BITS-RECE: Kimera, “I fiori del male”. Poesia nel cuore della notte

BITS-RECE: Kimera, “I fiori del male”. Poesia nel cuore della notte

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.

Siamo Uomini, animali sociali, ce lo hanno insegnato i Greci: siamo nati per stare in gruppo, vivere in società, creare relazioni, instaurare rapporti civili. E questo lo facciamo principalmente durante il giorno, nelle ore di luce, quando indossiamo la nostra maschera migliore per uscire di casa e affrontare il mondo fuori.

E poi c’è la notte. L’altra faccia della medaglia, la faccia buia, misteriosa, segreta. Che la notte abbia da sempre esercitato su di noi un fascino potentissimo non è certo un mistero. Artisti, scrittori, filosofi, poeti ce lo hanno raccontato. È di notte che ci guardiamo in faccia per ciò che siamo veramente; di notte siamo disposti ad accettare ciò che siamo e ciò che vogliamo; di notte lasciamo cadere le difese e affrontiamo demoni, desideri, fragilità. Per cui sì, siamo animali sociali, ma siamo anche animali notturni.

Un racconto poetico e profondo della notte, dei suoi labirinti di emozioni, delle sue vertigini e dei suoi vortici, lo troviamo nelle tracce di I fiori del male, nuovo progetto del cantautore Kimera.

In un tessuto elettronico che si divide tra synth-pop e darkwave, Kimera costruisce un cantautorato notturno dai toni freddi, in cui prendono vita episodi di passione e fragilità, intimità e smarrimento.
Un cantautorato che si apre alle ultime luci del crepuscolo per liberare pensieri, preghiere, suppliche, in una corsa a perdifiato lungo chiaroscuri stupendi e spaventosi, con la Luna come unica, ideale testimone, ferma e muta nel cielo.

Le cinque tracce dell’EP sono istantanee di un racconto di vita, a partire da Artico, in cui la dolcezza del canto fa da perfetto contraltare all’amarezza di un amore solo sognato; partendo dal riferimento baudelairiano, I fiori del male, traccia che dà il titolo all’EP, esprime al massimo il senso di smarrimento e solitudine, mentre Quando le discoteche chiudono è forse il pezzo che meglio riassume lo spirito di tutto il progetto.

Chiude Hyperlove, l’ultimo abbaglio notturno, l’ultima scheggia di ghiaccio: “Il silenzio fa un rumore così forte da sentire anche quaggiù”.

È l’ultimo segreto svelato al termine di una corsa disperata, mentre all’orizzonte si intravedono le prime luci di un nuovo giorno. E tutto sembra diverso.
“Tra la nebbia resta solo una certezza / il nostro è un hyperlove”.

BITS-RECE: Rizzo, “Mi hai visto piangere in un club”. Confessioni sul dancefloor

BITS-RECE: Rizzo, “Mi hai visto piangere in un club”. Confessioni sul dancefloor

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.

No, il titolo che ho scelto di dare a questa recensione non è casuale. Confessioni sul dancefloor, ovvero Confessions on a dancefloor, ovvero il titolo di un glorioso album di Madonna. Per la precisione, il disco in cui la regina del pop mondiale – l’unica e vera – celebrava la dance culture e il potere salvifico e catartico della musica sulla pista da ballo.

Con il suo primo EP, Rizzo fa più o meno la stessa cosa: raccoglie otto brani composti negli ultimi 3 anni e ci infila dentro frammenti gioiosi e dolori di vita, esperienze, confessioni, confidenze.

Neanche troppo idealmente, questo progetto nasce come la colonna sonora per accompagnare un flusso di coscienza lasciato fluire tra i laser e le luci stroboscopiche di una pista da ballo, trasformata in un vero e proprio confessionale.

Mi hai visto piangere in un club è il diario personale dell’artista, l’occasione per condividere pensieri intimi, episodi dolorosi e gioie senza freni, declinando il tutto in un ventaglio di sonorità che vanno dalla ballad, all’urban, alla techno.

Come a voler fornire una sorta di legenda con le “istruzioni per l’ascolto”, ogni brano è accompagnato dall’indicazione sul mood che lo caratterizza: si inizia così dal “piangi” di X1MILLY, sicuramente il momento emotivamente più difficile dell’EP, per passare subito dopo al “balla” di CASSA FORTE. Interessante poi il passaggio dal “piangi e balla” di SCIVOLANDO al “balla e piangi” di BONJOUR ADIEU: se il primo, un ritmo tropicale ballato sotto un cielo nuvoloso, è un brano che racconta di una rinascita, il secondo è invece notevolmente più leggero e solare, ma vede al centro una storia di rimorsi su ciò che il passato avrebbe potuto riservare.

Tra i pezzi più interessanti vi è sicuramente FUORITEMPO (categoria “balla”), la cui produzione è affidata a Okgiorgio: un brano sul senso di inadeguatezza di chi capisce di muoversi a un ritmo costantemente diverso da quello del contesto.

Per l’ultima traccia, AMORE – titolo stilizzato in <MOR3 – l’indicazione è “balla tantissimo”, ed effettivamente è difficile stare fermi sotto alla carica di bpm techno da cui si viene travolti.

E allora, in alto i cuori, in alto le mani: nella gioia e nel dolore, la pista del club saprà sempre come accogliervi.

BITS-RECE: Mazzariello, “Antisommossa”. À la guerre comme à la vie

BITS-RECE: Mazzariello, “Antisommossa”. À la guerre comme à la vie

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.

“À la guerre comme à la guerre”, recita un celebre adagio. Ovvero, prendi le cose per quel che sono. E se proprio devi andare in guerra, preparati a combattere, perché altro non potrai aspettarti.

Sia che la guerra sia reale, all’esterno, sia che tu la senta dentro.

Lo sappiamo bene, essere giovani, trovarsi a crescere, non è mai stato un gioco; e non lo è a maggior ragione in questi tempi, fatti di un futuro che si può declinare solo al condizionale. Inquietudini, paure, ossessioni, aspettative. Se questo scenario non è una guerra, come lo si può chiamare?

Sarà forse anche per questo che nel suo nuovo EP, Mazzariello ha usato un lessico lessico da combattimento, a cominciare dal titolo del disco, Antisommossa. Che di per sé è l’atteggiamento di chi lo scontro cerca di evitarlo, ma che sembra piuttosto nascondere un senso di rassegnazione verso qualcosa che non si può cambiare. In ogni caso, un termine plumbeo, “pesante”, come il mood generale del disco.

A confermarlo arrivano poi titoli come Atti estremi in luogo pubblico, Blindati, Bombe carta, infilati uno dopo l’altro nelle prime tre tracce.

In 6 brani, e in poco meno di 20 minuti, nelle canzoni di Antisommossa si fanno strada amori, frenesie, abbandoni, mancanze: un ritratto stropicciato di una generazione che cerca il proprio posto, che non sa stare ferma ma che non sa neanche dove andare.

Lo stile gira attorno a un elettro rock bello carico, un funky pop allegrotto e influenze indie, che non mancano mai, specie quando il mood si veste di tinte uggiose.

E allora, “À la guerre comme à la guerre”, dicevamo. Forse, sarebbe meglio dire “À la guerre comme à la vie”. Ma anche vicersa.

BITS-RECE: Jeson, “Solo un uomo”. Fuoco e introspezione

BITS-RECE: Jeson, “Solo un uomo”. Fuoco e introspezione

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.

Ci sono due parole chiave che ben si adattano a sintetizzare le tracce di Solo un uomo, il nuovo EP di Jeson.

La prima è fuoco, che vuol dire passione, ispirazione, energia. La passione per la musica, l’energia che essa richiede, ma anche l’energia e la potenza che traspirano dai pezzi del disco. Un urban “meticcio” e muscolare, ibridato di r’n’b, elettronica, ma anche di gospel e di soul. Un pastiche di stili frutto del un sodalizio artistico con il producer MDM, che si è occupato della realizzazione di tutte le tracce.

La seconda parola è introspezione, che è la prospettiva da cui Jeson ci permette di entrare nel suo universo, la lente da indossare per poter decifrare i brani. Solo un uomo è la lettura di un mondo interiore, uno sguardo profondo alla ricerca di chi si è veramente e di cosa si stia cercando.

Fuoco e introspezione. Non come poli in opposizione, ma come due sfere che si intersecano e si mantengono in equilibrio. Come nella titletrack, uno dei due inediti dell’EP: un brano che riesce a coniugare vigore e apertura musicale con una riflessione matura sul proprio essere.

Colpisce poi la preghiera laica di Halleluja, tesa, tormentata.

Sul finale, con Se penso a me e Il mio posto l’atmosfera si fa musicalmente più intimista grazie a un’impronta più spiccatamente soul, ma non per questo viene meno il fuoco delle intenzioni: anzi, sono forse proprio questi i due brani che “bruciano” maggiormente di desiderio di scrivere, di raccontarsi, di trovare un proprio posto.

Ci aveva visto benissimo Marco Mengoni, che ha voluto coinvolgere direttamente Jeson in Lasciami indietro: in questo ragazzo c’è una promessa accesa sul futuro.
Forse c’è un po’ di lavoro da fare per marcare l’identità (a tratti, la voce mostra richiami un po’ troppo “blancheggianti”, e questa è davvero l’unica sbavatura del progetto), ma il fuoco di Jeson può e deve divampare.

#MUSICANUOVA: Ainé – “Pareti – Agosto”

#MUSICANUOVA: Ainé – “Pareti – Agosto”

 

La mia testa non ha più pareti, non ha più barriere né confini. Riesco a vedere, riesco a sentire ogni profumo, chiudo gli occhi e mi godo la salita. Sono in cammino verso chissà dove, spengo la mente, i pensieri e accendo la pancia e le sensazioni. Questa volta ho detto no, non permetterò a niente e a nessuno di rovinare il mio viaggio. Te lo prometto. Questa volta vengo prima io. Me lo prometto.
Stavolta dico di no. Ho spento la tua voce nella testa e ho ritrovato la mia.
Con ogni pezzo che raccolgo risalgo, e i sorrisi adesso hanno un altro sapore, perché la fatica della salita è miele. Mi chiedo ancora chi sono, ma da oggi rinasco da solo
”.

Con queste parole Ainé descrive Pareti – Agostoil suo nuovo singolo, seconda anticipazione dell’EP BUIO in uscita il 19 aprile dopo Scappare – Giugno

In ogni canzone del nuovo progetto discografico, Ainé, uno dei più importanti esponenti del nu soul italiano, descrive le emozioni derivate, mese dopo mese, da una separazione importante.

In Pareti – Agosto si racconta la voglia di cercare un percorso libero e autonomo, districandosi dai fili che ci legano a qualcosa che oramai non esiste più. 

BITS-RECE: Done, “Popcorn”. Ti porto al club

BITS-RECE: Done, “Popcorn”. Ti porto al club

 

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.

Si può dire che sia cresciuto a pane hip-hop, ma per il suo nuovo progetto Done ha scelto di sperimentare qualche nuovo sapore. O almeno, ha mischiato i gusti dell’hip-hop con le spezie della house music e del new jack swing.

Ascoltando infatti i cinque inediti di Popcorn – questo il titolo dell’EP – sembra chiaro che il ragazzo aveva una gran voglia di ritmo e per trovarlo ha guardato Oltreoceano.

I riferimenti sono quelli dell’America degli anni’80, brulicante di club e di dj, da cui partivano i suoni che avrebbero riempito le classifiche di tutto il mondo: un melting pot sonoro che faceva convivere hip-hop, r’n’b, funky e house sotto l’egida della libertà e della voglia di evadere.

Proprio come nelle croccanti tracce di Popcorn.

L’apertura con Scandalous imprime subito una luccicante impronta house, e nella testa iniziano a vorticare le luci della mirrorball; Denim Blu affetta il ritmo secondo i tipici stilemi del new jack swing (avete presente i successi di Janet Jackson tra anni ’80 e ’90?), Cielo rosso ha un sapore di hip-hop old school, mentre sul finale la carica dei bpm di Joan Mirò si riprende la pista.

Completano l’EP i dub mix di Scandalous e Denim Blu, per chi avesse ancora voglia di fermarsi un po’ sotto le luci stroboscopiche, fino all’alba.

Come in un club di tanti anni fa.

Martin Gore, un ritorno… da primate. Arriva l’EP “The Third Chimpanzee”

Esce il 29 gennaio su Mute [PIAS] The Third Chimpanzee, il nuovo EP di Martin Gore.

Il progetto del cantautore inglese, nonché membro fondatore dei Depeche Mode, arriva a 5 anni dall’acclamato album strumentale MG.
Ad anticiparne la pubblicazione è il singolo Mandrill, esempio di “feroce di musica elettronica”: come gli altri quattro brani dell’EP, è caratterizzato dalla tipica atmosfera sonora di Martin Gore.

“Il primo brano che registrai, aveva un sound che non era umano,” afferma Martin. “Sembrava quasi derivasse da un primate. Decisi di chiamarlo Howler come la scimmia. Dopodiché, quando arrivò il momento di dare un nome all’EP, ricordai di aver letto ‘The Rise and Fall of the Third Chimpanzee’. Aveva senso chiamarlo così, dato che l’EP era per un terzo prodotto da scimpanzé.”

The Third Chimpanzee è già disponibile ora per il pre-ordine su CD, su vinile celeste 12” in edizione limitata (che include una stampa artistica) e in digitale. L’artwork è a cura di Pockets Warhol.

Questa la tracklist di The Third Chimpanzee:

1. Howler
2. Mandrill
3. Capuchin
4. Vervet
5. Howler’s End

“IL CIELO NON È UN LIMITE”, parola di MYSS KETA

A TUTTI I PILOTI ALL’ASCOLTO
CHE BRAMANO IL CIELO
QUELLO CHE APPARE COME UN LIMITE
DISPIEGA INVECE L’INFINITO
SIAMO ATOMI


Un’introduzione che è un vero manifesto, un invito alle menti più aperte e visionarie per gettare il cuore oltre l’ostacolo, per ricominciare a sognare e creare nuovi immaginari, e costruire nuove utopie. Si apre così IL CIELO NON È UN LIMITE, nuovissimo EP di M¥SS KETA, concepito e realizzato nei mesi travagliati dell’epidemia.
Anticipato dai singoli GIOVANNA HARDCORE e DUE, il nuovo progetto raccoglie sette tracce nuove di zecca prodotte da RIVA, con interventi di Populous e Unusual Magic.

Con l’elemento aria al centro di tutto – contraltare dell’acqua di CARPACCIO GHIACCIATO, l’iconico EP del 2017 – IL CIELO NON È UN LIMITE nasce da un’immagine: un aereo nel cielo, solitario e libero, forte e indomato. Un cielo a prima vista limitato, incorniciato, ma nel quale si spalancano illimitati spazi interiori, cieli interiori metafora di una perenne tensione a conquistare l’impossibile.
Il cielo non ha limite. Il cielo non è un limite.

Ogni traccia dell’EP è stata accompagnata da visual visionari che ci catapultano nell’immaginario di M¥SS.

È prima di tutto M¥SS KETA che non si dà limiti, sperimentando suoni sferzanti come le folate ad alta quota, quasi glaciali, con deviazioni a volte repentine come i cambi di direzione di un jet. M¥SS canta in inglese, in tedesco, in greco antico, per dare voce ai pensieri interiori di molteplici doppelganger.
L’estatica ed eretica GIOVANNA HARDCORE, reincarnazione in chiave Mad Max della pulzella d’Orleans, evoca un incantesimo ancestrale ripetuto come un mantra, su un beat minimal spezzato da accelerazioni jungle.
La mistress felina di GMBH è un beat deep house alla moda di Chicago.
La moderna dea DIANA, in compagnia di Priestess, si ritrova a capo di una Magna Grecia futurista dalle atmosfere morbide e sognanti, disegnate dal maestro Populous.
La rider post apocalittica che sfreccia fra le vie dell’inferno in RIDER BITCH, sfogo electroclash ispirato al videogioco Wipeout 2097, una traccia che vede la co-produzione di Unusual Magic e il cameo di Lilly Meraviglia.
Ma quello raccontato da M¥SS è anche un mondo che ha portato all’estremo l’ossessione per l’immagine sintetica, in cui le funzioni di Photoshop diventano ordini, come in PHOTOSHOCK, tra richiami house anni ’90 e synth-wave anni’80.
Un mondo compromesso dalla saturazione post-capitalista che esplode in DUE, delirio electropop disegnato sul beat di Two Times di Ann Lee.

L’uscita dell’EP è stata preceduta da una speciale performance all’ultimo pian della Torre Galfa di Milano, nel punto più alto in cui la metropoli che ha visto la nascita di M¥SS incontra il cielo.

I “ricordi” di Alessandro Ragazzo


Cosa sarebbe la nostra vita senza i ricordi? Cosa saremmo noi senza i nostri ricordi? Saremmo probabilmente qualcosa di molto diverso, o forse non esisteremmo proprio.
Perché ciò che siamo oggi è il risultato di quello che siamo stati, la somma delle esperienze vissute e delle lezioni imparate, a volte non senza dolore, ma non importa.
Eppure spesso non ce ne accorgiamo, e lasciamo ai ricordi solo lo spazio della nostalgia.

Proprio ai ricordi è dedicato il nuovo EP di Alessandro Ragazzo.
Il titolo è Ricordi?, con il punto di domanda alla fine, proprio come capita spesso di dire quando con la memoria facciamo qualche passo indietro.

Attraverso cinque brani dalle sonorità acustiche ed elettroniche, il cantautore veneziano va alla riscoperta del valore dei ricordi nella sua vita come filtro per interpretare la realtà nei suoi dettagli: gioia, rabbia, amore, inquietudine e speranza. Nel grande mare dei ricordi c’è spazio per ogni sentimento, per una notte persa, per un maggio arrivato all’improvviso, per patatine mangiate dal sacchetto.
Sarà anche malinconia, ma è soprattutto vita.

“Alièn”, un cortometraggio visionario per il nuovo progetto di Francesca Monte


Un minifilm di oltre 16 minuti accompagna la musica di Alièn, il nuovo progetto musicale di Francesca Monte.

Cinque tracce dalle sonorità elettroniche, distorte, ipnotiche per un progetto che mira a unire musica e arte visiva.
Alièn è un concept EP interamente scritto e composto da Francesca Monte, che lo descrive come una “nuova visione della realtà concentrata su suoni di una materia presente e futura, un nuovo punto di vista di un mondo dato per scontato che ha perso le proprie radici”.

Le immagini del cortometraggio, diretto da Paolo Hanzo, valorizzano il territorio campano e la città di Londra, che fanno da cornice perfetta al sound etereo di Alièn.