Fermi tutti: Missy Elliott è tornata


“Chi è Missy?” chiede all’inizio del video di Throw It Back una ragazzina a un’esterrefatta Teyana Taylor. La stessa domanda che probabilmente si farebbero oggi molti altri teenager sentendo parlare di Missy Elliott.
Per i più grandicelli la signora in questione non ha bisogno di alcuna presentazione, ma visto che il suo ultimo album, The Cookbook, risale al 2005 non c’è da stupirsi che le nuove generazioni non sappiano di chi si stia parlando e perché tanto clamore si è creato intorno all’uscita del suo nuovo EP Iconology.

Icona, autorità, maestra, qualsiasi definizione si voglia dare a Missy “Misdemeanor” Elliott non sarà mai esagerata: senza il suo contributo il panorama hip-hop sarebbe probabilmente molto diverso e a molte delle attuali reginette del rap sarebbe mancato un valido punto di riferimento.

L’uscita del nuovo EP è quindi un’ottima notizia, soprattutto perché i nuovi brani arrivano dopo un lunghissimo periodo di silenzio, durante il quale non sono mancati anche problemi di salute: le uniche eccezioni sono state la partecipazione all’Haltime Show del SuperBowl nel 2015 insieme a Katy Perry, la pubblicazione di un paio di singoli nel corso degli ultimi 4 anni e qualche collaborazione. Ma il nome di Missy Elliott mancava stabilmente sulle scene da troppo tempo.
Certo, Iconology non è esattamente quello che forse i fan si aspettavano, visto che si tratta di un minialbum di sole quattro tracce inedite e una versione acapella. Piuttosto improbabile che sia questo il tanto anticipato “ME7” di cui la stessa Elliott aveva in più occasioni parlato nei mesi scorsi, ma un nuovo EP è sempre meglio di un ennesimo singolo tra un periodo di silenzio e l’altro, anche perché il nuovo progetto ci mostra una Missy in gran forma anche grazie alla collaborazione di Timbaland, a cui è stata affidata la produzione.
Si passa dai bassi vibranti del groove di Throw It Back alle ritmiche serrate di Cool Off, mentre sulle sonorità urban votate all’r’n’b di DripDemeanor si inserisce il featuring di Sum1. A chiudere sono le influenze soul di Why I Still Love You, racconto agrodolce di un amore non esattamente corrisposto.

Per lanciare l’EP è stato scelto, non a caso, Throw It Back, una sorta di orgogliosa rivendicazione di meriti e un invito a fare “un salto indietro”, quando il nome di Missy Elliott non suonava sconosciuto a nessuno.

Il prossimo 26 agosto, durante la cerimonia dei VMA, Missy Elliott riceverà il prestigioso Michael Jackson Video Vanguard Award, il riconoscimento assegnato ogni anno per onorare la carriera di un artista che ha fornito un decisivo contributo alla musica.

Insomma, giù il cappello, “This Is A Missy Elliott Exclusive”.

Non è una musica per giovani. Quattro chiacchiere con… Davide Ferrario


Probabilmente più di una volta avete sentito suonare la sua chitarra e magari nella playlist delle vostre canzoni preferite ce n’è più di una a cui ha fornito il suo contributo, anche se il suo nome potrebbe non suonarvi familiare: per molti Davide Ferrario è infatti una presenza “invisibile”, anche se il suo portfolio è di quelli che ti fanno sgranare gli occhi e cadere la mascella.
Originario di Monselice, nella provincia padovana, ma trasferitosi presto a Milano per avvicinarsi al grande giro della musica, negli anni Ferrario ha messo la sua arte al servizio di grandi nomi come Franco Battiato, Max Pezzali, Gianna Nannini.
Del 2011 è il primo album pubblicato a suo nome, F, un episodio destinato a restare a lungo isolato per lasciare spazio alle numerose collaborazioni con i colleghi. Fino a quando, otto anni dopo, gli torna la voglia di mettere la faccia e la firma su un nuovo lavoro, questa volta in veste di producer.
Ad aprile 2019 esce così Lullabies, un EP di due tracce inedite e due remix pubblicato per l’etichetta americana Manjumasi, che porta Ferrario, abituato a frequentare soprattutto i territori della canzone d’autore e del pop, tra i beat della deep house.

Dal primo album, F, sono passati otto anni, e adesso scegli di ripresentarti con un progetto piuttosto distante da dalla musica che sei abituato a fare. Perché?

Ho sempre ascoltato questa musica, l’elettronica è parte integrante del mio background. Dopo il primo album non avevo più voglia di scrivere, o, meglio, non avevo più voglia di fare musica “cantata”: non mi sentivo ispirato e dopo l’uscita dell’album non c’era stata la risposta che mi aspettavo, non era successo nulla. E poi, superati i 35 anni, non mi sembrava il caso di rimettermi a giocare a fare il cantautore. Avevo anche pensato di non fare più niente di mio e per un certo periodo ci sono riuscito con un certo successo (ride, ndr). L’anno scorso a settembre mi è capitato di avere un periodo libero e mi sono messo a giocare con i suoni in studio: da lì sono venute fuori queste prime due tracce, ma non avrei mai pensato che potessero suscitare l’interesse d qualcuno che volesse pubblicarle. Conoscevo già la Manjumasi di San Francisco e molte delle cose che ascoltavo erano prodotte da loro, così semplicemente ho inviato una mail proponendo le due tracce, e hanno accettato di pubblicarle.

Davvero pensi che 35 anni siano tanti per fare il cantautore? Mi sembra che in Italia sia ancora abbastanza radicata l’idea del cantautore come una persona impegnata e possibilmente molto più in là con gli anni…
Può essere, ma al di là dell’idea che può avere il pubblico quello che intendevo dire è che iniziare a fare il cantautore a 35 anni è tardi, e io ne ho compiuti 38. Poi per fare il cantautore devi avere delle cose da dire, e non è detto che io le abbia, o almeno non sono raccontabili e preferisco tenermele per me (ride di nuovo, ndr). Per il grande pubblico sono un emergente, il primo album ha avuto vita brevissima e non è diventato popolare e chi mi segue mi conosce perché suono con il suo cantante preferito. Senza contare che la nuova scena cantautorale non mi rappresenta, se mi presentassi come cantautore sarei molto diverso da quello che si ascolta oggi e mi troverei fuori dal coro a fare qualcosa che verrebbe percepito come datato. Con la house è diverso: mi sento più a mio agio, è un prodotto di nicchia e mi rivedo nella figura del producer chiuso nella sua stanzetta a comporre con i suoni.

Visto che ti sei trovato in entrambe le vesti, quale pensi che sia quindi la sostanziale differenza tra un musicista e un producer di musica elettronica?
I producer, soprattutto quelli medio-piccoli, non ragionano per album, ma per singole tracce: ti trovi a comporre nel tuo studio e dopo vari tentativi ti esce qualcosa di carino, che può funzionare, e decidi di pubblicarlo per poi continuare a fare le tue cose. Ma non sono canzoni, sono espressioni sonore di qualcosa che ti arriva al momento. Sono altre logiche rispetto a quelle con cui lavora un cantante o un musicista. Un producer fa molti più tentativi a vuoto prima di pubblicare qualcosa che abbia successo, per un musicista è diverso, anche se la storia è piena di casi di grandi artisti che hanno fatto brutti album.

Quindi queste due tracce sono l’inizio di un progetto più ampio?
Ho già scritto altro e sicuramente usciranno nuove tracce. Nei live propongo già altre cose, anche perché non potrei far girare un intero live solo su due tracce…

In cosa si differenzia il processo di composizione di un brano suonato e cantato rispetto a una traccia house o elettronica?
Una canzone parte da una semplice composizione alla chitarra o al pianoforte: metti giù le note, poi ci sarà qualcuno, o tu stesso, che farà l’arrangiamento, qualcuno che si occuperà del missaggio, qualcuno che si occuperà del master e così via, ma se il punto di partenza è buono la canzone sta in piedi anche con poco. L’elettronica invece si basa per la gran parte su suoni, la parte compositiva è meno importante di quella sonora. Pensa a uno come Skryllex: se gli togli il suono non resta quasi nulla. Il tempo che un cantautore impiega a cercare la rima o la parola giusta, un producer lo impiega a girare le manopole fisiche o digitali dei suoi strumenti per cercare esattamente il suono che ha in testa. Ed è questa la forma mentis in cui mi trovo in questo momento, ho in mente delle atmosfere e delle sensazioni da ricreare.

La scelta dei titoli delle tracce è quindi legata al tipo di sensazione che vuoi comunicare?
No, quelli sono i nomi con cui archivio i file, ma non hanno niente a che fare con la musica. Jewel Ice l’ho scelto perché in quel periodo stavo lavorando a qualcosa che aveva a che fare con il ghiaccio e quel nome mi era sembrato evocativo, ma per me quella traccia vuole richiamare i ricordi, il sole pomeridiano che filtra dalle finestre al pomeriggio, qualcosa che è quasi all’opposto del ghiaccio. Model invece l’ho salvato così perché era il template del programma che avevo utilizzato per realizzarla e con cui volevo realizzare tutto il progetto: era il modello.

Anche il titolo dell’EP l’hai scelto così?
No, per quello c’è una ragione: richiama la sensazione di morbidezza e di calore delle tracce, il suono del pianoforte.

Quali sono le influenze a cui ti sei ispirato per queste due tracce?
Sono tante, soprattutto in Jewel Ice sono confluite idee diverse. Se si ascolta bene, forse c’è anche un mezzo plagio di Pyramid Song dei Radiohead, ma ci sta, fa parte del gioco. Se qualcosa mi piace non mi faccio problemi a utilizzarlo. Più in generale, nell’ultimo periodo ho ascoltato molto Jon Hopkins, musica ambient, colonne sonore, Nils Frahm, Hans Zimmer, che mi piace molto. Non mi sono invece mai avvicinato molto alla techno perché ho sempre bisogno di avere un’armonia alla base, che nella techno manca.

Continuerai a portare comunque avanti anche l’attività da musicista?
Certo, perché dovrei lasciarla? L’elettronica è un divertimento, ma non so cosa ne sarà fra due anni di questa esperienza.

Dopo tutte le esperienze che hai fatto nella musica c’è ancora un sogno irrealizzato?
Il sogno della vita è dedicarmi alle colonne sonore. Un producer olandese, Junkie XL, ha detto che la figata di fare colonne sonore è che puoi andare avanti finché vuoi, non devi apparire e essere bello per forza, puoi farlo anche a 90 anni. Anche perché prima o poi arriverà un ragazzo di 20 anni più bravo che prenderà il mio posto alla chitarra, non posso andare avanti ancora per tanto!

Concludo con una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di “ribellione”?
Darti delle definizioni universali è difficile, rischio di dire qualche sciocchezza, per cui faccio prima a spiegarti cosa è stata la ribellione per me: la mia famiglia non mi ha mai supportato nell’intenzione di fare il musicista, anzi mi ha anche ostacolato, anche se i miei genitori direbbero di no se glielo chiedessi, ma devo perdonarli. Credo che questo abbia generato in me una sensazione di rivalsa e una forza che mi ha fatto andare avanti anche nei momenti più difficili. Per fortuna la ribellione esiste!

E come avrebbero voluto vederti in famiglia?
Ho studiato Informatica all’Università, il mio futuro era già abbastanza scritto.

Jova Beach Party: due nuove uscite discografiche prima che inizi la festa


Il Jova Beach Party sarà accompagnato da due nuove uscite discografiche che si affiancano all’EP già pubblicato lo scorso 7 giugno: il 5 luglio, a un giorno dal debutto di Lignano Sabbiadoro, sarà disponibile Jova Beach (After) Party – Volume 1, l’esclusiva raccolta con 18 brani degli incredibili ospiti delle varie tappe, provenienti da tutto il mondo. E dal 6 luglio in esclusiva in tutte le spiagge dei Party, sarà disponibile Jova Beach Party Limited Edition.

Un’esplosione di generi, di energie, di culture: in Jova Beach (After) Party – Volume 1 affiorano racconti di mondi lontani e atmosfere festaiole.
Sono 18 i brani della ricchissima tracklist, selezionati da Lorenzo: c’è il sound tra ritmi colombiani e melodie cine-music dei Cacao Mental, l’universo rockrumba e funk futurista di Baloji. Ci sono i pionieri della cumbia e della chicha Los Wembler’s De Iquitos, gli arrangiamenti inaspettati tra mambo, cumbia, indie rock, mariachi e ranchera di Orkesta Mendoza, l’afrobeat leggendario degli Antibalas, il mix di elettronica, musica mandinga del West Africa e blues del Sahra di Afrotronix. E anche il sound deep soul in cui risuona l’anima dell’Africa di J.P.Bimeni & The Black Belts, le sonorità rock con marcato ritmo tradizionale di Jupiter & Okwess, la grande voce dell’Africa contemporanea Fatoumata Diawara. Non possono mancare il blues-rock-tribale di Bombino, “il Jimi Hendrix del deserto”, l’inconfondibile beat Acid Tropical degli Acido Pantera, il reggae italiano del giovane Forelock e degli iconici Mellow Mood, il paradiso musicale africano dei Gato Preto. E ancora il sound mediterraneo di Enzo Avitabile, le influenze musicali e vocali della Napoli degli anni Settanta e Ottanta dei Nu Guinea, il Patriarca del ritmo afrobeat Tony Allen e il sound di Sonoristan/ Riccardo Onori, storico chitarrista di Lorenzo fin dai primissimi anni 2000.

Tracklist:
1. BALOJI – L’HIVER INDIEN
2. JOVANOTTI FEAT. CACAO MENTAL – FIESTA
3. LOS WEMBLER’S DE IQUITOS – LAMENTO SELVATICO
4. ORKESTA MENDOZA – CUMBIA VOLCADORA
5. ANTIBALAS – CHE CHE COLE MAKOSSA
6. AFROTRONIX – OyO
7. J.P.BIMENI & THE BLACK BELTS – HONESTY IS A LUXURY
8. JUPITER & OKWESS – MUSONSU
9. FATOUMATA DIAWARA – NTERINI
10. BOMBINO – IMUHAR
11. ACIDO PANTERA – TREMENDA COLETA
12. FORELOCK – ROOTS AND CULTURE
13. MELLOW MOOD – SHE’S SO NICE
14. GATO PRETO – DIAD
15. ENZO AVITABILE – ABBALL CU ME
16. NU GUINEA – NUOVA NAPOLI
17. TONY ALLEN – SECRET AGENT
18. SONORISTAN – SEA NO STREET

Dal 6 luglio, inoltre, in esclusiva per ciascuna tappa del Jova Beach Party, sarà disponibile Jova Beach Party Limited Edition, una versione speciale di Jova Beach Party EP.
Nella nuova versione, l’EP contiene due remix inediti di Nuova Era, realizzati dal duo di producer “con le mani in su e la testa fra le nuvole” Merk & Kremont e dal dj e producer Albert Marzinotto, uno dei talenti italiani più convincenti del clubbing attuale, apprezzatissimo protagonista del Jova Beach Opening Track, il carro allegorico nato come omaggio spontaneo dei Maestri del Carnevale di Viareggio che, nel corso delle sfilate, ha trascinato migliaia di ragazzi facendoli letteralmente impazzire.

“è proprio una cattiveria”: malinconia e trap nel nuovo EP di testacoda


è proprio una cattiveria
è il titolo del secondo EP di testacoda, seguito alla pubblicazione dell’esordio di Morire va di moda lo scorso 25 gennaio.

Testi malinconici, cupi, vicino a un mood quasi emo, talvolta espliciti, si accompagnano a un’estetica sonora decisamente più colorata, fatta di elettronica e trap. Se l’immaginario evocato è composto principalmente di spiriti, tagli, assenze e paure, il tappeto sonoro è caratterizzato da ritmiche e suoni che creano un’atmosfera inaspettatamente più accogliente rispetto a quello che ci si aspetterebbe, invitando l’ascoltatore a farsi più vicino creando immediatamente empatia.

“Non riesco a capacitarmi del tuo modo di gestire le cose.
Voglio dire, non pensavo fossi capace di questo, forse l’amore mi ha reso cieco o forse l’amore non c’è nemmeno mai stato.
Adesso non lamentarti che ci ho uccisi, perché se fai la stronza ti devi aspettare delle cattiverie e questa è la più grande di tutte.
Ho fatto un’EP… sì, ne ho fatto un altro, e mi sono pure tagliato i capelli sai?
Non è male, gli altri dicono che spacca sul serio questo, piacerebbe anche a te ne sono sicuro.
Parla di amore, parla di me e parla di noi.
Va beh, io vado che ho finito le parole, spero tu stia bene e risponda presto, ciao!”

Lorenzo, in arte testacoda, è un cantautore classe 1994 originario di Como e di base a Milano.

L’amore urban e psichedelico secondo Venerus: esce l’EP “Love Anthem”


Love Anthem
è il nuovo progetto discografico di Venerus (al secolo Andrea Venerus, milanese, classe 1992).

La pubblicazione di Love Anthem – uscito per Asian Fake – è stata divisa in due parti, rilasciate separatamente: la prima – pubblicata lo scorso 10 marzo – conteneva i brani Love Anthem No.1 (prod by Mace) e Al buio un po’ mi perdo (prod by Venerus & Mace), mentre la seconda parte – pubblicata venerdì 21 giugno – completava il progetto con Fulmini / Il fu Venerus e Forse ancora dormire.
Un totale di quattro brani che definiscono il racconto sognante ed etereo dell’artista, sfiorando i tasti di quella romantica psichedelia intrinseca nelle canzoni di Venerus.

Ed è lo stesso cantautore a presentare le tracce dell’EP:
Love Anthem No. 1 è più un vibe che una canzone. Vibe stellato. Per assurdo tutta la canzone è partita dalla frase “come se volessi essere stronzo…” un po’ a difesa della mia sociopatia, ma si è subito intenerita quando ho osservato che quando ti trovi bene con una persona non ti importa più nulla del resto o degli altri. Un po’ hip hop un po’ George Benson, è un inno alla spensieratezza. Io e la mia baby contro il mondo”

Al buio un po’ mi perdo è il pianoforte che si immerge in un oceano urbano, sfiorato da un leggero vento trap. Nel brano i due protagonisti, il piano e la corrente hip hop, si intrecciano, spogliandosi e regalandosi momenti a vicenda”.

Fulmini/ Il fu 
Venerus è un viaggio sonoro che mischia arpeggi e autotune a una non-struttura. Il superamento della tradizionale forma-canzone passa attraverso immagini torbide che confondono i confini tra sogno e ricordo: “Nominare tutti i generi musicali che hanno ispirato il brano richiederebbe una pagina a parte, il risultato è inatteso e del tutto originale: compongo la musica che mi piace, a prescindere da tutto il resto”.

Forse Ancora Dorme era un pensiero che mi pulsava in testa tra le 4 e le 5 di una notte poco più di un mese fa. Un pensiero dolce ma inspiegabilmente preoccupato. La batteria quasi techno che cerca di ricalcare l’inquietudine e il battere accentuato del cuore, e il piano e la melodia invece soul e malinconiche che cercano di riportare pace al pensiero della mia ragazza che dorme senza conoscere le mie preoccupazioni. Questo brano è la contrapposizione di emozioni contrastanti in una notte confusa”.

Entrambe le parti dell’EP sono state accompagnate da un cortometraggio realizzato in collaborazione con Andrea Cleopatria e prodotto da Asian Fake e Nike.
Uniti uno all’altro, i due video formano un vero e proprio mediometraggio di circa mezz’ora.

Andrea Venerus, originario di San Siro, Milano, a 18 anni si trasferisce a Londra dove per 5 anni approfondisce le sue conoscenze musicali e comincia a lavorare a progetti personali, venendo a contatto con le scene musicali di Brixton e di Notting Hill. Terminato il periodo in terra inglese l’artista registra un disco a Roma e, rimasto affascinato dalle atmosfere della città, vi si trasferisce. Oggi vive a Milano, città dalla quale lo scorso 16 novembre ha lanciato il suo primo progetto discografico, l’EP A che punto è la notte pubblicato da Asian Fake. La successiva collaborazione con il rapper Gemitaiz nel brano Senza di me (feat. Venerus& Franco126), presente all’interno del mixtape QVC8 e a cui il giovane artista presta penna e voce, è stato certificato singolo di platino.

photo di Ludovica De Santis e Martina Siardi

Dal funk alla cumbia, arriva la colonna sonora ufficiale del Jova Beach Party

Sono 7 pezzi nuovi, ma non è un album!
Sono pezzi di Lorenzo, ma non è mai da solo!
Sono tutti singoli, ma escono tutti insieme!

A un mese dal debutto esce Jova Beach Party, arriva un EP con sette nuove canzoni fresche di studio, scritte e realizzate durante la produzione del progetto più caldo dell’estate.
“Per visualizzare l’idea che stava nascendo serviva un po’ di musica, qualcosa di nuovo, senza pressione, per il piacere di immaginare la gente che balla”.

Il nuovo e speciale EP di Jovanotti è un disco dove l’anima DJ di Lorenzo emerge evidente, più che in qualsiasi altro suo album dove spesso convivono altre atmosfere. In Jova Beach Party fondamentalmente si balla, ma da sotto la superficie emergono “canzoni”, la scrittura di Lorenzo, il romanticismo, l’avventura, la vitalità, l’energia, l’attenzione alle parole.

Non è un disco addomesticato, pettinato, è semplicemente “un progetto nato e cresciuto libero, che voleva uscire, e ora è fuori!”
E’ una grande sorpresa per i fan di Lorenzo, è la colonna sonora che in molti desideravano ma che nessuno si aspettava, realizzato nell’ombra e pronto per essere pubblicato a sorpresa.

Jova Beach Party è un album dinamico, senza stress, senza ansia di piacere ma con la voglia di far impazzire. È un Ep che non c’era, neanche nel repertorio di Lorenzo ed è nato dall’istinto e dal desiderio: “È’ pura passione per la musica, niente altro che passione per la musica e per quello che la musica fa accadere.
Lo spirito dell’EP è intriso di funk, reggae, pop, ma anche club culture, elettronica, reggaeton, dub, sonorità latine, con pezzi nati da jam session lunghe anche un’ora, e poi tagliate ed editate, come nel caso di Prima che diventi giorno, il brano che apre l’EP, prodotto da Rick Rubin. Ma alla produzione sono stati chiamati anche Charlie Charles, Dario “Dardust” Faini, i Cacao Mental, artefici della cumbia che anima Fiesta, e poi ancora Paolo Baldini, che ha impresso il tocca reggae a XchèTUC6, con cui si chiude l’EP.

Per le tracce non sono previsti video ufficiali, ma anche in questo caso c’è un esperimento in atto: l’EP esce infatti anche in forma di playlist di Lyric video con i 7 brani in versione cartoon
Sviluppati dai fratelli Dan&Dav insieme a Colormovie che ha curato il montaggio e gli effetti speciali.

Sono 63 al momento gli ospiti già annunciati, provenienti da tutto il mondo. Le feste cominceranno intorno alle ore 16 e andranno avanti fino a sera inoltrata.
Per immergersi nel clima di festa degli appuntamenti in spiaggia, Lorenzo ha inaugurato da poco la Jova Beach Radio, un vero e proprio canale musicale con una sua selezione di brani incredibili, ma anche con dei veri e proprio “programmi”/ “session” da 50 minuti cadauno realizzati da lui stesso, per i fan, ma per tutti gli appassionati di musica, di idee, di storie, di viaggi e di racconti.
Per l’uscita della nuova musica, Lorenzo ha dedicato un’intera Jova Session, alla nascita del progetto, raccontando i retroscena e le curiosità che lo hanno portato a scrivere e a produrre le nuove canzoni di Jova Beach Party.
Disponibile sulla Jova Beach Radio, scaricabile gratuitamente con la Jova Beach App per iOs e Android che darà continui aggiornamenti e informazioni sulle spiagge, HAPPY EP A TUTTI!, percorre tutte le tappe del percorso, e svela i retroscena curiosi delle molte collaborazioni contenute.

Questo il calendario del Jova Beach Party:
6 luglio Lignano Sabbiadoro, Spiaggia Bell’Italia SOLD OUT
10 luglio Rimini, Spiaggia di Rimini Terme
13 luglio Castel Volturno, Lido Fiore Flava Beach
16 luglio Marina di Cerveteri, Lungomare dei Navigatori Etruschi
20 luglio Barletta, Lungomare Pietro Mennea
23 luglio Olbia, Banchina Isola Bianca Molo Bonaria
27 luglio Albenga, Spiaggia Fronte Isola
30 luglio Viareggio, Spiaggia Muraglione
3 agosto Lido Di Fermo, Lungomare Fermano
7 agosto Praia A Mare, Dino Beach Area
10 agosto Roccella Jonica, Area Natura Village
13 agosto Policoro, spiaggia Torre Mozza
17 agosto Vasto, Area Eventi Lungomare
20 agosto Lido degli Estensi, Arenile Porto Canale
24 agosto Marebbe, Cima Plan de Corones
28 agosto Lignano Sabbiadoro, Spiaggia Bell’Italia
31 agosto Viareggio, Spiaggia Muraglione

Valeria Vaglio, “Mia”. Amore elettronico

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.

Nero, bianco, blu elettrico, rosso, giallo, oro. Valeria Vaglio descrive con questo particolare arcobaleno a sei colori le tracce dell’EP Mia. Sei colori accesi, vividi, qualche volta in contrasto, ma affiancati uno all’altro.
A cinque anni dall’ultimo album, l’artista barese torna con il racconto di una storia che si è sviluppata nell’arco di un anno, e lo fa con una decisa svolta stilistica, usando i suoni sintetici e grondanti di bpm di un pop elettronico.

Accompagnati da atmosfere che rimandano agli anni ’80 e ’90, i testi dei nuovi brani parlano di un amore viscerale, carico di passionalità carnale, come nella titletrack; un amore che quando si manifesta assale con voracità e con l’istinto, ma che sa anche nascondersi dietro al silenzio per farsi desiderare; un amore tenuto in vita con la pazienza dei piccoli passi, con i dettagli di una mattina di primavera; un amore di partenze disperate e di ritorni.
Fino a quando tutto torna a quadrare e ci si ritrova in due ad augurarsi il meglio, sulla poesia appena accompagnata al pianoforte di Le cose che dicono.

Svolta deep house per Davide Ferrario: il 15 aprile l’EP “Lullabies”


Dalle corde delle chitarre e dalle tastiere ai beat della console. Può essere descritta così la svolta musicale di Davide Ferrario, musicista e produttore da anni attivo sulle scene con alcuni tra i più importanti del panorama nazionale, da Gianna Nannini a Franco Battiato e Max Pezzali.
Il prossimo 15 aprile uscirà infatti l’EP Lullabies (già in pre-order), il suo primo progetto solista, improntato sui suoni della deep house.
Il progetto esce per etichetta di San Francisco Manjumasi, che nel 2018 si è interessata ai lavori di Ferrario, colpita in particolare dalla cura e dall’originalità delle sue produzioni.
Il sound ipnotico e melodico tipico della house incontrano così lo stile di un artista sempre attento alla ricerca di nuovi suoni e immaginari.

“Da anni i miei ascolti sono prevalentemente elettronici ma non avevo mai avuto il coraggio di cimentarmi per davvero in questo genere. Quando ho iniziato a scrivere questo tipo di musica non avevo la minima idea di che fine avrebbe fatto. Di certo non mi aspettavo che nel giro di pochi mesi avrebbe visto la luce come progetto discografico. Quindi ho seguito il mio istinto, sono andato a ruota libera e ciò che è avvenuto, inconsapevolmente, è una sintesi di molte delle cose che mi sono sempre piaciute”.

Questa la tracklist:
Model
Jewel Ice
Model (Bengal Remix)
Jewel Ice (Nitin Remix)

https://www.beatport.com/release/lullabies/2551417

Luana Corino, Vertigini. Quando l’urban è donna

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.

Vertigini, il nuovo lavoro di Luana Corino è un lavoro di cui la musica italiana dovrebbe andare fiera, non fosse altro per il fatto di essere il segno di come tra i nostri artisti si stia piano piano compiendo una piccola rivoluzione.
Se infatti ormai da anni l’hip-hop italiano ha saputo svincolarsi dal suo genitore statunitense e ha trovato originali forme di espressione (più o meno discutibili, ovvio), sul fronte dell’r’n’b e dell’urban la situazione restava ancora piuttosto stagnante. Ci si accontentava di ascoltare quello che facevano gli artisti stranieri – americani soprattutto -, ma quando si andava a cercare qualcuno che facesse r’n’b in italiano si faticava un po’.
Luana è stata una delle prime a provarci in tempi ancora non sospetti (non dimentichiamoci che la ragazza è in circolazione da un po’), e non c’è dubbio che nell’ultimo periodo le cose siano notevolmente cambiate sul fronte generale: l’ultimo esempio ce l’avete sotto gli occhi – e ancora di più nelle orecchie – tutti quanti. Sto parlando di Soldi, il chiacchieratissimo brano con cui Mahmood ha vinto l’ultimo Festival di Sanremo. Soldi è a tutti gli effetti un pezzo figlio della cultura urban italiana, ed è addirittura finito al primo posto in classifica.

Un segnale inequivocabile di come anche l’Italia si stia costruendo un background “urbano” che fra qualche anno potrebbe non destare più stupore.

Ma non divaghiamo oltre: dicevo qualche riga fa che il nuovo lavoro di Luana è qualcosa di cui l’Italia dovrebbe andare fiera, non solo perché è un altro bell’esempio di urban nostrano, ma perché con questo EP Luana fa un altro, significativo, passo in avanti.
Vertigini è infatti un disco dalla natura orgogliosamente femminile. Un disco pensato da una donna, interpretato da una donna e che mette al centro storie di donne, con uno storytelling diretto, che scavalca ogni luogo comune.
Protagonista non è la donna succube o vittima del maschilismo imperante, e nemmeno la donna sfrontata dell’immaginario rap, ma una donna che vive con serena normalità la sua indipendenza (Gita al mare), che si potrebbe anche chiamare solitudine, o che si prende la sua rivincita dopo la fine di una storia (Non ti piacevo abbastanza). O ancora, una donna che non teme di dichiarare il suo amore definendo se stessa una Bad Mama, l’unica a cui il suo uomo debba concedere attenzioni.
Un disco femminista? Può darsi, ma solo se spogliate il femminismo della retorica di cui si è caricato negli anni. Libertà, amore, coraggio: queste sono le parole d’ordine di Vertigini.

Cross-pop per restare umani. Quattro chiacchiere con… Diego Conti

Che lo faccia con i suoni del pop, del rock o del folk, o che addirittura faccia ricorso all’elettronica, un cantautore non dovrebbe mai perdere di vista la sua missione, quella di raccontare il mondo che lo circonda. Un compito che Diego Conti sembra aver preso molto seriamente, declinandolo senza rifugiarsi in un genere preciso e attraverso una scrittura che non teme di spogliarsi delle censure e delle prese di posizione anche verso le grandi tematiche dell’attualità.
Ne sono prova chiarissima i brani di Evoluzione, il primo EP del cantautore di Frosinone, pubblicato lo scorso dicembre: dal racconto passionale di 3 gradi, la canzone proposta alle selezioni di Sanremo Giovani, alla trasgressione di L’inferno, fino a Clandestino, che punto lo sguardo sulla tragedia dei migranti in nome della condivisione e dell’incontro con l’altro.

Per descrivere il filo rosso di questo EP hai coniato un neologismo, “cross-pop”: di cosa si tratta esattamente?

Più che un genere musicale è una visione di vita, una presa di coscienza che parte dall’idea di condivisione, di contaminazione e di incontro con gli altri. Penso che il futuro si muoverà in questa direzione, e non parlo solo di musica, anche se poi questo concetto trova manifestazione nei suoni delle mie canzoni: prendo un po’ dal pop, dal rock, dalla trap, dalla musica classica. Un vero e proprio “melting-pop” che nasce ogni volta dal mio istinto e da quello di Mark Twayne, il producer con cui ho lavorato a tutti i brani dell’EP. Ma ci tengo a ripeterlo, prima che nei suoni, il cross-pop è un approccio alla vita.

Parlando invece dei tuoi riferimenti musicali, che nomi ti senti di fare?
C’è sicuramente il rock anni ’70, i Rolling Stones, Joe Cocker, Bob Dylan, e poi il miglior cantautorato italiano, da Lucio Dalla, Vasco Rossi, Jovanotti. Tra i riferimenti più recenti invece mi sento di citare la trap di Post Malone: lui è un vero genio.

Cosa si nasconde dietro all’evoluzione evocata nel titolo dell’EP?

Faccio un po’ riferimento alla mia vita, che nell’ultimo periodo ha passato una fase di vera evoluzione per tutto quello che mi è successo. Ma ho voluto anche raccontare la società che vedo intorno, in cui riconosco profondi cambiamenti: ecco perché il brano dell’EP si intitola Evoluzione 3.0. Siamo andati addirittura oltre il 2.0: ci troviamo nella società smart, dove tutto è tecnologico e dove l’avere è più importante dell’essere e dove il senso del pudore sembra essersi perso. E un altro brano-manifesto di tutto il disco è Clandestino.

Un brano pienamente calato nell’attualità, e nel quale non sembri tirarti indietro nel prendere una posizione.
Poche settimane fa Claudio Baglioni si è esposto sull’argomento dei migranti ed è stato preso di mira anche da esponenti politici: io sono molto vicino alle sue parole, artisticamente e umanamente. Penso che abbia solo messo in luce un fenomeno che è sotto gli occhi di tutti. Nel brano non mi interessava trattare il reato della clandestinità, ma volevo che emergesse il lato umano dell’immenso dramma che si sta consumando sotto i nostri occhi. Volevo mettere in primo piano i valori, l’importanza della condivisione, per tornare a ciò che dicevamo poco fa: in passato la condivisione con l’altro è stata una grande opportunità, e il futuro non può essere da meno. Le leggi non dovrebbero mai prevalere sull’elemento umano. Tutta l’umanità è clandestina, indipendentemente dal colore della pelle, dalla cultura e dalla religione. Eppure è notizia di questi giorni che altre 117 persone sono morte in mare.

La tua visione è pienamente condivisibile, eppure gli slogan dell'”aiutiamoli a casa loro” si sentono ancora e i porti restano chiusi…
In realtà non so se l’opinione pubblica sia compatta nell’appoggiare questa politica, però credo che spesso ci si ferma alla soluzione più immediata, che è anche quella sbagliata. Bisognerebbe riuscire a guardare un po’ più là per capire che questo non è solo un problema degli altri, ma di tutti. Senza contare che queste sono persone che scappano da una situazione disperata e dalla guerra.

E a chi dice che i cantanti devono pensare solo a cantare cosa rispondi?
Sono cresciuto ascoltando John Lennon, uno che ha scritto Imagine, una delle canzoni più belle della storia della musica. Penso che basti questa considerazione. Se a un artista manca la componente umana forse è il caso che cambi lavoro.

La tua scrittura è piuttosto passionale, a volte addirittura audace e sfacciata, se pensiamo a brani come 3 gradi o L’inferno, sei d’accordo?
Come vivo scrivo, tutto quello che racconto parte dalla mia esperienza: le due canzoni che hai citato sono pienamente autobiografiche, nate da esperienze che ho vissuto sulla pelle. Anzi, adesso posso anche dirlo, L’inferno rappresenta l’epilogo di quello che racconto in 3 gradi. Sono la narrazione di un amore un po’ difficile, e con queste due canzoni ho cercato di scardinare il senso del peccato, visto sempre sotto una luce negativa. Credo di aver comunicato una grande voglia di amare più che di trasgredire. Sia che si parli di tematiche sociali, sia che si parli di sentimenti, un artista dovrebbe sempre cercare di dare un suo contributo, altrimenti il nostro lavoro non ha senso.

Di sicuro proponi una lettura dell’amore meno patinata di quello che si sente di solito.
Ascoltando cantautori come Battisti o Vasco ho ammirato la loro capacità di essere sempre diretti, pur con la sintesi e la poesia. In qualche modo credo di aver assorbito quella scrittura, non mi piace fare tanti giri di parole, voglio andare subito al sodo, e soprattutto con L’inferno direi che si sente, già dai primi versi… (ride, ndr)

Rispetto al passato pensi che oggi si osa di meno nella musica?
Mi sembra di no. Anzi, stiamo vivendo un bel periodo, soprattutto nella nuova scena del cantautorato italiano. C’è tanta varietà, c’è la trap, si spazia molto con i generi.

Per il futuro hai già fatto programmi?
Tra non molto uscirà un nuovo inedito di cui non posso ancora svelare niente, e tra qualche giorno mi chiuderò in studio per finire l’album. Non manca molto alla fine del lavoro, ma essendo da poco uscito l’EP vogliamo aspettare ancora un po’. E poi spero di poter suonare dal vivo i nuovi brani.

Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione?
Ribellione significa non essere indifferenti. Già questa è una bella presa di coscienza e un buon punto di partenza per la rivoluzione.