Poteva riempirsi di malinconia e ricordi amari la storia della pubblicazione di In The End, ottavo e ultimo album dei Cranberries, una delle band di maggior successo nella storia del rock irlandese, e sicuramente uno dei nomi che hanno marchiato di più i suoni degli anni ’90.
Poteva riempirsi di malinconia e ricordi amari, ma così non è stato. O meglio, non solo.
A poco più di un anno dalla morte improvvisa della storica vocalist Dolores O’Riordan, la band di Limerick pubblica il prossimo 26 aprile il capitolo conclusivo di una discografia che ha le sue radici nel lontano 1993 con l’ormai leggendario debutto di Everybody Else Is Doing It, So Why Can’t We?, album che conteneva due pezzi divenuti immortali come Dreams e Linger. Passato solo un anno, la consacrazione mondiale definitiva è arrivata con No Need to Argue, il disco di Zombie, tanto per capirci: 7 milioni di copie vendute solo negli Stati Uniti, quasi 20 globalmente.
D’altronde, una voce come quella di Dolores non la si trova molto facilmente in giro, talmente unica da essere da sola il marchio di fabbrica del gruppo. Se gli U2 rappresentano la faccia melodica del rock d’Irlanda, se i fratelli Corrs sono quelli più legati alle radici folk, i Cranberries mostrano il volto più graffiante e arrabbiato dei suoni della loro terra.

Poi gli anni sono trascorsi veloci, sono arrivati altri album, alcuni più fortunati di altri, ma la storia dei Cranberries non è mai stata messa in dubbio da nessuno. Fino a quando si è messo in mezzo il destino, e il 15 gennaio 2018 Dolores è stata trovata morta in una stanza di un hotel di Londra. Per la band, che si era riunita nel 2009 dopo una pausa di 6 anni, si è aperto il grande interrogativo sul futuro: nella tragedia c’è però una fortuna, quella di avere già a disposizione alcuni brani quasi pronti.
Nella primavera 2017 infatti, stanchi di riproporre dal vivo solo vecchi brani, i membri del gruppo si erano messi al lavoro per realizzare un nuovo disco, e nel dicembre dello stesso anno 11 pezzi erano già stati provinati da Dolores e dal chitarrista Noel Hogan. Proprio quegli 11 brani sono quelli che ora danno vita a In The End, il primo album dei Cranberries di cui Dolores non ha visto tutta la realizzazione e di cui non vedrà la pubblicazione, ma molto lontano dall’essere un disco alla memoria.

Quella di In The End non è una storia di lacrime perché questo è a tutti gli effetti un album di inediti dei Cranberries, composto da materiale già pronto per essere rifinito e pubblicato: nessuna vecchia b-side, nessuna demo dimenticata e ripescata, nessuna traccia abbozzata e resa pubblica per accontentare il prurito del pubblico, ma solo gli 11 brani che alla morte di Dolores avevano già una forma ben definita.
E soprattutto, In The End è a tutti gli effetti un nuovo album dei Cranberries perché all’interno lo spettro della morte non c’è: piuttosto, è un disco che parla di cambiamenti, quelli che la cantante aveva da poco vissuto quando ha scritto le nuove tracce. “Per noi questi brani non sono legati alla sua morte, perché li stiamo ascoltando da molto tempo. Dolores li ha scritti pensando al divorzio, ai problemi di salute che aveva affrontato: era soddisfatta del lavoro, in particolare di All Over Now, uno dei primi brani che ha scritto, che abbiamo scelto come primo singolo”, dichiarano Noel Hogan, Mike Hogan e Fergal Lawler, arrivati in Italia per presentare l’album.

Per la realizzazione del disco è stato coinvolto Stephen Street, già produttore dei primi due dischi di Cranberries: “Se dovessimo paragonare In The End a qualche altro nostro lavoro, il primo confronto che verrebbe da fare è con primi album, la voce di Dolores è pulita come all’epoca, e anche Stephen è stato da subito dello stesso parere. Volevamo realizzare uno dei dischi più importanti della nostra carriera”, continua la band, “ci siamo chiusi in studio un mese dopo la morte di Dolores: avevamo la giusta motivazione”.
E’ stato comprensibilmente difficile portare avanti tutto il lavoro scindendosi tra la tristezza per la mancanza dell’amica e collega e la felicità di lavorare a un nuovo disco: “Abbiamo dovuto inscatolare le emozioni, questo è l’ultimo omaggio che possiamo fare a Dolores: ci è mancato molto che lei non fosse con noi durante la realizzazione e ci manca che non abbia avuto la possibilità di ascoltare l’album”.

Mentre il titolo è stato scelto solo in un secondo momento e riprende una poesia di TS Elliot, l’immagine di copertina è sembrata la soluzione migliore: “L’idea è stata di Andy Earl, il fotografo, e ci è piaciuta subito: sarebbe stato ingiusto che ci fossimo solo noi tre, visto che Dolores è a tutti gli effetti nell’album, ma sarebbe stato triste mettere un’immagine con tutti e quattro. Questi bambini non siamo noi, ma ci assomigliano”.
La band sarà impegnata in primavera nella promozione, poi l’estate sarà il momento da dedicare al riposo e alla riflessione su tutto quello che è successo in questi mesi: “Non sappiamo quale sarà il futuro, di sicuro non presenteremo dal vivo queste canzoni, è impossibile. Probabilmente continueremo con la musica, potrà essere un buon modo per metabolizzare i ricordi. Non ha molto senso però guardare al passato: abbiamo sempre fatto musica senza seguire le mode, non ci siamo mai messi a fare pop o dance, e abbiamo messo in conto che la popolarità poteva andare e venire. Speriamo di essere ricordati per le idee e per il cuore che abbiamo messo nel nostro lavoro”.

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