#MUSICANUOVA: Ketty Passa, Caterina

cover_caterina_ketty-passa-b
Ketty Passa è una delle nuove esponenti della scena urban italiana.
Nei mesi scorsi aveva dato il via a una campagna su MusicRaiser per poter realizzare la “bella copia” del suo nuovo album, il primo da solista dopo l’esperienza con i Toxic Tuna.
A fine novembre la campagna si è conclusa positivamente è l’album vedrà quindi presto la luce.

Ad anticiparlo – dopo Sogna, rilasciato a ottobre – è il singolo Caterina ,un concentrato di bollicine elettroniche.
La canzone era già stata presentata alle selezioni di Sanremo Giovani per la 67° edizione del Festival di Sanremo.
Per festeggiare il traguardo raggiunto con il crowdfunding, Ketty Passa si esibirà sul palco dell’ARCI Ohibò di Milano il 30 gennaio (ore 22.00) e sul palco del Monk di Roma il 2 febbraio (ore 21.30). Le due date live costituiscono l’anteprima del tour.
Coloro che hanno contribuito alla campagna scegliendo di partecipare al release party del disco, potranno accedere gratuitamente al concerto del 30 gennaio.

Leggera, nuovo album per Musica Nuda

spinetti_magoni_ph_massimo_zannoni02
Si intitola Leggera il nuovo album di Musica Nuda, in uscita il 27 gennaio.

Dopo il successo di Little Wonder, Petra Magoni e Ferruccio Spinetti tornano con un disco di inediti e cantato per la prima volta tutto in italiano.
Un album che parla di leggerezza, ma nel senso più calviniano del termine. Come diceva lo stesso Calvino, “Bisogna prendere la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”.
Un sentimento che si riverbera in tutti i brani dell’album, dotati come sono di una grazia lieve e di un’eleganza che ricordano la canzone italiana d’autore degli anni Sessanta.
cover_leggera

Come spesso è accaduto in passato, Magoni e Spinetti non sono gli unici autori dei brani, e numerosi sono i nomi che hanno collaborato alla scrittura dei pezzi.
Tra questi, Peppe Servillo firma il brano Come si canta una domanda, sulla musica composta da Ferruccio che qui suona la chitarra, mentre Fausto Mesolella scrive la musica di Tu sei tutto per me col testo di Alessio Bonomo, oltre che suonare in due brani.
All’album partecipa anche Frankie Hi-NRG Mc, che firma il testo Lunedì con la musica scritta da Ferruccio; poi Francesco Cusumano con Feltrinelli e l’inedito di Lelio Luttazzi e Zeppieri Canzone senza pretese, già uscito in una versione leggermente diversa e senza la voce di Frida Bollani Magoni.
A chiudere il disco è un omaggio alla canzone d’autore italiana con la cover di Ti Ruberò di Bruno Lauzi, brano registrato due anni fa per il precedente album e che qui trova la sua perfetta collocazione.

A marzo, partirà dall’Italia un tour internazionale che toccherà anche Francia e Stati Uniti.

03/03 Botticino (Bs) – Teatro Centrolucia
04/03 Mira (Ve) – Teatro Villa dei Leoni
05/03 Torino – Cap10100
10/03 Rimini – Teatro degli Atti
11/03 Milano – Blue Note (Doppio spettacolo ore 21,00 e 23,30)
16/03 Napoli – Teatro Politeama
21/03 Cusset (Francia) – Theatre de Cusset
07/04 Poggibonsi (Si) – Teatro Politeama
08/04 Vittoria (Rg) – Teatro Vittoria Colonna
12/04 Matera – Auditorium Gervasio
18/04 Roma – Auditorium Parco della Musica – Sala Petrassi
22/04 Fano (PU) – Teatro della Fortuna
27/04 Denver (Colorado, Usa) – Newman Center For The Perfoming Arts
28/04 Detroit (Michigan, Usa) – Detroit Institute Of Arts
30/04 Toledo (Ohio, Usa) – Toledo Museum Of Art
 

Lo Stato Sociale: il 17 marzo arriva Amore, lavoro e altri miti da sfatare

lss_14
Anticipato dal primo singolo Amarsi male e dal brano Mai stati meglio, uscirà venerdì 17 marzo Amore, lavoro e altri miti da sfatare, il nuovo album de Lo Stato Sociale, che arriva a due anni di distanza da L’Italia peggiore.

Il nuovo disco è frutto di 10 mesi di lavoro e raccoglie i sentimenti e le parole del vissuto della band. Nell’album sono ancora più presenti le voci dei cinque membri del gruppo, con una o più canzoni da protagonisti, e le molte influenze musicali sono sintetizzate nel classico caleidoscopio di generi che popolano da sempre i lavori de Lo Stato Sociale, dal rock alla dance passando per il pop.
Il titolo racconta i contenuti attraverso due concetti tanto abusati quanto comuni, la perdita di significato di amore e lavoro, che li rende due miti del contemporaneo, sottolineando con ironia la volontà di riappropriarsene.
“Il disco parla di noi e di quello che ci succede attorno.Da quel che accade in un mondo messo alla prova da derive autoritarie e che poco si adattano al bisogno di umanità, all’interpretazione dell’intimità e delle relazioni, che sono specchio e sintesi dei nostri pensieri.”
Continuano intanto le prevendite per il concerto di debutto al Mediolanum Forum di Assago (Milano) del 22 aprile 2017, per il quale sono già esauriti metà biglietti, l’intero parterre e l’anello A.

Terra, un disco con un diario per Le luci della centrale elettrica

lldce_phmagliocchetti_web01
Se ne parlava già da un po’, in rete e non solo, e l’attesa si è fatta davvero alta, ma adesso si può dire: il gran ritorno di Le luci della centrale elettrica è fissato per il prossimo 3 marzo.

Il nuovo album si intitola Terra, è prodotto artisticamente da Vasco Brondi e da Federico Dragogna, e uscirà in formato CD+libro e vinile+libro.
Terra uscirà a forma di libro – scrive  Brondi. – Dentro, oltre al disco, c’è il suo diario di lavorazione, si chiama La grandiosa autostrada dei ripensamenti, ed è un diario di viaggio e di divagazioni dell’anno e mezzo di scrittura e degli ultimi tre mesi di registrazioni in studio. È ambientato tra l’Adriatica e un’isola vulcanica, tra studi di registrazione seminterrati e paesi disabitati in alta montagna, tra la Pianura Padana, il Nord Africa e l’America.”
copertina_terra_lldceA proposito del nuovo lavoro, Brondi lo anticipa così: “Terra è un disco etnico ma di un’etnia immaginaria (o per meglio dire “nuova”) che è quella italiana di adesso. Dove stanno assieme la musica balcanica e i tamburi africani, le melodie arabe e quelle popolari italiane, le distorsioni e i canti religiosi, storie di fughe e di ritorni.”

La copertina dell’album raffigura un’opera di land art dell’artista svizzero Ugo Rondinone: “Dalla prima volta che ho visto quest’opera su internet, qualche mese fa, ho capito che aveva a che fare con quello che stavo scrivendo. Si chiamano Seven Magic Mountains, sorgono nel deserto del Nevada, sono enormi e fosforescenti ma sono solo pietre accatastate l’una sull’altra. Fanno capire come gli esseri umani riescono a rendere spettacolare anche un deserto e contemporaneamente sono una metafora di Las Vegas, a mezz’ora di distanza, ovvero del niente luccicante. O della nostra terra, lo splendido deserto italiano visto con gli occhi di chi cerca di sbarcarci. È un’opera di Ugo Rondinone, un artista svizzero che vive a New York. La fotografia invece è di Gianfranco Gorgoni, originario di un paese che si chiama Bomba in Abruzzo si è trasferito a New York negli anni Sessanta ed è diventato tra le altre cose un’importante fotografo di Land Art, quando questa forma d’arte non aveva ancora un nome. Ho scoperto anche che era sul palco a Woodstock e sono sue le foto di Jimi Hendrix durante quel concerto e anche molti dei ritratti leggendari di Basquiat o di Keith Haring. Io avevo in casa una sua foto in cui c’erano uno accanto all’altro De Chirico ed Andy Wharol, due mondi distanti vicinissimi.”
All’uscita del disco seguirà un tour che partirà il 16 marzo.
Queste le date:
16/03 – FONTANAFREDDA (PN) – ASTRO CLUB (data zero)
17/03 – CESENA – VIDIA
23/03 – TORINO – HIROSHIMA MON AMOUR
24/03 – RONCADE (TV) – NEW AGE
31/03 – NAPOLI – DUEL BEAT
07/04 – ROMA – ATLANTICO
08/04 – SENIGALLIA (AN) – MAMAMIA
13/04 – MILANO – ALCATRAZ
15/04 – PERUGIA – URBAN
16/04 – GROTTAMMARE (AP) – CONTAINER
17/04 – MOLFETTA – EREMO CLUB
21/04 – BOLOGNA – ESTRAGON
23/04 – GENOVA – SUPERNOVA
27/04 – TRENTO – SANBAPOLIS
28/04 – FIRENZE – OBIHALL
Tutte le informazioni sul tour e gli aggiornamenti sul disco sono disponibili sul sito ufficiale www.leluci.org e sulla pagina Facebook ufficiale www.facebook.com/LELUCIDELLACENTRALEELETTRICA.

Brunori SAS, un disco tra la camera e il mondo

“Vivo stabilmente a San Fili, che è un piccolo paesino in provincia di Cosenza. Lontano dalle città, lontano dal giro degli artisti, lontano “dall’ambiente”.4-1 Il mio manager ha provato a rivendersi la cosa come scelta radical chic sulla riscoperta dei valori della provincia contadina. Fesserie. È vero, sì, che sto in collina, che dalla mia finestra posso ammirare un panorama strepitoso, che non ho problemi di parcheggio e ansie metropolitane, ma di certo non faccio l’orto, non gioco a carte con i vecchietti del paese, non produco vino e non faccio lunghe passeggiate fra gli alberi di castagno. Semplicemente sto a casa e ci sto bene.Tolti i soggiorni a Milano e i  giretti che faccio per mestiere, meno una vita normale e anche un po’ noiosa. Monto le mensole a casa di mia madre, cullo i miei nipoti, controllo i social, mi drogo di Netflix, passo nottate a giocare a Risiko. Cose così. C’è di buono, in questa quiete domestica, che ho tanto tempo per riflettere e cercare le risposte. C’è di male che spesso guardo il mondo da dietro una finestra. Una vita poco vissuta, più che altro una vita pensata. La casa di cui parlo, ovviamente, non è solo quella in cui vivo. La casa di cui parlo è la mia comfort zone, il mondo che conosco e in cui mi riconosco. La casa di cui parlo è tutto ciò che mi fa star bene perché non mi mette in discussione. La casa di cui parlo è quella che mi tiene al riparo da quel che accade fuori”.

È lo stesso Brunori a descrivere così l’idea da cui è nato il suo quarto album, A casa tutto bene. Un disco metaforicamente nato nella tratta Lamezia-Milano, quella percorsa dal cantautore per raggiungere i due poli della sua vita: Lamezia da una parte, ovvero le origini, la famiglia, la “casa”, e Milano dall’altra, ovvero la metropoli, il lavoro.
Pur con una scrittura sempre brillante, questa volta Dario Brunori ha un po’ meno voglia di ridere, un po’ meno voglia di adagiarsi sulla ballata sentimentale o di usare l’ironia per smorzare il malessere: l’uomo sta andando incontro all’imbarbarimento, è circondato da ansie, paure che lo tormentano alimentate dai fantasmi del razzismo, dell’omofobia, della violenza, e di fronte a questa società in gran disfacimento questa volta l’artista ha optato per un linguaggio diretto, amaro se necessario.
15578712_10153949012761930_565259949933733891_n

Sono gli anni dell’immigrazione, dell’“uomo nero” che semina terrore sull’autobus solo per aver aperto un Corano ed essersi messo a pregare ad alta voce, anni in cui al pregiudizio basta davvero poco per venire a galla nella fila in posta, su un taxi, al tavolo di un bar sui Navigli. Non è quindi un caso che nell’album ci sia un brano come Uomo nero, forse il più politico composto finora da Brunori, così come trova una perfetta collocazione Canzone contro la paura.
adr_1654Ma l’acuta analisi non si ferma qua: anzi, il vero fulcro dell’album sta nella doppia polarità di cui parlava sopra il cantautore, ovvero Lamezia-Milano, casa-lavoro, camera-mondo. Non vi è tanto un interesse nel puntare il dito sul'”altro”, sul mostro intorno a noi, quanto piuttosto nel trovare il mostro che proprio in noi si annida, l’individuo incivile che accusiamo nel prossimo, ma che talvolta diventiamo noi stessi. Ecco allora l’errore, spesso inconsapevole, di chi guarda il mondo dalla finestrella del proprio cantuccio, filtrato dall’agio, dalla famiglia, da tutto ciò che, insomma, chiamiamo casa.
Una visione inevitabilmente parziale, limitante, addirittura distorta, dettata da una pigrizia di cui lo stesso Brunori sa di essere (stato?) affetto, e che fa diventare complice di una “maggioranza silente” che vede l’orrore e la rovina ma non fa poi molto per fermarli. Brunori lo racconta in Sabato bestiale, Don Abbondio.
Tutto sembra comunque trovare soluzione in Secondo me, canzone che fa emergere la parte moderata, la capacità di accettare il peggio, di “scorgere nell’uomo sia ciò che lo rende misero, che ciò che lo rende divino”.

Impossibile in tutto ciò non cogliere anche le profonde impronte “degregoriane” nell’uso delle parole, delle melodie, e più in generale nell’attitudine: ed è forse proprio qui che si scopre il tallone d’Achille di questo disco, il suo indulgere un po’ troppo a certi modelli, mostrando legami un po’ troppo forti.

Musicalmente, per questo nuovo capitolo, il suono di Brunori SAS si è fatto tridimensionale, molto più stratificato del passato, ed è stato affidato alle mani di Taketo Gohara: si fondono i ritmi della Calabria e i sintetizzatori, i computer usati “in modo creativo”, la mandole del ‘700 con i loop e le drum machine. Anche l’approccio compositivo è stato diverso, con un lavoro svolto su ogni musicista singolarmente, che ha permesso all’album di avere più che mai un impianto “da band”.

Apriti cielo: il ritorno di Mannarino tra Brasile e Mediterraneo

Alessandro Mannarino fa parte della nuova generazione di cantautori, di quella nuova messe di musica italiana che per anni si è mossa tra i cunicoli della scena indipendente e poi pian piano a iniziato ad affiorare, affiancandosi ai nomi più illustri, talvolta soppiantandoli, anche solo per un fattore generazionale. mannarinoweb_phmagliocchetti005In questo nuovo a vigoroso esercito, oltre a Mannarino figurano Brunori SAS, Le luci della centrale elettrica (ovvero Vasco Brondi), Cosmo, Paletti, Dente, Edipo, Ermal Meta e tanti, tanti altri.
Il loro è uno sguardo nuovo, per certi aspetti ancora incontaminato, “vergine”, ma attento, lucido: non sono più mossi dall’onda politicante dei loro maestri De Gregori, Fossati, Guccini, spesso usano l’ironia, sconfinano trai generi, portando il rock nell’elettronica, il pop nell’hip-hop.
Mannarino, per esempio, per il suo quarto album Apriti cielo, ha fatto una grande (grandissima) ricerca sonora che ha collegato il Mediterraneo con le sponde del Brasile, il blues con il folk, il pop con le suggestioni di Bahia, ha fuso mandolino e samba.
Nelle nove tracce del disco si parte da Roma – e da dove sennò – per arrivare al folklore del sud, dell’Africa, del jazz, fino appunto al vento brasilero, lo stesso che anni fa ispirò la Vanoni, tanto per fare un altro grande nome.
A differenza delle opere di molto suoi colleghi, Apriti cielo non è un album grigio, non disegna cieli nuvolosi: al contrario, è un disco in cui splende un sole meraviglioso, anche se di motivi per festeggiare non c’è ne sono poi così tanti.

mannarino_phmagliocchetti004-ok“Mi piace il fatto che l’espressione “apriti cielo” – racconta Mannarino – possa essere letta in modi diversi, sia come un’esortazione che come esclamazione, e mi piace il fatto che ognuno possa dare il proprio senso e significato al titolo, come quando si guardano le nuvole o le stelle e si creano delle forme. Siamo noi che mettiamo i significati nelle cose della vita, possiamo trovare un senso positivo o negativo a tutto quello che viviamo… questo è un po’ il significato del disco: la tua vita dipende da te”.Non è che Mannarino le tragedie non le veda o non ne parli: di inquietudini c’è ne sono, soprattutto sul finale, ma non si sente quella voglia di sedersi sui problemi, crogiolarcisi dentro piangendo lacrime commiserevoli. Si canta per esempio la Roma ferita, così come c’è il riferimento doloroso ai migranti, raccontato con trasparente e imbarazzante verità, ma non si può non sentire tutta la forza vitale dei cori inseriti in diversi punti dell’album, come in Apriti cielo, Arca di Noè, la quasi favolistica Babalù e addirittura la conclusiva Un’estate, che è tutto tranne che una canzone positiva. apriticielo_CD_cover_front_12x12
Tanti, più di 30, i musicisti che hanno dato il loro apporto (Enzo Avitabile tra questi), mentre a mixare è stato chiamato Michael H. Brauer.
La nuova era dei cantautori italiani è davvero arrivata.

Raige e Giulia Luzi a Sanremo con Togliamoci la voglia

_55b9082-2
Raige
e Giulia Luzi parteciperanno alla 67^ edizione del Festival di Sanremo con  Togliamoci la voglia, un mix di rap e pop composto dallo stesso rapper piemontese con Zibba, Antonio Iammarino e Luca Chiaravalli.

Ed è stato proprio nello studio di Chiaravalli che Raige e Giulia si sono conosciuti e hanno dato vita a questo brano.
Raige ha pubblicato nel settembre 2016 l’album Alex, di cui verrà proposta una nuova versione con il brano presentato al Festival e alcuni inediti, e ha mostrato le sue doti di autore firmando con Tiziano Ferro il brano Il Mestiere della vita, title track del nuovo album del cantautore di Latina.
Giulia Luzi spazia tra il mondo musicale e quello televisivo partecipando alle fiction tv I Cesaroni e Un Medico in Famiglia e al programma Tale e Quale Show, oltre ad essere stata la protagonista del musical Romeo e Giulietta – Ama e cambia il mondo e l’autrice e l’interprete di alcuni singoli musicali che anticipano un album di prossima pubblicazione.

Mecna, a sorpresa è arrivato Lungomare Paranoia

E’ arrivato a mezzanotte praticamente a sorpresa, anticipato solo da countdown su Facebook, Lungomare Paranoia, il terzo album di Mecna.
Disponibile ovunque in streaming e in tutti i negozi reali e virtuali, l’album è inoltre acquistabile su www.musicfirst.it in uno special-pack in edizione limitata a 150 pezzi contenente cd, t-shirt esclusiva e libro-fanzine che raccoglie appunti, grafiche e opere di vari artisti sull’immaginario del disco, il tutto curato dallo stesso Mecna.
Lungomare Paranoia arriva a due anni di distanza dall’acclamato Laska, che ha consacrato il rapper come una delle voci più originali e uniche della scena musicale italiana.
unnamed-8
Lungomare Paranoia è il disco che ho composto con più libertà, nel senso che non mi sono posto limiti di tematiche e suoni. Sono cresciuto e al mio terzo album ho voluto fare le cose completamente a modo mio, un approccio che comunque ho sempre avuto, ma mai così evidente e deciso come ora. Forse prima non ero così sicuro dei miei mezzi, ma questa volta credo sia arrivato il momento di essere davvero me stesso, senza paura delle critiche, soprattutto in un momento di grande fermento e apertura tra le diverse realtà della scena musicale italiana”.
Un lavoro che prende le distanze dagli schemi e dalle sonorità che caratterizzano il rap italiano, con riflessioni ancora più intime e personali, capaci di parlare a una generazione che guarda con paura al futuro.
Come sempre Mecna ha dato massima importanza alla ricerca sonora, cercando formule innovative ed esplorando territori elettronici sempre più sperimentali ed evocativi, con la collaborazione di produttori fidati come Iamseife, Lvnar e Alessandro Cianci, beatmaker come Fid Mella, The Night Skinny e 24SVN, il talento dell’elettronica Godblesscomputers e il giovanissimo producer francese Nude.
Questa la tracklist:
01. Acque profonde
02. Vieni via
03. Infinito
04. Malibu
05. 71100
06. Soldi per me
07. Labirinto
08. Nonostante sia
09. Superman
10. Non serve
11. Il tempo non ci basterà
12. Buon compleanno
unnamed-10

 

#MUSICANUOVA: Francesco Guasti, Universo

foto-singolo-universo
“Non c’è più speranza, ci dicono, siete vecchi per sognare, ripetono altri. Per i trentenni di oggi non è facile trovare lavoro, non è semplice trovare spazio in questa società, nonostante tutto non si deve mollare.
Io non l’ho fatto ed è la mia esperienza che metto a nudo e con la musica, canto speranze. Universo è un crescendo di incoraggiamento: parte dalle nostre aspirazioni, passa dalle cadute e dai limiti che ci pone la paura e conclude con la vittoria di chi ha compreso la propria forza . “Il futuro è di chi se lo prende”, dico, di chi trasforma le difficoltà in opportunità e va avanti per la propria strada, una strada fatta del sogno che abbiamo dentro. Per far arrivare il messaggio ho scelto di usare la metafora di un paio di scarpe: quando si è incontrato un ostacolo, cambiare atteggiamento (“ho indossato un bel paio di scarpe e sono andato incontro al mio presente”) verso ciò che ci circonda e riportare la mente al presente, ci aiuta a incamminarci verso i nostri obiettivi, senza farsi distrarre dal giudizio verso gli altri (“fino a quando non ci schiacciano la suola, guardiamo chi è caduto intorno a noi”). Penso che la mia generazione debba andare incontro al futuro fiera e consapevole ma soprattutto debba sempre avere un grande sogno a portata di pensiero e… tenerlo stretto al presente”.

E’lo stesso Francesco Guasti a spiegare il significato di Universo suo nuovo singolo, in gara alla 67^ edizione del Festival di Sanremo tra le nuove proposte.
… e noi già tifiamo per lui!

BITS-RECE: Baustelle, L’amore e la violenza. Tra rose, cinismo e nostalgia

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
cover-album
Il mio amore per i Baustelle è scoppiato nell’autunno del 2005 con La malavita, il loro terzo album. Ero ai primi mesi di Università e in quelle canzoni ritrovavo un che di ribelle e peccaminoso che ben si addiceva alla nuova aria di libertà che stavo respirando dopo gli anni di liceo. Poi il mio sentimento si è consolidato con Amen, che resta per me il loro capolavoro, una perfetta unione di nostalgia melodica e poesia della parola.
Con i Mistici dell’Occidente li ho invece capiti un po’ meno, per tornare a “riconoscerli” nella sontuosità di Fantasma.

Ora il gruppo toscano torna con L’amore e la violenza, ed è un nuovo, incantevole capitolo della storia. Un album che comunque si distacca molto dal precedente, abbandonando la veste sinfonica, il pessimismo cosmico e i tratti quasi macabri dei testi: non c’è certo ottimismo, ma la punta della penna di Francesco Bianconi sembra essere stata bagnata da cinismo e ironia più che da disperazione.
L’occhio della band è sempre più che vigile sul presente – tra migranti, terrorismo e giubileo -, le citazioni sono sempre tante e sempre ben mescolate (scovarle può essere un giochetto divertente, ma personalmente non mi è mai interessato indagarle fino in fondo) e la bellezza della parola mantiene sempre l’innocente limpidezza che abbiamo imparato a conoscere ed apprezzare.
_k1a8540
I Baustelle sanno far incontrare e convivere sacro e profano, fede e agnosticismo, grazia e bruttura, impegno e disincanto, passione e castità, peccato e redenzione, filosofia e lascivia, Abba e Battiato, e in L’amore e la violenza c’è tutto quel loro essere così naturalmente dandy, retrò, ma senza ostentazione, il loro essere scenicamente tragici e nostalgici, mentre riescono a infilare nelle canzoni quei due o tre accordi che ti bombardano la testa e il cuore, da Il Vangelo di Giovanni, a Betty, la stupenda Amanda Lear, forse il singolo più “baustelliano” dai tempi di Le rane, e La vita.
Un disco “oscenamente pop” dicono loro, e possiamo anche condividere, se non fosse che – purtroppo – non sempre il pop sa essere così nobile.
foto
Le ultime righe le vorrei spendere per Francesco Bianconi, creatura di gusto e stile sopraffini, un Oscar Wilde dei nostri giorni, soprattutto un autore aureo della musica italiana. Uno che è capace di farti venire i lucciconi scrivendo anche solo di una serata in discoteca, per passare subito dopo a citarti D’Annunzio. Uno che dovrebbero inserire nel patrimonio Unesco, tanto la sua anima è preziosa.

Insomma, Baustelle, vi amo!