“Qualche estate fa tornando da una serata con gli amici ho sentito l’improvviso bisogno di urlare fino a sfondarmi la gola, tirando fuori tutto il marciume nel quale mi sentivo immerso. Quella stessa notte, come dentro a un freestyle, mi sono attaccato al piano su cui erano appoggiati i bicchieri ormai vuoti.
Avevo 17 anni, era tutto magico e possibile, ed è nata questa canzone.”
notte vodka è un urlo lacerante che diventa lo strumento per canalizzare una profonda vulnerabilità, provata al suo estremo da un giovanissimo centomilacarie rincasato dopo una notte passata con gli amici, in una sessione solitaria con il suo pianoforte.
E’ un’esperienza condivisa di emozioni universali, un flusso di coscienza che attraverso il graffio della voce e la sequenza di immagini evocate dal testo risuona in chiunque abbia vissuto un momento in cui si è sentito perso.
Dopo essere stato voce coprotagonista insieme a Salmo del singolo di Mace Non mi riconosco, centomilacarie si conferma tra le penne capaci di trovare nuove parole, nuove atmosfere e chiavi di lettura per raccontare un disagio emotivo generazionale, un’angoscia che trova così il suo esorcismo.
Artico vuole raccontare ed esplorare il luogo dove abitano emozioni e sentimenti che si sono congelati perché non possono essere rivelati ad un’altra persona . Un po’ come una condanna, l’Artico traccia una linea dritta, un muro che divide due vite che non potranno mai esistere “insieme”.
Inseguire una chimera significa perseguire sogni irrealizzabili, ma per Kimera è una spinta che guida la sua musica. Una musica creata per rompere l’illusione del sogno, per poter abbracciare la paura e la bellezza che si può trovare solo nei luoghi inaspettati della mente.
Dall’incontro tra RBSN e il cantautore Marco Castello è nato qualcosa di magico: si intitola Muro, anche se il suo destino sembra più quello di unire che di dividere.
Un botta e risposta sfaccettato di blues, tra chitarre feline e un piano rhodes vellutato, in cui l’anima riflessiva di RBSN e quella ironica di Marco Castello danno vita a un affascinante intreccio sonoro e poetico.
Nata tra le jam di una sessione di registrazione intima e comunitaria in una casa sugli scogli a Scilla nel novembre del 2022, Muro rappresenta la fusione tra due mondi creativi unici, tra un’anima forgiata da un respiro musicale internazionale e anglofono e un cuore ancorato in Sicilia: un mix sonoro influenzato dal nuovo jazz made in Uk e dall’elettronica contaminata dei club di Londra e Leed, raffinato anello di congiunzione tra la scena psych/soul italiana e quella oltreconfine e che al tempo stesso fa propria quella freschezza e l’immediatezza comunicativa del mondo pop.
Muro è la prima uscita discografica di ODD Clique, giovane collettivo nato a Roma per celebrare e diffondere ovunque la sua ricca scena musicale dal respiro internazionale.
Muro è disponibile anche in uno speciale vinile, insieme a un’altra traccia, fruibile in anteprima nel formato fisico. Una canzone diversa eppur complementare, il suo ideale lato B: Babanero.
An old fool Or a friend in disguise You say you’re hurt Well brother So am I Where have you been accusi è o stissu Whatever you say Ci riss u craunaru What is that you seek Non ci ricemu nienti e si la cantare Is this Love you feel? Facemu accussi Or is it pain? I liccumarei How long will it take? Su tutti li toi To stop being the same E li camurrie Do you remember? sulu cazzi mei Find the empty space Parru cu ttia E parru co muro Cuteddu ca nun tagghia E pani ruru Iaddu ca canta quannu fa scuru Nun s’abbaia ca minchia ro pupo ucca non parra I Was feeling alone Si chiama cucuzza I think I’m at peace now Sarausana iè I was catching a vibe Santa Luciuzza But i ain’t got the money Quanti ni sai And I ain’t feeling alright E Quanti ni voi I think that i’m leaving U sciecco è cunnutu alone in the rain Rissi lu voi Why am I so Strange ? Faremo accussi Do you wanna comply? I liccumarei with a different disguise Su tutti li to You say i talk too hard E li camurrie that i took it too far Sulu cazzi mei still i get shit done Is this Love you feel? Facemo accussi Or is it pain? I liccumarei How long will it take? Su tutti li to To stop being the same E li camurrie Do you remember? Sulu cazzi mei Find the empty space Maddiri chibboi I didn’t know you back then Ava ameni But i know you by now Sempre ammanzu e vai and i’d still take the blame Vengniu cu ttia perhaps she was right E te ne vai? I ain’t got shit to say
L’amore ai tempi del liceo è quel condimento sui ricordi della vita di ognuno di noi: il primo innamoramento, i primi sentimenti, i primi momenti insieme.
Ricambiato o no, ognuno di noi ha vissuto quel momento ed è proprio la malinconia e il romanticismo di quegli istanti il cuore del nuovo singolo di Mercvrio, che lascia i suoi ricordi in Liceali.
Mercvrio è il progetto musicale da solista di Davide Attili, un normale essere di forma umanoide cresciuto cantando e suonando in gruppi hard rock, metal e free jazz pop indogiapponese nei locali della capitale.
Nato a Roma il 19/9/1991, che se lo si legge al contrario è ancora 19/9/1991, alle ore 19:09, il che accende di mistero questa faccenda del 19 se consideriamo quanto segue: il numero di verso e di capitolo nel Corano in cui un angelo annuncia a Maria la nascita di Gesù è 19:19. Coincidenze? Forse. Il fatto che abbia scelto come nome d’arte il termine romano con cui si indicava proprio la divinità “messaggera” degli dei è ancora una coincidenza? Forse si, forse no, ma ad essere sincero in realtà si. Ma tutte queste coincidenze sommate insieme non fanno forse una prova? Ma una prova di cosa? Tutto rimane ancora avvolto nel mistero.
Cosa ci fa litigare, odiare, dare di matto, dire cattiverie anche se ci si vuole bene?
Spesso è qualcosa che va oltre i singoli episodi della vita, qualcosa che non può essere spiegato tramite la psicanalisi, il carattere o l’oroscopo.
Qualcosa che non capisci anche se provi a risalire alle cause.
Quanta tenerezza fa l’essere umano quando si trova in una situazione del genere? Mentre litiga e odia, con la consapevolezza che – in realtà – ci si vuole bene.
Mentre si avvicina sempre di più il 22 marzo, data di uscita del suo nuovo album, dopo il primo, folgorante incontro in Fosforo, Amalfitano fa nuovamente coppia con Francesco Bianconi per il singolo Tenerezza.
“Ho capito chi sono veramente quando ho smesso di raccontarmi per quello che credevo di essere. Orchestra di silenzi è un invito ad abbandonare l’immagine che abbiamo di noi stessi per aprirci al cambiamento, alla trasformazione e all’evoluzione. Nasciamo partendo da un nucleo meraviglioso e fragile, cresciamo aggiungendo strati protettivi che, nel tempo, si induriscono come roccia. È anche un invito al maschio, figlio sano del patriarcato (di cui mi sento pienamente parte), ad abbandonare l’immaginario dell’uomo forte, stabile, a cui non è concesso aprirsi troppo perché fuori luogo, fuori ruolo.”
Orchestra di silenzi è il singolo d’esordio di Pugni.
gni nota è intenzionale, ogni parola ponderata. Gli echi grunge si intrecciano con il pop in un modo che va oltre la mera fusione di suoni, ma piuttosto si trasforma in un’esperienza narrativa. Le liriche sono dense di significato, mentre la struttura e la voce si svelano come un viaggio emozionale nella rabbia e nella bellezza, sfidando le convenzioni e portando avanti il concetto di autenticità nella musica pop contemporanea.
Il singolo, che anticipa l’album d’esordio dell’artista previsto per ottobre 2024, esce non a caso l’8 marzo.
Racconta il cantautore: “La piaga della violenza sulle donne è spesso uno specchio della violenza, fisica e psicologica, a cui sono stati sottoposti gli uomini durante la crescita. Il patriarcato esercita sul maschio una pressione insostenibile che rischia troppo spesso di esplodere in rabbia e violenza. C’è sicuramente necessità di denunciare, ma anche di rieducare, comprendere e curare. In questo giorno così importante, faccio la mia piccolissima parte dicendo che non è possibile curarsi guardandosi allo specchio. Il “ce la faccio da solo” è l’ennesimo tentativo di mantenere un’immagine di sé costruita su principi vecchi e malati. Puoi smettere di orchestrare i tuoi mostri nascondendoti e rimanendo in silenzio. Non c’è da vergognarsi. Parlane, confrontati, fatti aiutare. Non sarai meno uomo per questo. Questa incapacità di trattare le emozioni porta alla necessità di nasconderle nei cessi delle feste e dei concerti, dove le droghe abbondano come sedativi e diversivi alla libera espressione di sé. Dentro questo pezzo c’è anche il significato del mio nome d’arte: Pugni, oltre ad essere un gioco di parole col mio cognome, è il ricordo di un periodo in cui la rabbia e l’aggressività mi impedivano di cogliere la complessità e la bellezza di tutti i vari colori emotivi che non mi permettevo di usare per dipingere i miei giorni. Questo pezzo è nato in studio, di pari passo con la produzione. Assieme a Kendo abbiamo cercato di esprimere una sensazione di liberazione, come una corsa in riva al mare dopo essere stati incarcerati per anni. È probabilmente il mio pezzo preferito, quello che mi fa urlare fuori i blocchi emotivi.”
Lorenzo Pagni, in arte Pugni, nasce a Pisa il 19/06/1993.
Si avvicina allo studio della musica a 11 anni, suonando la batteria come primo strumento, che nel corso degli anni sostituisce con la chitarra per poter avere più possibilità espressive, ma per anni la sue principale attività è lo sport. Passa le giornate in canoa, sorretto dall’acqua e circondato dagli alberi del suo caro fiume Arno, ripetendo e affinando lo stesso gesto milioni di volte.
La musica rimane sempre con lui, ma è una cosa troppo bella che non riesce a concedersi totalmente. Col tempo, però, si accorge di quanto sia ampio il divario tra i suoi desideri e le sue azioni quotidiane.
Le sue canzoni rimangono segretamente nascoste in camera sua per anni, nel frattempo Pugni inizia a lavorare nei locali notturni come barman, musicista e dj e recupera la mondanità e il divertimento perso durante l’adolescenza, forse pure troppo.
Nel 2020 saluta il fiume, il mare e i pescatori per spostarsi a Torino.
È qua che Pugni inizia a esprimersi per quello che è.
L’incontro con Danny Bronzini (Jovanotti, Willie Peyote, Venerus), suo concittadino trasferitosi a Torino, è determinante nel proprio percorso di crescita artistica e nell’adozione di una visione matura del processo creativo.
Parallelamente all’attività di musicista, Lorenzo si laurea in psicologia e inizia a lavorare come psicologo in una clinica psichiatrica, dove ascolta storie di vita al limite del credibile.
La complessità delle persone che incontra gli fornisce il materiale emotivo per scrivere, che diventa non solo una necessità espressiva, ma un vero e proprio strumento terapeutico con cui poter esorcizzare il dolore.
Manifesto di un ventenne immerso in un mare di dubbi, alla ricerca di una serenità capace di placare il caos dei pensieri che lo assillano, Vorreiè il viaggio verso un porto sicuro, un percorso interiore che sembra finalmente trovare una risoluzione attraverso le note di questa canzone.
Con un ritmo serrato, sonorità dreamy e avvolgenti, Samuspina affida ancora una volta alla musica, desideri, pensieri, sogni e speranze di un’intera generazione, quella che non vuole più aspettare di sentirsi pronta, ma vivere pienamente e agire senza perdersi nei meandri dei propri complessi.
Un invito a saper riconoscere e fissare il proprio sguardo negli occhi della persona da cui tornare, qualsiasi cosa accada.
Se mi fossi guardato meglio se avessi aperto gli occhi solo per vedere cosa c’è fuori guardarti meglio e dirti non siamo soli ma se fossi stato più forte della guerra e dei soldi solo per dirti c’è dell’altro la fuori un milione di ragioni ma tu non le noti ma
Se avessi il doppio del coraggio e la metà dei complessi verrei da te solo per dirti una cosa solo per dirti che
Vorrei fare casino senza fare rumore una canzone senza sapere le note fare l’amore senza fare le prove
Ma vorrei fare la pace senza usare pistole gridare ti amo senza usare la voce andare piano si ma fare veloce con te
Due morsi Dove sei mi hai lasciato a metà Mi scordi Tra gli avanzi di 2 giorni fa E non è cambiato niente Ti spogli Due morsi E te ne vai
Giocavamo a non ridere e tu non vincevi mai Ti ho cercato per tutta la notte fino alle sei
Sotto la luna na na na Cantare prova sa sa sa Ci provo a non amarti, anzi A non vederti mai
«L’atmosfera sospesa di Due morsi riflette gli strascichi di un amore finito, ma che fatica a tramontare nell’animo di chi l’ha vissuto. Il sentimento di abbandono si fa strada nel protagonista, sale la delusione di esser stato lasciato “come gli avanzi di 2 giorni fa”.
Lo sconforto si trasforma in una preghiera, in una disperata fuga notturna alla ricerca dell’altra persona. Ma lì fuori non c’è nessuno, solo la Luna a farci compagnia», racconta Michelangelo Vood.
«É il secondo singolo tratto dal disco, è un’altra tessera del puzzle che ci condurrà al mio primo lavoro discografico. Con una sfumatura di romanticismo diversa rispetto al precedente singolo 2000 anni, questo è un brano che si muove in un contesto urbano costellato di immagini vivide e quotidiane, vicine alle esperienze vissute da ognuno di noi».
Michelangelo Vood, nome d’arte di Michelangelo Paolino, è un cantautore originario della Basilicata. Vood non è solo il cognome della madre, alla quale egli dedica il suo percorso artistico, ma anche un richiamo alla parola “wood” (bosco), omaggio alla natura selvaggia e incontaminata della sua terra.
Dopo aver preso parte ad alcuni dei principali festival italiani nell’estate 2023, Michelangelo Vood è al lavoro sul suo primo disco di inediti in uscita nel 2024.
Ci sono brani che hanno un destino segnato fin dall’inizio, e a cui il tempo regala il privilegio di crescere e diventare manifesti generazionali.
Era il 2008 quando Fabri Fibra – in occasione della reissue del suo quarto album, “Bugiardo” – pubblicava In Italia: un brano diretto e affilato, una critica senza sconti al “paese delle mezze verità”.
Non erano ancora gli anni in cui i rapper affollavano le radio e le classifiche: gli esponenti del genere che riuscivano a farsi spazio sulla scena mainstream erano casi isolati.
Oggi, 17 anni dopo, le cose sono radicalmente cambiate nel panorama musicale, a dettare le regole del gioco sono altri protagonisti, e ciò che un tempo era confinato alla nicchia e all’underground oggi occupa il centro della scena.
Lo stesso non si può dire purtroppo della situazione del Paese, al punto che il testo del brano suona tanto attuale quanto nel 2008.
“IN ITALIA 2024 è la dimostrazione di come una canzone, a distanza di 17 anni dalla sua pubblicazione, può avere ancora qualcosa da dire tanto da riuscire a farsi strada da sola e far sentire a tutti la necessità di rinascere in una nuova versione, con nuove voci e nuove rime”, ha affermato Fabri Fibra.
“Anche in un panorama dove il rap è cambiato, per suoni, flow e contenuti, In Italia ha un suono che funziona ancora oggi e le nuove strofe mie e di Baby Gang raccontano il nostro paese oggi, fotografano un’Italia ancora più complessa. Per chiudere il brano ci voleva qualcuno che potesse ricantare quel ritornello epico ed Emma è stata all’altezza del ruolo”.
Dove fuggi? In Italia Pistole e macchine, in Italia Machiavelli e Foscolo, in Italia I campioni del mondo sono in Italia
Benvenuto in Italia Fatti una vacanza al mare in Italia Meglio non farsi operare in Italia E non andare all’ospedale in Italia La bella vita in Italia Le grandi serate e i gala in Italia Fai affari con la mala in Italia Il vicino che ti spara in Italia
Ci sono cose che nessuno ti dirà Ci sono cose che nessuno ti darà Sei nato e morto qua Sei nato e morto qua Nato nel paese delle mezze verità
Ci sono cose che nessuno ti dirà Ci sono cose che nessuno ti darà Sei nato e morto qua Sei nato e morto qua Nato nel paese delle mezze verità
Dove fuggi? Dall’Italia Elegante borsa Gucci, dall’Italia Ferrari e Lamborghini, dall’Italia è pieno di maghrebini, in Italia Come? Fascisti e razzisti al comando, in Italia Ti accendi una canna puoi finire in una gabbia, prendi una condanna che non vedi più tua mamma, dal 2024 al 2040 Non è Chicago né Atlanta ma siamo in Italia, paese dei corrotti e della mafia, dove i tuoi soldi non sono sicuri in banca perché da un giorno all’altro possono finire in tasca Non è Renato Vallanzasca che intasca, ma qua chi si rapina sta in giacca e cravatta Lo Stato ci discrimina soltanto per la faccia, lo sanno che una penna può far più male di un’arma
Ci sono cose che nessuno ti dirà Ci sono cose che nessuno ti darà Sei nato e morto qua Sei nato e morto qua Nato nel paese delle mezze verità Ci sono cose che nessuno ti dirà Ci sono cose che nessuno ti darà Sei nato e morto qua Sei nato e morto qua Nato nel paese delle mezze verità
Dove fuggi? C’è una guerra ogni giorno al telegiornale Se fai soldi in Italia c’hai contro tutti Scendi in strada con gli amici a festeggiare, mani in alto puoi finire come Cucchi Per l’industria c’è una mente militare, Metal jacket sembra un film di Stanley Kubrik dimmi ancora quante rime devo fare, per sentirmi dire sei speciale Quante rime devo fare per non finire ad un talent, per non rubare, non spacciare, non sparare Perdo la fede, è un reato federale Peggio la rete o finire nelle retate nelle mani sbagliate, altolà Tortora una pioggia di lacrime color porpora Qui brucia la speranza quindi bro, soffoca Sei nato e morto qua, nato qua e morto qua
Ci sono cose che nessuno ti dirà Ci sono cose che nessuno ti darà Sei nato e morto qua Sei nato e morto qua Nato nel paese delle mezze verità (ti dirà) (ti darà) (ti dirà) (ti darà)
Prende sempre più forma il nuovo progetto discografico di Amalfitano, la cui uscita è prevista per il prossimo 22 marzo.
Dopo la prima, potentissima, anticipazione con il singolo Fosforo, scritto e interpretato insieme a Francesco Bianconi, il cantautore romano torna ora non con uno, bensì con due nuovissimi brani.
Una doppia uscita che lascia ben sperare in quella che sarà la natura dell’album: un cantautorato pop-rock teso e viscerale, che canta la forza immensa dell’amore con un romanticismo personale, dalla parvenza forse più ruvida che dolce, ma profondamente sincero.
E…Ancora Tu racconta di come tutto potrebbe essere messo in discussione, tutto potrebbe essere opinabile, tranne la bellezza.
In Quanto dolore ci servirà per smettere d’Amare, il titolo è invece una domanda su cui si interroga l’artista.
Una domanda scomoda e paradossale, perché lo sappiamo, l’amore sa fare male, ma mentre il dolore offre sempre una via di uscita, dall’amore difficilmente si esce.
E quindi? Davvero il dolore è l’unico antidoto all’amore?