“Muro”, RBSN e Marco Castello tra il jazz e la Sicilia

Dall’incontro tra RBSN e il cantautore Marco Castello è nato qualcosa di magico: si intitola Muro, anche se il suo destino sembra più quello di unire che di dividere.

Un botta e risposta sfaccettato di blues, tra chitarre feline e un piano rhodes vellutato, in cui l’anima riflessiva di RBSN e quella ironica di Marco Castello danno vita a un affascinante intreccio sonoro e poetico.

Nata tra le jam di una sessione di registrazione intima e comunitaria in una casa sugli scogli a Scilla nel novembre del 2022, Muro rappresenta la fusione tra due mondi creativi unici, tra un’anima forgiata da un respiro musicale internazionale e anglofono e un cuore ancorato in Sicilia: un mix sonoro influenzato dal nuovo jazz made in Uk e dall’elettronica contaminata dei club di Londra e Leed, raffinato anello di congiunzione tra la scena psych/soul italiana e quella oltreconfine e che al tempo stesso fa propria quella freschezza e l’immediatezza comunicativa del mondo pop.

Muro è la prima uscita discografica di ODD Clique, giovane collettivo nato a Roma per celebrare e diffondere ovunque la sua ricca scena musicale dal respiro internazionale.

Muro è disponibile anche in uno speciale vinile, insieme a un’altra traccia, fruibile in anteprima nel formato fisico. Una canzone diversa eppur complementare, il suo ideale lato B: Babanero.

Qui il link per l’acquisto del vinile.

An old fool
Or a friend in disguise
You say you’re hurt
Well brother
So am I
Where have you been
accusi è o stissu
Whatever you say
Ci riss u craunaru
What is that you seek
Non ci ricemu nienti e si la cantare
Is this Love you feel?
Facemu accussi
Or is it pain?
I liccumarei
How long will it take?
Su tutti li toi
To stop being the same
E li camurrie
Do you remember?
sulu cazzi mei
Find the empty space
Parru cu ttia
E parru co muro
Cuteddu ca nun tagghia
E pani ruru
Iaddu ca canta quannu fa scuru
Nun s’abbaia ca minchia ro pupo
ucca non parra
I Was feeling alone
Si chiama cucuzza
I think I’m at peace now
Sarausana iè
I was catching a vibe
Santa Luciuzza
But i ain’t got the money
Quanti ni sai
And I ain’t feeling alright
E Quanti ni voi
I think that i’m leaving
U sciecco è cunnutu
alone in the rain
Rissi lu voi
Why am I so Strange ?
Faremo accussi
Do you wanna comply?
I liccumarei
with a different disguise
Su tutti li to
You say i talk too hard
E li camurrie
that i took it too far
Sulu cazzi mei
still i get shit done
Is this Love you feel?
Facemo accussi
Or is it pain?
I liccumarei
How long will it take?
Su tutti li to
To stop being the same
E li camurrie
Do you remember?
Sulu cazzi mei
Find the empty space
Maddiri chibboi
I didn’t know you back then
Ava ameni
But i know you by now
Sempre ammanzu e vai
and i’d still take the blame
Vengniu cu ttia
perhaps she was right
E te ne vai?
I ain’t got shit to say

Swing, orchestra e brillantina. Achille Lauro inaugura il “1920”

Big party, paillettes, black swing, gessati, Chicago, vecchi Gangster italo-americani, Rodolfo Valentino… Dopo gli sfoghi punk-rock di 1696 e il tributo alla dance di 1990, Achille Lauro sorprende ancora e si fionda dritto negli anni ’20 per quello che viene ufficialmente pubblicato come un side project, ma nella realtà è l’ultima tappa di un sensazionale percorso musicale come in Italia non se ne vedano da tempo.

1920 – Achille Lauro & The Untouchable Band prende ispirazione dal desiderio di leggerezza nato durante il Proibizionismo dei primi anni del ‘900 e dalle atmosfere musicali che proprio in quegli anni hanno trovato le loro radici.
“Gli anni ruggenti, li chiamano. I roaring Tweenties raccontano un’epoca di liberazione, sfogo, reazione, evoluzione. Sono gli anni del primo dopoguerra, della fine dell’influenza spagnola, di una breve e meravigliosa parentesi in cui l’umanità ha trovato sconsolato riparo. Come un sogno, gli anni ’20 sarebbero svaniti presto, ma si sarebbero portati dietro il dolceamaro della nostalgia.”


Otto tracce, tra brani inediti e riedizioni in pieno ritmo jazz anni ‘20, un dialogo tra passato e presente, l’improvvisazione più ricercata. Cover, come My Funny Valentine, Tu vuò fa’ l’americano e Jingle Bell Rock; inediti, tra cui Piccola Sophie, Pessima e Chicago; riedizioni, come Cadillac 1920 e Bvlgari Black Swing. Achille Lauro aggiunge al progetto la collaborazione di importanti artisti del panorama musicale italiano: Gigi D’Alessio, colonna portante della musica italiana; Izi e Gemitaiz, affermate star del mondo urban; Annalisa, ormai al fianco di Achille Lauro dall’incredibile esibizione sul palco dell’Ariston e nella rivisitazione di Sweet Dreams.
E proprio il nuovo duetto con Annalisa in Jingle Bell Rock è il primo singolo estratto.

In 1920 – Achille Lauro & The Untouchable Band Achille Lauro si reinventa ancora una volta dedicandosi anche alle partiture per l’orchestra e per i cori: “Sono tornato completamente cambiato da questo viaggio negli anni ’20. La mia concezione di fare musica è sconvolta, tutto ciò che pensavo prima si è capovolto. Inizialmente mi concentravo solo sulla mia ossessione di seguire da vicino tutti i minimi dettagli del lavoro; oggi, grazie a questa trilogia ‘69 – ‘90 – ‘20, ho capito che è stato tutto solo l’entrée di quello che sto per proporre”.
Il progetto è per l’artista la prima esperienza di produzione di un intero album live, realizzato con la Untouchable Jazz Band, guidata dal Maestro Dino Plasmati. Partecipazioni d’eccezione, quali quella del maestro Israel Varela alla batteria, o del maestro Flavio Boltro alla tromba, impreziosiscono la già favolosa performance della LJP Jazz Band, che vanta eccellenti musicisti della tradizione jazz e swing.

Un’orchestra di ottoni, piano, chitarre e bassi colora il black and white anni ‘20, un party alla Grande Gatsby, interamente dal vivo, che unisce alla tradizione della musica jazz l’esperienza di una band di musicisti dal valore artistico unico e l’estro folle dell’artista più discusso degli ultimi anni, che questa volta adatta a sua immagine una big band, scrive parti e dirige un quartetto di coristi.

Il progetto sarà raccontato da Achille Lauro lunedì 14 dicembre, ore 19:00, durante l’evento Feltrinelli Live, lo spazio digitale di laFeltrinelli che ospita i protagonisti della musica e della letteratura nel proprio spazio digitale. Chi acquisterà 1920 – Achille Lauro & The Untouchable Band su lafeltrinelli.it, IBS.it e i punti vendita laFeltrinelli entro il 14 dicembre, otterrà infatti il codice per accedere e assistere a un incontro esclusivo di 45 minuti con l’artista, con anche la possibilità di chiedere qualche curiosità sul nuovo progetto.

“Fodder On My Wings”, l’album di Nina Simone disponibile in digitale. A maggio in CD e vinile


Registrato nel 1982, poco tempo dopo il trasferimento dell’artista a Parigi, Fodder On My Wings è stato uno degli album più amati da Nina Simone, ma anche uno dei meno conosciuti. Registrato in origine per una piccola etichetta francese e difficilmente reperibile fin dai tempi dell’uscita, l’album viene ora reso disponibile in più formati.
Si comincia con la pubblicazione, per la prima volta in streaming e download, dei formati digitali standard e hi-res, mentre in maggio seguiranno le versioni in CD e vinile. Il tutto sotto l’egida del prestigioso marchio Verve.
L’album originale è ulteriormente arricchito grazie all’aggiunta di tre rare bonus track che provengono da una seduta di registrazione francese del 1988.

Capitolo poco noto ma fondamentale della vicenda artistica e umana di Nina Simone, Fodder On My Wings contiene canzoni profondamente autobiografiche, come I Sing Just To Know That I’m Alive e I Was Just A Stupid Dog To Them, così come una bruciante improvvisazione verbale dedicata alla morte del padre sulle note di Alone Again (Naturally) di Gilbert O’Sullivan (unica composizione non originale dell’album).
All’epoca della registrazione, Nina viveva in Francia sola e isolata: il suo disagio mentale peggiorava, e la sua vita familiare era in frantumi. È in questo contesto che è nata una delle gemme del disco, Fodder in Her Wings (dal titolo quasi uguale a quello dell’album).

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Così come Pitchfork ha dichiarato nel parlare delle 33 canzoni più significative di Nina Simone, la composizione “cattura con sorprendente profondità il dolore di quei giorni: su quel brano Nina ritornerà più volte in seguito, a partire a una versione (con ampio uso di elettronica) registrata in studio tre anni più tardi per l’album Nina’s Back!, per seguire con performance dal vivo apparse in più album, fra le quali la travolgente versione apparsa in Let It Be Me, nel 1987.”

Nel corso degli anni, l’album è stato rivalutato come opera fondamentale nella ricca discografia di Nina Simone. In una recensione del 2005, Jazz Times elogiava il disco, scrivendo: “Al culmine dell’album c’è un raro, poderoso esempio di Nina Simone a cuore aperto: il suo dolore viene in superficie ed esplode nel reinventare e trasformare Alone Again (Naturally) di Gilbert O’Sullivan in un’invettiva a suo padre morente, che gradatamente (e con coraggio) evolve da velenosa amarezza in cauta conciliazione.”

Registrato in un periodo in cui Nina si sentiva rinvigorita dalle persone di cui si circondava, in particolar modo dagli artisti africani che stava incontrando in Francia, Fodder On My Wings è un album fondamentale di Nina Simone, a lungo atteso e d’ora in poi di nuovo ascoltabile ovunque.

Questa la tracklist:
1. I Sing Just To Know That I’m Alive
2. Fodder In Her Wings
3. Vous êtes seuls, mais je désire être avec vous
4 Il y a un baume à Gilhead
5. Liberian Calypso
6. Alone Again (Naturally)
7. I Was Just A Stupid Dog To Them
8. Color Is A Beautiful Thing
9. Le Peuple en Suisse
10. Heaven Belongs To You
11. Thandewye
12. Stop
13. They Took My Hand

“Gaia, il pianeta blu”, il canto d’amore per la Terra di Francesca De Mori


Questa è la storia di un video pronto a uscire prima che un virus invadesse la nostre quotidianità, togliendoci anche le più semplici abitudini, compresa quella di un abbraccio o di una giornata passata al sole di inizio primavera.
Ma questa è anche la storia di un brano che in un momento tanto critico vuole essere un manifesto di amore per la Terra, in tutta la sua delicata e preziosa varietà.
Gaia, il pianeta blu è il nuovo singolo estratto da Archetipi, ultimo lavoro di Francesca De Mori, pubblicato lo scorso ottobre.

Artistica eclettica e da sempre alla personale ricerca di nuove forme sonore, Francesca De Mori affida al sofisticato incontro del pop e del jazz il messaggio raccolto nel suo ultimo singolo, prodotto insieme a Daniele Petrosillo, autore anche di testo e musica.

“Gli eventi mi hanno portato a pensare che forse non era il caso che forse non si doveva “disturbare” un momento così delicato come questo che ci ha colpiti, a livello globale, con un video. Ho ripetutamente rimandato l’uscita, all’inizio fissata sul primo marzo. Osservando gli eventi, invece, ho compreso che posso solo testimoniare questo momento. Non posso rinunciare a un qualcosa che è successo per pura coincidenza. Così il video di “Gaia, il Pianeta Blu” arriva anche a voi con queste immagini, in un momento in cui tutti noi abbiamo bisogno di musica, bellezza e amore”.

“L’arte si pone sul crinale immaginifico, visionaria, in anticipo, ci domanda, ci informa. Lasciamo che innondi i nostri profili che non smetta di essere, in tutte le sue forme, le energie del collettivo vanno sostenute. Sono giorni spaventosi ma la speranza è forma vitale. Un animale lotta fino alla fine secondo natura e la nostra natura è divina e dunque naturale al tempo stesso.
Noi siamo in Gaia, il pianeta Blu, non siamo scissi. Non permettiamo alla paura di affossarci. Pensandoci in lei, possiamo chiederle di insegnarci il modo di ritornare alla vera economia, all’abbondanza, dunque a non vivere separati. Questa distanza che ci viene imposta quanto ci fa soffrire. Con la voce, immateriale presenza vi raggiungo nella stessa materia che ci compone, con il linguaggio universale della musica, che abbatte tutti i muri. Se ti piace condividi il video e porta con te e custodisci le parole di questa canzone e un testimone tu sarai”.

Da Jurassic Park al jazz: nuovo album per Jeff Goldblum


Dopo il buon riscontro ottenuto con l’album di debutto, Jeff Goldblum si allontana temporaneamente dai set cinematografici e annuncia la pubblicazione di un secondo progetto discografico con Decca.
L’annuncio è stato fatto dal palco West Holts del Glastonbury Festival durante la sua esibizione nel pomeriggio di domenica 30 giugno. dove l’attore e musicista è salito sul palco con l’acclamata cantautrice Sharon Van Etten. Jeff ha rivelato di essere stato nello studio di registrazione di Los Angeles con la sua band The Mildred Snitzer Orchestra insieme a una serie di ospiti veramente speciali.

Il carismatico attore hollywoodiano è entusiasta di lavorare al nuovo disco che sarà pubblicato entro la fine dell’anno: “Fare un altro album con gli il fantastico team Decca mi fa letteralmente fluttuare in aria. Spero solo che gli ascoltatori percepiscano quello che ho provato quando abbiamo realizzato il disco – un album esplosivo! È fantastico poter rivelare qualcosa del progetto proprio qui a Glastonbury!”

Dopo le recensioni sulla stampa seguite da esibizioni dal vivo in prestigiosi jazz club e locali a Londra, Parigi e Berlino, Goldblum ha raggiunto con The Capitol Studios Sessions il primo posto della classifica jazz sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti.

Il vicepresidente della Decca Records, Tom Lewis, afferma: “È impossibile non sorridere in compagnia di Jeff Goldblum. Jeff sprigiona fascino e sa renderti felice. Sono così eccitato che Glastonbury abbia sperimentato una dose della sua magia. Siamo rimasti colpiti dall’incredibile risposta a livello mondiale ricevuta dal suo primo album. Il suo è stato un debutto di altissimo livello all’interno del repertorio Jazz dello scorso anno, se non il più grande. Il suo nuovo progetto sarà una vera sorpresa”.

Le alchimie noir degli Apocalypse Lounge


L’esordio del collettivo Apocalypse Lounge è avvenuto sotto l’effetto delle alchimie “doom” del funky. E proprio Funky Doom è il titolo del brano con cui il trio di producer ha scelto di farsi conoscere al pubblico.
Un testo essenziale e ripetitivo, una voce che dà il suo contributo restando in disparte, una base che ricorda il periodo d’oro della Ninja Tune anni ’90: tutto questo è Funky Doom.

Giovanni Succi, già attivo nei Madrigali Magri e nei Bachi Da Pietra e che a questo nuovo progetto presta la voce, così descriveva il brano: “Affacciarsi sul baratro dell’apocalisse con animo danzereccio, rilassati e ben disposti (giusto una vena d’inquietudine), magari con una strizzatina d’occhio. E poi relax, fine del mondo. Tema spinosetto, lo riconosco, soprattutto per un pezzo funky. Eppure, eccolo: dal ‘funky mood’ al ‘funky doom’… alla fin fine sono solo quattro lettere in reverse”.
Giochi di parole, giochi di suoni, alchimie eclettiche, azzardi stilistici.

Creazioni ibride che tornano ora a manifestarsi in forma diversa con Two Guys, il secondo singolo prodotto dal collettivo. E’ sempre Succi a darne la personale visione: “Noir in pillole. Spy Story o piccola paranoia di provincia. Dove ci si conosce tutti, almeno di vista, dove prima o poi ci si incrocia, ci si orecchiano discorsi di passaggio, di sfuggita al bar. Più o meno tutti sai chi sono, hai dato loro un nome o un ruolo. Com’è possibile aver condiviso l’esistenza intera con due individui del tutto sfuggiti a qualsiasi schema, in un buco di città, senza mai intercettarne almeno un indizio, un sintomo di vita? Alieni forse? Sotto copertura? Cyborg? Replicanti? Droni umani? Ci stanno spiando, prendono nota di tutto con quegli occhi fissi. Sanno chi siamo, ci schedano. Dove corrono, senza correre per non dare troppo nell’occhio, perché fanno come se niente fosse. Domande senza risposte. Non ho idea di chi siano quei tizi, così simili che puoi confonderli. Forse siamo solo io e il mio doppio. O forse i primi due cavalieri dell’apocalisse arrivarono a piedi, passeggiando in centro”.

Oltre alla voce di Succi, sulla produzione firmata Apocalypse Lounge ci sono il sax soprano di Antonio Gallucci e gli scratch di Dj Argento.

Solange, “When I Get Home”. Houston, ermetismo e cosmic jazz

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.

Ho ascoltato questo disco più per curiosità che per altro. Dopo A Seat At The Table la fama della più piccola delle sorelle Knowles è andata sempre più crescendo e anche questa nuova prova discografica testimonia la ferma volontà della ragazza di liberarsi dalla sempre incombente ombra di Beyoncé.
Per farlo – o almeno per provarci – Solange mette insieme un disco che più personale di così non poteva fare: un progetto interamente pensato e realizzato da lei, che ne ha curato anche la produzione pur avvalendosi del prezioso aiuto di collaboratori blasonati che portano i nomi di Tyler, the Creator, Gucci Maine e Pharrell, giusto per citarne alcuni.
Ma When I Get Home è un album personale anche perché parte da Houston, per la precisione dal Third Ward, il quartiere dove Solange è cresciuta, e la città ha influenzato ogni singolo brano del disco nelle liriche e nella musica. Una sorta di omaggio all’infanzia e a quello che ne è rimasto.

Da sempre artista con una spiccata attitudine visuale e visionaria, Solange compie mosse da giocatrice ambiziosa in direzione di sonorità urban ermetiche e ostiche al primo ascolto, combinando r’n’b, soul psichedelico, hip-hop e influenze di cosmic jazz. Ma anche la forma del prodotto non ha nulla di scontato: i 19 brani della tracklist occupano infatti solo 40 minuti scarsi di ascolto per la presenza di numerosi interlude e di una durata media delle tracce che non va oltre i 3 minuti.
Nessuna concessione viene fatta in favore di un sound radiofonico, con il risultato che solo chi avrà davvero la voglia di indagare questo album riuscirà ad andare oltre la patina stilosa che lo avvolge dall’inizio alla fine.
Per tutti gli altri c’è sempre Beyoncé.

Tra r’n’b, nu-soul e jazz. Il viaggio di Ainé da Roma all’America, fino a Giorgia

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Ainé
 è nato nel 1991, ma quella che ha alle spalle è un’esperienza già molto variegata, che lo ha portato anche in giro per il mondo.

Animato da passione per la cultura della musica black in tutte le sue declinazioni, Arnaldo Santoro – questo è il nome con cui è registrato all’anagrafe – ha studiato prima al college di musica Saint Luiss e poi all’Accademia di Musica di Roma. Successivamente si è trasferito fino a Los Angeles per frequentare la Venice Voice Accademy, mentre nel 2015 si è aggiudicato una borsa di studio al Berklee College of Music di Boston messa in palio da Umbria Jazz.
Negli stessi anni è stato in tourneè teatrale con Gegè Telesforo, con cui ha anche scritto il singolo Last Goodbye, mentre per il singolo Dopo la pioggia si è guadagnato l’importante featuring di Sergio Cammariere.


Nel 2016 è arrivato il suo album di debutto, Generation One, frutto di una grande ricerca musicale e che vede presenti di ospiti come Ghemon, Gemello e Davide Shorty.

Un curriculum notevole, che dall’agosto 2017 ha acquisito ancora più valore quando Universal Music ha deciso di metterlo sotto contratto: dopo il primo EP Uni-verso uscito lo scorso anno, prossimamente è previsto anche l’arrivo di un nuovo album, già anticipato dal singolo Ormai.
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Tra r’n’b, nu-soul e jazz, la voce di Ainé si sta facendo sempre più sentire nel panorama italiano, guadagnandosi anche la stima e la fiducia dei grandi interpreti: è proprio di questi ultimi giorni infatti la notizia che Giorgia lo ha voluto accanto a sé nella cover di Stay di Rihanna, che sarà contenuta nell’album Pop Heart in uscita il prossimo 16 novembre.
Questo non è però il primo incontro tra i due: nel video di Non mi ami lo ritroviamo infatti al pianoforte.

BITS-RECE: Rose, Moving Spheres. Rotolando lungo il soul

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
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Sulla pagina Facebook di Rosa Mussin, in arte Rose, alla voce “Influenze” si leggono, tra  gli altri, i nomi di Lauryn Hill, Erykah Badu, Amy Winehouse, Aretha Franklin e Ella Fitzgerald. E ad ascoltare le sei tracce del suo primo EP non si può che confermare che quelle influenze ci sono tutte: la lezione imprescindibile di Ella, la voglia di modernità meticcia di Erykah, la passione di Amy.

Moving Spheres, questo il titolo del disco, è infatti un agile concentrato di soul, r’n’b e jazz, con una pacifica corrente di elettronica e chill out che lo attraversa senza fretta. Le contaminazioni fluiscono una nell’altra, e nella sua varietà tutto riesce ad avere un suono omogeneo.

Veneta, classe 1994, Rose arriva alla pubblicazione di questo primo EP dopo diverse esperienze che l’hanno vista all’opera con Mr. T-Bone (Africaunite), Furio (PituraFreska) e Olly Riva (Shandon) e dopo aver calcato diversi palchi italiani e internazionali. Esperienze che le hanno fatto guadagnare quella confidenza con la musica che Moving Spheres mostra con indiscutibile chiarezza.

Love Is Here To Stay: Tony Bennett e Diana Krall rendono omaggio ai fratelli Gershwin

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Tony Bennett
e Diana Krall celebrano il comune amore per la musica di George e Ira Gershwin collaborando nel nuovo album Love Is Here To Stay, in uscita il 14 settembre su etichetta Verve/Columbia Records.

Tony Bennett, che festeggia il 3 agosto il suo 92° compleanno, è amico di Diana da un ventennio. I due sono stati insieme in tour nel 2000 e hanno già registrato alcuni duetti, ma questo è il primo album completamente realizzato insieme.
L’uscita dell’album arriva a ridosso del 120° anniversario della nascita di George Gershwin, che cade il 26 settembre.

Danny Bennett, Presidente e CEO del Verve Label Group comment, ha così commentato il progetto discografico: “Quando Tony Bennett e Diana Krall cantano i brani dei Gershwin, raggiungono il perfetto equilibrio tra la qualità del canto e la consumata maestria del comporre. È una di quelle registrazioni che all’ascolto ti fanno pensare che tutto questo dovesse accadere – si trattava solo di portare questi due straordinari interpreti in studio e metter loro di fronte il songbook dei Gershwin.”

Love Is Here To Stay è stato registrato con il trio di Bill Charlap e il risultato è una delicata e sentita lettera d’amore per la musica dei Gershwin, per il loro esser stati fra i primi creatori della canzone americana.
Tra i duetti, Love Is Here to Stay, S’Wonderful, They Can’t Take That Away from Me e Fascinating Rhythm. Quest’ultima era stata la prima registrazione discografica mai realizzata di Bennett, ai tempi sotto il nome di Joe Bari: ora il pezzo viene rivisitato sotto forma di duetto. Due dei brani affrontati in duo non erano mai stati incisi dai due cantanti, My One and Only e I’ve Got A Crush on You.

L’album sarà pubblicato in CD, vinile, digitale e su tutte le piattaforme di streaming.
The Bill Charlap Trio vede Bill Charlap al pianoforte, Peter Washington al contrabbasso e Kenny Washington alla batteria.

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ph. Mark Seliger

Questa la tracklist:
‘S Wonderful
My One and Only
But Not for Me (Diana Krall solo)
Nice Work If You Can Get It
Love Is Here to Stay
I Got Rhythm
Somebody Loves Me
Do It Again
I’ve Got A Crush on You
Fascinating Rhythm
They Can’t Take That Away from Me
12. Who Cares? (Tony Bennett solo)