Daniela Poggi è un’artista che non si risparmia. Teatro, cinema, televisione, e poi passione per lo sport e tanto impegno civile, la sua è una vita ricca, piena di interessi che uniscono la donna e l’attrice. Da diversi anni, a guidarla c’è anche una fede salda, un rapporto con Dio iniziato come una promessa e divenuto con il tempo un bisogno interiore.

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ph. Marta Lispi

Il prossimo 6 aprile, nella speciale cornice della Basilica di San Lorenzo alle Colonne di Milano (ore 21, ingresso libero fino a esaurimento posti), l’artista ricoprirà il ruolo di Maria in Il poema della Croce. Lo spettacolo è basato sull’omonima opera di Alda Merini pubblicata per la prima volta nel 2004, i cui testi trovano naturale completamento nelle musiche di Giovanni Nuti, che per molti anni ha lavorato a strettissimo contatto con la poetessa.
Un lavoro che racconta il momento più tragico della vita di Cristo sulla Terra in dialogo con la madre: un messaggio di impatto emotivo manifestato attraverso i versi di una delle più rivoluzionarie poetesse del nostro tempo, reso ancora più efficace dalla forza della musica.
Ad accompagnare lo spettacolo sarà un’orchestra di 7 elementi, mentre accanto a Daniela Poggi ci sarà Giovanni Nuti nel ruolo del Figlio.17457663_10210582749063299_2038271475840774012_n
Come le è arrivata la proposta di prendere parte al Poema della Croce?
È stato Giovanni Nuti a contattarmi, attraverso una cara amica. Voleva riportare in scena lo spettacolo e ha fatto il mio nome per la parte di Maria e sono stata molto lusingata. Mi ha fatto ancora più piacere perché stavo già lavorando a Vengo a te Maria, uno spettacolo di musica e poesie incentrato proprio sulla figura della Vergine, in cui portavo in scena anche alcuni testi di Alda Merini. Ricoprire nuovamente quel ruolo mi ha reso quindi molto felice.
Ha avuto modo di conoscere personalmente Alda Merini?
Purtroppo no, è una conoscenza solo letteraria. La conoscevo da tempo, ma ho avuto modo di indagarla ancora più a fondo in occasione di un altro spettacolo di alcuni anni fa, Le ultime sette parole di Cristo in croce, in cui ho raccolto poesie di vari autori, tra cui le sue. È una donna che mi sempre affascinata e impaurita, mi ha regalato emozioni infinite nella sua femminilità e nella sua solitudine. Era molto vicina a noi donne.
Perché l’ha impaurita?
Ha avuto una storia molto forte, nella vita e nell’anima, ha vissuto tutto in maniera molto viscerale. Immaginare come ha sofferto, come si è trovata sola, come ha cercato di gridare aiuto, mi mette paura. Ha sempre avuto il coraggio di dire la verità, anche sulla concezione che aveva della fede e di Dio. È una poetessa che ha il potere di metterti in discussione, fa cadere le certezze che pensavi di aver costruito. Forse se i suoi pensieri fossero stati di un uomo li avrei interpretati in maniera differente, ma essendo donna li sento molto più vicini a me.
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Che rapporto ha con la poesia?
Da bambina non amavo imparare le poesie a memoria, nessuno mi ha mai insegnato a capirle nel modo giusto, per cui ho sempre avuto un rapporto piuttosto altalenante. Però mi affascinano, perché dietro ai testi c’è il vissuto del poeta. Emily Dickinson, forse anche per le sue vicende personali, mi ha sempre ispirato molto, insieme a Neruda. Spesso invece mi capita di leggere testi che non mi trasmettono nulla, come se bastasse mettere delle frasi in versi per definirsi poeti. La poesia, quella vera, è un viaggio dentro l’anima, fa vibrare corde speciali.
Con la fede invece come si pone?
Sono stata educata in una famiglia cattolica, ma quando ero più giovane non ero molto praticante, pur avendo sempre avuto un amore molto forte verso Dio. Poi nel ’91 mi padre si è ammalato di tumore, e ho chiesto a Dio un miracolo. Speravo che potesse guarire, ma quando ho capito che era impossibile ho chiesto almeno che non soffrisse, promettendo che avrei iniziato ad andare a messa ogni domenica. Forse è una promessa po’ infantile, ma da allora l’ho mantenuta e con il tempo si è trasformata in una necessità interiore di ritrovarmi con la comunità, ricevere Dio e ascoltare la sua parola. Durante la settimana mi riempio di paure e domande che ogni volta si risolvono ascoltando il Vangelo e l’omelia. Viviamo una vita pesante, caotica, che ci appesantisce, e per me la messa domenicale è diventata il momento per ripartire più forte.
Al di fuori del lavoro lei è una persona piena di interessi, dallo sport all’impegno sociale, alla difesa degli animali, e si nota una grande voglia di raccontarsi, è d’accordo?
Lei dice? Non ci avevo mai pensato, ma se questa è la percezione che do mi fa molto piacere. Mi ritengo una privilegiata a fare questo lavoro, un mestiere che amo e che richiede anche una certa onestà intellettuale e un grande rispetto per il pubblico. Mi piace raccontare quella che sono, senza oltrepassare i limiti del privato ovviamente, per cui se mi impegno con l’Unicef in favore dei bambini in Africa o contro il lavoro minorile o se mi spendo per i diritti degli animali e contro la vivisezione, la strage delle balene in Norvegia e l’uso degli animali nel circo è giusto che gli altri lo sappiano. Non lo faccio per me, ma per una giusta causa, e se il mio nome può fare qualcosa io non posso che esserne fiera. È una missione che cerco di portare avanti aderendo alle campagne di sensibilizzazione e ogni giorno nelle piccole azioni, anche semplicemente parlandone.
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Tra il 2013 e il 2015 è stata anche Assessore alla Cultura, alle Politiche giovanili, Pari opportunità e Diritti degli animali del Comune di Fiumicino. Che bilancio può fare di questa esperienza?
Sono stati due anni e mezzo molto impegnativi e faticosi, ma anche molto gratificanti, in cui ho conosciuto persone meravigliose, con grande voglia di fare. Ho visto dall’interno come ci si dovrebbe muovere in politica e ho capito che non è il mio modo di fare: dovrebbe cambiare la mentalità, si dovrebbe pensare solo al bene degli altri, la cultura dovrebbe essere considerata una strumento di crescita, invece si sono perse l’etica e la lungimiranza. Non credo che lo rifarei, preferisco fare politica nel privato, dando il buon esempio da cittadina.
C’è un obiettivo lavorativo che le piacerebbe raggiungere?
Il musical. Mi piacerebbe cimentarmi nel canto e nel ballo, tenendo conto naturalmente che non sono cantante e ballerina, e poter mostrare un’immagine diversa, ironica, buffa. Spesso gli altri vedono in me una donna molto sicura, mentre in realtà ho molte fragilità e insicurezze.
La conduzione televisiva non le manca?
Sì, devo dire che mi avrebbe fatto piacere avere qualche occasione in più, anche per programmi meno impegnativi di Chi l’ha visto?, che è stata comunque un’esperienza meravigliosa. Tornando a quello che dicevamo prima, a me piace parlare con la gente, cerco il confronto, e la conduzione ne offre la possibilità perché ci sono gli ospiti, si può immaginare il pubblico dietro la telecamera, si possono esprimere pensieri. Oggi mi rendo conto che la televisione è molto cambiata, ma, come si dice, Never say never!
Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dà al concetto di ribellione?
La ribellione è cercare di portare avanti se stessi al di là delle imposizioni dall’esterno. Ci si ribella al sistema: io sono, io penso, io dico, ribellarsi è dichiarare di essere se stessi. Mi ribello a quello che non trovo giusto, per me e per gli altri, nell’ottica del rispetto sociale, mi ribello alla vendita delle armi e allo sfruttamento minorile, e di conseguenza la mia vita sarà vissuta in accordo con queste idee.

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