BITS-RECE: Tinie Tempah, Youth. I suoni della gioventù

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
Cover Youth

Non di sola America vive il rap, ovviamente, anche se spesso un po’ ce ne dimentichiamo. Una prova provata ne è, per esempio, Tinie Tempah, che già da qualche anno ha fatto circolare il suo nome nel circuito internazionale e che ora con Youth porta a tre il numero dei suoi lavori.
La “gioventù” di cui si fa menzione nel titolo è naturalmente la sua, quella di un ragazzo cresciuto alla periferia di Londra, che se anche per caso non fosse torbida come quella di Detroit o Chicago, non offre comunque una vita facile. Tinie ha voluto parlare del suo mondo di ragazzo, di come “ce l’ha fatta” a sopravvivervi e soprattutto in questo terzo lavoro ha voluto rendere omaggio alla sua formazione musicale, fatta di ascolti diversissimi che se hanno avuto il rap come punto di partenza arrivano poi a esplorare tanti territori circostanti, dall’r’n’b al grime, dal garage alla house, fino al pop. Mille sfaccettature di un disco che non perde comunque la sua anima fortemente “urbana”.
Dal singolone tropical Mamacita a Text From Your Ex e Girls, Youth annovera tra gli ospiti Wizkid, Tinashe, Zara Larrson, Jess Glynne e tanti, tanti altri, tra rapper e popstar, a colorare il mondo di un ragazzo cresciuto nel sud di Londra con in testa il sogno della musica.

Incipit: il racconto elettronico di BIRØ

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Quello del varesino Birø è un esordio molto interessante, diluito e compatto nello stesso tempo.
Diluito perché si tratta di 5 tracce rilasciate poco a poco tramite video su YouTube durante il mese di marzo, e compatto perché si tratta di 5 capitoli in successione di uno stesso racconto, quello di una serata “alterata” vissuta da un ragazzo, con tutto quello che vi può accadere.
Il risultato ha preso forma definitiva lo scorso 31 marzo, si intitola Incipit, e segna anche l’esordio alla produzione dell’etichetta RC Waves.
L’idea che ha animato il progetto era quella di coniugare testi vicini alla tradizione cantautorale italiana con l’elettronica, presa nei suoi molteplici volti sonori.
Per ogni ogni traccia è stata realizzata un’illustrazione da Vanni Vaps, grafico/illustratore che ha collaborato, tra i molti, con Vans e un video opera di Marcello Rotondella.

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La storia narrata tra suoni e parole da Birø inizia con Ansia (Le luci), un brano con echi trip hop che parla di un ragazzo che decide di assumere una droga a lui sconosciuta e della paura derivante da questa scelta: “Nella canzone sono numerosi i riferimenti allo stato d’ansia vissuto e alla paura avvertita di perdere sé stessi. Il giovane uomo avverte il rischio di confondere la realtà con l’immaginazione, è conscio del pericolo che corre ma desidera andare oltre, nonostante la persona che uscirà da quell’esperienza sarà ben diversa da quella che era prima”.

La storia continua con Lupi, dal sound internazionale, arricchito da un testo dal sapore evocativo. La canzone narra di un “bad trip”: nella mente del nostro protagonista le figure si allungano e si distorcono fino a diventare ombre grottesche, scaraventando il ragazzo negli abissi della sua mente: “Tutto il brano è una sorta un dialogo interiore tra l’Io del ragazzo e la voce che lui sente nella sua mente. La foresta è il simbolo privilegiato delle paure umane, così si trova cacciato da lupi che non voglio dargli tregua. Una parte della sua coscienza si rende conto che non c’è nulla di vero ma quello che lui vede attraverso i suoi occhi è ben diverso”.

Il terzo capitolo è Come nei film, in cui si incontrano contaminazioni tra hip-hop e funk. Nel mezzo dell’effetto delle droghe il protagonista non distingue più i colori vede tutto bianco e nero e, credendosi in un film anni ’50, si innamora di una ragazza: “La canzone parla di un ragazzo che si innamora sotto effetto di droghe. Mentre la sua infatuazione viene esagerata dall’immaginario dei film romantici, dall’altro vengono rivelate le sue….vere intenzioni”.

Si passa poi a Invernø. La serata del protagonista finisce, il ragazzo esce dal locale e tornando a casa osserva la città attorno a lui: “Attraverso due lunghe strofe il ragazzo commenta la sua generazione, desiderosa di mettersi in gioco ma limitata nei mezzi, piena di idee eppure costretta in ruoli che non le competono. Una generazione che prostituisce il proprio talento e potenzialità per poter vivere, rinunciando così ai sogni”.

L’epilogo è infine affidato al suono notturno e alle parole disincantate e rassegnate di Il mio disordine.

Ansia (Le Luci)
Lupi
Come nei film
Inverno
Il Mio Disordine

#MUSICANUOVA: Rose Villain, Kitty Kitty


Kitty Kitty è il nuovo singolo di Rose Villain, milanese di stanza a New York, dove si è formata studiando musical e arti drammatiche e si è stabilita dopo aver frequentato il conservatorio di musica contemporanea di Los Angeles.
Rose è la prima artista italiana che canta in inglese ad aver firmato con una major all’estero, ovvero la Universal in Germania. Qui in Italia si è fatta conoscere anche per aver collaborato con Salmo per il singolo Don Medellin.
Appassionata di horror, cinema – trae i suoi registi preferiti, Quentin Tarantino, i fratelli Coen, Stanley Kubrick e David Lynch – e devota alla moda, i suoi interessi spaziano tra mondi diversi portando nei testi sprazzi di poesia, rimandi ad alieni, catastrofi naturali, spunti presi dalla criminologia.
Cresciuta da amante del rock, Rose è stata presto attratta dall’hip hop e la sua musica fonde elettro-pop underground con beat hip hop.
Dopo aver pubblicato in Italia, i primi due brani Get The Fuck Out Of My Pool e Geisha, rilancia ora il nuovo singolo.
Stupendo il video, tra horror e splatter, immerso in un’ambientazione notturna in cui una coppia vaga per portare a termine una missione non del tutto prevedibile…
E’ arrivata una nuova, cattivissima ragazza: tenetela d’occhio.
Rose

Pumarosa, tra impegno e suggestioni

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Tra i progetti più interessanti su cui porre lo sguardo nei prossimi mesi c’è sicuramente quello dei Pumarosa, band inglese capitanata dalla carismatica Isabel Munoz-Newsome.
Nei mesi scorsi hanno rilasciato un primo EP di quattro brani, ottima anticipazione di quello che sarà il primo vero album, a The Witch, atteso per il prossimo 19 maggio.
Il sound dei Pumarosa si piazza proprio al centro di quel pop che prende un po’ dall’elettronica e un po’ dall’indie-rock, e che sul profilo Facebook ufficiale la band definisce “industrial spiritual”: una musica che non indulge troppo a giri armonici eccessivamente accessibili, ma che non si dimentica nemmeno di essere in fondo pop. Una miscela oscura, onirica, ipnotica, sensuale, che – assicura chi li ha visti all’opera – la band sa trasferire molto bene nei live.
Nei loro testi, i cinque ragazzi di Londra – che hanno però affinato il loro suono in Italia, pare all’interno di un cinema abbandonato – pescano anche da tematiche di carattere politico e sociale, come la difesa delle donne, celebrata nel quasi liturgico e imponente singolo Priestess.
Con buona speranza, The Witch potrebbe essere uno di quei debutti capaci di dare un bel scossone a tutta l’aria intorno.


#MUSICANUOVA: Gabry Ponte, Tu sei (feat. Danti)

Cover Tu Sei
Dopo il successo della scorsa estate con Che ne sanno i 2000, Gabry Ponte tenta il bis e torna con una nuova bomba dance costruita ad arte, Tu sei.
Questa volta l’ispirazione arriva dal repertorio… “classico” della musica italiana; il brano utilizza, infatti, un sample di uno dei pezzi più famosi di Umberto Tozzi Tu del 1978.
E anche questa volta non manca il tocco di Danti.
Il videoclip è ambientato in un futuro prossimo in cui la realtà aumentata ormai controlla le vite di ognuno, e ha dei protagonisti d’eccezione,ovvero gli youtuber Favij e Giulia Penna. Inoltre, hanno partecipato con un cameo Rudy Zerbi, Benji & Fede e i Marnik, che hanno curato la produzione di uno dei remix del brano.

#MUSICANUOVA: lemandorle, Ti amo il venerdì sera

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Una canzone d’amore a 125 bpm da ascoltare la notte in macchina, mentre sul finestrino si riflettono mille luci baluginanti.

Ti amo il venerdì sera è il nuovo singolo de lemandorle, progetto nato per gioco in coda alla Salerno Reggio Calabria.
Un “pop daltonico” dalle tinte scure, un inno per un rituale collettivo, universale, liberatorio, una melodia spudoratamente indie che rincorre se stessa senza sosta condensando in pochi versi la felicità effimera e malinconica dei weekend.
Un venerdì sera come atto di fede
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Lemandorle si scrive così: tutto attaccato.
Lemandorle hanno la barba.
Lemandorle sono punk: con i computer, Google e la tecnologia al posto di chitarra, basso e batteria.
Lemandorle adorano le contraddizioni e non hanno senso di appartenenza.
Lemandorle sono in due: un po’ dj, un po’ producer, un po’ cantautori.
Lemandorle amano Kanye West, gli Stooges ed Enzo Carella.
Lemandorle sono nati in coda sulla Salerno-Reggio Calabria, in un pomeriggio d’agosto degli anni ottanta, mentre alla radio suonava “Musica È” di Eros Ramazzotti.
Lemandorle vogliono solo essere amati, senza preconcetti.

È già stato scritto e detto di tutto.
Lemandorle lo sanno e non hanno presunzioni: solo la gioia di giocare finalmente al tavolo dei grandi.

#MUSICANUOVA: Perfume Genius, Slip Away

image006Perfume Genius, alias del musicista Mike Hadreas, pubblicherà il suo quarto album, No Shape, il prossimo 5 maggio.
Nel 2014, Too Bright aveva segnato un salto musicale senza precedenti per lui.
Con i suoi nuovi brani, Hadreas va oltre, miscelando musica da chiesa, musica per fare l’amore, R&B, art pop, krautrock e queer soul con la sua interpretazione di epici inni da stadio, e completando il  viaggio da eroe dell’underground ad autore pop fatto e finito.
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Il primo singolo, Slip Away, cattura questo suono audace e sofisticato, sposando una scrittura potente e intima con un gusto sonico profondo e viscerale.
Diretto da Andrew Thomas Huang, collaboratore di Björk, il video è la narrazione di un dipinto che prende vita raccontando l’intimo rapporto fra due gemelle, una delle quali è interpretata da Perfume Genius.
In una biografia scritta per il disco, lo scrittore Choire Sicha dice “Dio è effettivamente ovunque e alcune di queste canzoni parlano di essere uguali e altre parlano di stregonerie o dell’atto di credere. Questa è musica da chiesa nello stesso modo in cui lo è il Black Album di Prince – troppo sporco. E’ art pop femminile come lo è The Dreaming di Kate Bush – troppo spaventoso.”

BITS-RECE: Pieralberto Valli, Atlas. Un eterno canto alla luna

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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“Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai, / silenziosa luna?” chiedeva disperato alla luna Leopardi nel meraviglioso Canto notturno di un pastore errante dell’Asia.
Non so se nel cuore di Pieralberto Valli alberghi la stessa disperazione e il medesimo bisogno di trovare risposte esistenziali, ma ascoltando le 10 tracce di Atlas ci ho ritrovato dentro una forza meditativa molto vicina a quella del cantore di Recanati, senza contare che a essere chiamata in causa è anche lei, la luna, spettatrice muta.
Ritagliandosi uno spazio personale dai suoi Santo Barbaro, per la prima prova solista Valli sembra essersi voluto fermare per guardarsi dentro, in un lungo viaggio fatto di pensieri, riflessioni e qualche domanda. Qualcosa di molto vicino a un viaggio mistico, ma che poco ha di spirituale e vagheggiante e molto conserva invece di umano e terreno.
Fiumi di parole che galleggiano e rotolano in un flusso di elettronica, ambient e trip hop, in cui non manca anche – pressoché costante – il pianoforte, che insieme alla voce di Valli e l’altra vera anima narrante dell’intero disco.
Pensieri di vita, d’amore, di disperazione, sempre sussurrati da una voce lattea e mai urlati, in un incidere lento e languido.
Poesia dei giorni nostri per un cuore umano che batte tra sollievo e dolore eterni.

BITS-RECE: Sarah Stride, Schianto EP. Magnifico incantesimo

BITS-RECE: radiografia di un disco n una manciata di bit.
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Tremate, tremare, le streghe sono tornate! Anzi, la strega, visto che qui ce n’è una sola, ma pronta a lanciare un incantesimo potentissimo.
Lei è Sarah Stride, e il nuovo filtro magico è miscelato nei quattro brani che formano Schianto EP. Un’alchimia di suoni che mescola la tradizione italiana con il cemento delle chitarre distorte e di derivazione quasi industrial.
Un incantesimo che non lascia scampo, ti afferra con le sue mille mani tra atmosfere caotiche, ossessive, rumorose, oscure a tratti goticheggianti.
A intonare questo sabbah è Sarah, con la sua voce greve, secca, arsa, che non può non rimandare i ricordi a quella di Nada.
Una danza violenta, paurosa e anche, indiscutibilmente, ammaliatrice.