Brescia si prepara alla sua quinta Festa della Musica. La parola al direttore artistico Jean-Luc Stote

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Il prossimo 23 giugno, per il quinto anno consecutivo, Brescia sarà invasa da un’onda musicale che coinvolgerà tutta la città in occasione della Festa della Musica.
Dal pop al rock, dall’elettronica al folk, per una giornata la musica sarà l’assoluta protagonista in tutte le sue forme, coinvolgendo professionisti e dilettanti in una serie di eventi che animeranno le piazze e le vie della città: un successo già annunciato dai numeri, che per quest’anno fanno registrare oltre 480 iscritti per più di 3500 musicisti.
Anima della manifestazione è il direttore artistico Jean-Luc Stote, che proprio quest’anno festeggia i quarant’anni di attività musicale a Brescia.
Proprio da lui ci siamo fatti raccontare cosa ci aspetta dalla quinta edizione della Festa della Musica, con un appello finale alla SIAE.

Quali saranno le novità e gli eventi principali di questa quinta edizione della Festa della Musica?
La grande novità di questa edizione è stata la festa della musica delle scuole che si è svolta il 12 maggio perché nata da una necessita conseguente di una specificità italiana. Quando si fa la classica Festa della Musica le scuole sono già chiuse da almeno 2 settimane: se si vuole, come richiedono l’associazione per la promozione della festa della musica in italia e il MIBACT, favorire il più possibile la partecipazione delle scuole alla festa, si deve per forza di cosa trovare una data in un periodo in cui le scuole sono ancora operative. La Festa della Musica delle scuole di Brescia è stata quest’anno la prima e unica in Italia e speriamo che l’associazione nazionale e il MIBACT accoglieranno positivamente il nostro suggerimento di diffondere questa formula nell’intero paese perché secondo noi è l’unica formula che può garantire un effettiva partecipazione delle scuole.

L’elettronica e la dance saranno protagoniste di “Castello Elettronico”: come si svolgerà l’evento?
Sarà un evento ricco di proposte con l’esibizione di emergenti e personaggi che si sono confermati di recente, dunque l’espressione delle ultime tendenze in ambito dance e elettronica. Il Castello ospiterà 3 situazione diverse: più che novità sarà la forte presenza di palchi dance in questa edizione della festa con altri due importanti palchi al parco Castelli, e un altro palco piazza Arnaldo con radice in quella che è stata la scena dance anni ’80 e ’90 che aveva a Brescia due realtà, la Time Records e la Media Records di fama internazionale. Mettendo insieme queste tre situazioni, Brescia ospiterà in occasione della Festa della Musica, quello che si può già considerare come uno dei più importanti appuntamenti italiano in ambito dance e elettronica.

Attenzione verrà data anche ai buskers.
Numerosi musicisti bresciani si lamentavano che non ci fosse la possibilità di suonare per strada in città. Dopo i risultati della prima edizione della festa, si è lavorato con l’assessorato alla cultura per elaborare un regolamento per le Arte di Strada, fra cui la musica. Suonare per strada a Brescia è ora possibile ed è molto semplice ottenere il permesso con una semplice richiesta in rete. Mentre vigeva il divieto, la necessità di fare musica per strada sembra una necessità assoluta, ma da quando è divento possibile in realtà le richieste sono veramente poche e raramente da Bresciani. Le postazioni individuate in città sono una ventina e abbiamo deciso di farne vivere almeno 5 “intensamente” in questa edizione della festa con in ogni postazioni un piccolo banchetto con del materiale informativo.
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Che bilancio puoi fare di questi primi cinque anni? Come si è evoluta la manifestazione?
Il bilancio non può che essere positivo. La Festa della Musica ha sdoganata parecchie situazioni. Dopo la prima edizione, in assessorato alla cultura è arrivata una persona che si occupa soltanto di musica. Sono stati creati tavoli di lavoro con risultati positivi e concreti. Ad esempio, ora per chi decide di organizzare un evento musicale in città si deve rivolgere a un unico ufficio e certe procedure sono state semplificate.

La formula della manifestazione non è cambiata e non la vogliamo cambiare per quanto riguarda le sue regole base. Sotto questo aspetto siamo intransigenti, perché vogliamo mantenerne le caratteristiche fondamentale. E’ e deve rimanere una grande festa popolare. Non esistono palchi principali: suonano tutti quelli che si sono iscritti, dal professionista all’esordiente e tutti sono messi nelle stesse condizioni tecniche. Quello che si è evoluto è la qualità dell’organizzazione, accumulando ogni volta esperienza dall’edizione precedente.

Qual è stata in questi anni la risposta dei cittadini? 
La prima edizione è stata indubbiamente la più sconvolgente. La gente presente in città al mattino rimaneva a bocca aperta scoprendo musica ad ogni angolo di strada, in ogni piazza, musiche di tutti tipi dal rock alla classica via il jazz, l’etnico, ecc… In mattinata girava il solito flusso di gente che frequenta di sabato la città, ma da quel momento è partito un “tam tam” che ha fatto si che la città si è pian piano riempita per arrivare alla sera con un centro storico totalmente imballato. Tanti locali si erano attrezzati per l’occasione come per una classica notte bianca, ma già alle 21, in gran parte del centro storico non si trovava più neanche una birra o un panino. Nelle edizioni seguenti l’approccio del pubblico è cambiato, con tanti presenti sin dall’inizio, che si spostavano poi nei vari posti a secondo del programma che si erano costruito. Quello che rimane intatto è l’aria di festa che aleggia per tutta la giornata.

E come hanno risposto i ragazzi delle scuole che sono state coinvolte con l’iniziativa Scuole al Centro?
Questa prima edizione di “Scuole al Centro” è stata un’edizione in forma embrionale, un po’ perché siamo partiti tardi e anche perché muoversi in ambito scolastico è decisamente complesso, ma i tre palchi che sono stati allestiti sono stati un successo, e i ragazzi sono stati felici di essere protagonisti non più solo nell’ambito della loro scuola o istituto, ma in un ambito più ampio, di fronte ad una platea fatta non di solo genitori, nel cuore della loro città.

Da dove ti è venuta l’idea, cinque anni fa, di portate a Brescia questo evento? Ti aspettavi che sarebbe stato accolto in questo modo?
L’idea non mi è venuta 5 anni fa ma sin dal 1983, dopo avere vissuto in Francia la prima edizione della festa della musica. L’ho proposta regolarmente per 30 anni prima che finalmente, grazie all’intelligenza e la sensibilità dell’attuale assessore alla cultura (nonché vicesindaco), Laura Castelletti abbia accettato la mia proposta. Non ho inventato nulla. Ho solo ripreso pari pari la formula francese. Quando abbiamo organizzato la prima riunione ci siamo subito ritrovati una sala piena. Tanta curiosità da parte del mondo musicale cittadino e subito tanto entusiasmo. Finita la riunione, Laura mi disse: “Ma t’immagini se arriviamo ad un centinaio di partecipanti, che successo…” La mia risposta: “Io ne voglio almeno 200”. La sua perplessità mi vale un suo “Ma tu sei matto!” Fine delle corse, in occasione della prima edizione le esibizioni sono state circa 450.

Oltre alla crisi della discografia, spesso si sente parlare anche di una crisi della musica dal vivo, con la conseguente chiusura dei locali e quindi di spazi in cui poter proporre la propria musica: perché secondo te succede? Mancano proposte interessanti o il pubblico ha perso interesse per le piccole realtà musicali?
La discografia non è in crisi: è morta, deceduta. E’ rimasta soltanto una piccola attività di tipo artigianale. Per la musica dal vivo le cose sono diverse. Mentre ad esempio in Francia per i locali che propongono gruppi emergenti con brani propri, gli introiti arrivano al 60% dalle istituzioni a vari livelli (locale, regionale e nazionale), in Italia quel sostegno è ufficialmente del 1% e sinceramente non si sa bene a chi e dove va a finire. In Francia per i musicisti emergenti esiste l’intermittenza dello spettacolo. Il problema fondamentalmente sta qui.
Il problema è che, al posto di unirsi per fronteggiare le istituzioni e ottenere un sostegno, musicisti e locali si rompono le scatole a vicenda. La classica guerra di barboni.
Un altro aspetto è che il classico concerto è diventato spesso una situazione banalizzata. Questo vale anche per grandi concerti. Credo molto attualmente in situazioni dove si mescolano musica, luogo e contaminazioni. In quel caso ogni componente ottiene un di più grazie all’apporto degli altri, e tutto diventa più suggestivo. L’Italia è piena di talenti e non ha nulla da invidiare ad altre nazioni, ma mancano le opportunità per mettersi realmente in evidenza. Ci sono situazioni occasionale che lo dimostrano. Non penso che un personaggio come PJ Harvey abbia difficoltà a trovarsi bravi musicisti. Ha sicuramente soltanto l’imbarazzo della scelta ma se alla fine decide di inserire nella sua band due musicisti italiani come Enrico Gabrielli o Alessandro “Asso” Stefana è perché è convinto che gli possono dare un di più. Questo accade perché casualmente il signor John Parrish, capo banda della signora passa molto tempo sul lago di Garda e ha avuto l’opportunità di scoprire questi talenti veri. Prima di “Asso” è anche stato chitarrista di PJ Harvey un altro bresciano doc: Giovanni Ferrario.

Hai un sogno in particolare che ti piacerebbe realizzare per un’edizione futura della manifestazione?
Più che un sogno, una rivendicazione: vorrei che come negli altri paesi della comunità europea che hanno aderito alla Festa della Musica europea, la SIAE rinunciasse a chiedere il pagamento del diritto d’autore in quel occasione.