BITS-RECE: James Jonathan Clancy, “Sprecato”. Pastorale per animi inquieti

BITS-RECE: James Jonathan Clancy, “Sprecato”. Pastorale per animi inquieti

 

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.


Se è vero che un disco non andrebbe giudicato dalla copertina, nel caso di questo album un’eccezione penso sia più che lecita. Se non per giudicarlo prima di averlo ascoltato, almeno per farsi istantaneamente un’idea dello stato d’animo che lo permea.

Soprattutto se – come in questo caso – è il frutto di un intenso scambio di idee, di collaborazioni e di reciproche contaminazioni tra l’artista che l’ha realizzata e il cantautore che firma il disco. Il primo è il disegnatore bolognese Michelangelo Setola, il secondo è il cantautore italo-canadese James Jonathan Clancy. L’album invece si intitola emblematicamente Sprecato, ed è il primo lavoro da solista di Clancy, dopo le esperienze con His Clancyness, A Classic Education, Settlefish e Brutal Birthday.

Tornando alla copertina, ciò che colpisce subito lo sguardo è un’idea profonda di inquietudine e alienazione, uno stato d’animo di tensione fosca, “tempestosa”.

Ed è esattamente questo che traspare – limpido e oscuro – dalle tracce del disco.

Folk, psichedelia, synth-pop, darkwave, ambient, i riferimenti presenti nell’album sono tantissimi, intrecciati tra loro in una vibrazione costante.
I suoni sono ora profondissimi ora eterei, ora armoniosi ora dissonanti.

Clancy spazia tra minimalismo e magniloquenza, tra visioni ariose e oniriche e cadute vertiginose, e con la voce dipinge atmosfere immaginifiche.

Sprecato è un disco che si vede, quasi si tocca, è fatto di tinte ombrose, caliginose, plumbee. Castle Night apre all’insegna di un’intimità tipicamente notturna, A Workship Deal è una nerissima sinfonia post-punk che esplode in un finale ruvido e dissonante, Had It All è una disperazione senza possibilità di ritorno cullata su un arpeggio, mentre Out And Alive cresce e si cosparge di un’aura quasi liturgica.

Tra drums, chitarre e synth, molto interessanti le coloriture create dai sax.

Sprecato suona come quelle giornate di passaggio tra estate e autunno, o tra inverno e primavera, quando la quiete viene travolta da una cavalcata nera e minacciosa di cumulonembi. Quelle giornate in cui gelide e improvvise raffiche di vento scompigliano la natura e agitano i pensieri.

Quelle giornate che preannunciano un cambiamento.

Registrato tra Bologna e Londra, Sprecato è stato realizzato grazie a Suner, progetto di Arci Emilia-Romagna sostenuto dalla Regione Emilia-Romagna nell’ambito della Legge 2 sulla musica.

“Ho-Oponopono”, il mantra synth-pop di Limbrunire

Nella civiltà hawaiana, l’ho oponopono era un rituale praticato da sacerdoti guaritori per invocare una riconciliazione o un perdono, risolvere conflitti e guarire gli uomini dalla disarmornia.
Coniugando cantautorato, synth-pop e una discreta vena ironica e dissacratoria, Limbrunire propone nel suo ultimo singolo una personale rivisitazione dell’Ho-Oponopono tra emoticon e wi-fi.

Limbrunire, per l’anagrafe Francesco Petacco, nasce all’imbrunire di qualche decade fa in una piccola provincia del Levante ligure. Gioca a calcio discretamente sino all’età di 19 anni quando decide di appendere gli scarpini al chiodo e dedicarsi attivamente alla scrittura di poesie e raccolta di uva da vino in settembre.
Ama la montagna, la chitarra elettrica, Kerouac, i dischi bianchi, le monocilindriche, Amici Miei, le melanzane alla parmigiana, le chewing gum al guaranà, le televendite alle 3 del mattino e i cannoli di Athos.
Lo scorso giugno ha pubblicato il suo primo album, La Spensieratezza: 11 tracce nate dalla passione per l’electrosynthpop anni ’80 e Pasquale Panella. Leggerezza, tutto e subito, riflessioni in bianco e nero, emoticon e doppie spunte, sbornie adolescenziali, mistica e bon-ton, il ballo e immagini in technicolor attraversano i testi che compongono l’album pensato, scritto ed arrangiato da Francesco Petacco tra la l’inizio dei pranzi pasquali e l’autunno inoltrato del 2017.