testa è sempre li.

Quanto è difficile essere un “cantaviatore”, cioè dividersi tra due mondi così diversi?
Difficilissimo. I miei programmi di lavoro tra musica e volo sono schedulati al minuto. Non posso permettermi di perdere 10 minuti su un divano a guardare la televisione, ad esempio. La cosa che mi fa “soffrire” maggiormente è che circa 20 giorni al mese, dormo lontano dai miei figli e da mia moglie, nonché l’impossibilità di dedicare un pomeriggio per raggiungere il resto della famiglia divisa tra Latina e Civitavecchia. In particolare mia nonna, per la quale nutro una passione totale.

Quale dei due percorsi è stato più complicato da seguire? E quale invece ti ha riservato sorprese o soddisfazioni più grandi?
Per diventare un musicista ci vuole una vita. Una vita. Non si può intraprendere questo percorso in età adulta, per molti motivi sia cognitivi che muscolari e di apprendimento. Bisogna iniziare da giovanissimi, altrimenti si perde il treno e tutto va rimandato alla prossima vita. Per diventare pilota professionista, ci vuole una grandissima passione e tenacia, ma come nel mio caso si può iniziare anche a 40 anni. In 5 anni sono diventato pilota di linea e ho già volato 3 aerei completamente diversi. Dal P180 di K-air (compagnia di aerotaxi, ndr) al formativo ATR72 di Mistral Air, compagnia fondata da Bud Spencer, fino ad arrivare, con una selezione rigidissima, in Alitalia Cityliner su Embraer 190. Portare a spasso 50 tonnellate e oltre 100 passeggeri è un’emozione indescrivibile e una grande responsabilità. Ci vuole un grande rispetto per questo lavoro.

Mi piace molto il titolo del tuo ultimo lavoro, Scalatori di orizzonti: chi sono per te oggi, gli scalatori di orizzonti?
Così come dice il testo del brano che dà il titolo all’album, i veri scalatori di orizzonti sono i bambini, e per bambini si vuole intendere i bambini da zero a cento anni, così come recita lo slogan degli Amici Cucciolotti, la collezione di album e figurine per la salvaguardia degli animali. Loro, gli scalatori di orizzonti, sono stelle colorate che ci insegnano il cammino e anche il punto più lontano può sembrarti, più vicino. Grazie a Marcello Murru, che ha scritto questo brano insieme a me.

L’intero progetto, a cominciare dall’Inno degli Amici cucciolotti, è volto alla sensibilizzazione dei bambini all’amore per gli animali: cosa ti ha spinto ad abbracciare questa causa?
La grande amicizia con Dario Pizzardi, creatore di questa fantastica collezione, eticamente alta, didattica e fatta con estrema sincerità e purezza nei confronti dei giovani lettori e degli animali. Il grande amore per gli animali, spesso vittime indifese di noi umani, a volte distratti e poco sensibili al loro bisogno di attenzione. Gli animali, loro, ci amano a prescindere dalla nostra condizione economica, sociale, fisica e sono disposti a dare la loro vita per noi.
Enrico Giaretta_3_b
Se ti dico “Paolo Conte”, cosa rispondi?
Un uomo e un musicista di altri tempi. Una classe senza eguali. Generoso ed umile. Un giorno, ascoltando un brano da me scritto, Paolo Il Ferroviere, mi ha donato una frase, “Finalmente ho trovato un allievo”. Credo si sia pentito di averla detta dopo qualche minuto, ma ormai era troppo tardi, lo avevo già detto a tutti! Sono onorato della sua amicizia.

Facciamo un piccolo gioco: pensa a cinque città in cui sei atterrato per lavoro, e che ti hanno lasciato un ricordo particolare, e prova ad associare ad ognuna un brano musicale, tuo o di altri artisti.
Aeroporto di Victoria Falls, Africa. Il brano La fabbrica delle nuvole, uno dei brani a cui sono maggiormente legato, avendolo composto in uno dei miei numerosi viaggi in Africa, non da pilota ma da musicista. Mi ricorda Piero Wonger, un mio caro amico che mi ha fatto conoscere e girare il mondo facendo concerti ovunque.
Aeroporto di Noi Bai, Hanoi. In quel viaggio scrissi Roma Saigon. Toccai con mano la grande sofferenza di una guerra assurda, come del resto tutte le guerre lo sono.
Aeroporto di Milano Linate, una città meritocratica, che mi ha dato artisticamente molto. Il brano, “Quando Quando” di Pino Daniele, lo suonai con lui e Califano, in un concerto dove ci aveva invitato. Da allora lego a Milano quel brano e quel ricordo fantastico.
Aeroporto di Roma Fiumicino, il brano Roma nun fa la stupida stasera. Ogni volta che atterro a Fiumicino, vedo il ritorno a casa da mia moglie Carmela alla quale una volta ho dedicato questa fantastica canzone di Armando Trovajoli. Atterrando a Fiumicino inoltre passo sopra Civitavecchia. Li è sepolta mia mamma. Ci penso ogni volta che atterro.
Infine, aeroporto di Havana, Cuba. Li sono stato varie volte. Ho scritto un brano, in casa di Chucho Valdes, grazie a Edoardo Piloto, altro grande musicista. Si intitola semplicemente Havana. Devo dire che ho sempre avuto una grande fantasia per i titoli…

Allontanandoci un po’ dalla musica, che aria si respira in questo periodo nei corridoi di Alitalia?
Un’aria triste, qui c’è gente che ha dedicato una vita all’Alitalia. Un’aria di grande professionalità. Tutti nonostante il momento difficile passano giornate sui libri per aggiornamenti di rito che riguardano il personale di terra e di volo. Un’aria di passione e di speranza per tutte quelle persone che senza questo lavoro sarebbero perse. Comunque anche un’aria di speranza e di forza. Un’aria tersa, dove molte cose sono divenute più chiare, meno piacevoli, ma alla luce del sole è più facile orientarsi e guardarsi negli occhi. Capirsi, per ripartire insieme sotto un’altra luce.

Quali sono le emozioni a pochi giorni dal concerto in occasione di Piano City Milano?
Vivo la musica come una cosa naturale, nonostante ciò affronto ogni concerto con lo stesso terrore. Poi dopo i primi applausi mi rilasso, e do il meglio di me. Non mi risparmio mai, consegno tutto me stesso nelle mani di chi mi ascolta, consapevole che il mio pubblico sa manipolare i miei colori, con grande cautela e attenzione. Loro non seguono mode ne cliché. Io non li tradirò e loro non mi tradiranno. Un patto fatto di note azzurre.

Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione?
Il concetto di ribellione ha infinite chiavi di lettura. Ho sempre letto la ribellione in chiave di ” tenore”, da qualche anno l’ho trasposto in chiave di ” Do”. Apparentemente con un approccio più istintivo ma pieno di insidie e di colpi di scena. Sarà forse per i tagli addizionali che certe note richiedono… Scusate la metafora musicale.