Secondo Rykarda Parasol, la distruzione ha lo stesso colore del corallo, che secondo la mitologia greca si sarebbe formato dal sangue di Medusa riversatosi in mare dopo che Perseo l’ebbe uccisa. Il potere della Gorgone torno così ad alimentare il mondo della natura e suo sangue pietrificato in corallo divenne un simbolo di vita, di forza e di passione.
Per questo l’artista statunitense l’ha messo in copertina, facendogli girare attorno l’intero suo ultimo album, intitolato per l’appunto The Color Of Destruction.
Tanto per fare un paragone noto, avete presente Lana Del Rey? Ecco, Rykarda Parasol ha la stessa attitudine al down umorale, e persino nel canto le assomiglia molto, solo che lo sa esprimere all’ennesima potenza, e con una notevole dose di classe in più. Senza contare che tra le due quella che è arrivata dopo è la Del Rey.
Dopo l’album Against The Sun, in cui si celebravano l’autonomia e l’indipendenza personali, The Color Of Destruction ruota su temi quali la rovina, la distruzione, il contrasto tra fuoco e acqua, inverno e primavera, nuovi dubbi di amletica memoria (“To Burn Or To Drown?”, ovvero “Bruciare o affogare?”), la perdita di controllo, e si distende lungo un tappeto di velluto sontuosamente pop che mescola sintetizzatori con violini, viole e flauti, mentre le voce della Parasol si scioglie come una glassa lasciata al sole.
Inutile dire che The Color Of Destruction è, almeno nei testi, un disco triste, tristissimo, persino decadente in alcuni tratti: basterebbe anche solo leggere i titoli dei brani per capirlo, ma la conferma arriva all’ascolto di pezzi come The Ruin And The Change, An Invitation To Drown e soprattutto la bellissima The Loneliest Girl In The World, un vero e proprio inno al blue mood, dove la mestizia tocca il suo più lacrimevole apice.
E allora, To Burn Or To Drown?
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