“La nostra elettronica in minore”: arriva Detachment, il primo album degli Urban Strangers

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Li avevamo lasciati a dicembre con la vittoria sfumata nella nona edizione di X Factor, anche se poi si erano rifatti con il successo dell’EP Runaway. Adesso per gli Urban Strangers è tempo di ritorno. Il primo album si intitola Detachment, ed è una delle cose più lontanamente italiane che siano state finora partorite da ex concorrenti di talent. Forse solo Madh li aveva in questo anticipati.

Un disco molto poco italiano non solo per la lingua in cui sono cantati i 10 nuovi brani, l’inglese, ma anche per le ispirazioni elettropop che trasudano in ogni singola traccia e che a un ascolto ad occhi chiusi farebbero pensare all’ultimo lavoro di due teen idol d’Oltreoceano: “Forse nella musica italiana non c’è qualcosa di simile a ciò che proponiamo noi. Ascoltiamo tanta musica italiana, ma non ne siamo influenzati. Vorremmo riuscire a puntare all’Europa: è una sfida, perché il pubblico europeo è come una bestia che dobbiamo attaccare”.

I punti d’interesse di Detachment però non finiscono qui: il titolo infatti, che nella madrelingua suona come “Distacco”, fa riferimento alla voglia dei due ragazzi di esplorare le varie forme di allontanamento fisico, psichico e metaforico che si possono sperimentare nella vita. Un’esigenza che, come raccontano, è nata proprio in seguito alla partecipazione al talent di Sky, al termine del quale si sono ritrovati catapultati in una dimensione frenetica, con nuove pressioni da parte di discografici e fan, i tempi di lavoro ristretti, conseguenze fisiologiche della popolarità acquisita: “Dovevano prendere coscienza di quello che stava succedendo e di quello che stavamo facendo: la scrittura dei nuovi brani ha segnato in questo una ripresa e ci ha aiutati. Quando siamo andati a X Factor lo abbiamo fatto con la consapevolezza di ciò che eravamo e sapevamo fare, senza logiche di mercato: il programma comunque non ci ha plasmato, perché in questi casi sei tu a dover plasmare il programma, non viceversa”.
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Stupisce anche quell’aura di pessimismo e di dubbio che pervade i testi, tutte quelle domande esistenziali che di solito non si sentono nei lavori di altri ragazzi della loro (giovanissima) età: sentimenti freddi, nuvole emotive, incertezze sulla realtà e sul senso stessa dell’esistenza. Nel primo singolo, Bones, il protagonista chiede se l’altra persona lo riconoscerà anche quando di lui resteranno solo delle ossa fredde. Un po’ come si domandava tanti anni fa Eric Clapton, ma qui suona molto più sinistro e un po’ meno poetico.

Amiamo distruggerci con il pensiero, abbiamo l’attitudine a farci domande e spesso tendiamo ai suoni in minore, ma non siamo depressi, sappiamo anche divertirci”. E in effetti il mondo degli Urban Strangers è fatto di contrasti e abbinamenti talvolta singolari. Se già il loro nome racchiude un ossimoro, non può sfuggire la collocazione di un pezzo come Intro piazzato proprio sul finale: “Fa parte del nostro modo di vedere la realtà, capovolgendo le cose, è un’espressione del non sense in cui viviamo, la voglia di non avere regole e divertirci”.
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Tra le forme di distacco di cui si parla, anche quella sensoriale della marijuana, raccontata in Bare Black Tree: “Come molti adolescenti, anche noi ne facciamo uso, e quel brano è stato scritto in uno di quei momenti, è un’immagine nata da quella suggestione: anche questa è una forma di distacco dalla realtà”.

Nessun brano in italiano per ora: “Ci stiamo provando, ma non ci siamo ancora arrivati. Forse in futuro, e chissà, magari lo scriveremo in maggiore”.

BITS-CHAT: “Voglio darvi la bella copia”. Quattro chiacchiere con… Ketty Passa

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Ketty Passa
è la cantante con i capelli blu.
Oddio, in realtà è molto di più, ma questa è la prima cosa che salta all’occhio appena si incrocia il suo sguardo, e soprattutto questo è l’elemento che la rende immediatamente riconoscibile.

Ma Ketty Passa è molto di più perché con la musica non ci ha a che fare solo come interprete, ma anche come conduttrice in radio e TV e dj in alcune serate di milanesi. Ultimo incarico che le è stato assegnato in ordine di tempo è la selezione musicale per il nuovo programma di Rai2 Nemo-Nessuno escluso. Insomma, è una che nella musica ci sguazza dentro in pieno.
Nel 2013, insieme ai Toxic Tuna ha pubblicato il suo primo album, #CANTAKETTYPASSA, e ora, a distanza di tre anni, si prepara al ritorno: questa volta però lo fa da sola, e con uno stile tutto nuovo.
Per pubblicare il nuovo album e dare al pubblico la “bella copia” del CD, ha accettato la proposta dei fondatori di Musicraiser Giovanni Gulino dei Marta sui tubi e della sua compagna Tania Varuni, dj e produttrice, che, rimasti entusiasti dei primi ascolti, l’hanno esortata a dare il via alla missione #kettypassainloop, iniziata a fine settembre e attiva fino al 25 novembre.
Per chi si offrirà di finanziare il progetto, sono previsti numerosi pacchetti di offerte, dall’edizione speciale dell’album fino a una cena e al dj set privato. Tutte le info a questo link.

Ti avevamo lasciata nel 2013 con il tuo precedente album, #CANTAKETTYPASSA e ti ritroviamo ora pronta a fare un nuovo passo con un disco che si preannuncia molto diverso: cosa è successo in questo periodo?
L’esperienza con la band è stata bella, ma difficile, e alla fine non abbiamo trovato l’incastro giusto. Già subito dopo il tour era emersa l’esigenza da parte di alcuni di prendere altre strade: così, senza nessun tipo di rancore, abbiamo abbandonato il progetto e io mi sono messa a pensare a cosa avrei voluto fare davvero come cantante. Quello che da tempo volevo proporre era qualcosa che mischiasse pop, elettronica e hip hop: io lo definisco urban, ma solo perché ha uno stile piuttosto street e si rifà all’America, con il cantato a volte punk, a volte melodico.

Un genere non proprio frequente in Italia: come hai trovato la chiave giusta per lavorarci?
Ho iniziato in studio, accompagnata dal mio produttore, Max Zanotti, la persona che più di tutti ha creduto in questo progetto dall’inizio. Anche per lui era una scommessa, perché ha sempre avuto a che fare con tutt’altra musica, mentre qui si trattava di mettere insieme melodia su basi elettroniche piuttosto ritmate, spinte, che di solito in Italia sono usate dai rapper. E’ anche per questo che ci ho messo due anni a fare il disco.

Difficoltà particolari che hai incontrato?
La lingua: l’italiano non è spigoloso come l’inglese, è rotondo, e adattarlo a quella musica non è stato facile, ho dovuto lavorare molto in quel senso, cercando di adattare le parole alle basi che mi arrivavano da musicisti che lavoravano nell’ambito dell’hip hop. Per creare l’atmosfera mi sono ispirata molto a Gwen Stefani, M.I.A., Kimbra, ma anche Rihanna e Beyoncé. Tra i pezzi meglio riusciti c’è Sogna, il primo singolo, dove sono riuscita a trovare il linguaggio perfetto, mentre in altri casi ho dovuto rispettare un po’ di più le esigenze dell’italiano e mi sono adeguata a un andamento più melodico. Anche i temi che affronto sono molto diversi: nei 10 pezzi nuovi ci sono canzoni più allegre, altre più intime, in un’altra parlo di come sia difficile portarsi dietro la propria diversità nella società di oggi abituata a ragionare in franchising.

E sei poi arrivata a Musicraiser…
Per questo album ho lavorato in maniera diversa rispetto a prima, andando in studio e non più in sala prove, e tutto questo ha un costo: sono stata contattata da Giovanni Gulino e Tania Varuni di Musicraiser e mi è sembrato un buon modo per sostenere le spese e avere una nuova visibilità. La parte economica in un progetto discografico ha un grande peso e le operazioni messe in atto da piattaforme come questa sono un grandissimo aiuto, soprattutto per gli artisti come me che non hanno alle spalle case discografiche che possano finanziare il lavoro. Ho posto un obiettivo piuttosto ambizioso, 10.000 euro, che mi serviranno per coprire una parte delle spese che ho già sostenuto e darmi la possibilità di realizzare anche un paio video. Fare musica è anche un investimento su di sé, per cui molto ho già investito di mio: aderire a Musicraiser mi permetterà di avere più visibilità e poter dare al pubblico la “bella copia” del disco. La campagna si chiuderà il 25 novembre e ho previsto numerosi pacchetti per chi deciderà di aiutarmi a portare a termine il progetto. Voglio che le persone siano invogliate a finanziare la mia missione, non voglio sono elemosinare.
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A Musicraiser sei arrivata dopo aver ricevuto la proposta di Giovanni e Tania: prima non ci avevi pensato?
No, non ero molto convinta: di solito alle cose devo arrivarci da sola, con i miei tempi, e in questo caso non pensavo che potesse fare al caso mio. Poi invece i ragazzi di Musicraiser mi hanno contattata ed erano molto entusiasti dei provini che hanno ascoltato e così ho deciso di mettermi in gioco: mal che vada, se non raggiungo l’obiettivo, resto a zero come sono ora. Sarà forse un po’ avvilente, ma è un tentativo. D’altra parte, l’alternativa sarebbe stata quella di aprire un mutuo. Mi ha aiutato molto anche il fatto di aver incontrato l’etichetta 22R con la quale si è instaurato un rapporto di fiducia. In questa campagna mi sto impegnando tantissimo, sto mettendo tutta me stessa, tutta la creatività che ho, anche per creare pacchetti esclusivi e ricchi da proporre: tra i progetti c’è anche quello di creare delle strisce di fumetto in cui racconto una storia. Per ora non posso dire molto, ma sarà una cosa molto divertente che sto preparando insieme a un tatuatore: riguarderà uno dei brani e avrà come protagonisti una bambina e un animale.

E’ stato difficile trovare musicisti adatti al tipo di musica che volevi proporre in questo album?
Più che dal punto di vista pratico, la difficoltà è stata soprattutto trovare chi volesse fidarsi e mettersi in questo progetto: mi rendo conto che proporre brani urban non sia facile in Italia, e devo dire che in effetti molti non capiscono, sono convinti che la musica italiana non sia pronta. Io però sapevo di non voler fare quello che fanno le altre cantanti: è vero, dopotutto faccio pop, per cui i punti di contatto ci saranno, ma io voglio proprio fare musica con un linguaggio diverso, e sono curiosa di vedere come verrà recepita questa operazione.
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Pensi che Musicraiser possa rappresentare il futuro della discografia?
Sì, ma più che Musicraiser penso che sia il web in generale a rappresentare il domani della discografia. Prendiamo il caso di Salmo: quando lui è arrivato, il suo tipo di musica non lo proponeva nessuno, lo ha portato lui, e oggi è entrato in una major. Le grandi realtà discografiche ormai servono soprattutto a supportare fenomeni già esistenti, lavorano con i talent, ma non presentano cose nuove, e questo per meccanismi di mercato che posso anche comprendere, ma che non aiutano a portare qualcosa di diverso. In passato ho ricevuto proposte per partecipare a dei talent, ma ho capito che se avessi accettato sarei entrata in logiche più grandi di me e come artista sarei morta. Non mi serviva avere quella visibilità e non avevo voglia di farmi scrivere le canzoni da altri.

Prima accennavi a un brano dell’album che tratterà il tema della diversità: secondo te che cosa fa paura alle persone nell’essere diversi?
Essere diversi vuol dire sentirsi continuamente sbagliati: noi umani siamo brutti, sviluppiamo una serie di convenzioni sociali che ci portano al confronto, al giudizio verso gli altri. Lo facciamo tutti, nessuno escluso. Essere diverso ti porta a vivere con più difficoltà anche nel concreto, perché magari sei tentato di fare scelte meno convenienti economicamente ma più stimolanti. Essere diversi è difficile proprio dal punto di vista pratico, mentre una vita facile è quella che porta gli altri a non giudicarti e romperti le palle.
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A proposito del caso di Tiziana Cantone, sulla tua pagina Facebook hai scritto: “il problema non sono i social, sono le persone”. Non pensi però che i social abbiano amplificato l’imbarbarimento della società?
Certo, perché, come dicevo, siamo tutti prontissimi a scagliarci sugli altri per nasconderci, anche se commettiamo gli stessi errori. L’indole umana porta a puntare il dito per sentirsi puliti, mentre si sta perdendo la capacità di autocritica: dietro allo schermo di un computer siamo tutti coraggiosissimi, ma non riusciamo a reggere il confronto diretto. In questo caso specifico, la ragazza è stata convinta a essere lei dalla parte del torto, mentre la vera colpa in questa storia è stata mettere on line un video senza il suo consenso, quello è un reato! Il senso di colpa per quello che si vedeva in quel video è stato però così grande che Tiziana si è tolta la vita, ed è gravissimo. Per questo ho scritto che il problema non sono i social, ma le persone che li usano e il modo in cui li usano. Siamo fatti male, siamo fatti per spiare e giudicare, e Facebook non è altro che lo specchio di questo comportamento.

Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato ha per te il termine “ribellione”?
E’ difficile spiegarlo: sono molto diversa da come appaio, posso sembrare estroversa e ribelle, ma sono molto più tranquilla. Forse ribellarsi è portare avanti dei valori che riconosci in te, ma di cui non trovi riscontro nella società. Ribellarsi può essere anche avere il sogno della musica, ma andare a lavorare in ufficio se il tuo paese non ti offre le condizioni per farlo in totale libertà o se l’unica alternativa è andare in un talent. Ecco, io ho ancora la lucidità di dire no.

20 anni di Placebo

Quando una band taglia il traguardo dei 20 anni di carriera (dove per carriera si intende l’essere artisticamente viva e vegeta, e non tirare a campare tra tristi amarcord) vuol dire che qualcosa da dire ce l’aveva davvero e che piccolo o grande il suo segno nella storia della musica e nella memoria del pubblico l’ha lasciato.

In questo 2016, tra chi arriva a questa tappa ci sono i Placebo: era infatti il giugno del 1996 quando uscì il loro primo, omonimo album. Potevano essere una delle tante band per giovincelli rabbiosi e pieni di voglia di rivalsa, e scomparire nel giro di qualche mese (a quanti è capitato di fare questa fine?) e invece no. Il progetto di Brian Molko è andato avanti diffondendosi in tutta Europa e raccogliendo consensi anche Oltreoceano.
Quello dei Placebo è sempre stato un rock acido, abrasivo, a volte provocatorio (ve la ricordate la chitarra spaccata in diretta TV a Sanremo nel 2001, sotto gli occhi increduli della Carrà?), guidato dal carisma androgino e ribelle del leader della band, che con la sua voce spigolosa ha fatto delle canzoni del gruppo un tratto di forte riconoscimento.
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20 anni di musica trascorsi tra melodie agrodolci, nostalgiche, arrabbiate, ma anche bellissimi episodi struggenti e sensuali, brani sbattuti da venti freddissimi e colate di amore crudele; ma anche 20 anni passati senza dimenticarsi che dopotutto il musicbiz non si accontenta solo della musica, ma pretende ed esige pure un’attenzione alla presentazione, alla “copertina”, insomma, all’immagine. E i Placebo la loro immagine l’hanno dipinta con tonalità ombrose, con le tinte dei grigi e dei neri, mettendo in primo piano il volto da ambiguo angelo peccatore (ma mai davvero da demonio) di Molko, il suo colore pallido, le sue unghie nere. Emblema dei Placebo resterà forse per sempre il fortissimo video di Pure Morning, il pezzo che ha dato alla band la vera notorietà, con Brian sul ciglio di un cornicione, pronto a buttarsi nel vuoto.
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Per celebrare e riassumere questo importante anniversario, escono in contemporanea due lavori. Da una parte l’EP Life What You Make It, che include 6 tracce tra cui il nuovo singolo Jesus’ Son, due recenti versioni live di Twenty Years e tre cover, dall’altra parte la maxi raccolta A Place For Us To Dream, che in due CD racchiude in 36 brani tutta la storia del gruppo, dal primissimo singolo Bruise Pristine fino all’ultimo inedito.
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Curioso che, tra le poche canzoni rimaste escluse, ci sia proprio Twenty Years, l’inedito pubblicato in occasione del decennale e che proprio in questa occasione sarebbe stato il perfetto coronamento.

Lazarus Cast Album: il 21 ottobre arriva l’album con le canzoni del musical

In vista della prima del musical Lazarus in Gran Bretagna, in programma l’8 novembre al King Cross Theatre di Londra, esce la versione dei brani di David Bowie del cast e della band della produzione originale di New York. Il disco, intitolato Lazarus Cast Album, uscirà il 21 ottobre.

Oltre ai classici di Bowie interpretati dal cast del musical, il disco contiene anche le ultime tre incisioni in studio di David. Prodotte da Bowie e Tony Visconti e registrate con Donny McCaslin e il suo quartetto, la stessa formazione che ha suonato su ★ di Bowie, queste ultime tre canzoni – No Plan, Killing A Little Time e When I Met You – rappresentano l’ideale completamento delle performance del cast teatrale.
L’album include anche la versione di Lazarus contenuta in ★.
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L’album ★ è candidato al Mercury Prize 2016 e, nell’ambito della cerimonia di premiazione che si terrà il 15 settembre, Michael C. Hall eseguirà Lazarus insieme a Henry Hey e alla band della pièce teatrale.
Il Lazarus Cast Album è interpretato da Hall, Caruso, Cristin Miloti, Michael Esper e altri componenti del cast, accompagnati dalla band di 7 elementi formata apposta da Hey per le rappresentazioni newyorkesi del musical.
L’album è stato inciso l’11 gennaio 2016. Entrati in studio di registrazione, i musicisti e il cast sono rimasti sconvolti nell’apprendere della morte di Bowie avvenuta la sera prima, e il disco cattura le loro straordinarie performance ricche di emotività.

L’artwork dell’album è curato da Jonathan Barnbrook, che aveva già lavorato con Bowie per ★, The Next Day, Heathen e Nothing Has Changed.

Scritto da Bowie ed Enda Walsh, diretto da Ivo Van Hove e prodotto da Robert Fox, lo spettacolo Lazarus ha debuttato il 7 dicembre 2015 al New York Theatre Workshop.
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Tracklist
CD 1:

1. Hello Mary Lou (Goodbye Heart) – Ricky Nelson
2. Lazarus – Michael C. Hall & Original New York Cast of Lazarus
3. It’s No Game – Michael C. Hall, Lynn Craig & Original New York Cast of Lazarus
4. This Is Not America – Sophia Anne Caruso & Original New York Cast of Lazarus
5. The Man Who Sold The World – Charlie Pollack
6. No Plan – Sophia Anne Caruso
7. Love Is Lost – Michael Esper & Original New York Cast of Lazarus
8. Changes – Cristin Milioti & Original New York Cast of Lazarus
9. Where Are We Now – Michael C. Hall & Original New York Cast of Lazarus
10. Absolute Beginners – Michael C. Hall, Cristin Milioti, Michael Esper, Sophia Anne Caruso, Krystina Alabado & Original New York Cast of Lazarus
11. Dirty Boys – Michael Esper
12. Killing A Little Time – Michael C. Hall
13. Life On Mars – Sophia Anne Caruso
14. All The Young Dudes – Nicholas Christopher, Lynn Craig, Michael Esper, Sophia Anne Caruso & Original New York Cast of Lazarus
15. Sound And Vision – David Bowie
16. Always Crashing in the Same Car – Cristin Militia
17. Valentine’s Day – Michael Esper & Original New York Cast of Lazarus
18. When I Met You – Michael C. Hall & Krystina Alabama
19. Heroes – 4:43 – Michael C. Hall, Sophia Anne Caruso & Original New York Cast of Lazarus

CD 2:

1. Lazarus – David Bowie
2. No Plan – David Bowie
3. Killing A Little Time – David Bowie
4. When I Met You – David Bowie

Edizione in vinile: 
LP 1 lato A:
1. Hello Mary Lou (Goodbye Heart) – Ricky Nelson
2. Lazarus – Michael C. Hall & Original New York Cast of Lazarus
3. It’s No Game – Michael C. Hall, Lynn Craig & Original New York Cast of Lazarus
4. This Is Not America – Sophia Anne Caruso & Original New York Cast of Lazarus
5. The Man Who Sold the World – Charlie Pollack

LP 1 lato B:
1. No Plan – Sophia Anne Caruso
2. Love Is Lost – Michael Esper & Original New York Cast of Lazarus
3. Changes – Cristin Milioti & Original New York Cast of Lazarus
4. Where Are We Now? – Michael C. Hall & Original New York Cast of Lazarus

LP 2 lato C:
1. Absolute Beginners – Michael C. Hall, Cristin Milioti, Michael Esper, Sophia Anne Caruso, Krystina Alabado & Original New York Cast of Lazarus
2. Dirty Boys – Michael Esper
3. Killing a Little Time – Michael C. Hall
4. Life On Mars? – Sophia Anne Caruso
5. All the Young Dudes – Nicholas Christopher, Lynn Craig, Michael Esper, Sophia Anne Caruso & Original New York Cast of Lazarus

LP 2 lato D:
1. Sound and Vision – David Bowie
2. Always Crashing in the Same Car – Cristin Militia
3. Valentine’s Day – Michael Esper & Original New York Cast of Lazarus
4. When I Met You – Michael C. Hall & Krystina Alabama
5. Heroes – Michael C. Hall, Sophia Anne Caruso & Original New York Cast of Lazarus

LP 3 lato E (un solo lato):
1. Lazarus – David Bowie
2. No Plan – David Bowie
3. Killing a Little Time – David Bowie
4. When I Met You – David Bowie

Briga oltre il rap: “La confusione nutre il talento”

Qualunque idea poteste avere di Briga fino ad oggi, cancellatela perché molto probabilmente è sbagliata. Io per primo mi son dovuto ricredere alla grande dopo aver ascoltato il suo ultimo lavoro, Talento.
Lo ricordavo piuttosto spocchiosetto nella sua uniforme di Amici, impegnato a raccogliere applausi e battibeccare con la Bertè, e l’ho ritrovato oggi con addosso un elegante completo scuro, ma soprattutto una maturità e una consapevolezza che non avevo ancora visto in lui.
Il fatto è che Talento, questo disco che – per sua stessa ammissione – ha un titolo ambizioso e insolente, è un lavoro che va ben oltre il rap. Anzi, il rap è solo una delle sue tante componenti, perché dentro c’è molto, molto altro, dalle influenze delle rock britannico all’elettronica, ma soprattutto tantissima melodia e testi a dir poco spiazzanti.
Se il brano che ha aperto il nuovo corso della carriera di Briga, Baciami, era niente di più e niente di meno di un pezzo estivo, tra le 13 tracce (17 nella versione deluxe) che firmano il disco si passa anche attraverso un pezzo cantato come Diazepam, in cui l’artista Briga e l’uomo Mattia si annullano totalmente al servizio di un amore malato, oppure Bambi, l’episodio più folle in assoluto, con tanto di omaggio ai Pink Floyd, o ancora Mily.

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Briga si è pure preso il lusso di assoldare un quartetto d’archi che ricompare in più di un pezzo, ed è evidentemente che il lavoro dietro a questo album è stato notevole. Mentre ne parla, a Briga/Mattia brillano gli occhi, in lui traspare tutto l’orgoglio per la consapevolezza di aver fatto qualcosa di nuovo, di diverso, e di aver per questo accettato la sfida, ben conscio che l’ombra del talent c’è, e resterà a lungo, ma anche che il compito di un artista è quello di trascinare il suo pubblico, e non viceversa. Se un ascoltatore, messo a davanti a queste tracce, ne “skipperà” anche solo una, quella sarà una sconfitta per il brano, ed è ciò che Briga e la sua squadra si sono imposti di evitare.
Talento è nato in nove mesi di lavoro in studio portati avanti anche durante il tour, con la stessa tenacia con cui un falegname ogni giorno entra in officina anche quando non deve soddisfare una commissione ma si mette a battere con lo scalpello per creare qualcosa. Non c’era tempo di chiudersi in se stesso, tanto era accaduto dopo il talent, e la paura che la vita avesse esaurito le sue sorprese c’era, anche se Briga non ha ancora raggiunto il traguardo dei trent’anni.
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Un album oltre il rap, quindi, ma che dal rap parte, perché è Briga che parte da lì, da quel mondo in cui ognuno dice la sua verità, forse discutibile, ma pur sempre una verità, proprio come facevano i cantautori di qualche generazione fa.
Tantissimi gli ospiti, dai “colleghi” Gemitaiz, Sercho, Clementino, Gemello, a nomi del pop e del rock, come Grignani, Lorenzo Fragola (che del suo pezzo si è fatto anche coautore, in una giornata di otto ore filate in studio) e Alessio Bernabei.

Dobbiamo quindi salutare il rapper Briga? No, dobbiamo salutare semmai il Briga solo rapper o solo artista pop o solo cantautore, in nome di un libero eclettismo che lo porta dal brit pop degli amati Oasis ai suoni dei Radiohead, fino all’elettronica acida.
Anche questo è talento, vivere in mezzo a questo mare sconfinato, a questa eterna confusione. Perché la confusione nutre il talento.

BITS-RECE: Loredana Errore, Luce infinita. Quando l’anima brucia di vita

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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C’è una cosa di Loredana Errore che mi ha fatto sentire in lei una sintonia fin dal primo momento in cui l’ho sentita cantare. Era ad Amici, ormai alcuni anni fa, e quando partiva la base di un brano, dalla sua bocca usciva una particolare commistione di brama di vita, gioia, ma anche un dolore avito, una sofferenza che sembrava covare in lei da sempre. E in ogni singola parola che pronunciava cantando, tutto questo veniva fuori con una forza impressionante. Stupendo e terribile insieme. Sicuramente un attaccamento alla vita, prima che alla musica, unico.

Oggi che il tempo è passato e che Loredana ha da poco attraversato un momento personale delicatissimo come lo può essere un incidente stradale di quelli tremendi, tutto questo è rimasto intatto. Nelle nove tracce del suo ultimo album, Luce infinita, quell’attaccamento alla vita si è fatto ancora più robusto, ha tirato fuori ancora di più le unghie e le infilate nella terra.
Il modo che ha Loredana di vivere le canzoni che interpreta è di quelli viscerali, che non ammettono mezze misure: o c’è tutto o non c’è nulla. Lo si sente nelle singole parole, nel modo che ha di mordere le sillabe, trascinarle, strapparle.
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Ci vuole coraggio per riprendersi il cielo, urla in Nuovi giorni da vivere, il primo singolo, e questa frase basterebbe da sola a riassumere l’anima di questo album che ci riconsegna dopo alcuni anni di silenzio un’artista preziosissima, tanto battaglierà quanto fragile.

Loredana canta d’amore, canta di vita, di perdite, di conquiste, di sconfitte, di sorrisi ritrovati, e in lei si sente, costante, una sincerità lucida, limpidissima, quasi abbagliante da guardare in faccia. La rivisitazione di Dio come ti amo di Modugno è quanto di più personale ci possa essere, Luce infinita è un violento vortice d’amore, Lo sguardo stupendo, dedicata alla madre, è invece un pugno d’amore tirato dritto nello stomaco del cielo, fino a farlo sanguinare.

La bellezza di Loredana Errore è che di artisti così in giro non se ne trovano molti, sono rari, rarissimi, perché le anime come la sua sono quelle così grandi da avere il coraggio di spogliarsi, farsi scivolare addosso l’armatura e mostrare i lividi, le cicatrici e i morsi ricevuti. E sorridere meravigliosamente.

E’ grazie ad anime così che la musica prende fuoco.

#MUSICANUOVA: Fiorella Mannoia,Combattente

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Arriverà il 4 novembre Combattente, il nuovo album di Fiorella Mannoia, già anticipato dal singolo che gli dà il titolo, una potente esortazione alla lotta.

“E’ una regola che vale in tutto l’universo
chi non lotta per qualcosa ha già comunque perso
e anche se la paura fa tremare
non ho mai smesso di lottare.”

Molte le “firme” che hanno collaborato alla realizzazione dell’album, autori della nuova generazione, ma anche storici nomi della canzone d’autore: Ivano Fossati, con il quale Fiorella torna a collaborare, Giuliano Sangiorgi, Federica Abbate, Cheope, Fabrizio Moro, Amara, ma anche la stessa Fiorella Mannoia insieme a Bungaro e Cesare Chiodo.

Blue & Lonesome: il ritorno dei Rolling Stones

Il 2 dicembre i Rolling Stones pubblicheranno il primo album di studio dopo più di dieci anni, Blue & Lonesome.

Registrato in soli 3 giorni a Londra, l’album riporta la band alle sue origini e alla passione per la musica blues, musica che è sempre stata il cuore e l’anima dei Rolling Stones: è stato prodotto da Don Was e The Glimmer Twins, ed è disponibile per il pre-order in tutto il mondo su rollingstones.com.
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Il loro approccio al disco è stato quello di volere un album spontaneo che suonasse come un live in studio, senza sovraincisioni.
La band Mick Jagger (vocals & harp), Keith Richards (guitar), Charlie Watts (drums), and Ronnie Wood (guitar) ha raccolto accanto a se musicisti che hanno suonato per molto tempo in tour con loro come Darryl Jones (bass), Chuck Leavell (keyboards) and Matt Clifford (keyboards) e in due delle 12 tracce il vecchio amico Eric Clapton, che era nello studio accanto a registrare il suo album.

Questa la tracklist completa:

1. Just Your Fool (Original written and recorded in 1960 by Little Walter)
2. Commit A Crime (Original written and recorded in 1966 by Howlin’ Wolf – Chester Burnett)
3. Blue And Lonesome (Original written and recorded in 1959 by Little Walter)
4. All Of Your Love (Original written and recorded in 1967 by Magic Sam – Samuel Maghett)
5. I Gotta Go (Original written and recorded in 1955 by Little Walter)
6. *Everybody Knows About My Good Thing (Original recorded in 1971 by Little Johnny Taylor, composed by Miles Grayson & Lermon Horton)
7. Ride ‘Em On Down (Original written and recorded in 1955 by Eddie Taylor)
8. Hate To See You Go (Original written and recorded in 1955 by Little Walter)
9. **Hoo Doo Blues (Original recorded in 1958 by Lightnin’ Slim, composed by Otis Hicks & Jerry West)
10. Little Rain (Original recorded in 1957 by Jimmy Reed, composed by Ewart.G.Abner Jr. and Jimmy Reed)
11. Just Like I Treat You (Original written by Willie Dixon and recorded by Howlin’ Wolf in December 1961)
12. *I Can’t Quit You Baby (Original written by Willie Dixon and recorded by Otis Rush in 1956)

Mefa, i nuovi occhi del rap

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Guardatelo bene negli occhi.
Ha solo 17 anni, ma ha già una personalità più che definita.
Mefa è una delle nuove sorprese del rap italiano.

Attitude,  il suo album d’esordio, è un disco personale e sentito dove il ragazzo ha voluto scavare nel profondo arrivando fino alla parte più buia del proprio io, in un viaggio tra gli angoli oscuri della sua anima. Le dodici tracce sono tutte legate da tematiche scomode e reali, una caduta verso gli inferi affrontando e vincendo le proprie paure.
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I beat moderni e futuristici scivolano tra sperimentazione elettronica, echi di trap e un uso attento dell’autotune che supporta e impreziosisce il flow del rapper fiorentino.

Le strumentali dell’album, tranne Comodo affidata a Supreme, sono state prodotte da Noone, che è anche fondatore del collettivo Young Minds, factory creativa tra Roma e Firenze di cui fa parte Mefa e che raccoglie musicisti, producer, artisti e videomaker.

Love Life Peace: i colori del jazz secondo Gualazzi

La versione fisica dell’album si può scomporre e montare per formare un piccolo pianoforte in 3D. Una chicca, soprattutto in un’epoca in cui il CD vede sottrarsi terreno dall’mp3 e dal vinile. Ma Raphael Gualazzi, uno che trai vizi non ha esattamente quello di seguire la moda “tanto per”, è andato un po’ controcorrente e per Love Life Peace l’ha fatto.Forte del successone – forse inaspettato – del singolo estivo L’estate di John Wayne, il jazz man torna con un nuovo lavoro di inediti, all’interno del quale trovano spazio tantissimi stimoli musicali: si va ovviamente dal jazz, che la fa da padrone, passando per le atmosfere della bossanova in Buena Fortuna cantata insieme a Malika Ayane, le orchestrazioni di ispirazione morriconiana in Quel che sai di me e la psichedelia fusa al lounge della titletrack Love Life Peace & You, e ai suoni vintage analogici di Right To The Dawn.

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Tra le tracce più interessanti, Mondello Beach, un curioso esperimento che si rifà chiaramente al celebre jazz italo-americano introdotto di Nick La Rocca (la canzone è rigorosamente in dialetto siciliano-americano), e L’estate di John Wayne e Disco Ball, due “divertissment” come li definisce lui, che si rifanno a sonorità danzerecce e, nel caso dell’ultimo pezzo, alla disco degli anni ’80.

A proposito del singolo che quest’estate ha infiammato le radio, Gualazzi ci riconosce dentro una certa malinconia per un mondo passato, tra Fellini, Warhol e i figli delle stelle, ma anche la consapevolezza che sono proprio certi elementi cristallizzati nel tempo a rendere unico il panorama dell’Italia, proprio come i paesini rurali di certi film di Fellini.
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E riguardo al titolo, che scomoda termini tanto impegnativi, quelle tre parole sono state scelte perché sono tutto ciò di cui abbiamo più bisogno oggi, Amore, Vita e Pace.