ReRubino-31“Più che una favola bella è una favola vera” inizia con queste parole la sintesi musicale dei miei ultimi anni. Per me il gelato dopo il mare ha più di un significato, è la soluzione nascosta nella pausa, è leggerezza, è attesa.
I lustrini e lo show non mi divertivano più. La mia tregua è stata la strada verso casa e gli aspetti veri. Mi sono rivisto nel contrario di quello che rappresentavo. Mi attirava di più una passeggiata al mercato di Martina Franca che una post serata in qualche locale della capitale.
Durante una vacanza pugliese ho deciso di rimanere, dimenticandomi la mia vita da supereroe (superinutile)…
Questo disco è sporco, suonato, vivo.
È il lavoro del mio cambiamento. È disordine e ingordigia che diventano lentezza e saper guardare le cose da una prospettiva che non avevo considerato. Il gelato dopo il mare non sarebbe mai nato senza un vero distacco, a volte mi sono anche chiesto se un giorno sarei tornato a far musica, ma non ho mai avuto paura. Dovevo trovare la strada giusta e avevo bisogno del mio tempo. Non so se 48 mesi sono tanti ma nel mio caso erano fondamentali. Vivere prima di scrivere.
Ho rimesso a posto la vecchia casa in campagna di mio nonno ed ho ricominciato alimentando quelle cose a cui prima non avevo dato spazio. Le mie “altre” passioni. Curato i gerani, andato a pesca senza però avere mai vere soddisfazioni, ho dipinto cose, lavorato la ceramica con molta pazienza che non ho (il mio soprannome è Rovescia Bicchieri), coltivato l’orticello che, a parte le more potate in un periodo sbagliato, ha portato i suoi frutti. Il caffè con gli amici dello “stradone”, le partite a calcetto, vivere il piccolo che diventa enorme quando sei in un paese come il mio. Così ho ricominciato a scrivere. Qualcuno mi ha detto che l’arte nasce dove c’è il disagio, la fatica, il dolore… è vero ma non solo, la mia per esempio si è riscoperta nell’abitudine. Ricordo bene quel tramonto primaverile, quando ho rimesso le mani sul mio vecchio pianoforte che avevo pensato di dare via per questioni di spazio. Quel pianoforte scassato di li a poco sarebbe diventato il protagonista del mio album.
Poi è arrivato il romanticismo.
Dopo aver accolto le canzoni senza aver paura di espressione, senza nessuna logica, io e Andrea Rodini, mio fratello artistico e produttore dei miei vecchi album, abbiamo deciso che era arrivato il momento di far vestire e dirigere i lavori ad altre persone. Non sapevamo a chi. Come sempre le risposte arrivano da sole. Una sera d’agosto in un bar di Locorotondo ho incontrato Matteo Zanobini che mi ha detto “io ti ci vedrei bene a lavorar con Taketo”. La mia risposta fu, magari.
Di li a poco ci sarebbe stato il passaggio di consegne, ho conosciuto Taketo Gohara a Milano e gli ho suonato le canzoni. Ci siamo capiti e affezionati. È stato in grado di dare un suono unico e irripetibile, aprire lo spazio, gestire gli attori a vestire le mie canzoni in modo magistrale.
Lui ha portato il suo dream team: gli arrangiamenti per i fiati sono di Mauro Ottolini, le chitarre di “Asso” Stefana, le percussioni di Sebastiano De Gennaro e poi Vincenzo Vasi, Filippo Pedol… io gli ho presentato il mio: Marcello Faneschi, (direttore d’orchestra di Domenico Modugno, ha lavorato in Itaca di Dalla, suonato nelle colonne sonore di Bud Spencer e Ternce Hill,) Andrea Beninati e Andrea Cito.
È come se Nino Rota fosse venuto a trovarci, c’è il colore della nostalgia, lo spasso e la spensieratezza, c’è l’ubriachezza e lo sfogo. Attraverso le scelte musicali è un disco che riesce a prenderti per mano e farti fare una passeggiata in una dimensione calda e piacevole come quella del bel ricordo.
La casa in campagna di zona Piscianotte, messa a posto mesi prima, è diventata studio di registrazione; Taketo voleva assolutamente che l’aria che avevo respirato negli ultimi anni entrasse nei suoi microfoni sensibili, che il battito, il “groove”, la base di tutto, fosse figlio di quei lunghi tramonti. Che il legno del contrabbasso assorbisse quel calore, che il pianoforte fosse lo stesso dove erano nate le canzoni.
Dopo tanto tempo ero felice, avevo riscoperto l’essenza.
Il gelato dopo il mare è diventato inno alla vita e chi meglio di mio nonno poteva rappresentare la faccia di questo disco.
Un uomo di 80 anni che nonostante i 4 bypass e i suoi vizi continua a vivere una vita serena, a regalarsi la cioccolata con mia nonna alla fine di ogni pasto, a sorridere delle difficolta perché come dice lui, il più delle volte si superano.
Per scattare le foto della copertina ha dovuto scegliere i gusti del gelato, si è sentito protagonista,
Oggi firma autografi in piazza.
Questo disco non posso che dedicarlo a tutti quelli che ci hanno creduto, le persone che vivo quotidianamente, alle facce scolpite dal sole della mia terra.
Spero che queste canzoni possano essere, come è successo a me, fonte per ritrovarsi e godere dell’attesa.
È un viaggio che non dimenticherò.
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Il gelato dopo il mare è il nuovo album di Renzo Rubino, e arriva a tre anni dal precedente.
Un lavoro molto privato, in una dimensione musicale ricca che nei suoi contrasti cromatici suona come un inno alla vita, e nei testi tra dinamismo emotivo e vena letteraria.
Già fissati i primi appuntamenti dal vivo:
20 APRILE ROMA – QUIRINETTA
26 APRILE GENOVA – LA CLAQUE
27 APRILE FIRENZE – COMBO
12 MAGGIO MILANO – SERRAGLIO
28 MAGGIO BARI – EREMO

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