BITS-CHAT: Canzoni, storytelling e uncinetto. Quattro chiacchiere con… Prim
All’anagrafe è registrata come Irene Pignatti, ma ha scelto di firmare le sue canzoni come Prim, portando nella musica tutto il mondo che le sta attorno.
Classe 1999, ha iniziato a scrivere canzoni in inglese all’età di 14 anni, prendendo come riferimento gli artisti internazionali, prima fra tutti i Beatles.
Con il tempo, partendo dai dintorni di Modena, sua città natale, il “pop triste” di Prim ha iniziato a farsi sentire sempre più in là, e pur giovanissima la cantautrice può tra le sue esperienze può vantare anche una partecipazione allo SXSW, importante festival musicale e cinematografico che dal 1987 si tiene ogni anno ad Austin, in Texas.
Per lei è arrivato ora il tempo di pubblicare un nuovo EP, DIY Crochet, anticipato negli scorsi mesi da alcuni singoli.
Il titolo nel nuovo progetto è piuttosto eloquente e suona come un manifesto: da una parte, il concetto del farcela da soli (“do it yourself”), dall’altra il riferimento all’uncinetto (in inglese crochet), sua grande passione, simbolo anche di artigianalità e creatività, anche nella musica.

Riprendendo la metafora dell’uncinetto e dei tessuti, che torna anche sulla cover del nuovo EP, se dovessi abbinare ogni traccia del disco a un tessuto colorato, quale tessuto e quale colore sceglieresti?
Ognuna delle tracce del mio EP è un lungo filo di cotone, che si intreccia con il resto diventando un prodotto finito. Ogni brano ha un colore e il colore è lo stesso usato per le rispettive copertine dei brani: “Dormire in macchina” giallo, “Mhh mmm” rosso, “Amore infedele” bianco, “Luglio” grigio.
Il titolo dell’EP, DIY Crochet, racchiude due concetti oggi centrali, quello del “farcela da soli” e quello della creatività handmade, che oggi sembra messo a dura prova dell’intelligenza artificiale. Da musicista, hai paura che l’AI possa uccidere la creatività e appiattire l’arte?
No, non ho questa paura. L’emotività non può essere sostituita dall’intelligenza artificiale, e senza l’emotività e l’empatia la musica non esisterebbe. Sicuramente l’AI è avanti nel creare brani da zero, dal punto di vista del sonoro e delle topline, ma non credo che sarà mai in grado di scrivere un brano in maniera unica e personale.

A differenza del precedente EP, incentrato sulla tua famiglia, in questo racconti le storie degli altri, il mondo che ti circonda. Da cantautrice, trovi più semplice raccontare te stessa o il mondo esterno?
Dipende. Il primo EP è nato in maniera spontanea e concreta. Avevo bisogno di esprimermi su quelle tematiche e ci sono riuscita facilmente. Se dovessi scrivere invece una canzone più introspettiva o legata all’amore e al rapporto di coppia, farei veramente tanta fatica, perché mi sembra di mettermi a confronto con tutti gli altri artisti che scrivono di questo tema. Non so se ha senso, ma mi sembra di perdere concretezza.
Per la scrittura del nuovo EP mi sono presa molto più tempo: parla di storie di altri, perché è tutto storytelling. Con lo storytelling si può andare ovunque e per questo ti si aprono migliaia di porte, ed è poi complicato decidere quale scegliere.
Vivere in macchina affronta alcuni temi cruciali per la tua generazione (il costo della vita in un grande grande città come Milano, la difficoltà nel trovare stabilità), intrecciandoli con la tua sensazione di essere sempre inadeguata. Qual è la tua personale soluzione per non vivere “una vita di plastica”?
Non credo ci sia una soluzione, in realtà il brano è scritto in chiave ironica seguendo le lamentele di un’amica che non ha alcun problema economico ma si lamenta della sua situazione, appunto, economica, essendo una fuorisede a Milano.
Luglio continua ancora essere per te un mese grigio e interminabile, come canti nel brano omonimo?
Sì luglio è sempre un mese grigio e interminabile, quasi paragonabile a febbraio, altro mese interminabile, anche se dura meno degli altri. Ho sempre passato le giornate di luglio a fare il conto alla rovescia, sperando che finisse il più presto possibile.

Chi sono i tuoi principali riferimenti musicali?
I The 1975 sicuramente, ma dal punto di vista del suono mi sto riferendo soprattutto ad artisti internazionali che fanno bedroom pop e dream pop come i Men I Trust, Clairo, Mac De Marco, Her’s.
Concludo con una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione?
La ribellione per me è prendersi il tempo di fare le cose con le proprie mani, in un mondo che va sempre più veloce. È scegliere il proprio processo creativo in maniera indipendente.

















