BITS-CHAT: Indie pop made in Parma. Quattro chiacchiere con… I Segreti

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Angelo Zanoletti, Emanuele Santona e Filippo Arganini arrivano da Parma e sono rispettivamente voce e tastiere, basso e batteria dei I Segreti, un progetto musicale nato nel 2015 con un EP autoprodotto e approdato ora al primo album ufficiale, Qualunque cosa sia.
Suonano indie pop, e la loro musica rimanda agli echi del passato, come dimostrano anche i singoli L’estate sopra di noi e Torno a casa.
Dopo un lungo percorso, il loro disco vede la luce, portando un senso di libertà e soddisfazione, soprattutto perché di solito – dichiarano – aDa Parmagli artisti delle città di provincia manca la voglia di guardare fuori.

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Quali sono i “segreti” che custodite? 
Angelo: Se ci fai caso, nei nostri testi c’è sempre qualcosa di introspettivo, le nostre canzoni rappresentano la nostra parte più intima, ecco perché abbiamo scelto di chiamarci così.

Ascoltando i brani dell’album sembra di risentire echi del passato. Con quali riferimenti musicali siete cresciuti?
Filippo: Ognuno di noi ha i suoi riferimenti personali, ma in generale tutti amiamo molto la musica degli anni ’70 e ’80. Anche la copertina dell’album rimanda un po’ a quell’epoca.
Angelo: Tra gli italiani, a me piacciono molto i Baustelle. Credo siano una delle realtà più interessanti in circolazione, e anche nel loro sound ci sono riferimenti agli anni ’70.
Emanuele: Io ho da sempre un amore grandissimo per Lucio Dalla, un grandissimo.

Pensando a Dalla non può non venire in mente Bologna, una città importantissima per il cantautorato italiano. Parma com’è la situazione?
Emanuele: Io direi che tutta l’Emilia è una regione che ha dato molto alla musica italiana, più di tutte le altre regioni. Parma però è purtroppo una città di medie dimensioni, come lo sono Reggio o Modena: queste città tendono a chiudersi in se stesse, si fanno bastare, perché non sono abbastanza grandi da offrire le opportunità di Bologna o Milano e non hanno quella spinta verso l’esterno che invece anima chi viene dai piccoli paesi. Vasco e Ligabue, per esempio, arrivano da due paesini di provincia, Zocca e Correggio, e sono realtà come quelle che danno agli artisti la voglia di uscire verso le grandi città, di “spaccare tutto”. In città come Parma invece si tende a restare fermi, chiusi nei soliti circuiti.

In quanto tempo è nato il disco?
Filippo: E’ stato un lavoro piuttosto veloce: in 6 mesi era pronto. Ma tutto è partito ormai due anni fa, quando abbiamo conosciuto Simone Sproccati, il nostro produttore. Da allora sono successe un sacco di cose, ma in queste canzoni ci ritroviamo ancora perfettamente: è come se le avessimo chiuse qualche giorno fa.

Avete trovato qualche ostacolo in particolare?
Filippo: Direi di no, è stato un percorso lungo, ma armonico: grazie all’EP precedente abbiamo incontrato tante persone che hanno creduto in noi.
Emanuele: Forse il momento più difficile è stato dopo la chiusura del disco, quando davanti a noi si è aperta l’incognita del futuro: non sapevamo cosa sarebbe successo, e per mesi siamo rimasti fermi, quando invece ci aspettavamo di vedere subito dei movimenti.
Filippo: Questa però è anche forse la cosa che ci ha in qualche modo salvato, perché se avessimo fatto uscire subito il disco, oggi saremmo qui a preoccuparci di doverne far uscire un altro. Invece siamo stati fortunati ad aver avuto un percorso più lento, ma ci meritiamo tutto.

In un periodo come questo, difficile per la discografia, molti artisti vedono la realizzazione del disco come un passaggio verso il live, che è spesso considerato l’obiettivo finale. Anche per voi è così?
Angelo: Il live è sicuramente importante, ma mentirei se dicessi che è il momento che preferisco di questo lavoro. Per me è semplicemente un passaggio, una tappa: fa parte del gioco, forse è più importante per chi viene ad ascoltarti.
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Venite indicati come una delle nuove realtà dell’indie italiano. Ma per voi cosa significa essere “indie”?
Filippo: Noi scriviamo semplicemente delle canzoni, facciamo la nostra musica senza pensare a come potrebbe essere catalogata. Definirla indie serve per inserirla in un canale, che attualmente è quello più in voga in Italia.

Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato date al concetto di ribellione?
Emanuele: E’ un atteggiamento, essere quello che si vuole essere Non è facile, perché può turbare gli altri, e infatti sono in pochi a riuscirci davvero.
Filippo: Per me è più una liberazione dagli schemi che vengono imposti dall’esterno, dalla società, è qualcosa che ha a che fare con se stessi.
Angelo: E’ l’applicazione dei propri il principi e dei propri valori, il coraggio di seguire il proprio istinto.

Il 26 ottobre partirà da Parma il “Qualunque cosa sia un tour”, una serie di appuntamenti live nei club di tutta Italia.
Queste le date confermate
:

26 ottobre – Parma @PULP – Release Party
16 novembre – Trento @BOOKIQUE
17 novembre – Fucecchio (FI) @LA LIMONAIA CLUB
24 novembre – La Spezia @TBA
30 novembre – Milano | FUTURA DISCHI PARTY @LINOLEUM (ROCKET)
1 dicembre – Varese @CANTINE COOPUF
2 dicembre – Como @OSTELLO BELLO
14 dicembre – Treviso @HOME ROCK BAR
21 dicembre – Torino @OFF TOPIC
22 dicembre – Carpi (MO) @MATTATOIO
29 dicembre – Rimini @BRADIPOP CLUB
12 gennaio 2019 – Rosà’ (VI) | FUTURA DISCHI PARTY @VINILE
19 gennaio 2019 – Bologna | FUTURA DISCHI PARTY @COVO CLUB
25 gennaio 2019 – Santa Maria a Vico (CE) @SMAV
26 gennaio 2019 – Avellino @TILT
27 gennaio 2019 – Roma @SPAGHETTI UNPLUGGED
1 febbraio 2019 – Foggia @THE ALIBI
8 febbraio 2019 – Asti @DIAVOLO ROSSO
9 febbraio 2019 – Pistoia @H2O

Ron: “Il mio omaggio alla trasparenza di Lucio Dalla”

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Si intitola semplicemente Lucio!, con un punto esclamativo, quasi come quando si vuole attirare l’attenzione di un amico che si incontra per caso e che non si rivede da tempo.
Sono passati sei anni da quando Lucio Dalla non c’è più, morto improvvisamente in Svizzera una mattina di inizio marzo, solo pochi giorni dopo l’ultima partecipazione a Sanremo.
Solo oggi, nell’anno in Lucio avrebbe festeggiato i 75 anni, Ron, che di Dalla è stato collega, collaboratore e che è tra i pochissimi a potersi dire veramente suo amico, è riuscito a rendergli omaggio con un album: “Quando ti capita un dolore così, vuoi solo startene per i fatti tuoi, tranquillo. Quando lui è morto non ho sentito il bisogno di far sapere che c’ero stato, come invece hanno fatto molti altri”.
Ed è per questo che Lucio! arriva adesso: dentro, 12 brani, 11 rivisitazioni di successi di Dalla e l’inedito Almeno pensami, portata in gara da Ron all’ultimo Festival di Sanremo e vincitore del Premio della critica “Mia Martini”.
Un brano riscoperto grazie alla collaborazione degli eredi di Dalla e proposto a Ron da Claudio Baglioni, direttore artistico del festival: “La canzone doveva far parte di un album che Lucio stava realizzando, ma che non ha fatto in tempo a finire, e di Almeno pensami esisteva già un demo: io non ho modificato niente del testo e della musica, l’ho solo fatto mio, cercando di non perdere quella trasparenza da bambino che apparteneva a Lucio”.
Con lo stesso criterio Ron ha rimesso mano agli altri 11 brani del disco: solo tre di queste canzoni portano la sua firma (Piazza grande, Attenti al lupo e Chissà se lo sai), perché l’intento del progetto non era quello di fare un disco a metà, ma un tributo in cui Dalla fosse al centro: le registrazioni sono avvenute in presa diretta con il solo utilizzo, oltre alla voce e alla chitarra di Ron, della batteria, del basso e del pianoforte.
Un lavoro speciale è stato invece riservato a Come è profondo il mare, l’unico brano del disco cantato da Lucio, di cui Ron ne aveva già curato l’arrangiamento originale. Recentemente si è ritrovato a riascoltare la traccia vocale del nastro, che gli ha dato l’idea per una nuova veste strumentale più sporca e distorta.
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Con il solo grande rammarico di non aver incluso nel disco Le rondini, Ron resta speranzoso sulla possibilità di trovare altri inediti: “Lucio era abbastanza disordinato, lasciava pezzi in giro, per cui non è escluso che da qualche parte ci siano ancora canzoni non ancora incise”.
Il disco è dedicato a Michele Mondella, storico collaboratore di Dalla, scomparso alcune settimane fa.

Ron presenterà del vivo il suo omaggio a Lucio Dalla in due concerti speciali in programma per il 6 maggio al Teatro Dal Verme di Milano e il 7 maggio all’Auditorium Parco della Musica a Roma: due serate interamente dedicate alle canzoni dell’artista bolognese, in uno spettacolo teatrale arricchito anche da contributi inediti. Poi in estate le altre date. 
  

BITS-CHAT: Un meticcio, Bologna e gli anni ’90. Quattro chiacchiere con… Senhit

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È nata e cresciuta a Bologna, ma le origini della sua famiglia portano lontano, fino all’Eritrea. E canta in inglese. Nessun dubbio quindi che Senhit possa guadagnarsi l’appellativo della “più internazionale delle cantanti italiane”.
Attiva sulle scene tra teatro e musica già da qualche anno, ha da poco pubblicato l’EP Hey Buddy, in cui ha raccolto i brani realizzati nel corso dell’ultimo anno e che vedono anche il contributo di Corrado Rustici e Brian Higgins, super produttore inglese che in passato ha messo mano a successi di Kylie Minogue e Pet Shop Boys, e che con la musica di Senhit ha riportato la memoria agli anni ’90, gloriosissimo periodo della dance.
E mentre il remix di Something On Your Mind si fa strada nei club inglesi, lei si divide tra live, video blog, partite di calcio e Buddy, un compagno molto speciale arrivato da Brindisi.

Cosa nasconde il titolo dell’EP?
Buddy è il nome del mio cagnolino, un meticcio che è con me ormai già da qualche anno. Arriva da Brindisi, e quando l’ho preso si chiamava già così. È diventato il mio vero compagno di avventura. Posso quasi dire che le mie relazioni si sono annullate per lui (ride, ndr). Buddy è però anche un termine usato nello slang americano. “Hey Buddy!” è un po’ come il nostro “Ciao caro! Come stai?”, un modo molto cordiale e caloroso di salutarsi quando ci si incontra. Le prime volte che camminavo per strada in America sentivo continuamente gente che si apostrofava in quel modo e pensavo che Buddy fosse un nome, solo che lo dicevano anche a me, e non capivo perché mi chiamassero così!

Nei suoni dei brani sembra di ritrovare molto degli anni ’90.
Verissimo. Ho voluto proprio riprendere quei suoni, con una freschezza nuova: oggi va fortissimo l’elettropop e i suoni di quegli anni si sono un po’ persi, invece quel periodo è stato importantissimo, pensiamo solo a cosa è stata Corona per l’Italia o a certi ritornelli che tornano in testa a distanza di vent’anni (accenna l’inizio di Saturday Night di Whigfield, ndr). Prima di arrivare a questo genere però ho fatto tante altre cose e ho provato suoni diversi, fino a quando non ho incontrato Brian Higgins, anche lui con una passione per gli anni ’90: è stato lui a creare queste atmosfere.
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Quasi sempre gli artisti bolognesi dichiarano di avere un rapporto molto forte con la tradizione musicale della loro città: è così anche per te?
Tutto per me è partito da Bologna e grazie a Bologna. Il mio primo album solista è stato prodotto da Gaetano Curreri ed è stato una sorta di omaggio che abbiamo voluto fare ai cantautori legati alla città, come Dalla e Morandi, riarrangiando alcune loro canzoni. Bologna ha una tradizione musicale fortissima, da cui nessuno dei suoi artisti può staccarsi completamente. Sarà il potere della mortadella?

Dell’Eritrea invece cosa porti con te?
Penso la passione. I miei genitori sono eritrei e in casa ho sempre respirato l’atmosfera di quel paese. Mia mamma cucina eritreo, quando si incazza parla eritreo e l’Eritrea è un posto in cui mi piace tornare. Mio padre ci è tornato da poco, aveva bisogno di staccarsi da ciò che aveva qui. Un po’ di Eritrea c’è anche in alcune sonorità dei miei brani del passato.

In un video su Youtube parli dell’ambiente discografico come di un mondo pieno di squali. Quali sono le difficoltà che hai incontrato fino a oggi?
Penso di essere arrivata nel periodo peggiore della discografia italiana. Tutto ruota intorno ai talent, le case discografiche prendono i ragazzi e li spremono finché possono dare qualcosa, poi li mollano a loro stessi senza dare una possibilità di crescita: ho fatto fatica a trovare qualcuno che volesse investire su di me nel tempo, provando cioè diverse strade fino a trovare quella più adatta. Mi viene in mente una come Zara Larrson, che è uscita da un talent show, ma ha poi avuto la possibilità di cambiare. Gli squali comunque ci sono nel mondo discografico, e in qualunque altro ambiente di lavoro.

Hai avuto la possibilità di suonare a Londra, Amsterdam, Berlino, Parigi: all’estero che atmosfera hai respirato?
Ho visto tanta curiosità. La gente va ai concerti e poi vuole conoscere l’artista, sapere chi è, da dove viene, si ferma a parlarti, e non importa se sei il ragazzino che suona la chitarra o Ed Sheeran. In alcuni casi ho notato un po’ di iniziale diffidenza, come a Parigi: la gente vedeva me, italiana ma di colore, che cantavo in inglese, ed è stata un po’ dura, ma in generale ho percepito una grande apertura. In Italia si preferisce non rischiare: siamo sempre un passo indietro agli altri, su tutto, come se prima volessimo vedere come va e poi casomai ci accodiamo.
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Oltre alla musica, tra i tuoi impegni recenti c’è stato anche il tour dei “Giochi del calcio di strada”.
Bellissima esperienza, anche perché sono un’ex calciatrice! Avevo una compagna che giocava a calcio, ma non riuscivo mai ad andare a vederla, allora mi sono messa a giocare anch’io e da lì mi è nata la passione. Questo tour è nato da un invito dei Calciatori brutti (la più grande community calcistica italiana, ndr): ogni weekend eravamo in una località diversa e ci dividevamo tra tornei, conferenze e live, e io mi sono divertita anche a fare la blogger raccontando le tappe del tour con dei video. Ovviamente, Buddy è sempre stato con me!

Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione?
Penso che la ribellione sia legata al rispetto che si deve esigere per se stessi. Se questo rispetto non arriva, bisogna ribellarsi per ottenerlo, sempre. Lo dico per esperienza, perché io stessa mi sono ribellata alla mia famiglia uscendo dalla porta da cui mio padre, in maniera piuttosto teatrale, mi aveva indicato di uscire se avessi voluto fare la cantante. Diceva che non sarei andata da nessuna parte, ma io il desiderio di fare musica lo sentivo fortissimo. Se usata in questo modo, per farsi rispettare, la ribellione funziona, e va usata in qualunque situazione per raggiungere uno scopo, coronare un sogno o chiedere diritti, come accade nei Pride. Ribellatevi, ostinatevi, credeteci sempre.

BITS-CHAT: Un frontale con l'amore. Quattro chiacchiere con… Roberta Giallo

Se dovesse scegliere un’ambientazione per il suo nuovo lavoro, Roberta Giallo sceglierebbe un Medioevo post-atomico, oscuro, con una sola piccola luce come guida. Non ha caso, il titolo dell’album è L’oscurità di Guillaume.
Ma non lasciatevi ingannare: nessun riferimento all’anarchico svizzero James Guillaume. Al centro dei brani c’è una storia d’amore, vissuta però non con curve e luce con cui di solito si racconta questo sentimento, quanto piuttosto passando attraverso spigoli e buio.

Un disco che è anche la porta per entrare in un vero e proprio mondo di musica e immagini, in cui Roberta, artista bolognese molto più che cantautrice, si è ritagliata spazi perfettamente su misura, senza confini di generi e con un ringraziamento molto speciale da fare.
1.Roberta Giallo_foto di Mattia Pace
Vorrei partire chiedendoti qualcosa sul titolo dell’album, che mi ha incuriosito molto.

L’Oscurità Di Guillaume è un titolo oscuro e misterioso, proprio come la storia che racconta. Protagonisti di questa strana storia, che tra l’altro ho vissuto anni fa, siamo io e Guillaume, un ragazzo francese che ho incontrato un giorno a Bologna e con cui è partita un’intensa e singolare corrispondenza via web, che si è poi evoluta in un amore dal finale inaspettato e, ahimè, non lieto.
Musicalmente il disco è molto variegato, con spunti ricercati: come ci hai lavorato? 
Sono partita dall’essenziale. La mia voce e il pianoforte, per rispettare al massimo la genesi delle canzoni, tutte ispirate, tutte intime, nate nella mia camera, nel “piccolo”. Mauro Malavasi, noto arrangiatore che ha fatto la storia della musica italiana, ha prodotto l’album e con gli arrangiamenti ha voluto abbracciare questa filosofia dell’essenziale, del non superfluo, del ricercato appunto. Per lui la storia da raccontare e le canzoni erano già importanti e dense, bisognava vestirle con rispetto, estrema cura e parsimonia di elementi, solo così accade la magia.
Copertina L'Oscurità di Guillaume_b
Tema centrale dell’album è l’amore, dipinto però con tonalità un po’ tormentate. Prima dicevi di esserti ispirata a un’esperienza personale: oggi nell’amore ci credi ancora?
E’ una storia personalissima che, vinta la timidezza, ho deciso di racchiudere in un disco, come una specie di scrigno-libro, con anche nascosti alcuni segreti, che forse un giorno svelerò. Un disco nato probabilmente dal dolore e dalle lacrime, che hanno trovato il modo di germogliare.
Cosa ha rappresentato nella tua vita Lucio Dalla?
L’incontro artistico più folgorante e fortunato che abbia mai fatto! Una specie di anno Zero nella mia vita. E’ l’artista al quale mi sento in assoluto più vicino, un po’ per affinità elettiva, un po’ per simpatia. Lucio è Lucio, inimitabile, irripetibile, un mago che gioca con tutti i colori: è folle, serio, leggero, irriverente, un alchimista.Da lui ho imparato che potevo dare sfogo alla mia anima cangiante con naturalezza, e senza curarmi troppo degli altri. Quando seppi che voleva conoscermi, e mi disse che voleva entrare nel progetto e coinvolgermi in alcuni progetti suoi, non potevo crederci e, soprattutto, non potevo non dedicargli questo album! Grazie Lucio per tutto quello che mi hai regalato e che siamo riusciti a realizzare insieme!
2. Roberta Giallo_foto di Mattia Pace
Ci sono altri artisti che ti hanno particolarmente influenzata?
Non saprei. E dico non saprei, perché tutto ciò che per me è bello probabilmente mi influenza.  E fare un elenco è impossibile. Posso citarne alcuni, oltre a Lucio naturalmente: Beatles, Edith Piaf, Battiato…
Interessante anche la tua immagine e il tuo look: a cosa ti ispiri?
Non lo so, alle forme della natura e ai fumetti. A volte mi scambiano per un cartoon giapponese o per Betty Boop! 
Oltre che cantautrice, sei performer teatrale, pittrice e scrittrice. C’è un ambito artistico che ti incuriosisce e che non hai ancora esplorato?
Il cinema. Vedremo…
Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concerto di ribellione?
La ribellione è la profonda consapevolezza di te stesso che ti porta a trovare il modo più giusto per combattere ciò che non ti va, ma con i tuoi mezzi, con le tue misure, con la tua testa! Diventare se stessi in un mondo che ci vuole omologati e spersonalizzati, è la più grande forma di ribellione, per me, oggi.

BITS-RECE: Be A Bear, Time EP. Elettronica per stare bene

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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Dietro al progetto Be A Bear si nasconde Filippo Zironi, “orso bolognese nato e cresciuto per 15 anni nello sia-punk firmato Le Braghe Corte”, come recita il comunicato stampa.
Quest’orso bolognese l’anno scorso ha portato a compimento un progetto assolutamente personale, coraggioso e, di conseguenza, molto interessante. In pratica, per circa due anni ha messo on line una canzone al mese: brani dalla natura semplice, che mettevano al centro racconti di vita quotidiana letti attraverso la lente di un pop a braccetto dell’elettronica e con una certa vecchia scuola del rock. Il tutto portato avanti con pochissimi mezzi tecnologici: un iPhone e poco più.
Un percorso lento, che durante le sue tappe ha mostrato cambiamenti ed evoluzioni, e che lo scorso hanno si è strutturato in Push-a-Bah, il primo album firmato Be A Bear.
A neanche un anno di distanza, l’orso Filippo ha deciso di dare spazio ad alcuni brani che non lo avevano trovato prima dell’arrivo dell’album: ecco quindi Time, un EP di quattro tracce – tre inedite più il brano omonimo già nell’album – che ondeggiano nelle acque serene di un’elettronica pensata per star bene e far star bene.
Quattro brani leggeri come queste giornate di fine inverno, con tanta bella melodia in primo piano e qualche voce lasciata sullo sfondo e qualche rumore di vita qua e là.
Una buona dose di vitamine sonore.
Time EP è disponibile per lo streaming e il download a questo link.

Brunori Sas: partito da Bologna con due sold out il nuovo viaggio live

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Brunori Sas
è tornato sul palco con A casa tutto bene tour, il viaggio musicale di 18 tappe nei più importanti club e teatri d’Italia che ha debuttato all’Estragon di Bologna con due straordinarie date da tutto esaurito ed è già un successo in prevendita con 9 date sold out e 2 raddoppi.

“L’idea è, da una parte, di rendere il disco per come l’abbiamo suonato perché amo e rispetto la produzione e il suono di questo lavoro, dall’altra, di restituire un certo tipo di energia che è propria e si adatta perfettamente all’atmosfera del club”, racconta Brunori.
Uno vero e proprio spettacolo che non tralascerà i brani storici del cantautore, portando sul palco il nuovo impianto sonoro di A casa tutto bene, il quarto album di inediti, che ha debuttato sul podio della classifica dei dischi più venduti.
Durante il live si alterneranno momenti di puro divertimento ad altri più intimi e riflessivi e Brunori sarà accompagnato dalla sua band storica, composta da Simona Marrazzo (cori, synth, percussioni), Dario Della Rossa (pianoforte, synth), Stefano Amato (basso, violoncello, mandolini), Mirko Onofrio (fiati, percussioni, cori, synth) e Massimo Palermo (batteria, percussioni), Lucia Sagretti (violino).

#BITS-RECE: Franky Maze,Nght/Flood. Tra il blues e la Bibbia

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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In genere chi si muove nell’ambito gothic/dark tende a ripetere il medesimo standard fatto di testi tristi e decadenti, accompagnati da vestiti sonori oscuri, al punto che spesso la sensazione è quella di trovarsi immersi in un mare di cliché, uno schema portato avanti per inerzia, dove l’unica desolazione che si percepisce è quella creativa.
Poi capita che qualcuno trovi la via per proporre soluzioni nuove, combinazioni di stili inedite o almeno desuete, come questo Night/Flood, primo EP di Franky Maze, al secolo Francesco Mazzi, musicista bolognese che ha trovato un’interessante chiave per combinare il folk di matrice americana e il dark.
Due mondi apparentemente inconciliabili, che trovano nei suoi brani nuove, stimolanti suggestioni notturne.
Per simboleggiare questa unione, Maze ha preso l’ultima parola del primo e dell’ultimo brano – ciascuno rappresentativo di questi due mondi musicali – per formare il titolo, Night/Flood appunto. Un EP di cinque canzoni dense di citazioni bibliche e rimandi al blues delle origini, che guardano ad artisti come Nick Cave.
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L’apertura con Dark Was the Night, presenta per esempio le note luminose del mandolino, Great Sleeve rievoca un rituale sciamanico, Wayfaring Stranger è invece un brano tradizionale americano in versione rivisitata.
E per controbilanciare l’apertura luminosa del primo brano, il disco si chiude con Love Is the Flood, canzone dalle atmosfere decisamente dark.