BITS-RECE: Comete, “Lividi”. Maledetto cuore, benedetta notte

BITS-RECE: Comete, “Lividi”. Maledetto cuore, benedetta notte

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.

E siamo stati tante cose messe insieme male
Forse non siamo stati disegnati bene
Come un grande quadro in un museo un po’ vuoto
Dove non passa nessuno 

E siamo stati lampi e tuoni
In mezzo a temporali estivi
Che durano poco vanno via veloci
Ma fanno i peggio casini
(da “Lampi e tuoni”)

Quanto sarebbe più leggera, più lieve, la vita se il cuore non ci si mettesse sempre a complicare le cose? Quanto potremmo stare meglio? Ce lo diamo sempre…

Ma senza tutte quelle meravigliose complicazioni saremmo davvero più felici? Senza considerare che, senza le turbolenze del cuore, i cantautori sarebbero pressoché disoccupati e noi avremmo molte meno canzoni d’amore con cui farci compagnia.

E che dire della notte, quella fetta del giorno così magica e misteriosa, in cui tutto, oltre che più silenzioso, si fa più lento e più piccolo. È proprio quello il momento in cui noi siamo davvero “noi”, il momento in cui ci parliamo con più sincerità, e in cui molte delle cose che pensavamo di esserci lasciati alle spalle si ripresentano nitide davanti a noi.

Ecco, senza la tribolazioni del cuore e senza l’abbraccio paziente e consolatorio della notte probabilmente non ci sarebbero stati nove capitoli di Lividi, il nuovo album di Comete. Un disco in cui il cantautore ha raccolto nove istantanee di vita “scattate” nel corso degli ultimi due anni.

Come è facile intuire, si tratta perlopiù di immagini dipinte con toni in minore, elaborate tra ricordi nostalgici, riflessioni sugli errori commessi, storie che hanno preso destini insperati, qualche rimorso, qualche rimpianto. O anche solo una passeggiata in una sera di primavera, quando è maggio, ma la felpa ci sta ancora bene.

“Oggi è davvero un bel giorno è uscito pure il sole
Di quelle giornate che voglio soltanto cantare
E se ti penso lo so che poi ti voglio sentire
E se ti voglio sentire poi ti voglio abbracciare
E poi ti voglio mangiare
sì, come la cena di Natale”
(da “Peccato!”)

Quella di Comete – al secolo Eugenio Campagna – è una poetica crepuscolare, illuminata da bagliori tenui e gentili.
Da una parte ci sono i racconti dei dolori del cuore e della mente, dei lividi che la vita senza volerlo ti lascia addosso, ma in fondo c’è uno spazio aperto alla speranza, alla voglia di tornare a sorridere.

Perché se la notte è fatta per guardarci dentro e per fare la conta di tutte le botte prese, è anche vero che la vita ci aspetta dopo, alla luce del sole.

“Oggi è stato un giorno senza senso
Di pioggia di rumori e con un nodo nella gola
Stretto, stretto, stretto, stretto, stretto
Pensavo di morire poi invece è tornato il sole”
(da “Lividi”)