BITS-CHAT: Non parlo (quasi) più d’amore. Quattro chiacchiere con… Giuseppe Anastasi

3. Giuseppe Anastasi_foto di Mirta Lispi_b
Sincerità
, La notte, Meraviglioso amore mio, Controvento, Il diario degli errori
Sono tutte canzoni che almeno una volta ci siamo ritrovati ad ascoltare, senza sapere, forse, che avevano tutte qualcosa in comune: la firma. Per la precisione, quella di Giuseppe Anastasi.
Siciliano di Palermo, classe 1976, dopo una luna gavetta trascorsa a Roma, Anastasi è oggi uno degli autori di maggior successo della musica italiana, ma in tutti questi anni passati a scrivere per altri non aveva mai pensato che anche quello del cantante potesse essere un lavoro divertente.
Poi qualcosa è cambiato, e lo scorso 19 gennaio è uscito Canzoni ravvicinate del vecchio tipo, il suo primo album, in cui ha raccolto 11 brani old style. In cui ha messo pochissimo amore.

Copertina Album_Giuseppe Anastasi
Cosa sono queste canzoni ravvicinate del vecchio tipo?

Sono canzoni in cui c’è poca elettronica. Non perché la strumentazione acustica sia necessariamente old style, ma è innegabile che oggi la maggior parte delle canzoni sia piena di elettronica, io invece ne ho usata pochissima in tutto il disco. Sono canzoni del vecchio tipo anche perché sono attraversate da una logorrea di parole: i testi sono lunghissimi, come nella tradizione cantautorale italiana. Ecco perché si possono definire un po’ rétro.

I tuoi riferimenti artistici arrivano quindi da lì?
Sono nato con i cantautori e sono 19 anni che lavoro con Mogol: avendo 42 anni, sono old style anche in questo. Battisti, De Andrè, De Gregori, Fossati, Guccini, Vecchioni, Concato, Dalla… Tra gli artisti internazionali posso citare i Queen, i Beatles. Tutti ascolti molto standard.

Il disco è uscito quest’anno, nonostante tu sia attivo come autore già da anni. Come mai non hai pubblicato prima?
Non ci avevo mai pensato davvero, ma il motivo principale che mi ha spinto a pubblicare ora un disco è stata la paternità, che mi ha fatto trovare una nuova forza e una visione più attenta del futuro, con il pensiero proiettato su qualcun’altro al di fuori di me: anche per questo non ci sono canzoni d’amore, o comunque parlo di un amore diverso, anche se forse il pubblico mi conosce principalmente per La notte, Controvento o Il diario degli errori. Volevo a lasciare un messaggio diverso, concentrandomi di più sulla quotidianità. Se avessi saputo che diventare padre sarebbe stato così figo l’avrei fatto prima!

Sono quindi tutte canzoni nate nell’ultimo periodo?
Negli ultimi due anni, dopo la nascita di mio figlio. Soltanto due me le porto dietro da un po’, le altre sono frutto dell’esperienza di padre.

Quando scrivi pensi a un eventuale interprete a cui poi affiderai il brano?
Io scrivo quando ho qualcosa da dire, e lo faccio come una forma di auto-analisi per evitarmi lo psicologo. In fase di scrittura non penso mai a chi potrebbe andare un brano, quello è un passaggio che avviene dopo, insieme al mio editore. Ogni canzone ha una sua vita e una sua storia: La notte, per esempio, è rimasta nel cassetto per sei anni prima di essere proposta ad Arisa.

Ricominciare, uno dei singoli del disco, racconta la storia, vera, di un uomo che si ritrova a dover ripartire dopo i quarant’anni senza un lavoro. A te è mai capitato di dover ripartire da qualcosa?
La storia che racconto è quella di un mio amico, un mio coetaneo. Io sono ripartito tante volte: quando mi sono trasferito dalla Sicilia a Roma per fare il cantautore mi sono ritrovato a fare un sacco di lavori diversi: ho lavorato anche come commesso in un negozio di animali. Ho fatto una gavetta di 10 anni, e quando vedi che il tempo passa e i tuoi desideri non si realizzano, la forza per andare avanti la devi trovare ogni giorno. Ricominciare significa però anche volersi migliorare, e quindi rimettersi in gioco, e quello lo faccio ancora ogni volta che mi rimetto a scrivere.

Che rapporto hai con la Sicilia, la tua terra, a cui dedicato Trinacria?
Un rapporto splendido, viscerale: sarò magari campanilista, ma la Sicilia è una terra straordinaria, per l’ambiente e il patrimonio culturale. È l’isola più grande del Mediterraneo, è passata sotto tantissime dominazioni, e quando lasci una terra così è difficile trovarne un’altra uguale. Chi nasce in Sicilia resta isolano per sempre, e si ritrova quindi un po’ isolato quando si trasferisce: ora vivo in Umbria, una delle poche regioni italiane a non avere il mare, e devo dire che mi manca poter vedere l’orizzonte.
Giuseppe Anastasi_Foto di Mirta Lispi _b
Prima hai accennato alla tua lunga collaborazione con Mogol. Come vi siete incontrati?
È stato il mio maestro quando frequentavo come allievo il CET nel 1999: è stato il primo a notare la mia propensione alla scrittura e mi ha proposto prima di fare l’assistente e poi di diventare docente della scuola, ruolo che ricopro ancora oggi. Da allora non ci siamo più staccati.

Come ti trovi in veste di insegnante?
È l’attività più bella di tutte. Potrei rinunciare a scrivere o a cantare, ma non all’insegnamento: mi dà molte soddisfazioni, ho un bel rapporto con gli allievi e mi piace aiutare come posso chi secondo me lo merita. Quando mi fanno leggere o ascoltare le cose che scrivono sento che si fidano di me, perché nel mostrare agli altri una canzone devi superare il pudore. Mia madre è un’insegnante, forse questa vocazione l’ho ricevuta da lei.

In queste settimane stai presentando il disco dal vivo: che accoglienza hai trovato da parte del pubblico?
Essendo la prima volta che ci metto la faccia, sono molto contento: sia la data di Roma che quella di Milano hanno radunato molta gente. A Roma me l’aspettavo un po’ di più, mentre l’accoglienza di Milano mi ha stupito. Superati i quarant’anni sto imparando un mestiere nuovo, e sto imparando che cantare mi piace. 

Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione?
È un concetto che associo molto a quello di saturazione: la ribellione arriva quando non ce la fai più, è una reazione umana, un istinto. Come l’amore o l’amicizia, è un elemento umano, e senza ribellione non ci sarebbe progresso umano. È una forma di democrazia.

Queste le prossime date dal vivo:
13 aprile – Isola (Slovenia), Palazzo Manzioli
22 maggio – Bologna, Bravo caffè
27 maggio – Roma, Auditorium Parco della Musica