Le inquietudini sonore di Nava tra la Persia e l’elettronica


Cosa succede quando una cantante iraniana incontra un musicista e produttore italiano? Potrebbe succedere quello che è capitato con Nava, ovvero la nascita di un progetto musicale in grado di mettere insieme tradizione e sperimentazione industrial, oltre a una discreta dose di sinistra inquietudine.

Galeotto per la nascita del progetto fu il CPM Music Institute di Milano, dove nel 2016 la cantante di origini iraniane Nava Golchini ha incontrato il produttore e arrangiatore Francesco Fugazza. La collaborazione si è poi espansa, includendo i batteristi Elia Pastori Marco Fugazza.
Raccogliendo l’ispirazione da artisti della scena indie ed elettronica come Arca, Apparat e Purity Ring, Nava hanno dato vita a un vero miscelatore sonoro culturale, che fonde il background musicale persiano di Golchini con gli arrangiamenti sperimentali della band, fino creare qualcosa di cosmopolita e viscerale che ha trovato forma nell’EP di debutto Body, pubblicato lo scorso maggio.


A completare lo scenario, un’iconografia visionaria, ipnotica e a tratti disturbante, come quella di cui è intriso il video del terzo singolo estratto, Camera, diretto da Giusy Amoroso: “Camera può essere interpretata come una profonda proiezione interna della mente inconscia, quella che Nava intraprende guardando se stessa, proiettata attraverso una telecamera. Lei inizia un viaggio, un passaggio continuo tra l’interno e l’esterno, in uno spazio senza dimensione e senza tempo, la sua mente, informe, dove le uniche strutture permesse in questo ambiente limbico sci-fi sono il metallo amorfo e il mercurio. Nava, maledetta da una presenza inquietante, inizia a ballare, sedotta da un’entità sconosciuta. Man mano che la forma si avvicina, Nava perde il controllo, si sottomette al possesso e quindi si trasforma. L’oscillazione continua tra l’accettazione e il contrasto della presenza è espressa attraverso sequenze increspate, fleshes che raccontano quanto lei sia predisposta a essere posseduta e cosa prova durante la scoperta di nuovi aspetti del suo io. La completa concessione del corpo e della mente avviene con la concessione delle vesti e della maschera che Nava accetta e indossa, completando la sua trasformazione e accettando nuovi aspetti di se stessa”.

In una dimensione iperfuturistica si muove invece il video di Ritual, diretto dal visual artist Karol Sudolski e ispirato alle danze delle tradizione persiana, “un’interpretazione estetica della preparazione a una battaglia”, come dichiara la band. “È un meccanismo di difesa che una persona, in cerca di vendetta, mette in atto nei confronti di chi l’ha ferita. Le maschere richiamano alla preparazione di una battaglia, e rappresentano inoltre un’armatura mentale, una proiezione del modo in cui ci si rapporta all’altro attraverso i rituali che si ripetono”.