BITS-RECE: Vertical, Equoreaction. Nel nome del groove

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
Equoreaction Cover
Groove. Incessantemente groove. Instancabilmente groove.
Groove come una religione, una legge non scritta, ma ovviamente suonata.
Nell’universo interspaziale dei Vertical, popolato da afro-alieni, l’aria pulsa di groove in ogni angolo tra beat, giri di basso e squilli di fiati. Un groove che prende ora le forme del funk, ora quelle dell’afrobeat, ora quelle del blues, ora quelle di un pop psichedelico figlio degli anni ’70.
Tutto questo è concentrato e mescolato nelle quattro tracce di Equoreaction, secondo EP di una trilogia della band vicentina, che segue la pubblicazione di Alpha.
Nel nome del groove.

Il ritorno di Noemi sotto il segno… della luna

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Fin dalla notte dei tempi la luna esercita il suo potere e le sue suggestioni su poeti, scrittori, pittori e, naturalmente, musicisti. Con il suo volto continuamente mutabile, la luna si è fatta silenziosa ascoltatrice di preghiere, desideri, confidenze, maledizioni.

Proprio a lei Noemi dedica il suo ultimo lavoro, La luna appunto, in uscita il 9 febbraio, nei giorni in cui l’artista romana sarà in gara a Sanremo con il brano Non smettere mai di cercarmi, una delle 13 canzoni (di cui 12 inedite) presenti nel disco.
Per Noemi è la quinta volta sul palco dell’Ariston: quest’anno al festival porterà un brano che unisce elettronica e canzone d’autore, “uno slogan da cantare a pieni polmoni”, di cui lei stessa è co-autrice.
L’ispirazione per il titolo dell’album è invece arrivata da Vasco: “Tra i tanti motivi per cui ho scelto questo titolo è perché, come dice Vasco Rossi in Dillo alla luna, mi piace l’idea di poter parlare alla luna, sperando che porti fortuna. E poi anche perché la luna è un po’ diva, proprio come voglio vivere anch’io questo album.”
COPERTINA LA LUNA
La luna esce a due anni da Cuore d’artista, disco pubblicato a ridosso della precedente partecipazione sanremese di Noemi (con La borsa di una donna), ed è un lavoro che mette in luce alcuni suoi aspetti finora poco conosciuti: tra i brani infatti non manca una buona dose di pop elettronico, come già avevano fatto sentire i due singoli pubblicati nei mesi scorsi, Autunno e I miei rimedi (quest’ultima inizialmente destinata a Sanremo nel 2016), ma si scopre anche l’amore dell’artista romana per il country in My Good, Bad And Ugly, pezzo scritto da Matthew Weedon ed Penny Elizabeth Forter e tenuto al segreto fin dai tempi di Made In London. Particolarmente impegnativa dal punto di vista tecnico, per diretta dichiarazione dell’artista, è Love Goodbye, mentre Porcellana cerca di raccontare in musica gli attacchi di panico.
Presente anche una cover di Lucio Dalla, Domani, brano non tra i più noti del cantautore, ma scelto per l’efficacia delle sue immagini (“saremo ancora così lontani, ci annuseremo da lontano come i cani”).
Spazio dato ovviamente anche al blues e al cantautorato, territori su cui Noemi è ormai piuttosto abituata a muoversi: ne sono esempi L’attrazione, firmata da Giuseppe Anastasi e La luna storta, che porta la firma di Tricarico.

Per presentare il nuovo album sono inoltre stati annunciati due speciali appuntamenti live in programma il 27 maggio a Roma (Auditorium Parco della Musica) e il 29 maggio a Milano (Teatro degli Arcimboldi).
I biglietti saranno disponibili online sul sito di TicketOne (www.ticketone.it) dalle ore 11.00 di lunedì 29 gennaio e in tutti i punti vendita autorizzati dal 1 febbraio.

#MUSICANUOVA: Fil Bo Riva, Head Sonata (Love Control)

Head Sonata Cover - Fil Bo Riva
La storia discografica di Fil Bo Riva ha avuto inizio nel 2016 con la pubblicazione dell’EP If You’re Right It’s All Right, a cui sono seguiti mesi frenetici di musica e live sparsi qua e là per l’Europa.

D’altronde, lui le radici in un posto non è mai stato abituato a metterle. Nato a Roma 25 anni fa, Filippo Bonamici ha vissuto in un collegio maschile di frati in Irlanda, per poi spostarsi a Madrid e Berlino, dove ha capito che forse la sua strada ideale poteva essere quella della musica. L’incontro con Felix A. Remm e Robert Stephenson gli ha quindi permesso di fare il suo esordio con una manciata di brani tra rock, folk e blues, con un’anima grezza e viscerale.
La formula funziona, e il nome di Fil Bo Riva inizia a girare qua e là underground europeo.
Oggi, dopo un anno intenso e memorabile, Fil Bo Riva torna con un nuovo singolo, Head Sonata (Love Control), primo capitolo di un primo vero e proprio album: “Se l’EP era la fotografia di un’idea, quello che stiamo cercando di costruire con l’album è un vero film. È un processo fatto di accumulazione di istanti e sensazioni e, dato che tutti noi abbiamo il culto della forma dell’album, ci stiamo prendendo il tempo necessario per dargli la giusta forma”. 
Fil Bo Riva_Credit_Juliane Spaete
E a proposito del titolo, racconta: “Il titolo Head Sonata doveva essere solo provvisorio. Il pezzo è stato costruito intorno a un riff di chitarra suonato da Felix: quando lo sentii per la prima volta mi girò letteralmente la testa e pochi minuti dopo mi ero segnato questo titolo, di cui semplicemente mi piaceva il suono. Queste due parole riuscivano a tradurre l’idea della canzone, così come si era formata nella mia mente. Per qualche mese non ha avuto nemmeno un testo, poi a un certo punto mi è arrivato un lampo di ispirazione: ho scritto anche le parole e la canzone era finalmente realizzata”.
Questo autunno Fil Bo Riva e la sua band apriranno i concerti europei dei Milky Chance, compresa la data italiana del 3 dicembre al Fabrique di Milano, quindi torneranno a Berlino per finire le registrazioni del disco.

BITS-RECE: Carla Bruni, French Touch. Una prova di coraggio

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
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La carriera di cantante di Carla Bruni è iniziata tra qualche stupore di popolo nel 2002 con Quelqu’un M’a Dit, album che in Italia sarebbe arrivato l’anno seguente e che all’epoca fece incetta di giudizi clamorosi da parte di critica e pubblico.
Sorprendentemente, si scoprì che l’ex supermodel aveva fatto un disco che non aveva l’aria di un pretesto per battere cassa, ma offriva spunti interessanti nel suo allure cantautorale sfacciatamente naïf e francese.
Al primo album ne sono seguiti negli anni altri tre, tutti accolti con sempre meno entusiasmo, al punto che si dava ormai per certo che la signora Bruni, ora in Sarkozy, avesse appeso chitarra e microfono al chiodo.
E invece non solo torna adesso con il quinto disco in studio, ma per far capire che per lei la musica è una faccenda seria ha deciso di coinvolgere nel progetto un gigante come David Foster (se non sapete chi è, googlatelo e capirete).
Il titolo dell’album è alquanto emblematico, French Touch: in discografia, l’espressione si usa convenzionalmente per indicare una branca della house molto amata dagli artisti d’oltralpe, che ne hanno fatto un vero e proprio sottogenere.
Qui invece, il tocco francese in questione rimanda a un’atmosfera minimalista, intimista e molto ben pettinata, che è stata un po’ la chiave di lettura di tutti i lavori dell’ex première dame. Bene, sotto lo sguardo di Foster, la Bruni il suo french touch l’ha messo addosso a 11 cover (a dispetto del titolo del disco, tutte in inglese) che spaziano tra pop, jazz, country, synthpop e – udite udite – rock. Ora, non siamo davanti a un album rivoluzionario, però questo disco ha il grande potere di stupire, proprio nei suoi toni sommessi, composti e curatissimi.

Carla Bruni
Photo: Mathieu Zazzo

L’anticipazione di Enjoy The Silence, capovolta e riletta splendidamente, ne aveva dato un ottimo assaggiato, così come la reinterpretazione di Miss You dei Rolling Stones, e adesso ascoltando l’intero album si resta di stucco di fronte a The Winner Takes It All degli ABBA, Perfect Day di Lou Reed, e soprattutto Highway To Hell, magicamente trasformata in una sorta di standard ai confini del blues.
Nella tracklist fa poi capolino Crazy, eseguita addirittura insieme al suo interprete originale, Willie Nelson, autentico monumento del country statunitense.
A lungo andare, l’umore dell’album tende a girare su se stesso, e dal punto di vista vocale la Bruni non si allontana mai troppo dai suoi sussurri increspati, però non le si può non riconoscere un certo coraggio nell’essersi messa a confronto di pietre miliari così distanti fra loro e così distanti dall’immagine che siamo abituati ad avere di lei.
Se mai qualcuno ne dubitasse ancora, questo album è una prova di un amore sincero verso la musica, soprattutto per quella di alcuni decenni fa, un disco fatto per essere realmente ascoltato, cosa che non sempre capita con chi arriva alla musica solo in un secondo tempo della carriera.
Se siete amanti della chanson apprezzerete probabilmente anche questo lavoro, così come potrete avere l’occasione di scoprire qualche sfumatura inedita della sua interprete e dei suoi gusti. Se invece amate gli AC/DC, potreste davvero non credere alle vostre orecchie.
In ogni caso, un album a cui va concesso il privilegio di almeno un intero ascolto.

Aba: arriva Oxygen, il nuovo album tra rock, soul e blues

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“Dopo la mia esperienza ad X Factor, un frullatore di emozioni dal quale ho tratto solo cose belle, non volevo gettarmi immediatamente in un progetto discografico per cavalcare l’onda della notorietà – dichiara Aba – ho preferito lasciar sedimentare le emozioni per produrre un disco pensato, cucito su di me, che parlasse di me e con il quale poter parlare”.
Finalista ad X Factor nel 2013 sotto la guida di Elio, Aba sta per tornare con un nuovo album, Oxygen, in arrivo il 14 luglio.

Tredici brani tra rock, funk, soul e blues.
L’uscita del disco è stata anticipata da Never Done Before che, in continuità con Get Me High del 2016, riprende il filone del funk rock anni Settanta, “un inno all’amore libero”, che implora l’accettazione totale dell’altro, come ben mostra il video che accompagna la canzone.
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Oxygen raccoglie tanta vita di Aba, ci sono “traumi, sofferenze e dolori, gioie, sentimenti di stomaco, filosofia di vita, ma anche qualcosa di più leggero e orecchiabile, un bel ritmo, e meno pensieri. Sguardi sulla vita di una ragazza determinata, sensibile, forte quando neanche sa di esserlo, passionale, complicata, ma semplice nella ricerca delle emozioni quotidiane. In un ambiente che pensa prima all’immagine e poi alla musica, questo disco rappresenta per me la mia vera espressione, una boccata d’ossigeno”.

L’album è stato finanziato attraverso Musicraiser, la piattaforma di crowdfunding per i musicisti, dove Aba ha attivato la campagna che, in pochi mesi, ha raggiunto il 170% dell’obiettivo.

Aba presenterà al pubblico il nuovo lavoro in alcuni appuntamenti live.
Questi i primi appuntamenti:
21 luglioPadova (Firmacopie e mini-live presso il Mondadori Store, ore 18.00)
10 agostoSpinone al Lago ( Aba & band al festival “Notte sotto le Stelle”, ore 21.00)
17 agostoJesolo (Aba & band al Terrazza Mare, ore 21.00)
18 agostoCamponogara (Aba & band in Piazza Mazzini, ore 21.00)

BITS-RECE: Chrysta Bell, We Dissolve. Anche gli alieni fanno pop?

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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La prima volta che l’ha vista esibirsi, a David Lynch è apparsa come la più bella aliena che avesse potuto immaginare, tanto che nel 2011 ci ha fatto un album insieme, This Train, in cui affrontavano gli orizzonti dell’electro-blues.
Adesso però Chrysta Bell ha fatto da sola e ha pubblicato il suo primo vero album da solista, We Dissolve.
Ora, io non so esattamente che musica facciano e ascoltino gli alieni lassù tra le galassie, ma posso dire che quella di Chrysta Bell è elegantissima, raffinata, senza essere mai superba. Un pop sognante e affusolato, foderato di velluto dai colori notturni.

Ci sono elementi elettronici, classici, blues, jazz, anche rock, tutti però lasciati scorrere sotto la superficie di melodie sornione e degne di una diva quale la signora pare essere. Non c’è ovviamente il pop facile facile, non ci sono pezzi “radiofonici” (che brutta parola!), ma non siamo neanche nell’universo dell’indie (altra brutta parola…) più prepotente.
A tratti il disco scintilla di chitarre, a tratti si fa rarefatto e più ipnotico, a tratti si scioglie in arrangiamenti orchestrali, mentre la voce della Bell non perde per un attimo la classe austera che probabilmente ha folgorato Lynch.
A dispetto del titolo, il singolo Gravity – piazzato in chiusura – è probabilmente il momento di maggiore slancio e forse il più ricco di echi del passato.
Il pop di lusso non è destinato solo alle élite. Ci voleva un’aliena per un’aliena per farcelo capire?

Pula +: grazie a Musicraiser arriva il nuovo album

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Qualche settimane fa Pula + aveva lanciato una campagna di crowdfunding su MusicRaiser per realizzare il suo nuovo album, Featuring Pula, e in poco più di due settimane ha raggiunto il 100% degli obiettivi.
La campagna continuerà comunque fino al 31 marzo (qui il link).
Il nuovo album, una serie di brani crossover in cui riff blues incontrano il rap, uscirà ad aprile e vede l’artista torinese caricarsi sulle spalle tutta l’esperienza acquisita nella sua carriera per tornare a essere indipendente.
Il primo estratto, Cerchio di fuoco, è accompagnato da un video-confessione in cui Pula+ si apre al pubblico: nella scena madre l’artista si tira un pugno sul mento, un uppercut (vero), che arriva per riportare tutto alla realtà dopo una strofa in cui gioca a fare il personaggio.

Due nuovi album tra jazz e live per Diamanda Galàs

Dopo nove anni dall’ultimo album live Guilty Guilty Guilty e dopo una serie di concerti pressoché ininterrotta, Diamanda Galàs si prepara a fare un ritorno che definire grande è decisamente riduttivo.
La più estrema performer che la musica possa annoverare pubblicherà infatti ben due nuovi album il prossimo 24 marzo.
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Il primo, All The Way, raccoglierà alcuni grandi classici del jazz, del blues e del folk radicalmente reinterpretati dalla cantante: un’operazione che Diamanda aveva già compiuto in passato (su tutte, ricordiamo I Put A Spell On You) e che in questo nuovo lavoro la vedrà alle prese con composizioni di Thelonius Monk (si parla di una versione solo piano e voce della celebre ‘Round Midnight) e Johnny Paycheck, fra gli altri, oltre a brani resi celebri da artisti come Frank Sinatra.
Quello di All The Way è un progetto a cui Diamanda sta lavorando da diversi anni (pare più di 10), portato avanti tra gli innumerevoli impegni live e alcuni difficili periodi famigliari.
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Il secondo disco si intitola invece At Saint Thomas the Apostle Harlem ed è stato registrato all’interno della chiesa dedicata al santo durante i tre concerti tenuti dalla Galàs a New York lo scorso maggio nel corso Red Bull Music Academy Festival: raccoglierà nove cosiddette “canzoni di morte” in greco, italiano, tedesco e francese, tra cui brani di Cesare Pavese, Ferdinand Freiligrath e canzoni di Jacques Brel e Albert Ayler.
In primavera Diamanda Galàs dovrebbe portare in concerto i nuovi brani in Nord America ed Europa.

#BITS-RECE: Franky Maze,Nght/Flood. Tra il blues e la Bibbia

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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In genere chi si muove nell’ambito gothic/dark tende a ripetere il medesimo standard fatto di testi tristi e decadenti, accompagnati da vestiti sonori oscuri, al punto che spesso la sensazione è quella di trovarsi immersi in un mare di cliché, uno schema portato avanti per inerzia, dove l’unica desolazione che si percepisce è quella creativa.
Poi capita che qualcuno trovi la via per proporre soluzioni nuove, combinazioni di stili inedite o almeno desuete, come questo Night/Flood, primo EP di Franky Maze, al secolo Francesco Mazzi, musicista bolognese che ha trovato un’interessante chiave per combinare il folk di matrice americana e il dark.
Due mondi apparentemente inconciliabili, che trovano nei suoi brani nuove, stimolanti suggestioni notturne.
Per simboleggiare questa unione, Maze ha preso l’ultima parola del primo e dell’ultimo brano – ciascuno rappresentativo di questi due mondi musicali – per formare il titolo, Night/Flood appunto. Un EP di cinque canzoni dense di citazioni bibliche e rimandi al blues delle origini, che guardano ad artisti come Nick Cave.
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L’apertura con Dark Was the Night, presenta per esempio le note luminose del mandolino, Great Sleeve rievoca un rituale sciamanico, Wayfaring Stranger è invece un brano tradizionale americano in versione rivisitata.
E per controbilanciare l’apertura luminosa del primo brano, il disco si chiude con Love Is the Flood, canzone dalle atmosfere decisamente dark.

Apriti cielo: il ritorno di Mannarino tra Brasile e Mediterraneo

Alessandro Mannarino fa parte della nuova generazione di cantautori, di quella nuova messe di musica italiana che per anni si è mossa tra i cunicoli della scena indipendente e poi pian piano a iniziato ad affiorare, affiancandosi ai nomi più illustri, talvolta soppiantandoli, anche solo per un fattore generazionale. mannarinoweb_phmagliocchetti005In questo nuovo a vigoroso esercito, oltre a Mannarino figurano Brunori SAS, Le luci della centrale elettrica (ovvero Vasco Brondi), Cosmo, Paletti, Dente, Edipo, Ermal Meta e tanti, tanti altri.
Il loro è uno sguardo nuovo, per certi aspetti ancora incontaminato, “vergine”, ma attento, lucido: non sono più mossi dall’onda politicante dei loro maestri De Gregori, Fossati, Guccini, spesso usano l’ironia, sconfinano trai generi, portando il rock nell’elettronica, il pop nell’hip-hop.
Mannarino, per esempio, per il suo quarto album Apriti cielo, ha fatto una grande (grandissima) ricerca sonora che ha collegato il Mediterraneo con le sponde del Brasile, il blues con il folk, il pop con le suggestioni di Bahia, ha fuso mandolino e samba.
Nelle nove tracce del disco si parte da Roma – e da dove sennò – per arrivare al folklore del sud, dell’Africa, del jazz, fino appunto al vento brasilero, lo stesso che anni fa ispirò la Vanoni, tanto per fare un altro grande nome.
A differenza delle opere di molto suoi colleghi, Apriti cielo non è un album grigio, non disegna cieli nuvolosi: al contrario, è un disco in cui splende un sole meraviglioso, anche se di motivi per festeggiare non c’è ne sono poi così tanti.

mannarino_phmagliocchetti004-ok“Mi piace il fatto che l’espressione “apriti cielo” – racconta Mannarino – possa essere letta in modi diversi, sia come un’esortazione che come esclamazione, e mi piace il fatto che ognuno possa dare il proprio senso e significato al titolo, come quando si guardano le nuvole o le stelle e si creano delle forme. Siamo noi che mettiamo i significati nelle cose della vita, possiamo trovare un senso positivo o negativo a tutto quello che viviamo… questo è un po’ il significato del disco: la tua vita dipende da te”.Non è che Mannarino le tragedie non le veda o non ne parli: di inquietudini c’è ne sono, soprattutto sul finale, ma non si sente quella voglia di sedersi sui problemi, crogiolarcisi dentro piangendo lacrime commiserevoli. Si canta per esempio la Roma ferita, così come c’è il riferimento doloroso ai migranti, raccontato con trasparente e imbarazzante verità, ma non si può non sentire tutta la forza vitale dei cori inseriti in diversi punti dell’album, come in Apriti cielo, Arca di Noè, la quasi favolistica Babalù e addirittura la conclusiva Un’estate, che è tutto tranne che una canzone positiva. apriticielo_CD_cover_front_12x12
Tanti, più di 30, i musicisti che hanno dato il loro apporto (Enzo Avitabile tra questi), mentre a mixare è stato chiamato Michael H. Brauer.
La nuova era dei cantautori italiani è davvero arrivata.