Dive spiritose. Ovvero, quando 10 cantanti si divertono con la musica

Siamo abituati a sentirle cantare di grandi amori, struggersi nel dolore o regalarci momenti di folgorante teatralità. Ma le grandi dive italiane sanno anche divertirsi e tra le pieghe della loro discografia hanno infilato almeno una perla di leggerezza. C’è chi come Mina ha dato vita a un inno al colore grigio tra ghirigori vocali e citazioni, chi, come Patty Pravo, ha usato l’ironia per demolire il mito del maschio che non deve chiedere mai, o chi è andata fino in Brasile a prendersi un concentrato di brio, come la Vanoni. Sempre senza perdere la classe, s’intende!
Tra pezzi più o meno noti, una piccola selezione – in ordine allegramente sparso – di momenti di buonumore cantati da dieci autentiche signore della musica.
Mina, Grigio
Difficile trovare un genere o un’atmosfera con cui l’immensa personalità di Mina non si sia confrontata, anche solo per puro diletto. Un esempio è Grigio, autentica dimostrazione di creatività e virtuosismo, un piccolo tesoro nascosto nell’album Leggera del 1997. Un irresistibile divertissement in cui Dante e Modugno si ritrovano citati uno accanto all’altro.

Loretta Goggi, Cibù Cibà
Tra gli episodi più spassosi del repertorio della Goggi va inserita anche questa Cibù Cibà, canzoncina del 1970: la versione originale è opera dei croati Krajac e Kalogjera, mentre il testo italiano porta la firma illustrissima di Paolo Limiti. L’arrangiamento è invece a cura di Paki Canzi, leader dei Nuovi angeli. Nel video, aguzzando bene la vista, si intravedono Mina e Lucio Dalla, seduti alle spalle di Loretta.

Mimì Bertè (Mia Martini), Ed ora che abbiamo litigato
Il testo di questa canzone parla di un litigio, ma l’atmosfera è quanto di più brioso si possa immaginare. Erano infatti i pieni anni ’60 e nelle radio imperava la moda dello yè-yè: un’irriconoscibile Mia Martini muoveva i primissimi passi sulle scene con il nome di Mimì Bertè, facendo sfoggio di un vocino che ben poco ha in comune con il timbro drammatico che l’avrebbe consacrata tra le più indimenticabili interpreti italiane.

Giuni Russo, Illusione
Voce tra le più atipiche e affascinanti, Giuni Russo non ha mai avuto paura di sperimentare, passando da canzoni d’autore, parentesi pop e divagazioni inaspettate. Tra queste non può non essere ricordata Illusione, tragicomico racconto di una serata romantica andata a rotoli, narrato con i toni del melodramma.

Patty Pravo, Seduttori sedati
Anche la diva più enigmatica della canzone italiana ogni tanto sa usare brillantemente l’arma dell’ironia. Una prova tagliante è Seduttori sedati, episodio sornione che tra fumose atmosfere anni ’70 gioca a demolire il mito del maschio conquistatore. La canzone trova spazio tra la sofisticatezza pop-rock dell’album Una donna da sognare del 2000.

Rettore, Donatella
Irriverente e provocatoria, Rettore è stata tra le prime artiste italiane a portare lo ska in classifica. Lo ha fatto con Donatella, giustamente diventato un classicone del suo repertorio: una surreale e caustica richiesta a non chiamarla stramaledettamente Donatella, perché ormai lo sappiamo, Donatella… si è impiccata sul bidet.

Loredana Bertè, Prendi fra le mani la testa
Sarà anche una delle grandi signore del rock nostrano, ma Loredana Bertè sa trovare spazio folleggiare un po’. Lo fa, per esempio, riprendendo un pezzo di Battisti, rivisitandolo in chiave reggae, e infilandoci dentro tutta la sua solita grinta. Con il sorriso. Il risultato è un’interpretazione sprint di Prendi fra le mani la testa.


Dalida, Itsy Bitsy Petit Bikini
Famosa per le sue performance struggenti e teatrali, Dalida con la musica ha saputo anche giocarci, concedendosi a episodi “da ombrellone”. Nel 1960 ha ripreso un pezzo di Brian Hyland e ne ha fatto una spassosissima versione in francese.


Ornella Vanoni, La gente e me
Ornella Vanoni non ha mai tenuto nascosto il suo lato più fanciullesco, così come l’amore per l’universo sonoro brasiliano. Non stupisce quindi che nella sua sterminata discografia ci sia posto anche per una briosa rivisitazione di un pezzo di Caetano Veloso, condita da un testo piccantino.


Raffaella Carrà, Satana
Spensieratezza è da sempre una parola d’ordine nell’universo della Carrà, ma anche la Raffa Nazionale sa sorprendere. Per esempio con una canzone come Satana: se il titolo appare ben poco rassicurante ed è addirittura valso a Raffaella un’accusa di satanismo, il pezzo altro non è se non un episodio allegrotto dedicato a un misterioso uomo dagli occhi blu. Il tutto in salsa latina.

“Sono pigro, torno alle cover”: Giuliano Palma torna con Groovin’

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Dagli Aristogatti a Elton John, passando per Vasco Rossi.

Dopo Old Boy, uscito due anni fa, per il nuovo progetto discografico, Giuliano Palma torna al mondo delle cover,e lo fa con Groovin’. Il motivo di questa scelta è lui stesso a rivelarlo, tra il serio e il faceto: “Sono pigro, di una pigrizia che a volte rasenta l’accidia: inizialmente volevo tornare con un album di inediti, poi ci sono state delle vicissitudini personali e professionali che mi hanno tenuto lontano dalla scrittura, e la pigrizia ha preso il sopravvento: non volevo pubblicare un disco di cui non fossi convinto, così ho scelto le cover”.
Per la prima volta nella sua carriera, durante la lavorazione di Groovin’ non ha curato personalmente tutti i dettagli – a cominciare dai fiati -, ma si è affidato alle mani del nuovo team, di cui fanno parte Fabrizio Ferraguzzo, Riccardo “Deepa” Di Paola e Riccardo “Jeeba” Gibertini, perché – confessa – aveva capito di potersi fidare e di aver trovato in loro il giusto feeling, il “groove” che dà il titolo all’album.

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E lui il groove è uno che ce l’ha sempre avuto, a differenza di altri che si sono persi, distratti, e che il groove non hanno saputo mantenerlo: sono proprio queste persone quelle che, metaforicamente, compaiono sulla copertina del disco girate di spalle, mentre lui prosegue per la sua strada guardando dritto l’obiettivo (“Dicono che sono un crooner, e quindi croono“), sempre attraverso gli immancabili occhiali neri.
E proprio parlando di groove e del nuovo gruppo di lavoro, Giuliano non riesce a trattenersi dall’esprimere il rammarico e la rabbia per la fine del rapporto professionale con il suo storico collaboratore e amico Fabio Merigo: “Insieme avevamo una missione, e dopo tanti anni non avrei immaginato che finisse così, invece l’ho visto perdersi per strada per una donna. E’ stato come un tradimento”.

Nelle 13 cover dell’album non mancano le partecipazioni, come quella di Cris Cab nella versione italiana di Bada Bing, scelta come primo singolo (“Per la versione italiana la casa discografica si è rivolta a me: è la prima volta che metto in un mio album un pezzo di cui sono solo ospite”), Fabri Fibra per Splendida giornata di Vasco Rossi, riletta in chiave reggae, Clementino in I say I’ sto cca di Pino Daniele (“La presenza di Fabri Fibra e Clementino mi aiuta ad avvicinare a miei suoni un pubblico che altrimenti ne resterebbe distante: sono felice che Fibra abbia accettato, perché è un artista per nulla mondano, Clementino ha spaccato rappando in slang”), e Chiara in Don’t Go Beaking My Heart, portata al successo a Elton John e Kiki Dee (“Chiara l’ho conosciuta perché abbiamo lo stesso management: per questo pezzo è perfetta”).
Tra gli altri brani, menzione speciale meritano Eternità dei Camaleonti, You’ll Never Walk Alone, scritto nel 1945 dal duo statunitense Rodgers/Hammerstein e così popolare da divenire l’inno ufficiale del Liverpool (“Quando ci sono le partite è bellissimo vedere tutto il pubblico, dal bambino alla vecchietta con la sciarpa della squadra, intonare la canzone”), Qui e là di Patty Pravo, e Alleluja! Tutti jazzisti, tratta dal cartone animato Gli Aristogatti e già presente in We Love Disney (“Questo era il pezzo che tutti gli artisti coinvolti nel progetto volevano fare, ed è stato affidato a me!”).

A chiudere l’inedito Un pazzo come me (“Parla degli inquieti”).

Groovin’ è dedicato a Carlo Ubaldo Rossi, musicista e produttore scomparso nel 2015 in un incidente: “La sua perdita è uno strazio, non saprei definirla diversamente”.