BITS-RECE: Tokio Hotel, Dream Machine. Vuoto elettronico

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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Sono tornati con un nuovo album dopo tre anni e si sono buttati a capofitto nell’elettronica.
Sono proprio lontani i tempi in cui i Tokio Hotel sconvolgevano gli adolescenti con il loro stile emo e il carisma decisamente ambiguo del loro leader, Bill Kaulitz. Oggi, esattamente 10 anni dopo, i ragazzi sono diventati degli ometti – lo si vede già dalle nuove foto: i visi puliti sono increspati di barbe e piercing, le voci efebiche si sono ispessite, sono spuntati i muscoli e ogni traccia di rimmel e fondotinta se n’è andata(già da tempo, a dire il vero). E con loro se n’è andato anche quel filo di sale che portava corrente all’anima del gruppo.
Sì, ogni tanto, sopratutto nei video, qualche provocazione l’hanno buttata lì (vedi Feel It All, dall’album precedente), ma erano appunto spunti visivi, non musicali.
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Peccato. Da allora di musica ne è passata un po’ sotto i ponti, non sempre con gli stessi esiti, e questo nuovo ritorno che prende nome di Dream Machine sembra segnare un aridità di idee. Elettronica sfacciata e spudorata, tra fiumi di synth e montagne di vocoder, ma dietro a questo velo ad alto voltaggio non sembra esserci molto. Ci si poteva aspettare un sussulto di – non dico maturità – ma almeno di crescita, cosa che non si avverte. Tanto per dirne una, Something New sembra l’ennesimo singolo dei The  Chainsmokers, e neanche dei più belli.
E non c’è neppure un pezzo alla Monsoon o alla The World Behind My Wall, ma solo nuvole di zucchero filato passate in un bagno di elettroni. E si sa, le nuvole se ne vanno al primo colpo di vento. Il momento più interessante è con What If, guarda caso proprio il primo singolo.
L’adolescente che resta (neanche troppo) nascosto in me, un po’ piange.