Tempi dispari, mosche e Radio Maria: l'elettronica secondo Demonology HiFi


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Dietro al progetto Demonology HiFi si nascondono Max Casacci e Ninja, vale a dire due quinti dei Subsonica, vale a dire due fanatici dell’elettronica intesa nella sua più libera accezione. E libertà sembra proprio essere la parola d’ordine che si ascolta in sottofondo alle tracce di Inner Vox, il loro primo album.

Un lavoro partorito dopo due anni di dj set, un test diretto e validissimo per raccogliere dalla pista dei club le sensazioni di ciò che poteva funzionare e ciò che invece andava rivisto. Elettronica si diceva, concetto già di per sé piuttosto ampio, ma che rompe ulteriormente i cardini in questo album, dove non solo i synth si scontrano con influenze jamaicane, gregoriane o più semplicemente pop, ma all’interno del quale trovano spazio anche tempi dispari, campionamenti del ronzio di insetti e registrazioni radiofoniche.
“Abbiamo preso come base la musica bass, ma non volevamo ricreare suoni prestabiliti o riconducibili a qualcosa di noto”, spiegano i due musicisti. “Siamo partiti dal beat, che è il vero cuore del progetto, tutto il resto è arrivato in un secondo momento. Ci siamo concentrati sulla pulsazione, sul ritmo, auspicando anche un coinvolgimento fisico oltre che emotivo”.
La “inner vox” del titolo è quella voce interiore che la musica elettronica può portare in superficie, un interiore dialogo di coscienza, che – in stile avatar – come due predicatori in giacca e cravatta e muniti di crocifissi con led Made in China Casacci e Ninja si prefiggono di suscitare nell’ascoltare, per “purificarlo e redimerlo”. Ironia, of course, ma fino a un certo punto, perché in Inner Vox la componente liturgica c’è, ed esprime tutta la sua forza: in I miei nemici è stata infatti campionata la voce di un reale predicatore intercettato sulle frequenze di Radio Maria mentre recitava versetti del Libro dei Salmi, “uno dei più violenti dell’Antico Testamento. La frase e ho distrutto quelli che mi odiavano sembra uscire da un brano metal o hard core, e ci è sembrata perfetta per quello che volevamo fare, anche perché i predicatori seguono un ritmo regolare nello scandire le parole, ideale per adattarsi sulle sequenze di beat“, racconta Casacci.
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Oltre al “featuring” con Radio Maria, in Inner Vox si incontra la presenza di Bunna, storica voce degli Africa Unite, i Niagara, Birthh, Populous – tre artisti italiani che hanno trovato terreno fertile all’estero – e poi Cosmo, rappresentante della nuova scena italiana, qui per la prima volta alle prese con un rap: “Oggi non ha più senso parlare di territorialità nella musica, il digitale ha portato a una completa laicità e anche il pubblico non è più diviso in compartimenti: l’elettronica ha fatto a pugni con il rock e ha vinto, riuscendo ad arrivare nel pop. Il pubblico rock sarà probabilmente il prossimo a essere catturato dall’elettronica. In questo disco abbiamo messo tutta la libertà possibile, perché non è un progetto destinato alle radio o alle classifiche: non abbiamo voluto nomi di grande richiamato, ma ospiti che abbiano saputo confrontarsi con l’estero senza chinare il capo. L’ultimo a essere coinvolto è stato Cosmo, uno che è arrivato in radio dopo aver riempito i locali, proprio come fecero i Subsonica negli anni ’90. È stato lui a voler sperimentare il rap, e siamo stati ben contenti di lasciarglielo fare”, prosegue Casacci.
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Tra gli elementi più interessanti, la presenza di alcuni pezzi in tempi dispari, d’inciampo: “Se il flusso sonoro è costante, l’ostacolo non viene nemmeno percepito” dice Ninja, “e già con i Subsonica avevamo azzardato qualcosa del genere con Disco labirinto, un pezzo da ballare che però non è nei soliti quattro quarti”.
Un progetto che raduna suggestioni diverse, maturate in momenti diversi, come nel caso di Realismo magico, una cumbia che sfocia nel drum’n’bass.
Ma ci sono anche ronzii di insetti campionati qua e là e poi trasformati in beat ipnotici, ed ecco spiegato il perché della copertina, con il mega ingrandimento della mosca.
Inutile dire che sarà il dj set l’ambente idoneo a ospitare dal vivo il connubio di danza e purificazione di Demonology HiFi.
Siete invitati, atei, scettici e credenti: il flusso di beat risucchierà tutti quanti.

Apriti cielo: il ritorno di Mannarino tra Brasile e Mediterraneo

Alessandro Mannarino fa parte della nuova generazione di cantautori, di quella nuova messe di musica italiana che per anni si è mossa tra i cunicoli della scena indipendente e poi pian piano a iniziato ad affiorare, affiancandosi ai nomi più illustri, talvolta soppiantandoli, anche solo per un fattore generazionale. mannarinoweb_phmagliocchetti005In questo nuovo a vigoroso esercito, oltre a Mannarino figurano Brunori SAS, Le luci della centrale elettrica (ovvero Vasco Brondi), Cosmo, Paletti, Dente, Edipo, Ermal Meta e tanti, tanti altri.
Il loro è uno sguardo nuovo, per certi aspetti ancora incontaminato, “vergine”, ma attento, lucido: non sono più mossi dall’onda politicante dei loro maestri De Gregori, Fossati, Guccini, spesso usano l’ironia, sconfinano trai generi, portando il rock nell’elettronica, il pop nell’hip-hop.
Mannarino, per esempio, per il suo quarto album Apriti cielo, ha fatto una grande (grandissima) ricerca sonora che ha collegato il Mediterraneo con le sponde del Brasile, il blues con il folk, il pop con le suggestioni di Bahia, ha fuso mandolino e samba.
Nelle nove tracce del disco si parte da Roma – e da dove sennò – per arrivare al folklore del sud, dell’Africa, del jazz, fino appunto al vento brasilero, lo stesso che anni fa ispirò la Vanoni, tanto per fare un altro grande nome.
A differenza delle opere di molto suoi colleghi, Apriti cielo non è un album grigio, non disegna cieli nuvolosi: al contrario, è un disco in cui splende un sole meraviglioso, anche se di motivi per festeggiare non c’è ne sono poi così tanti.

mannarino_phmagliocchetti004-ok“Mi piace il fatto che l’espressione “apriti cielo” – racconta Mannarino – possa essere letta in modi diversi, sia come un’esortazione che come esclamazione, e mi piace il fatto che ognuno possa dare il proprio senso e significato al titolo, come quando si guardano le nuvole o le stelle e si creano delle forme. Siamo noi che mettiamo i significati nelle cose della vita, possiamo trovare un senso positivo o negativo a tutto quello che viviamo… questo è un po’ il significato del disco: la tua vita dipende da te”.Non è che Mannarino le tragedie non le veda o non ne parli: di inquietudini c’è ne sono, soprattutto sul finale, ma non si sente quella voglia di sedersi sui problemi, crogiolarcisi dentro piangendo lacrime commiserevoli. Si canta per esempio la Roma ferita, così come c’è il riferimento doloroso ai migranti, raccontato con trasparente e imbarazzante verità, ma non si può non sentire tutta la forza vitale dei cori inseriti in diversi punti dell’album, come in Apriti cielo, Arca di Noè, la quasi favolistica Babalù e addirittura la conclusiva Un’estate, che è tutto tranne che una canzone positiva. apriticielo_CD_cover_front_12x12
Tanti, più di 30, i musicisti che hanno dato il loro apporto (Enzo Avitabile tra questi), mentre a mixare è stato chiamato Michael H. Brauer.
La nuova era dei cantautori italiani è davvero arrivata.

Aspettando il Super Bowl: l'ultimo anno di Lady Gaga

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Sicuramente ha già deciso la scaletta, probabilmente ha già scelto gli abiti e forse ha anche già imparato a memoria le coreografie: fra poche settimane Lady Gaga ha un impegno, penso di poter dire il più importante della sua vita, almeno fino a oggi. 

Domenica 5 febbraio infatti sarà lei la protagonista dell’Haltime Show alla cinquantunesima edizione del Super Bowl, la finale del campionato di football americano, ovvero il più atteso evento mediatico per gli Stati Uniti, che quest’anno si svolgerà all’NRG Stadium di Houston: un evento che ogni volta raccoglie davanti al televisore almeno 100 milioni di telespettatori sparsi per il mondo.L’Halftime Show è un vero e proprio miniconcerto di un quarto d’ora scarso che riempie l’intervallo tra i due tempi della partita, e la popstar ci sta lavorando almeno da settembre, quando la sua presenza è stata ufficializzata.
Una tappa che ha segnato la carriera dei nomi più mastodontici della musica mondiale, da Michael Jackson a sua sorella a Janet (vi ricordate lo scandalo del capezzolo nel 2004?), passando per Diana Ross, Shania Twain, i Black Eyed Peas, Paul McCartney, Prince, Bruce Springsteen, Madonna, Beyoncé, Katy Perry, fino ai Coldplay e Bruno Mars, protagonisti dell’ultima edizione.

Per Gaga la partecipazione al Super Bowl 2017 non sarà però la prima: proprio l’anno scorso era infatti stata affidata a lei l’apertura dell’incontro con l’inno americano. Una responsabilità che in passato ha visto scivolare grandi artisti in esibizioni non esattamente memorabili (vi ricordate Christina Aguilera?), ma a cui Lady Gaga è andata incontro brillantemente: fasciata in un completo rosso metallizzato, la Germanotta ha offerto una performance barocca (e forse un po’ troppo enfatica) di The Star-Spangled Banner, accolta da unanime entusiasmo. Pare sia stato proprio il successo di quell’esibizione ad aver convinto gli organizzatori a scegliere lei per l’Halftime Show 2017.

Ma il 2016 si era già aperto per la cantante nel migliore dei modi, con la vittoria ai Golden Globe come miglior attrice in una serie televisiva per la sua interpretazione in American Horror Story: Hotel nel ruolo della Contessa. Per Stefani Germanotta non si trattava della prima esperienza davanti alla macchina da presa, ma era la prima volta che veniva nominata per un premio così prestigioso.

Neanche una settimana dopo l’esibizione sul campo del Super Bowl con l’inno americano, Gaga è poi salita sul palco dei Grammy, dove era attesa per rendere omaggio a David Bowie. Realizzata in collaborazione con la Intel – azienda specializzata in dispositivi elettronici -, la sua è stata un’esibizione decisamente scenografica, in cui lo stile “gaghesco” ha preso sotto braccio il mondo del Duca Bianco, in un incontro di musica e tecnologia.
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A fine febbraio è stata invece la volta degli Oscar, dove Gaga si è lasciata sfuggire il premio per la miglior canzone originale (Til It Happens To You, presente nella colonna sonora del documentario The Hunting Ground), lasciando comunque il segno con una toccante performance: vestita di bianco, seduta al pianoforte, la cantante è stata raggiunta sul finale da cinquanta ragazzi vittime di abusi sessuali.

Il 2016 infuocato di Lady Gaga è proseguito poi con l’onore che le ha riservato il patinatissimo V Magazine, per il quale Gaga è stata direttrice nell’intera issue primaverile: per l’occasione, la rivista è uscita in edicola con ben 16 differenti copertine, record mai raggiunto prima. All’interno, servizi fotografici firmati tra gli altri da Steven Klein, Terry Richardson e Nick Knight.


A maggio la popstar ha raccolto l’invito della superdirettrice di Vogue Anna Wintour e non si è fatta mancare la scintillante sfilata sul tappeto rosso del Met Gala, l’evento modaiolo che richiama ogni anno al Metropolitan di New York il gotha del mondo dello spettacolo: richiamandosi al tema della serata, incentrato sulla moda nell’era della tecnologia, Gaga ha sfoggiato un abito di Versace ispirato alle componenti elettroniche .
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Con l’arrivo dell’estate, l’attenzione si è pian piano concentrata sull’attesissimo ritorno discografico, del quale si sono via via svelati i dettagli: ad aprire le danze è stato a inizio settembre il singolo Perfect Illusion (che forse non ha avuto i risultati sperati), mentre il nuovo album è arrivato il 21 ottobre. Il titolo, Joanne, è un omaggio alla zia, sorella del padre, morta in giovane età: con questo nuovo disco abbiamo assistito a un deciso cambiamento di rotta nel percorso musicale di Gaga, che ha messo un po’ da parte il pop, la dance e l’elettronica dei lavori precedenti per abbracciare più intime atmosfere acustiche, di chiara influenza country. La risposta del pubblico non si è comunque fatta attendere e per la quarta volta consecutiva un album di Lady Gaga ha debuttato al primo posto della classifica americana.
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Per far prendere confidenza con il nuovo album, già all’inizio di ottobre Gaga aveva dato il via al Dive Bar Tour, una tranche di tre concerti ambientati in altrettanti bar a Nashville, New York e Los Angeles. Tra le attività promozionali legate al disco non si possono inoltre non citare la partecipazione al Carpool Karaoke di James Corden, divenuto nell’ultimo anno uno degli appuntamenti della TV americana più seguiti, e l’esibizione ai Billboard Awards con il singolo Million Reasons.


Dopo un 2016 a dir poco intenso, da alcune settimane tutto l’impegno di Lady Gaga è dedicato alla preparazione dello show del Super Bowl.
Al momento però ogni dettaglio su ciò che farà è celato dietro una cortina di mistero, salvo per qualche foto, da cui però non si deduce granché.

Provando a fantasticare, ho pensato a quale spettacolo mi piacerebbe vedere sul campo dello stadio di Houston, e questa è la scaletta del mio ideale Halftime Show targato Gaga:
Just Dance
Born This Way/Express Yourself (featuring Madonna)
Bad Romance
Poker Face
Telephone (featuring Beyoncé)
Million Reasons
You And I (featuring Lady Antebellum)
The Edge Of Glory.

Quanto questa fanta-scaletta è esatta lo si scoprirà il 5 febbraio. Nel frattempo l’attesa cresce e i preparativi fervono….

BITS-RECE: The xx, I See You. Tra il metallo e il cristallo

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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Si fa presto a parlare di indie rock, rock elettronico, indie electronic. Quando ti trovi davanti a un album come I See You dei The xx non che restare spiazzato è incantato, soprattutto perché questo terzo lavoro prende molta distanza – non solo temporale – dal precedente Coexist, uscito ben cinque anni fa.
Quando sono arrivati, della loro musica si diceva in giro che avesse suoni minimali, e lo si diceva così tanto che loro stessi, per diretta ammissione, hanno finito per crederci portando il concetto quasi all’esasperazione con il secondo album.
Con I See You però il passo cambia un po’, e le ambizioni si fanno sentire.
Dentro al nuovo album ci sono brani con percussioni è basso che fanno tremere la carne e le ossa, come Dangerous, messa in apertura, ci sono interventi brillanti come il singolo Say Something e A Violent Noise, momenti trasognanti come Lips, e poi il nocciolo dell’album, con la terna di Performance, Replica e Brave For You che ti lasciano lì imbambolato ad ascoltarle nel loro incanto su sfondi metallici e decori di cristallo.
Un incanto che dopo le nuove vibrazioni danzerecce di On Hold e I Dare You, si ritrova nella chiusura perfetta, epica e gelida di Test Me.
Non so se è più rock, più indie o più elettronico: di certo, I See You è gran bel disco.

#MUSICANUOVA: Hide Vincent, Blood House

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Hide Vincent
è l’altro nome di Mario Perna, giovane musicista e cantautore che nasce nei primi anni ‘90 tra le montagne boschive dell’Italia del sud. Dedito allo studio e all’ascolto della musica fin da bambino, nel 2012 dà vita al suo progetto cantautorale con la demo autoprodotta Imperfection, rilasciata gratuitamente nel 2013. Nel dicembre 2015 entra a far parte del broadcast dell’etichetta campana I Make Records diretta da Francesco Tedesco, con il quale co-produce e realizza in studio il suo eponimo album di debutto Hide Vincent, in uscita il prossimo 27 gennaio.

Ad anticipare l’arrivo dell’album il primo singolo, Blood Houses.
La musica nelle mani e nella voce di Hide Vincent parla di nascita, di sete, di violenza, di paura, di ricordi: è il racconto di un uomo solo in mezzo al suo universo, in mezzo alla natura. Le atmosfere portano vicini ad artisti come Damien Rice, Nick Drake, Sun Kil Moon, Ben Howard: un cantautorato fragile e puro, fatto di suoni semplici, grezzi, taglienti.

#MUSICANUOVA: Francesco Guasti, Universo

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“Non c’è più speranza, ci dicono, siete vecchi per sognare, ripetono altri. Per i trentenni di oggi non è facile trovare lavoro, non è semplice trovare spazio in questa società, nonostante tutto non si deve mollare.
Io non l’ho fatto ed è la mia esperienza che metto a nudo e con la musica, canto speranze. Universo è un crescendo di incoraggiamento: parte dalle nostre aspirazioni, passa dalle cadute e dai limiti che ci pone la paura e conclude con la vittoria di chi ha compreso la propria forza . “Il futuro è di chi se lo prende”, dico, di chi trasforma le difficoltà in opportunità e va avanti per la propria strada, una strada fatta del sogno che abbiamo dentro. Per far arrivare il messaggio ho scelto di usare la metafora di un paio di scarpe: quando si è incontrato un ostacolo, cambiare atteggiamento (“ho indossato un bel paio di scarpe e sono andato incontro al mio presente”) verso ciò che ci circonda e riportare la mente al presente, ci aiuta a incamminarci verso i nostri obiettivi, senza farsi distrarre dal giudizio verso gli altri (“fino a quando non ci schiacciano la suola, guardiamo chi è caduto intorno a noi”). Penso che la mia generazione debba andare incontro al futuro fiera e consapevole ma soprattutto debba sempre avere un grande sogno a portata di pensiero e… tenerlo stretto al presente”.

E’lo stesso Francesco Guasti a spiegare il significato di Universo suo nuovo singolo, in gara alla 67^ edizione del Festival di Sanremo tra le nuove proposte.
… e noi già tifiamo per lui!

BITS-RECE: Baustelle, L’amore e la violenza. Tra rose, cinismo e nostalgia

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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Il mio amore per i Baustelle è scoppiato nell’autunno del 2005 con La malavita, il loro terzo album. Ero ai primi mesi di Università e in quelle canzoni ritrovavo un che di ribelle e peccaminoso che ben si addiceva alla nuova aria di libertà che stavo respirando dopo gli anni di liceo. Poi il mio sentimento si è consolidato con Amen, che resta per me il loro capolavoro, una perfetta unione di nostalgia melodica e poesia della parola.
Con i Mistici dell’Occidente li ho invece capiti un po’ meno, per tornare a “riconoscerli” nella sontuosità di Fantasma.

Ora il gruppo toscano torna con L’amore e la violenza, ed è un nuovo, incantevole capitolo della storia. Un album che comunque si distacca molto dal precedente, abbandonando la veste sinfonica, il pessimismo cosmico e i tratti quasi macabri dei testi: non c’è certo ottimismo, ma la punta della penna di Francesco Bianconi sembra essere stata bagnata da cinismo e ironia più che da disperazione.
L’occhio della band è sempre più che vigile sul presente – tra migranti, terrorismo e giubileo -, le citazioni sono sempre tante e sempre ben mescolate (scovarle può essere un giochetto divertente, ma personalmente non mi è mai interessato indagarle fino in fondo) e la bellezza della parola mantiene sempre l’innocente limpidezza che abbiamo imparato a conoscere ed apprezzare.
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I Baustelle sanno far incontrare e convivere sacro e profano, fede e agnosticismo, grazia e bruttura, impegno e disincanto, passione e castità, peccato e redenzione, filosofia e lascivia, Abba e Battiato, e in L’amore e la violenza c’è tutto quel loro essere così naturalmente dandy, retrò, ma senza ostentazione, il loro essere scenicamente tragici e nostalgici, mentre riescono a infilare nelle canzoni quei due o tre accordi che ti bombardano la testa e il cuore, da Il Vangelo di Giovanni, a Betty, la stupenda Amanda Lear, forse il singolo più “baustelliano” dai tempi di Le rane, e La vita.
Un disco “oscenamente pop” dicono loro, e possiamo anche condividere, se non fosse che – purtroppo – non sempre il pop sa essere così nobile.
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Le ultime righe le vorrei spendere per Francesco Bianconi, creatura di gusto e stile sopraffini, un Oscar Wilde dei nostri giorni, soprattutto un autore aureo della musica italiana. Uno che è capace di farti venire i lucciconi scrivendo anche solo di una serata in discoteca, per passare subito dopo a citarti D’Annunzio. Uno che dovrebbero inserire nel patrimonio Unesco, tanto la sua anima è preziosa.

Insomma, Baustelle, vi amo!

BITS-RECE: The Chainsmokers, Collage. Quando l'EDM diventa un gioco

BITS-RECE: radiografia di un in una manciata di bit.
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Non c’è dubbio che se andiamo a indagare i campioni del 2016 in campo musicale, Andrew Taggart e Alex Pall, meglio noti come The Chainsmokers, sono tra costoro. 
Dopo il grande botto con #SELFIE nel 2014, nell’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle i due DJ hanno macinato successi su successi, monopolizzando a lungo i piani alti delle classifiche di mezzo mondo con la loro EDM allo zucchero. Una furba combinazione di dance e pop che ha dato vita a pezzi come Don’t Let Me Down e Closer, e che si ritrova anche negli altri tre brani dell’EP Collage ognuno accompagnato da rispettivo featuring femminile.
Una ricetta sonora lontana dal far assaporare qualche novità, e che appare soprattutto come il gioco innocente di due amici che nella loro cameretta si sono messi a pigiare i pulsanti dei synth. Un gioco che però sembra funzionare alla grandissima, almeno per ora, e nell’effimero mondo del pop questo basta e avanza.

#MUSICANUOVA: Blood Orange, Better Than Me

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Da molti quello di Blood Orange è considerato uno dei nomi più interessanti dell’attuale scena underground.

Il suo terzo album, Freetown Sound, uscito la scorsa estate, con le sue fluide influenze tra pop e r’n’b, affronta temi piuttosto pesanti, come la vera e propria guerra di razze che negli ultimi  mesi si sta consumando in America o la difficile condizione delle minoranze sociali.
Better Than Me è l’ultimo singolo estratto.

BITS-CHAT: Via, qui e ora. Quattro chiacchiere con… Tekla

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Se avete buona memoria, vi ricorderete di averla già vista (e sentita) nel corso della terza edizione di The Voice: si chiama Francesca, è bolognese, e per presentarsi al pubblico ha scelto di farsi chiamare Tekla – in greco “luce benedetta”, ma scritto con la k, perché “fa più techno”.
Dopo l’esperienza televisiva e alcuni singoli pubblicati, è entrata nella grande famiglia Fonoprint, i famosi studi di registrazione della sua città che hanno recentemente festeggiato il quarantesimo anniversario di gloriosa attività, trasformandosi anche in etichetta discografica. Tekla è uno dei primi nomi su cui Fonoprint ha scelto di puntare, e da poco ha dato alle stampe Via, il suo nuovo singolo.
In bilico tra pop, elettronica e r’n’b, il brano è accompagnato da un bel video che vede protagonisti Kira, il ballerino e acrobata reduce dalla finale di Italia’s Got Talent, e un cerchio….
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Come dobbiamo interpretare il titolo del tuo nuovo singolo, Via?

Via indica la propria strada, la propria scelta, la propria consapevolezza. È un titolo in intimo e personale.
Ti definisci una “fanatica della comunicazione”: cosa intendi esattamente? Quali aspetti e quali forme della comunicazione ti affascinano in particolare?
Sono una fanatica della comunicazione poiché resto incantata da qualsiasi cosa permetta di esprimerci in modo diretto mettendo a nudo le nostre sensazioni, belle o brutte che siano. Contemporaneamente adoro anche la tecnologia, che credo sia l’emblema della comunicazione attuale. L’arte penso sia il canale espressivo che più mi affascina, in ogni sua forma, ma il colpo di fulmine sono state le arti circensi. Ecco perché il cerchio è il grande protagonista del mio videoclip Via.
 
Perché la scelta del nome Tekla? Ho visto inoltre che nell’indirizzo del tuo sito web e della tua pagina a Facebook compare anche il termine “bless”: c’è una ragione in particolare?
Tekla è un nome d’arte che, inizialmente, credevo fosse veramente il mio secondo nome. Con il tempo la mia famiglia mi ha fatto cadere ogni tipo di ipotesi, ma ho scelto di mantenerlo perché mi piaceva particolarmente. Tekla & Bless possiamo dire che siano sinonimi, entrambi significano benedizione. Bless infatti è nato dalla mia passione per la Black Music: nel reggae e soprattutto nella dancehall, Bless è un intercalare dal significato per nulla banale.
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Le sonorità della tua musica sembrano molto influenzate dal panorama internazionale: quali sono gli artisti che senti più vicini a te?
Ascolto molta musica internazionale ma anche italiana. I miei artisti di riferimento sono sempre in cambiamento, Rino Gaetano, Gaber, Billy Holiday, Nina Simone, Chaldish Gambino, Abra, Tommy Genesis, Major Lazer, Salmo, Mezzosangue, Murubutu, Dargen D’amico.
Non hai mai pensato di scrivere in inglese?
Utilizzo l’inglese in alcune frasi che inserisco nel testo delle mie canzoni ma scrivo in italiano perché è la mia lingua ed il mio canale espressivo.
I tatuaggi sul tuo petto dicono “qui” e “ora”: significa che non sei una abituata a non guardare al passato?
“Qui” e “ora” sintetizzano la filosofia di vita che ho scelto di seguire per non perdere l’animo spensierato, senza preoccuparmi inutilmente di cosa c’è prima e di cosa c’è dopo, concentrandomi nel dare il meglio di me nel momento presente.
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Sai già che forma e che colori avrà il tuo primo album? Come lo vorresti?
L’album è ancora in fase di lavorazione e, scaramanticamente, preferisco non essere troppo dettagliata anche perché lo considero come il risultato di un processo di maturazione artistica che ogni giorno subisce delle modifiche. Posso dire, tuttavia, che sono entusiasta per il lavoro che sto svolgendo con lo staff di Fonoprint ed onorata per le produzioni davvero importanti in corso.
Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione?
La ribellione rompe i canoni comuni, grida a voce alta anche dove non è concesso, è la culla della creatività. La ribellione segue i propri principi, non ne conosce altri, per me la ribellione rappresenta la coerenza con sé stessi.