“Prendersi in giro per prendersi sul serio”. Ecco la “PAPRIKA” di MYSS KETA


Meno di un anno fa, nelle stanze milanesi della Universal, M¥SS KETA presentava UNA VITA IN CAPSLOCK, la sua personale visione di una Divina Commedia di stampo future pop. Per la prima volta la diva dall’occhiale da sera emergeva con prepotenza dall’underground milanese puntando al di fuori della cerchia dei Navigli per diventare un’icona queer nazionale.
Ora è il momento di PAPRIKA, il nuovo capitolo della discografia “myssketiana”, presentato tra le eleganti pareti di una gastronomia di Corso Venezia. Location scelta non a casa, visto che proprio di “gastronomia musicale” la nostra M¥SS parla a proposito del nuovo album.
Stessa attitudine “in capslock”, stessa ficcante abilità di mescolare alto e basso, elitario e popolare, serio e faceto, nascondendo citazioni impreviste e imprevedibili fin dal titolo dell’album, omaggio al maestro del cinema erotico Tinto Brass. In aggiunta stavolta c’è uno sguardo che – se possibile – scavalca ancora di più i generi musicali e soprattutto punta verso suoni provenienti dal mondo.

Ancora accompagnata dai fidatissimi Dario Pigato, RIVA e Simone Rovellini e “scortata” dal collettivo MOTEL FORLANINI, questa volta M¥SS si circonda di ospiti, molti provenienti dalla scena hip-hop nazionale, e raccoglie influenze musicali che dal Medio Oriente arrivano a lambire le coste caraibiche del Messico: “Ho voluto guardare all’esterno, sia per il team con cui ho lavorato, sia per le sonorità, che non sono più claustrofobiche, ma sono aperte a innumerevoli influenze. Il processo creativo dei brani non è cambiato, ma è stato arricchente vedere come lavorano persone diverse. Sono state fatte prima le basi, e su quelle sono arrivati i testi: una base ti racconta già una storia, ti dà già l’idea di un’ambientazione per un brano,e MOTEL FORLANINI è specializzato in questa operazione di immaginazione. Per la prima volta ho aggiunto anche delle piccole parti di canto melodico, anche se tutti sanno che non sono una cantante. Tutte le influenze dell’album e tutti gli elementi che uso sono però spuri, sporchi, perché tutto viene sempre mescolato e fatto passare attraverso un filtro myssketiano”.

Sotto la lente di un’ironia sempre sagace e tagliente ma più dosata, l’eccesso resta una chiave di normale quotidianità del mondo myssketiano, con racconti di sesso, amori fugaci, notti allucinate nei club, inseguimenti lisergici. Ma non è tutto qui: “Sono diventata più riflessiva? Ironia e sincerità non sono aspetti distinti. Di sicuro tutto si evolve, M¥SS si evolve, MOTEL FORLANINI si evolve, la nostre capacità si evolvono”.

L’incipit del disco con ALSO SPRACH ELENOIRE è una allucinata pillola di filosofia futuristica in cui il rimando a Nietzsche e Strauss viene riassorbito dalla finta invettiva di una delle protagoniste del mondo queer milanese, Elenoire Ferruzzi.
Da qui parte la “degustazione” del disco, tra inediti e tre remix: BATTERE IL FERRO FINCHÉ È CALDO suona come una nuova dichiarazione di intenti su un beat old school, MAIN BITCH tuona di sonorità metal trap, PAKKESKA fa convivere il reggaeton con strumenti della tradizione turca e il duduk armeno fa la sua inaspettata comparsa in TOP.
Passato e futuro si confondono in 100 ROSE PER TE, forse la prima vera canzone d’amore della nostra diva, dove un tributo all’r&b di Janet Jackson e Jermaine Dupri si incontra con un beat che guarda al futuro.
Per MORTACCI TUA sono stati coinvolti i Cacao Mental, alfieri della cumbia messicana contemporanea, mentre CLIQUE ha l’attitudine del baile funk e del deambow.
Tra le collaborazioni, spicca quella con Gabry Ponte, orgoglio nazionale della dance: insieme a lui M¥SS è voluta entrare in un labirinto tech house di un luna park stregato che richiamasse la Danza delle streghe, ed è così venuta fuori LA CASA DEGLI SPECCHI.
Ma la vera sorpresa M¥SS la riserva per il finale d’opera, dove offre la più limpida lettura delle sue emozioni nell’intimità delle liriche di FA PAURA PERCHÉ È VERO insieme a Mahmood: “mi chiamano l’angelo dall’occhiale da sera / ma sono una donna di umana natura” esordisce M¥SS nel pezzo, e per la prima volta si ha la viva sensazione di riuscire a guardare oltre la sue lenti scure.

La scelta dei remix è ricaduta su tre canzoni già entrate nel repertorio classico myssketiano: UNA DONNA CHE CONTA si avvale ora della collaborazione con Wayne Santana della Dark Polo Gang, BOTOX racconta di una notte di drink modificati con i versi di Gemitaiz e per la nuova versione di LE RAGAZZE DI PORTA VENEZIA è stata chiamata a raccolta una squadra d’eccezione tutta al femminile formata da Elodie, Joan Thiele e Priestess.

Si diceva prima della forte componente hip-hop di PAPRIKA, portata nel disco dai già citati Wayne Santana, Gemitaiz, ma anche da Gue Pequeno (per PAZZESKA), Luchè (per TOP) e Quentin 40 (per 100 ROSE PER TE), e qui il discorso di M¥SS si apre ad alcune considerazioni sulla visione maschilista della musica e della società: “Viviamo in un mondo basato sul patriarcato, in cui è ancora difficile capire che le donne non parlano solo alle donne, ma possono parlare a tutti. Perché c’è ancora il preconcetto che gli uomini possano parlare anche in nome delle donne, mentre si dà per scontato che le donne debbano parlare solo ad altre donne? Bisognerebbe che gli artisti venissero considerati per quello che fanno, e non per il sesso. Non si deve parlare, per esempio, di ‘rap al femminile’. Questo sistema va cambiato, ogni giorno: nella musica lo stanno già facendo artiste come Chadia Rodriguez e Priestess”.
Come conciliare allora la visione oggettivata che della donna offrono i rapper con le collaborazioni maschili presenti nel disco? “Quando invito un ospite devo lasciargli carta bianca, perché credo molto nella totale libertà d’espressione. Questo può essere un modo per aprire un dialogo, e ognuno lo fa con il suo linguaggio. In questo disco si trovano insieme Elenoire Ferruzzi e Gue Pequeno: può essere un’occasione per avvicinare il mondo queer a quello del rap“.

Impossibile infine non soffermarsi sull’immagine della copertina, chiaro riferimento alla scena in cui Valeria Marini “cavalca” una mortadella in Bambola di Bigas Luna. Ma c’è anche qualcosa di più? “Sì, ho voluto comunicare il mio amore per gli affettati!”, afferma fulminante M¥SS. “In realtà è una celebrazione della potenza femminile: si vede questa donna padrona del suo corpo, consapevole di se stessa, si percepisce la potenza archetipica della femminilità, non senza una nota di ironia. È prendersi in giro per prendersi sul serio”, continua prima di chiosare myssketianamente: “E comunque sì, amo la mortadella, e anche Valeria Marini, che saluto perché so che mi sta ascoltando”.

Subito al via l’instore tour e gli appuntamenti live:
30 marzo, Torino, ore 15:00 @Feltrinelli Stazione Porta Nuova
31 marzo, Milano, ore 18.00 @Mondadori Duomo
3 aprile, Roma, 18:00 @Discoteca Laziale
4 aprile, Bologna, 18:00 @Mondadori Bookstore c/o Spazio Ducati
5 aprile, Firenze, 15:00 @Galleria del disco c/o Caffè Letterario

Queste le date live:
30 marzo Spazio 211, Torino – SOLD OUT
5 aprile Viper Theatre, Firenze
6 aprile Teatro Sociale, Como
20 aprile Rokolectiv Fest, Bucarest
27 aprile New Age, Roncade (TV)
30 aprile Monk, Roma
10 maggio Locomotiv, Bologna
17 maggio Dejavu, Teramo
25 maggio MI AMI, Milano
19 luglio MELT Festival, Ferropolis

Un ritorno al sapor di “PAPRIKA” per MYSS KETA


Lo scorso 8 marzo, mentre il mondo celebrava l’International Women’s Day, qui in Italia M¥SS KETA non ha offerto la solita mimosa, ma ha lanciato nell’agorà digitale PAZZESKA, il suo nuovo singolo, che vede anche la partecipazione di Gué Pequeno.

Nel video che fa da cornice al brano un’ardente M¥SS si muove sinuosa in un ambiente total pink dominato da una mortadella gigante: una dimensione fuori dallo spazio-tempo che sembra uscita dall’immaginazione di Sigmund Freud dopo la visione di un film di David Lynch. Fra brusche accelerazioni e improvvisi rallentamenti, il corpo di M¥SS KETA diventa veicolo narrativo dei suoni del brano, tra atmosfere orientali e beat.

Il video mostra la stessa ambientazione della cover di PAPRIKA, il nuovo album di M¥SS KETA, in uscita il 29 marzo per Universal Music Italia, già in pre-order su Amazon e in pre-save su Spotify.
Un album di cui ancora non si sa nulla, ma con una copertina che ci trasporta subito in un mondo a metà fra il cinema erotico d’autore e un anime fantasy: a cavallo di una mortadella, M¥SS cita esplicitamente l’iconica Valeria Marini in Bambola di Bigas Luna, rielaborata dall’immaginario onirico del collettivo Motel Forlanini, che è ancora una volta a capo della direzione artistica.

La mortadella diventa simbolo dell’inconscio di Motel Forlanini: un luogo dove tutte le ispirazioni, le immagini, gli stimoli vengono rielaborati per produrre qualcosa di davvero succulento…

UNA VITA IN CAPSLOCK: la “Milano da botox” nel primo album di MYSS KETA

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Con quella mascherina e quegli occhiali da sole a coprirle costantemente il viso, la prima tentazione che si ha è scoprire chi si nasconda davvero dietro al personaggio di Myss Keta. Il punto però è che non importa.

Basta infatti fermarsi un attimo ad ascoltare i suoi brani per capire che chiunque abbia dato vita a quella creatura artistica (e stiamo parlando molto probabilmente di un team di cervelli più che dell’intuizione di un singolo) ha compiuto un’operazione che rasenta la genialità.
Per chi frequenta abitualmente le notti milanesi, il nome di MYSS KETA non sarà nuovo: il suo esordio è infatti datato 2013, quando nell’underground dei locali meneghini hanno iniziato a girare pezzi come Milano, sushi e coca o Burqa di Gucci.
Di quell’entità mascherata nessuno sapeva niente, ma tutti coglievano la malata lucidità che si nascondeva in quei testi, accompagnata da arrangiamenti tra elettronica e fidget house ipnotici e allucinogeni.
Il gioco ha iniziato a funzionare, ed ecco che dopo una prima raccolta (L’angelo dall’occhiale da sera: col cuore in gola) e l’EP Carpaccio ghiacciato, MYSS KETA ha fatto il grande salto con il primo album ufficiale, UNA VITA IN CAPSLOCK, pubblicato nientemenoche da Universal.
Un upgrade – come si direbbe nel lessico degli yuppies milanesi – che forse neanche lei si immaginava, e che porta il suo nome ben al di là della cerchia dei navigli.
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Ma quindi chi è MYSS KETA? O, meglio, che cos’è MYSS KETA?
Impossibile definirla, un po’ perché di definizioni esaustive non ce ne sono, un po’ perché lei stessa detesta essere ingabbiata sotto un’etichetta. Di se stessa dice di essere “una donna di spettacolo e uno spettacolo di donna”, ma è stata definita anche “icona pop”, “angelo dall’occhiale da sole”, “diva definitiva”, “Vergine, ma non troppo”, ovviamente “icona gay”.
Si è fatta notare con i suoi brani, ma l’impressione è che la musica sia solo una piccola parte di un fenomeno ben più ampio, che riunisce in un unico, amorevole abbraccio tutta la cultura di spettacolo nazional-popolare degli ultimi 30 anni: “dagli anni ’80 ad oggi non è cambiato niente, certe cose funzionano nello stesso modo dai tempi dei Romani. Semplicemente, gli scandali e le figure simbolo della Milano da bere sono standardizzati e sono diventati dei modelli che ancora oggi utilizziamo per parlare di certe tematiche”. Ecco allora che nei racconti di MYSS KETA spunta anche il Bar Basso, nota meta di appuntamento per designer ed esponenti della Milano che “gira bene”: qui dice di aver conosciuto Tea Falco, altra icona modernissima e dai contorni fluidi, protagonista del video di Botox. Insieme, assicura, sono “due matte”.

Disarmante sentirla parlare, perché con una dialettica studiatissima, KETA abbatte ogni tentativo di percepire la linea di confine tra realtà e finzione, verità e ironia, trash autentico e parodia, stereotipo e sincerità. Non sai mai quanto stia volutamente caricando la sua aura, quanto stia spingendo verso il trash o quanto ti stia bellamente prendendo per il culo.
Nei suoi brani, partoriti negli angoli di Milano, emerge il lato malato della metropoli, le sue manie compulsive, i suoi vizi incorreggibili: con l’aiuto dei suoi fidati angeli, le Ragazze di Porta Venezia, MYSS KETA raccoglie gli stimoli che la città le offre, li ingurgita e li risputa fuori, rendendo tutto inequivocabilmente “myssketiano”. Un’operazione nata non tanto da una qualche necessità di espressione, ma dalla semplice voglia di raccontare un certo mondo in un certo modo, permeato di ironia, “perché guardare il mondo con ironia non significa essere felici, ma voler esorcizzare il male che si ha dentro”.
Dall’ossessione per il botox, allo stress, alla droga, alla frantumazione dell’identità, MYSS KETA costruisce un labirinto di specchi in cui la sua voce ammiccante e narcotizzata si perde e fa perdere recitando celebri slogan pubblicitari o creandone di nuovi, avvicinandosi all’hip-hop senza mai entrarci del tutto.
I suoi riferimenti volano pindaricamente dalla politica (pare abbia flirtato con d’Alema in Costa Smeralda) al cinema (quello di Monica Vitti, Monica Bellucci, ma anche quello di Edwige Fenech, altra sua grande amica, così come Sophia Loren), passando per le estati in compagnia dell’Avvocato. Di se stessa racconta di essere stata la prima musa di Dalì e Warhol, ben prima di Amanda Lear (che naturalmente viene nominata nel disco), dice di essere apparsa al Drive In (ma non dice in che ruolo, altrimenti sarebbe riconoscibile), di aver vinto al Festivalbar nel ’95, di aver fatto la modella (siamo sempre a Milano, dopotutto), la velina, ma anche l’amministratrice delegata della Rovagnati (“Ho scelto di lavorare lì perché mi piacciono molto le loro feste di Natale, e poi adoro vedere le aiuole pubbliche con la pubblicità dell’azienda che ne finanzia il mantenimento”). Tra i suoi miti, il Gabibbo ed Enrico Ghezzi, mentre sogna Marzullo per un’intervista “strana”.
Un puzzle di finissima cultura pop in cui il trash convive con l’intellighenzia, costruito con un uso abilissimo dell’ironia e di un’urticante provocazione.
Mentre racconta la genesi dell’album, il rischio è di pensare soprattutto a non perdersi nessuno dei riferimenti che infila – più o meno velatamente – tra le parole ( come quando si lascia sfuggire un “in verità io vi dico…”), come in Una donna che conta, seconda traccia del disco, vera e propria e surreale sfilata di celebrità da riconoscere.
Proprio nulla viene lasciato al caso, nemmeno la foto della copertina, sotto la quale si cela un’esegesi stupefacente: “La scimmia rappresenta uno stato pre-umano, noi siamo la scimmietta, solo con qualcosa in più: nell’immagine io allatto il mio primate, è il razionale che allatta l’irrazionale. E quella che si vede nella foto è la scimmietta che ho a casa, solo che non posso sempre portarla con me perché spesso è impegnata a rilasciare interviste”.

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UNA VITA IN CAPSLOCK è una sorta di Commedia dantesca (“Alighieri, l’avete già sentito nominare? E’ uno scrittore bravissimo, ve lo consiglio”), un album interiore e scurissimo, che può trovare la luce ideale solo sotto i flash e i neon di un club: c’è la discesa agli inferi, l’affronto delle paure e dei demoni interiori da buttare fuori, ci sono visioni distopiche, ma alla fine c’è la salita al Paradiso, con After Amore. E non importa che si tratti di una visione paradisiaca temporanea o artificiale, sempre di Paradiso si tratta.
A dare “bellezza” all’album ci pensano le presenze angeliche, e assolutamente antitetiche rispetto a tutto il resto, di Birthh, con il suo canto etereo (nell’interlude di Inferno, ad esempio, omaggio all’elettronica di Valerio Tricoli) e Adele Nigro degli Any Other, che porta il suono di un sax malato: “sono come gli angioletti della Divina Commedia, per cui lavorare con loro è stato naturale”. 
Per le basi invece, accanto al sempre presente collettivo Motel Forlanini, brillano anche i nomi di Riva, Populous, Zeus! e H-24, producer dall’identità misteriosa.
Si torna così alla maschera nell’era dell’ossessione per la celebrità, KETA sceglie di non apparire, ovviamente consapevole che la maschera attira la curiosità, ma ancora di più convinta che la sua è solo una maschera  dichiarata, contro tutte quelle invisibili che ognuno di noi si porta dietro ogni giorno. Dietro a quegli occhiali, MYSS KETA può essere e dire quello che vuole.
Quindi davvero non importa sapere chi si nasconde lì sotto, perché il gioco di MYSS KETA è affascinante e divertente proprio per il suo assurdo mistero: non c’è nessun divismo da proteggere, nessuna intenzione di creare un patinato distacco dal pubblico, ma al massimo la volontà di dare al pubblico esattamente quello che vuole, lasciandogli la possibilità di metabolizzarlo come meglio crede.

E poi ricordatevelo, la realtà supera sempre la fantasia.

Il tour di presentazione del disco proseguirà con i seguenti appuntamenti:
30 aprile – Roma, Monk
4 maggio – Bologna, Locomotiv
5 maggio – Livorno, The Cage
26 maggio – Molfetta (Ba), Eremo Club