BITS-RECE: Rodolfo Montuoro, Voices. L’eterna potenza della voce

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
Rodolfo-Montuoro_Voices
Farinelli 
voce regina, recitava il titolo di un film degli anni ’90 dedicato al più famoso sopranista della nostra storia. Voce “regina” perché assoluta protagonista di un gioco di virtuosismi che puntava a conquistare note sempre più in alto.
Altrettanto regina, anche se con tutt’altra intenzione, è la voce di Rodolfo Montuoro, al centro del suo ultimo lavoro, Voices, per l’appunto, il primo dopo ben sette anni. Un disco che, a dir la verità, ha due protagoniste sulla scena, ognuna delle due rafforzata dalla presenza dell’altra: voce e musica. Parola e suono, potere atavico e slancio sperimentale.

Non c’è un genere musicale in Voices, ci sono semmai installazioni sonore vicine ora all’elettronica, ora al rock progressivo, ora all’avanguardia armonica, e dentro ognuna di esse c’è l’incanto eterno della voce di Montuoro che si leva profetica, a tratti incerta, con melodie appena accennate, inspiegabilmente magnetica e seducente nel suo cantomuto; a rivestirla, un’aura atavica, oracolare, magica, incantatrice. Quello che Montuoro materializza sotto i nostri occhi è l’incontro tra anima e suono, o – per dirla come gli antichi greci, padri della filosofia – psichè e phonè.

L’apertura di Fall City, narrata dalla voce di Roberto Pedicini (avete presente la voce del protagonista di American Beauty) rimanda ovviamente al mondo di David Lynch e funziona da poetico manifesto programmatico: in un mare di citazioni più o meno esplicite, ecco concretizzarsi il confronto tra immagine e suono, la prima destinata a svanire, il secondo fatto per restare. Ed è proprio questa l’importanza della voce, vera impronta di identità.
A questo punto il percorso tessuto da Montuoro prende davvero il volo: tradizione e sperimentalismo si rincorrono facendo incontrare elettronica e cornamuse, archi e sintetizzatori, il doudouk, il mandolino, la diruba. E la parola scava, incessante e leggera, carica della sua potenza.
Sfondi sonori onirici e visionari a sostenere la profondità della voce, che scava fino ai significati più ancestrali dei suoni, i significati si riflettono sui significanti, insieme a simbolismi e costruzioni ermetiche: nei testi, i riferimenti alla storia e all’attualità non si contano e si confondono tra Africa, declino dell’Occidente, riprese bibliche (in Samael Montuoro risveglia una delle figure demoniache più misteriose e ignorate), distrazioni digitali.

In una fascinazione senza tempo.

Evoluzioni: il minimalismo per basso e voce di La bocca

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Un progetto all’insegna del minimalismo. Anzi, sarebbe meglio dire dell’essenzialità, perché qualche volta il minimalismo viene confuso con la povertà.

Il progetto di La bocca è invece ricchissimo, di stimoli e di suggestioni.
A dargli forma dal 2013 sono il bassista e cantante Gian Franco Riva e la cantante Alessandra Lancini.
Basso e voce, questa è l’anima di La bocca, a cui vanno talvolta ad aggiungersi apporti diversi (piano Kawai, Wurlitzer, rhodes Mark, melodica Horner, glockenspiel, sintetizzatori, una tromba). Dopo l’esordio con l’album Due, il duo è recentemente tornato con il secondo Lavoro, Evoluzioni, “non da intendersi come trasformazioni o miglioramenti, ma come necessità di sperimentare traiettorie e percorsi differenti, cercando e creando nuove forme e figure. Le corde del basso diventano allora quelle di un’altalena (simbolo scelto per la copertina del disco) per lanciarsi lontano dalla routine quotidiana o per cullarsi sospesi tra sogno e realtà”.
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Otto tracce inedite e due personalissime rivisitazioni
di The killing Moon degli Echo & the Bunnymen e Never Let Me Down Again dei Depeche Mode, per un album che viaggia tra jazz, swing, pop e addirittura dance, senza mai snaturarsi e mantenendosi fedele alla sua natura essenziale. Alla produzione è arrivato Sergio Sgrilli, noto al pubblico per gli sketch comici a Zelig, ma anche musicista, rimasto colpito dal primo lavoro del duo. 

La musica di La bocca vive nei suoi dettagli, nelle pause, nei sussurri e negli abbracci delle voci, nelle vibrazioni nude e ruvide di una corda di basso.