“Gaia, il pianeta blu”, il canto d’amore per la Terra di Francesca De Mori


Questa è la storia di un video pronto a uscire prima che un virus invadesse la nostre quotidianità, togliendoci anche le più semplici abitudini, compresa quella di un abbraccio o di una giornata passata al sole di inizio primavera.
Ma questa è anche la storia di un brano che in un momento tanto critico vuole essere un manifesto di amore per la Terra, in tutta la sua delicata e preziosa varietà.
Gaia, il pianeta blu è il nuovo singolo estratto da Archetipi, ultimo lavoro di Francesca De Mori, pubblicato lo scorso ottobre.

Artistica eclettica e da sempre alla personale ricerca di nuove forme sonore, Francesca De Mori affida al sofisticato incontro del pop e del jazz il messaggio raccolto nel suo ultimo singolo, prodotto insieme a Daniele Petrosillo, autore anche di testo e musica.

“Gli eventi mi hanno portato a pensare che forse non era il caso che forse non si doveva “disturbare” un momento così delicato come questo che ci ha colpiti, a livello globale, con un video. Ho ripetutamente rimandato l’uscita, all’inizio fissata sul primo marzo. Osservando gli eventi, invece, ho compreso che posso solo testimoniare questo momento. Non posso rinunciare a un qualcosa che è successo per pura coincidenza. Così il video di “Gaia, il Pianeta Blu” arriva anche a voi con queste immagini, in un momento in cui tutti noi abbiamo bisogno di musica, bellezza e amore”.

“L’arte si pone sul crinale immaginifico, visionaria, in anticipo, ci domanda, ci informa. Lasciamo che innondi i nostri profili che non smetta di essere, in tutte le sue forme, le energie del collettivo vanno sostenute. Sono giorni spaventosi ma la speranza è forma vitale. Un animale lotta fino alla fine secondo natura e la nostra natura è divina e dunque naturale al tempo stesso.
Noi siamo in Gaia, il pianeta Blu, non siamo scissi. Non permettiamo alla paura di affossarci. Pensandoci in lei, possiamo chiederle di insegnarci il modo di ritornare alla vera economia, all’abbondanza, dunque a non vivere separati. Questa distanza che ci viene imposta quanto ci fa soffrire. Con la voce, immateriale presenza vi raggiungo nella stessa materia che ci compone, con il linguaggio universale della musica, che abbatte tutti i muri. Se ti piace condividi il video e porta con te e custodisci le parole di questa canzone e un testimone tu sarai”.

BITS-RECE: Francesca De Mori, Altre strade. Leggero come l'acqua

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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Si presto a dire jazz. Si fa presto a dire contaminazione.
Ci sono casi in cui i confini dell’uno e dell’altra sono così labili, così fluidi che la musica scorre da sola, qualche volta restando in territorio puramente jazz, altre volte espandendosi all’esterno, per diventare quasi pop. Vecchio, e inutile discorso, quello delle etichette di genere, in cui però tendiamo a cadere ogni volta: la cosa migliore sarebbe sempre quella di lasciar fluire tutto, suoni e sensazioni, godendosi il momento.
Prendiamo per esempio Altre strade, nuovo lavoro di Francesca De Mori.
Otto tracce, di cui cinque inedite e tre reinterpretazioni: un disco in cui tutto suona estremamente leggero, diafano, e tutto brilla estremamente vivo. È evidente che alla sorgente ci sia il jazz, ma altrettanto evidenti sono gli innumerevoli sconfinamenti nella canzone d’autore e nel pop. Fosse anche solo per gli spunti.

Se posso osare, jazz nella forma, pop – nella sua più alta accezione –  nello spirito.
La scelta delle cover annovera infatti L’isola di Ornella Vanoni, A che servono gli dei di Rossana Casale e  E ti vengo a cercare di Battiato, quest’ultima particolarmente impreziosita all’inizio da un inserto di archi. Brani che non nascondono un gusto sofisticato, e che fanno incontrare sentieri raramente in contatto tra loro.
Tra gli inediti, a firma di Daniele Petrosillo, esercitano particolare fascino il pezzo d’apertura che dà titolo album, sospeso sulla serena ricerca del sogno, e il commovente Come l’acqua, dedicato alle “anime fragili”.

Tutto è stato pensato e realizzato in italiano con un moto di orgoglio, perché se è pur vero che il jazz parte molto lontano da qui, spesso nei musicisti di casa nostra c’è un po’ troppa sudditanza verso l’estero.
Un disco da lasciar scorrere senza troppi pensieri, in tutte le sue strade.