BITS-CHAT: Un pianoforte in volo nei teatri italiani. Quattro chiacchiere con… Enrico Giarretta

Lo chiamano “il cantaviatore”: quando non suona il pianoforte è al comando di un aereo e quando non sta solcando i cieli nella cabina di pilotaggio ha le dita impegnate sui tasti bianchi e neri. Enrico Giaretta da anni divide così la sua vita, tra la passione per il cielo e quella per le note.
Entrambe lo hanno portato lontano, la prima nel vero senso della parola, la seconda con la mente, ma muovendo addirittura la stima di Paolo Conte, che lo ha definito un “erede”. Dal 15 aprile scorso, Giaretta è impegnato in veste di opening act nella tournée acustica di Jack Savoretti nei teatri italiani. Poi sarà la volta di imbarcarsi su un nuovo album
Enrico Giaretta
Dal 15 aprile sei impegnato nella dqte italiane dell’Acoustic Night Live di Jack Savoretti: qual è lo stato d’animo?

Lo stato d’animo è quello delle grandi occasioni: tensione, come è giusto per uno spettacolo del genere, oltre a un grande rispetto. Sono un pianista che vive sullo strumento da circa 40 anni, nonostante ciò, l’idea di affrontare teatri tra i più prestigiosi in Italia mi crea uno stato d’animo di euforia misto a solitudine e malinconia, un insieme di sensazioni che trovano il loro naturale profilo nella forma della musica che è secondo me una sensazione per definizione. Come dicevo, grande rispetto che devo soprattutto a Jack che ha accettato di offrirmi il suo pubblico, gentilezza rara di questi tempi tra artisti. Ci tengo a dire che Jack Savoretti, oltre ad essere un grande artista, è anche un uomo di altri tempi, capace di farsi voler bene a prescindere. La nostra è un’amicizia iniziata da poco tempo che spero abbia seguito in futuro al di là del palcoscenico.

Come si è concretizzata questa collaborazione?
La nostra collaborazione si concretizza proprio da questo incontro amichevole avuto in auditorium al Parco della Musica di Roma, dove ho accompagnato Jack al pianoforte in alcuni suoi brani. Ci siamo trovati subito, credo che anche il suo pubblico abbia gradito, oltre a tutto lo staff di management e discografico. Dopo qualche tempo è arrivata la proposta di partecipare a questo tour acustico come ospite. Sono certo ci divertiremo molto.

Il tour si svolge nei grandi teatri italiani, alcuni dei quali con una grande storia alle spalle: tra quelle in programma c’è una data che aspetti con particolare curiosità?
Nei grandi teatri si ha sempre come una sensazione di irriverenza per tutti i fantasmi che hanno frequentato quei palcoscenici: uno su tutti, per quanto mi riguarda, il Teatro dell’Opera di Roma. Pochi lo sanno, ma da giovane, ho frequentato la scuola di danza per 8 anni. In quei tempi si parlava solo di danza classica e il Teatro dell’Opera era per noi una lontana visione irraggiungibile. Ci sono arrivato in qualche altro modo, in fondo sempre di danzare si tratta: anche tra le dita si nasconde agilità leggerezza ed eleganza.

Cosa suonerai?
Suonerò un’anteprima del mio prossimo disco in uscita, Alphabet, mescolando i vari temi in una improvvisazione strumentale, solo piano. Ho scoperto un nuovo modo di fare musica, poggiando le dita sulla tastiera e cercando nuovi colori armonici al di fuori di qualunque schema. Nel jazz lo chiamano free jazz, di cui Ornette Coleman è stato tra i maggiori esponenti: nel mio caso, che il jazz l’ho sempre solo sognato e poco praticato, potrei chiamarlo free classic, provenendo io dalla classica. Una cosa è certa, “free” è la parola che più mi rappresenta in quanto sono sempre stato uno spirito libero, anche troppo. Libero dagli schemi, libero nel tempo e nella forma. Magari prima o poi farò un album con questo titolo, che mi affascina nel suo più profondo significato.
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L’impegno con il tour ti terrà lontano dai cieli?
Sicuramente il tour mi terrà con i piedi per terra per un periodo, ma la testa volerà molto in alto, tra le note. Il modo migliore per volare è con le immagini che puoi crearti da solo, puoi dipingere qualunque orizzonte o tramonto molto meglio con la fantasia piuttosto che nella realtà. Per quanto riguarda il volo reale, potrò riprendere le mie scorribande aeree subito dopo maggio, approfittando anche del bel tempo primaverile per qualche gita fuori porta. Il volo di linea per ora non fa più parte della mia vita, in futuro vedremo. Come cantava Dalla, “chissà, chissà domani… su che cosa metteremo le mani”.

Come accennavamo, presto uscirà anche il tuo nuovo album, Alphabet, che sarà pubblicato da Universal: puoi già anticipare qualcosa al riguardo? Il titolo, per esempio,a cosa fa riferimento?
Il mio nuovo disco avrebbe potuto chiamarsi True, inteso come verità totale. Suono un pianoforte di quasi 100 anni microfonato in ogni sua parte, compreso lo sgabello che a volte cigola, compresi i tasti che rumoreggiano sotto le mie dita, compreso il mio fiato che si fa più intenso nelle fasi musicalmente più colorate. Ho voluto offrire all’ascoltatore tutto me stesso e tutto lo strumento con la sua storia, uno Steinway & Sons che ha passato due guerre mondiali ed è arrivato fin qui, vivo più che mai. Tutto quello che c’è è totalmente improvvisato. Proprio da quelle improvvisazioni, mi sono “ritagliato” dei temi musicali che credo porterò con me per sempre.

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Dopo la data di apertura al Teatro Ponchielli di Cremona il 15 aprile, l’Acoustic Nights Live di Jack Savoretti proseguirà con questi appuntamenti:
16 aprile 
– Teatro Dal Verme – Milano; SOLD OUT
18 aprile – Teatro Goldoni – Venezia; SOLD OUT
19 aprile – Teatro dell’Archivolto – Genova;
20 aprile – Teatro dell’Archivolto – Genova; SOLD OUT
21 aprile – Teatro dell’Archivolto – Genova;  SOLD OUT
21 maggio – Teatro dell’Opera – Roma;
22 maggio – Auditorium Manzoni – Bologna; SOLD OUT
23 maggio – Teatro Alfieri – Torino;
25 maggio – Teatro Verdi – Firenze;
26 maggio – Teatro Regio – Parma;
28 maggio – Teatro Filarmonico – Verona; SOLD OUT

BITS-CHAT: Sotto un cielo di note azzurre. Quattro chiacchiere con… Enrico Giaretta

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Per lui è stato coniato il termine di cantaviatore, ovvero un artista che divide la sua musica con la passione per il cielo e gli aerei. Enrico Giaretta alterna infatti i tasti del pianoforte ai comandi dell’aereo, essendo anche a tutti gli effetti un comandante di Alitalia.
Lo scorso 21 maggio è stato tra i protagonisti di Piano City Milano, il grande evento dedicato alla musica pianistica, durante il quale ha tenuto un concerto in cui, accompagnato da un coro di bambini, ha presentato anche l’Inno degli Amici cucciolotti e Black Rhino, il primo brano per bambini appositamente composto da Paolo Conte per sensibilizzare i più piccoli all’amore per gli animali.

E mentre le sorti di Alitalia tengono tutti con il fiato sospeso, Giaretta continua a solcare i cieli del mondo e quelli immaginari delle note, facendo tesoro delle parole che un giorno proprio Paolo Conte gli ha riservato.
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La tua carriera si divide tra la passione per il pianoforte e quella per gli aerei, ma quale delle due è arrivata per prima nella tua vita?

Assolutamente la musica, credo sia arrivata quando ancora dovevo nascere. Mia mamma passava le giornate ascoltando Mozart, Verdi, Beethoven a volumi da stadio. Praticamente “condivideva” già allora con tutto il quartiere, e con me, nella sua pancia. All’età di 18 anni, ho scoperto gli aerei con il mio primo volo durante il servizio militare. Da allora ancora cammino guardando le nuvole. La mia testa è sempre li.

Quanto è difficile essere un “cantaviatore”, cioè dividersi tra due mondi così diversi?
Difficilissimo. I miei programmi di lavoro tra musica e volo sono schedulati al minuto. Non posso permettermi di perdere 10 minuti su un divano a guardare la televisione, ad esempio. La cosa che mi fa “soffrire” maggiormente è che circa 20 giorni al mese, dormo lontano dai miei figli e da mia moglie, nonché l’impossibilità di dedicare un pomeriggio per raggiungere il resto della famiglia divisa tra Latina e Civitavecchia. In particolare mia nonna, per la quale nutro una passione totale.

Quale dei due percorsi è stato più complicato da seguire? E quale invece ti ha riservato sorprese o soddisfazioni più grandi?
Per diventare un musicista ci vuole una vita. Una vita. Non si può intraprendere questo percorso in età adulta, per molti motivi sia cognitivi che muscolari e di apprendimento. Bisogna iniziare da giovanissimi, altrimenti si perde il treno e tutto va rimandato alla prossima vita. Per diventare pilota professionista, ci vuole una grandissima passione e tenacia, ma come nel mio caso si può iniziare anche a 40 anni. In 5 anni sono diventato pilota di linea e ho già volato 3 aerei completamente diversi. Dal P180 di K-air (compagnia di aerotaxi, ndr) al formativo ATR72 di Mistral Air, compagnia fondata da Bud Spencer, fino ad arrivare, con una selezione rigidissima, in Alitalia Cityliner su Embraer 190. Portare a spasso 50 tonnellate e oltre 100 passeggeri è un’emozione indescrivibile e una grande responsabilità. Ci vuole un grande rispetto per questo lavoro.

Mi piace molto il titolo del tuo ultimo lavoro, Scalatori di orizzonti: chi sono per te oggi, gli scalatori di orizzonti?
Così come dice il testo del brano che dà il titolo all’album, i veri scalatori di orizzonti sono i bambini, e per bambini si vuole intendere i bambini da zero a cento anni, così come recita lo slogan degli Amici Cucciolotti, la collezione di album e figurine per la salvaguardia degli animali. Loro, gli scalatori di orizzonti, sono stelle colorate che ci insegnano il cammino e anche il punto più lontano può sembrarti, più vicino. Grazie a Marcello Murru, che ha scritto questo brano insieme a me.

L’intero progetto, a cominciare dall’Inno degli Amici cucciolotti, è volto alla sensibilizzazione dei bambini all’amore per gli animali: cosa ti ha spinto ad abbracciare questa causa?
La grande amicizia con Dario Pizzardi, creatore di questa fantastica collezione, eticamente alta, didattica e fatta con estrema sincerità e purezza nei confronti dei giovani lettori e degli animali. Il grande amore per gli animali, spesso vittime indifese di noi umani, a volte distratti e poco sensibili al loro bisogno di attenzione. Gli animali, loro, ci amano a prescindere dalla nostra condizione economica, sociale, fisica e sono disposti a dare la loro vita per noi.
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Se ti dico “Paolo Conte”, cosa rispondi?
Un uomo e un musicista di altri tempi. Una classe senza eguali. Generoso ed umile. Un giorno, ascoltando un brano da me scritto, Paolo Il Ferroviere, mi ha donato una frase, “Finalmente ho trovato un allievo”. Credo si sia pentito di averla detta dopo qualche minuto, ma ormai era troppo tardi, lo avevo già detto a tutti! Sono onorato della sua amicizia.

Facciamo un piccolo gioco: pensa a cinque città in cui sei atterrato per lavoro, e che ti hanno lasciato un ricordo particolare, e prova ad associare ad ognuna un brano musicale, tuo o di altri artisti.
Aeroporto di Victoria Falls, Africa. Il brano La fabbrica delle nuvole, uno dei brani a cui sono maggiormente legato, avendolo composto in uno dei miei numerosi viaggi in Africa, non da pilota ma da musicista. Mi ricorda Piero Wonger, un mio caro amico che mi ha fatto conoscere e girare il mondo facendo concerti ovunque.
Aeroporto di Noi Bai, Hanoi. In quel viaggio scrissi Roma Saigon. Toccai con mano la grande sofferenza di una guerra assurda, come del resto tutte le guerre lo sono.
Aeroporto di Milano Linate, una città meritocratica, che mi ha dato artisticamente molto. Il brano, “Quando Quando” di Pino Daniele, lo suonai con lui e Califano, in un concerto dove ci aveva invitato. Da allora lego a Milano quel brano e quel ricordo fantastico.
Aeroporto di Roma Fiumicino, il brano Roma nun fa la stupida stasera. Ogni volta che atterro a Fiumicino, vedo il ritorno a casa da mia moglie Carmela alla quale una volta ho dedicato questa fantastica canzone di Armando Trovajoli. Atterrando a Fiumicino inoltre passo sopra Civitavecchia. Li è sepolta mia mamma. Ci penso ogni volta che atterro.
Infine, aeroporto di Havana, Cuba. Li sono stato varie volte. Ho scritto un brano, in casa di Chucho Valdes, grazie a Edoardo Piloto, altro grande musicista. Si intitola semplicemente Havana. Devo dire che ho sempre avuto una grande fantasia per i titoli…

Allontanandoci un po’ dalla musica, che aria si respira in questo periodo nei corridoi di Alitalia?
Un’aria triste, qui c’è gente che ha dedicato una vita all’Alitalia. Un’aria di grande professionalità. Tutti nonostante il momento difficile passano giornate sui libri per aggiornamenti di rito che riguardano il personale di terra e di volo. Un’aria di passione e di speranza per tutte quelle persone che senza questo lavoro sarebbero perse. Comunque anche un’aria di speranza e di forza. Un’aria tersa, dove molte cose sono divenute più chiare, meno piacevoli, ma alla luce del sole è più facile orientarsi e guardarsi negli occhi. Capirsi, per ripartire insieme sotto un’altra luce.

Quali sono le emozioni a pochi giorni dal concerto in occasione di Piano City Milano?
Vivo la musica come una cosa naturale, nonostante ciò affronto ogni concerto con lo stesso terrore. Poi dopo i primi applausi mi rilasso, e do il meglio di me. Non mi risparmio mai, consegno tutto me stesso nelle mani di chi mi ascolta, consapevole che il mio pubblico sa manipolare i miei colori, con grande cautela e attenzione. Loro non seguono mode ne cliché. Io non li tradirò e loro non mi tradiranno. Un patto fatto di note azzurre.

Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione?
Il concetto di ribellione ha infinite chiavi di lettura. Ho sempre letto la ribellione in chiave di ” tenore”, da qualche anno l’ho trasposto in chiave di ” Do”. Apparentemente con un approccio più istintivo ma pieno di insidie e di colpi di scena. Sarà forse per i tagli addizionali che certe note richiedono… Scusate la metafora musicale.