Credi in me, il ritorno di Filippo Graziani

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Filippo Graziani
 torna in radio e nei digital store venerdì 18 novembre con Credi in me, il nuovo singolo che anticipa il nuovo album previsto per l’inizio del 2017.

“E’ una canzone sulla speranza, l’importanza del contatto umano in una società sempre più rivolta all’egocentrismo. Parla di come sia essenziale avere qualcuno che creda in noi, sostenga le nostre azioni e ci spinga a superare i nostri limiti nella vita di tutti i giorni”.
Il videoclip avrà la regia di Andrea Tani ed è stato girato utilizzandola Red Epic Dragon, regina delle macchine da presa dell’industria del cinema. Il video unisce il sound di questa ballad moderna agli angoli più vivi e animati di Milano.
Molta cura è stata dedicata anche alla parte del color grading, curata da Gianluca Cordioli (Alchemy Studio’s di Verona), utilizzando il software DaVinci Resolve di Balckmagic Design, che ha permesso lo sviluppo di un carattere ed di un “look” moderno dai toni intensi e romantici.

#MUSICANUOVA: Demonology HiFi, Totem

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Musica da ballare prodotta con un approccio “scientifico” alla materia più oscura, pulsionale e irrazionale che esista.
Demonology HiFi
: due esorcisti del beat, Max Casacci e Ninja presentano il loro nuovo progetto che approfondisce il rapporto con il mondo delle pulsazioni a bassa frequenza, già alla base del suono dei Subsonica.

Ritmi dispari, innesti tra generi differenti, modificazioni genetiche di archetipi della dance culture.

Totem è il singolo che anticipa il primo album in uscita a gennaio: un brano potente ed evocativo – a suo modo spirituale – nel quale profonde pulsazioni urbane si mescolano a suggestioni rituali africane, fino a sfiorare l’afro beat.

Il singolo è accompagnato da un video di Gabriele Ottimo, che ha indagato il micromovimento in termini di loop: “Ho voluto creare delle scene dal forte potere simbolico, quasi religioso” racconta il regista “ma che contenessero all’interno delle micro-azioni scientifiche ed estremamente fredde. Volevo che il loop si ricreasse anche nella narrazione quindi ciò che crea l’alchimista durante il suo esperimento e’ lo stesso tesoro che lo sciamano custodisce ed utilizza nei suoi riti.”

Giocare esteticamente con iconografie, superstizioni, credenze occulte, invita a ricreare un perimetro di sacralità intorno all’espressione umana più intensa che esista: la musica. 
Il dancefloor è il luogo nel quale il rapporto con la musica può ancora essere vissuto in tutta la sua gioiosa, fisica e spirituale pienezza.

#MUSICANUOVA: Salmo feat. Rose Villain, Don Medellìn

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Dopo la certificazione platino per l’album Hellvisback, il disco d’oro per i singoli L’alba e 1984, oltre 25 milioni di visualizzazioni con i videoclip dell’ultimo progetto discografico e un tour sold out, Salmo torna in radio e digitale con il nuovo singolo Don Medellín che vede la partecipazione di Rose Villain.

Il brano anticipa il doppio album repack HELLVISBACK PLATINUM in uscita il 25 novembre, che conterrà 2 brani inediti – tra cui il singolo Don Medellín – e 13 brani live, oltre a Hellvisback.
HELLVISBACK PLATINUM sarà disponibile anche in versione deluxe con un nuovo fumetto.

#MUSICANUOVA: Ilenia Pastorelli, La ballata di Hiroshi

Parte con l’effetto surreale della Canzone di Marinella De Andrè, e poi va per la sua strada e si inoltra nello scenario di Lo chiamavano Jeeg Robot, il film d’esordio di Gabriele Mainetti, campione d’incassi e di riconoscimenti agli ultimi David di Donatello.

La ballata di Hiroshi è interpretata da Ilenia Pastorelli, l’attrice protagonista, che nella pellicola è Alessia, una ragazza convinta che Hiroshi Shiba, l’eroe della serie manga Jeeg Robt d’acciaio, esista nel mondo reale e lo identifica con Enzo, interpretato da Claudio Santamaria.

#MUSICANUOVA: Antonio Maggio, Amore Pop

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“Nel videoclip di Amore Pop sono state messe in scena esattamente tutte le sfumature e le emozioni che io ho messo in musica, fatto che non è assolutamente scontato che accada. 
La ricerca continua di qualcuno o qualcosa che prima insegui, poi raggiungi e infine si sgretola inaspettatamente tra le mani, il tormento di un sentimento grezzo che solo il tempo, con le sue cure, può rendere unico e inimitabile; e poi le atmosfere continuamente sospese tra l’onirico e il reale, i giochi di luce naturali, merito di una location incredibile”.

A distanza di circa due anni dalla pubblicazione del precedente album, Antonio Maggio torna con un nuovo singolo e un nuovo videoclip, girato nel bosco del Parco Carrisiland a Cellino San Marco (BR), anticipazione del terzo album che verrà pubblicato durante i primi mesi del 2017.

La musica e il testo di Amore Pop sono stati scritti con la produzione artistica di Diego Calvetti.

#MUSICANUOVA: DJ Mike, A Night With The Goat

Dj Myke, si sa, ama giocherellare con i vinili e rimodellare pezzi del passato “scratchandoli” a modo suo .

Questa volta, complice la festa Halloween, è toccato A night with the goat di Jhon Carpenter.

Il dj di Orvieto ha dato vita alla saga Skratch Instinct, da cui sono già nati i rifacimenti di Volare, Eri Piccola, La gatta, L’americano, fino a Sono un simpatico di Celentano pubblicato a settembre.

BITS-CHAT: “Partiamo e torniamo sempre a noi”. Quattro chiacchiere con… Giorgia

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C’è un’aura dorata intorno a Giorgia. Un meraviglioso scintillio che traspare dai suoi occhi scuri e che riempie tutta l’aria intorno. È raggiante, totalmente serena con se stessa e trasmette un profondo senso di consapevolezza di sé.
È appena tornata sulle scene con Oronero, il suo decimo album di inediti, intitolato come il singolo che gli ha aperto la strada e che da solo faceva già intuire il tono personale che avrebbero avuto gli altri brani.

Un disco di 15 tracce, realizzato insieme al re Mida della produzione, quel Michele Canova con cui Giorgia aveva già lavorato e che tanti altri artisti nostrani cercano per dare alla propria musica una veste più internazionale. Un disco che se da un lato non lascia dubbi sul fatto che la voce di Giorgia sia tra le migliori in Europa, dall’altro mostra anche una grande libertà nel giocare tra elettronica e melodia, alternando momenti di ampio respiro ad altri di divertimento “da cubo”.

Un disco praticamente già pronto da mesi, ma che è stato lasciato fermo per un po’ per non dover dire “potevo far di meglio”.
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Dopo tre anni, torni con un disco “generoso”, ricco e vario: una scelta specifica?
No, non è stata una scelta: all’inizio pensavo a un disco di 11-13 pezzi, poi però non me la sono sentita di escludere gli altri, perché stavano bene nel racconto. Con il mio produttore, Michele Canova, avevo un’idea chiara del suono che volevo far emergere, con tanta elettronica. Un suono più compatto rispetto all’album precedente, Senza paura, dove invece c’erano elementi più eterogenei, con tante parti suonate. In questo caso ci siamo concessi libertà: chi lavora con Michele sa che lui usa molti arrangiamenti di respiro internazionale, ma in questo caso credo che lui sia uscito un po’ dalle regole.

Sarà difficile riproporre questa varietà dal vivo?
No, sarà divertente! In un concerto è necessario alternare momenti diversi, mettere insieme i pezzi di oggi con quelli del passato: non ho ancora pensato alla scaletta, ma la varietà dei brani sarà sicuramente un elemento a favore.

Cos’è davvero questo “oronero”?
Ha sicuramente a che fare con il petrolio, una risorsa preziosissima che può però diventare dannosa, velenosa se usata in maniera sbagliata, basta pensare alla plastica. È una metafora del mondo di oggi, della nostra società che ha così tanti modi per comunicare, ma che spesso li usa solo per distruggersi.
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Per questo disco ti sei voluta prendere tutto il tempo a disposizione: come è avvenuta la scrittura dei brani?
Mi sono voluta atteggiare un po’ a cantautrice: ho iniziato a scrivere quando mio figlio è andato in prima elementare. Mi sono trovata in un meccanismo che prevedeva la scuola, la spesa, la cura della casa e per scrivere mi sono imposta dei momenti della giornata. Volevo uscissero certe parole e non altre, e per fare questo mi sono dovuta confrontare anche con i suoni: ho ricevuto dei pezzi con la melodia già fatta, alcuni cantati in inglese, e il gioco è stato quello di mediare tra la musica e la mia lingua che è molto ricca ma con strutture molto diverse da quelle dell’inglese. Mai come in questo caso ho cercato di ignorare il giudizio esterno, quello che il pubblico voleva da me. Ho cercato di pulire tutto ciò che mi avrebbe impedito di essere sincera, eliminando ogni pudore.

È la prima volta che ti concedi così tanto spazio per lavorare a un disco?
Sì, è stato un elemento nuovo per me. Raramente si ha il tempo di lasciar sedimentare le cose e riprenderle in un secondo momento. Invece sarebbe bene poterlo fare, perché riguardare ciò che si è fatto con uno sguardo più fresco ti aiuta a centrare meglio il punto, limare ciò che non serve, e magari ti stupisci anche di aver fatto cose che non ricordavi. Sono sempre arrivata alla chiusura di un disco correndo, invece questa volta ho voluto evitare quella brutta sensazione di riascoltare le canzoni e pensare che forse avrei potuto fare di meglio.

Hai scartato tanto materiale?
Sì, ma non vado mai a riprenderlo, perché penso sempre che siano cose legate a quel momento e che non debbano tornare. Il passato è passato, mi dico sempre. È importante il momento in cui una canzone esce, ed è importante il momento in cui una canzone viene scritta: a volte succede che un bel disco va male semplicemente perché esce nel momento sbagliato. Non penso di avere nei cassetti un tesoro di gioielli da riscoprire, anche se forse ogni tanto farei bene a riascoltare le cose mai uscite…

Posso farcela e Non fa niente sono due brani di cui sei autrice sia della musica che dei testi: ne avevi altri che hai lasciato da parte?
Paradossalmente, essere autrice di musica e parole è stato più semplice che realizzare un brano insieme ad altri, perché ho io tutto il controllo. I testi dell’album sono comunque quasi tutti miei e ogni canzone che scelgo di interpretare la sento mia. Sì, avevo altri brani completamente scritti da me, ma non ho sentito l’esigenza di inserirli nell’album, anche perché di solito non riesco a vederci la componente commerciabile, non li vedo come potenziali singoli. Per me sono semplicemente canzoni che dovevano stare nel disco ma come una sorta di spazio mio. Non fa niente non volevo nemmeno inserirla.
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Qua e là nell’album parli di gente che giudica, gente che si erge a maestra di vita, ma dall’altra parte si sente una volontà di ritornare alla centralità del singolo individuo. Da dove arriva questa esigenza?
Noi siamo parte di in tutto, sopratutto in questo tempo: se c’è un evento angosciante, tutti siamo angosciati. Ma questa unità troppo spesso la usiamo per farci del male. Dovremmo però pensare che alla fine si parte e si ritorna sempre a sé, si parte verso l’universale, ma poi tutto torna a noi, e se riusciamo a portare anche solo un piccolo cambiamento nella nostra vita, questo risuona come un’onda, anche se non sembra, anche se nessuno ti vede e ti dice “bravo”.

È una consapevolezza nuova?
L’ho sempre avuta, ma adesso ci credo più di prima: la mia fiducia nell’essere umano rimane intatta, sono sicura che insieme possiamo fare tanto. Finora abbiamo fatto un gran casino, è evidente, ma chissà che non sia possibile dare una sterzata sul finale, usare un po’ più l’anima e meno la parte mentale. Il nostro destino non è il mondo: passiamo da qui, ma molto probabilmente siamo destinati altrove e quello che resta siamo solo noi, la nostra interiorità. Purtroppo è un lavoro interiore che nessuno ci insegna a fare, non ne abbiamo il tempo, i piccoli e grandi problemi quotidiani ci portano a pensare ad altro.

Recentemente è emersa sui giornali una tua presunta polemica sul movimento femminista: potresti spiegare meglio?
Quell’intervista (pubblicata sul settimanale Io donna del 22 ottobre, ndr) è il frutto di un discorso molto ampio che poi è stato sintetizzato per poter essere pubblicato. Si partiva dalla considerazione che, a parità di condizioni, una donna deve lavorare il doppio per guadagnarsi credibilità e che mentre l’uomo fraternizza subito, la donna teme l’arrivo di un’altra donna, la vede come una minaccia al suo territorio. È una situazione che dura da millenni, ormai è un’impalcatura culturale. Le donne vengono limitate nei loro poteri e si fa di tutto per tenerle separate, mentre invece la solidarietà femminile è un elemento a cui tengo molto, sono cresciuta in una famiglia che esalta la donna, mia madre mi faceva leggere libri di donne impegnate per l’emancipazione femminile. Con le mie colleghe siamo riuscite a organizzare Amiche per l’Abruzzo, adesso capita che ci sentiamo, ci confrontiamo sul nostro lavoro, ma sono conquiste recenti. Nell’intervista si parlava anche di alcuni lavori del passato che sono stati supportati poco: ma chi se ne frega, eravamo tutti più giovani, mossi da altre logiche.

È come mai allora nell’album non ci sono duetti con altre donne?
In Senza paura ho duettato con Alicia Keys, e ho fatto duetti anche con Gianna Nannini, Elisa, Laura Pausini. Non è stata una scelta quella di non inserire duetti, semplicemente le idee che giravano nell’aria non si sono concretizzate per varie ragioni. Però finalmente ho potuto collaborare con Pacifico, con cui erano anni che volevo lavorare.
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Suoni internazionali, duetti internazionali, brani proposti in inglese: davvero nessuna intenzione di guardare all’estero?
Io non prendo l’aereo! (ride, ndr) In realtà avrei dovuto lavorare all’estero vent’anni fa, solo che prima non mi sentivo pronta io, poi quando me la sarei sentita non ho avuto il supporto della casa discografica. Adesso però con Internet tutto è più vicino: ho saputo che il video di Oronero è stato in rotazione di VH1 in America, mi arrivano segnalazioni di apprezzamenti dall’estero e ho scoperto anche che Quincy Jones mi segue su Twitter, e io no! Michele Canova mi invita sempre a Los Angeles a suonare con i suoi musicisti: mi piacerebbe, perché ormai a questa età non ho più tante ambizioni di notorietà, mentre sono molto più interessata a sperimentare quel tipo di attività live nei club che c’è in America.

Che ruolo ha avuto Emanuel Lo in questo disco?
È stato molto bravo a interpretare certe sensazioni, certi miei pensieri, ma probabilmente neanche lui se ne rende conto, gli arriva solo questa ispirazione e la riporta nelle parole delle canzoni (ride, ndr). Ci siamo confrontati molto e comunque mi sono presa degli spazi per lavorare da sola.

Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione?
Ribellione è la capacità di non cedere al favore dell’esterno. Ribellione è coerenza e l’opposto di vanità e narcisismo. Un tempo essere ribelli voleva dire trasgredire, andare contro le regole, oggi invece sembra che il male sia un valore e il bene sia da sfigati. Ribellione è recuperare il bene, credere nel bene, non avere paura di essere buoni.

E mentre lo dice, il suo volto si apre in uno dei sorrisi più luminosi che abbia mai visto.

BITS-RECE: Maurizio Chi, Due. L’amore è un numero

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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Lo ha intitolato Due, non però perché questo sia il suo secondo album.

Dopo alcuni singoli pubblicati negli ultimi due anni, per Maurizio Chi questo è infatti il vero debutto discografico.

Quel “due” ha un significato molto più profondo: due è infatti il numero della coppia, il numero minimo della condivisione di una vita.
Una vita di una coppia formata da un lui e un altro lui. Maurizio hai infatti costruito la sua prima opera discografica attorno alla sua diretta esperienza, arrivando a compiere un’operazione che pochissimi prima di lui avevano sperimentato. Non una singola canzone sull’amore omosessuale, ma un intero album.
Il punto è che questo giovane artista è stato in grado di andare anche oltre: fate una rapida panoramica di quanti, soprattutto negli ultimi anni, hanno voluto mettere in musica una storia omosessuali. Tanti, tantissimi. E, siamo sinceri, in quanti di questi inni alla libertà e alla “tolleranza” non si annida almeno un filo di retorica e compatimento?

Non però in queste dieci canzoni. In Due non si trova niente di retorico, nessun buonismo, nessuna pretesa di “accettazione” o rompere qualche tabù. Con uno sguardo di lucida sensibilità, Maurizio Chi racconta prima di tutto la vita di una coppia, mettendoci dentro un colorato bouquet di dettagli quotidiani che vanno dai dubbi e le insicurezze (Fuggiamo l’amore), ai momenti di intimità, fino a dichiarazioni d’amore di rara poesia.
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La traccia di apertura, che dà il titolo all’album, è una nuda e sincera ammissione di paura di annullarsi totalmente per l’altro (“Dimmi se esisto anche io o siamo sempre in due”), mentre Dopo mille favole è una caustica stoccata agli amanti del passato, quasi uno stornello di ironia salatissima (“Chi legge è coglione”).
Ma c’è spazio anche il dialetto siciliano di A comu je gghiè con le sue limpide note mediterranee.
I diamanti di Due arrivano comunque sul finale, prima con Malintenti, primo singolo del progetto, una delicatissima ode all’amato, tessuta con la sensibilità di un’anima che sa muoversi in punta di piedi. Una sorta di moderna romanza. E poi Occhi al mare, felice metafora sulle tempeste che ogni esperienza di vita insieme può incontrare durante il viaggio.

Due è un esempio perfetto di come il linguaggio dell’amore sia davvero universale e non conosca limiti o barriere di sesso, genere, distanza o altre impalcature culturali e mentali.
Maurizio non si nasconde dietro a un detto-non-detto: lui dice tutto, lasciando al solo pronome maschile presente nei testi il compito di lasciar capire, senza urlare.
Per il resto, questo è un disco che parla di due vite che si sono intrecciate e procedono accanto ogni singolo giorno, con tutte le loro imperfezioni.

Prima che essere gay, etero o bisex o qualsiasi altro cosa, noi siamo persone, ognuna con la propria identità. Anche se tropo spesso c’è ne dimentichiamo.

PS: Maurizio Chi ha vinto l’edizione 2016 del concorso Genova x Voi, una vittoria che gli dà la possibilità di entrare nella grande famiglia Universal in qualità di autore. Fossi in voi, lo terrei d’occhio… 

#MUSICANUOVA: Aftehours, Se io fossi il giudice

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“C’è una parte di subconscio nello scrivere che sfiora il sovrannaturale. Mi è capitato, in passato, di descrivere nelle canzoni situazioni totalmente inventate che poi ho vissuto davvero, esattamente come le avevo descritte. Ho scritto questo pezzo quasi due anni fa, ben prima che mi chiedessero di partecipare ad X Factor. Non parla dei talent, naturalmente (!), ma è uno dei tanti “segni” che in questo periodo mi stanno indicando la strada per poter cambiare una vita che non mi piaceva più. L’ho scritto quando è mancato mio padre. E’ un pezzo che parla di voglia di rinascere, cancellando l’idea che gli altri hanno di me ma soprattutto l’idea che ho io di me stesso. Dove la cosa più importante non è raggiungere una meta ma vivere. Liberi da tutto quello che ci impedisce di dirci la verità.”

Così Manuel Agnelli presenta il nuovo singolo dei suoi AfterhoursSe io fossi il giudice, terzo estratto da Folfiri o Folfox.

L’11 novembre il nuovo album di Tricarico

Da chi non te lo aspetti è un mantra, uno stargate, un portale, un concept album. Il filo portante che unisce tutti i brani e ogni canzone è un’emozione, un’immaginazione, un’idea, un divertimento, un percorso per ritornare a se stessi, per recuperare il proprio sogno, la propria armonia rispetto al mondo; ma, come per uscire da un labirinto, uscire dalla razionalità e dalla logica per tornare alla sorgente non sarà facile. Da chi non te l’aspetti è la chiave di volta e la chiave di volta sei tu (un tu che vale per ognuno di noi)”.
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Arriverà l’11 novembre Da chi non te lo aspetti, il nuovo lavoro di Francesco Tricarico.

L’uscita del disco viene anticipata il 4 novembre dal primo singolo Una cantante di musica leggera, in duetto con Arisa.
Il nuovo album giunge a distanza di tre anni da Invulnerabile: in questo lasso di tempo Francesco ha suonato in giro per l’Italia, è andato in scena a Milano e Roma con lo spettacolo teatrale Solo per pistola e ha proseguito il lavoro con i suoi quadri.
Il disco contiene undici canzoni inedite, undici storie raccontate con la musicalità a cui Tricarico ci ha abituati in questi anni e la costruzione di un pop d’autore delicato e sensibile.
Oltre a Arisa, nel disco saranno ospiti anche Ale e Franz in Brillerà.

Musica ed arte sono, per Tricarico, due mondi complementari. Il legame tra la sua musica e le sue opere è molto stretto, e rappresenta la ricerca di un posto nel mondo e di un mezzo per comunicare con gli altri. A marzo 2016, presso il Jamaica di Milano, è stata realizzata una sua mostra dal titolo “Da chi non te lo aspetti” con l’ultima sua produzione, sia su tela che su carta.
La mostra ha ispirato Francesco nella creazione del brano omonimo che dà il titolo al nuovo disco e che vede, come co-autore, Giancarlo Pedrazzini, direttore della galleria Fabbrica Eos che espone le opere di Tricarico.
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Questa la tracklist:
Sos Oliva
Paradiso
Una cantante di musica leggera feat. Arisa
La bolla
Un amore Nuovo
Il motivetto
Brillerà feat. Ale e Franz
Stagioni
Da chi non te lo aspetti
Ciao
Volo