“Settembre”, andiamo, è tempo di rinascere. Parola di Ainé

“Settembre”, andiamo, è tempo di rinascere. Parola di Ainé

Dopo aver pubblicato la prima parte del concept album BUIO (ne abbiamo parlato qui), Ainé anticipa il nuovo capitolo della sua narrativa, Blu- Settembre.

Tema: la rinascita.

In Blu – Settembre si delinea il confine tra il buio e la luce; è la rinascita dopo l’accettazione del distacco.

Anche musicalmente Ainé ha deciso di sperimentare nuove sonorità, utilizzando un beat più incalzante che fonde sonorità jazz e soul con groove vicino alla dimensione deep house e un’attitudine più clubbing.

Un nuovo viaggio musicale tutto da scoprire e percorrere. 

Se fosse un diario, Ainé scriverebbe della canzone così: “Sei ancora in sottofondo. Mi lascio andare e poi un gesto, una parola, un profumo accende i ricordi e mi irrigidisco. Devo continuamente ricordare a me stesso le tue mancanze, i tuoi sbagli, i segreti, come una litania che mi riporta a galla.

Mi perdo in un altro corpo, eppure vorrei ancora stendermi accanto a te, anche adesso, per sapere se guardando allo stesso spicchio di cielo, almeno una volta riusciremo a vedere la stessa cosa.”

Settembre, andiamo, è tempo di rinascere.

BITS-RECE: Ainé, “Buio”. Un calendario per il dolore

BITS-RECE: Ainé, “Buio”. Un calendario per il dolore

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.

Ovunque andrai
Portami con te
in quella lacrima
ma cosa posso fare
se tutto mi ricorda
quel disordine
(
da Lacrima – Aprile)

In psicologia si dice che per metabolizzare un lutto occorra passare attraverso cinque fasi, cinque step necessari affinché la nostra anima possa assorbire e metabolizzare davvero il dolore.

Cinque passaggi la cui durata non può però essere stabilita da altri, ma solo da noi stessi. Perché quando c’è di mezzo un dolore, soprattutto se questo è sull’anima, sono solo la nostra forza, la nostra sensibilità, il nostro mondo interiore a stabilire i tempi per cancellarlo o trasformarlo in qualcos’altro.

Sulla trasformazione del dolore, causato da una separazione, Ainé ha costruito una sorta di calendario emotivo.
Un diario interiore fatto di giorni, mesi, stagioni, da attraversare passo dopo passo
, nell’attesa che qualcosa cambiasse, lasciando fluire le emozioni, il tempo. Un movimento di sentimenti lungo un anno, che dal buio lo ha portato verso la luce, o meglio, alla consapevolezza che possa esistere un’armonia tra luce e ombra.
Poi, sopra questo calendario dell’elaborazione del dolore, ci ha costruito le sue nuove canzoni. Dodici brani, uno per ogni mese dell’anno.

Davanti allo specchio
non mi vedo
parla più forte
non ti sento
tutte le mie cattive abitudini
bussano al tempo
ma in questo momento
tu

(da Disordine – Maggio)

Tutto questo ha preso forma in Buio leggero, un concept album rilasciato in due parti.
La prima, Buio, arriva adesso con le prime cinque tracce, che – come dichiara il titolo – coprono la fase più difficile del percorso.
Si parte dalle lacrime (Lacrima – Aprile), si passa per la perdita di tutti i riferimenti e i sostegni (Disordine – Maggio), e poi ecco riaffiorare la forza che si credeva perduta, il coraggio di affrontare la realtà (Scappare – Giugno), e soprattutto ecco che si rifà sentire l’amore per sé stessi (Giganti – Luglio), fino a ritrovare l’orgoglio (Pareti – Agosto).

Siamo in piedi nella notte
Baci sulle labbra rotte
Lo rifarei mille volte
Sono qui per te

Prendi e te ne vai
Non cambiamo mai
Che cosa hai visto per scappare da me
Che cosa hai visto per tornare da me

(da Scappare – Giugno)

Ad accompagnare questo sfaccettato racconto emotivo è un’attenta alchimia di nu soul e r’n’b, altrettanto sfaccettata e caleidoscopica.

Tra atmosfere in penombra, ritmi accomodanti e venature black, ogni brano è occasione per una diversa declinazione sonora: si va così dall’abbraccio soffuso di Lacrima, di stampo r’n’b, all’intimità acustica di Disordine, mentre la cadenze di Scappare attingono direttamente dall’hip hop old school. Il carattere più morbido di Giganti, a cui prendono parte anche Altea e Lauryyn, riduce gli arrangiamenti strumentali per lasciare più spazio agli intrecci vocali di matrice soul.
A chiudere la prima parte dell’album è Pareti, in cui tornano protagonisti i beat dell’hop hop.

Questa volta ho detto no
Non te lo permetterò
Di fermare le mie vibes
Puoi provare a prendermi
Togliermi il sorriso
Non te lo permetterò

(da Pareti – Agosto)

 

BITS-RECE: Jeson, “Solo un uomo”. Fuoco e introspezione

BITS-RECE: Jeson, “Solo un uomo”. Fuoco e introspezione

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.

Ci sono due parole chiave che ben si adattano a sintetizzare le tracce di Solo un uomo, il nuovo EP di Jeson.

La prima è fuoco, che vuol dire passione, ispirazione, energia. La passione per la musica, l’energia che essa richiede, ma anche l’energia e la potenza che traspirano dai pezzi del disco. Un urban “meticcio” e muscolare, ibridato di r’n’b, elettronica, ma anche di gospel e di soul. Un pastiche di stili frutto del un sodalizio artistico con il producer MDM, che si è occupato della realizzazione di tutte le tracce.

La seconda parola è introspezione, che è la prospettiva da cui Jeson ci permette di entrare nel suo universo, la lente da indossare per poter decifrare i brani. Solo un uomo è la lettura di un mondo interiore, uno sguardo profondo alla ricerca di chi si è veramente e di cosa si stia cercando.

Fuoco e introspezione. Non come poli in opposizione, ma come due sfere che si intersecano e si mantengono in equilibrio. Come nella titletrack, uno dei due inediti dell’EP: un brano che riesce a coniugare vigore e apertura musicale con una riflessione matura sul proprio essere.

Colpisce poi la preghiera laica di Halleluja, tesa, tormentata.

Sul finale, con Se penso a me e Il mio posto l’atmosfera si fa musicalmente più intimista grazie a un’impronta più spiccatamente soul, ma non per questo viene meno il fuoco delle intenzioni: anzi, sono forse proprio questi i due brani che “bruciano” maggiormente di desiderio di scrivere, di raccontarsi, di trovare un proprio posto.

Ci aveva visto benissimo Marco Mengoni, che ha voluto coinvolgere direttamente Jeson in Lasciami indietro: in questo ragazzo c’è una promessa accesa sul futuro.
Forse c’è un po’ di lavoro da fare per marcare l’identità (a tratti, la voce mostra richiami un po’ troppo “blancheggianti”, e questa è davvero l’unica sbavatura del progetto), ma il fuoco di Jeson può e deve divampare.

#MUSICANUOVA: Demonaco, “Nennè”

L’eterna domanda: siamo attratti perché siamo diversi o perché ci somigliamo?

Questo il cruccio di Demonaco nel nuovo singolo Nenné, al giro di boa di una relazione, alla ricerca di un’alternativa agli stereotipi di coppia. Dalle chiamate che iniziano con un “mi manchi” e si chiudono in malo modo, l’intesa che si crea ci rende simili, minando l’imprevedibilità del rapporto e apparecchiando il tavolo per il distacco.

Su una strumentale sincopata e incalzante, cucita su misura assieme a Bruno Belissimo, l’artista libera un canto malinconico flirtando con virtuosismi R&B e soul.
I synth prestano il fianco a un canto più riflessivo nelle strofe, mentre si scioglie ogni inibizione nel ritornello, momento in cui vividi trascorsi riaprono cicatrici a fior di pelle.

Nenné è diviso linguisticamente in due fasi: nelle strofe il testo è cantato in italiano e assume una forma più narrativa, mentre nel ritornello Demonaco passa al dialetto napoletano, da cui si colgono le implicazioni più intime dell’artista.

Per alleggerire il peso e accedere a una dimensione più emozionale, l’autore cita una frase detta da sua nonna in un momento di “chi nasce tondo non po’ muri comm’ a te”.

Tale consiglio aiuta ad accettare la fine dei rapporti, familiarizzando con la volatilità della vita e ripudiando le dinamiche di manipolazione e possesso del proprio partner. Anche negli addii, l’artista ritrova il romanticismo che dà sapore alla vita, traducendolo in musica.

Demonaco è un progetto cantautorale che profuma di terra e ogni storie d’amore andate male: un potpourri di fiori seccati al sole delle più cocenti delusioni.

Ivo Pisanti, artista e produttore partenopeo stanziato da tempo a Bologna, nasce bassista e cresce con la passione per la musica motown, il cantautorato italiano e il jazz. Negli ultimi anni riscopre il fascino per la chitarra e senza quasi accorgersene comincia ad abbozzare brani dalle sonorità R&B e indie soul, mischiando la lingua italiana al dialetto napoletano. 

Alicia Keys canta la rivincita in “Underdog”. Nel nuovo singolo la firma di Ed Sheeran

“Alcune persone potrebbero pensare al termine “underdog” (sfavorito – ndr) come a una parola negativa ma io lo vedo come un termine potente, che rappresenta coloro che possono essere sottostimati ma ancora all’altezza della sfida, in grado di superare le aspettative. Amo questa canzone perché parla di vita reale, di persone reali e delle nostre esperienze. Ci siamo trovati tutti nelle nostre vite a dover affrontare delle sfide. Non è mai facile. Una delle mie parti preferite del testo è ‘They say I would never make it but I was built to break the mold’. Non penso ci sia qualcuno che non si sia mai sentito così”.

Alicia Keys è tornata a sorpresa e ha scelto di farlo con Underdog, brano scritto da lei stessa insieme a Ed Sheeran e prodotto da Johnny McDaid.
Si tratta del nuovo estratto dal nuovo progetto discografico, il settimo in studio, dell’artista americana, Alicia, in uscita in primavera.
L’album includerà anche i due brani già pubblicati Time Machine e Show Me Love, in duetto con Miguel, che è anche valso ad Alicia il record di 11 piazzamenti al #1 nella classifica Billboard Adult R&B Songs.

Il prossimo 26 gennaio Alicia sarà, per il secondo anno consecutivo, tra gli ospiti dei Grammy Awards, mentre il 31 marzo uscirà il suo libro, More Mysef (Flatiron Publishing).

Sintetizzatori, funk e melodia. In una parola, Phonix


Phonix
è un cantante, songwriter e produttore con base a Napoli e dalla personalissima cifra stilistica che fonde pop, soul, rock, funk con le più contemporanee sperimentazioni musicali.
Ne è una testimonianza eleoquente il suo ultimo singolo, My Love and My Teacher, un indovinato dialogo di sintetizzatori, groove e profondo cuore melodico.

Fermi tutti: Missy Elliott è tornata


“Chi è Missy?” chiede all’inizio del video di Throw It Back una ragazzina a un’esterrefatta Teyana Taylor. La stessa domanda che probabilmente si farebbero oggi molti altri teenager sentendo parlare di Missy Elliott.
Per i più grandicelli la signora in questione non ha bisogno di alcuna presentazione, ma visto che il suo ultimo album, The Cookbook, risale al 2005 non c’è da stupirsi che le nuove generazioni non sappiano di chi si stia parlando e perché tanto clamore si è creato intorno all’uscita del suo nuovo EP Iconology.

Icona, autorità, maestra, qualsiasi definizione si voglia dare a Missy “Misdemeanor” Elliott non sarà mai esagerata: senza il suo contributo il panorama hip-hop sarebbe probabilmente molto diverso e a molte delle attuali reginette del rap sarebbe mancato un valido punto di riferimento.

L’uscita del nuovo EP è quindi un’ottima notizia, soprattutto perché i nuovi brani arrivano dopo un lunghissimo periodo di silenzio, durante il quale non sono mancati anche problemi di salute: le uniche eccezioni sono state la partecipazione all’Haltime Show del SuperBowl nel 2015 insieme a Katy Perry, la pubblicazione di un paio di singoli nel corso degli ultimi 4 anni e qualche collaborazione. Ma il nome di Missy Elliott mancava stabilmente sulle scene da troppo tempo.
Certo, Iconology non è esattamente quello che forse i fan si aspettavano, visto che si tratta di un minialbum di sole quattro tracce inedite e una versione acapella. Piuttosto improbabile che sia questo il tanto anticipato “ME7” di cui la stessa Elliott aveva in più occasioni parlato nei mesi scorsi, ma un nuovo EP è sempre meglio di un ennesimo singolo tra un periodo di silenzio e l’altro, anche perché il nuovo progetto ci mostra una Missy in gran forma anche grazie alla collaborazione di Timbaland, a cui è stata affidata la produzione.
Si passa dai bassi vibranti del groove di Throw It Back alle ritmiche serrate di Cool Off, mentre sulle sonorità urban votate all’r’n’b di DripDemeanor si inserisce il featuring di Sum1. A chiudere sono le influenze soul di Why I Still Love You, racconto agrodolce di un amore non esattamente corrisposto.

Per lanciare l’EP è stato scelto, non a caso, Throw It Back, una sorta di orgogliosa rivendicazione di meriti e un invito a fare “un salto indietro”, quando il nome di Missy Elliott non suonava sconosciuto a nessuno.

Il prossimo 26 agosto, durante la cerimonia dei VMA, Missy Elliott riceverà il prestigioso Michael Jackson Video Vanguard Award, il riconoscimento assegnato ogni anno per onorare la carriera di un artista che ha fornito un decisivo contributo alla musica.

Insomma, giù il cappello, “This Is A Missy Elliott Exclusive”.

L’amore urban e psichedelico secondo Venerus: esce l’EP “Love Anthem”


Love Anthem
è il nuovo progetto discografico di Venerus (al secolo Andrea Venerus, milanese, classe 1992).

La pubblicazione di Love Anthem – uscito per Asian Fake – è stata divisa in due parti, rilasciate separatamente: la prima – pubblicata lo scorso 10 marzo – conteneva i brani Love Anthem No.1 (prod by Mace) e Al buio un po’ mi perdo (prod by Venerus & Mace), mentre la seconda parte – pubblicata venerdì 21 giugno – completava il progetto con Fulmini / Il fu Venerus e Forse ancora dormire.
Un totale di quattro brani che definiscono il racconto sognante ed etereo dell’artista, sfiorando i tasti di quella romantica psichedelia intrinseca nelle canzoni di Venerus.

Ed è lo stesso cantautore a presentare le tracce dell’EP:
Love Anthem No. 1 è più un vibe che una canzone. Vibe stellato. Per assurdo tutta la canzone è partita dalla frase “come se volessi essere stronzo…” un po’ a difesa della mia sociopatia, ma si è subito intenerita quando ho osservato che quando ti trovi bene con una persona non ti importa più nulla del resto o degli altri. Un po’ hip hop un po’ George Benson, è un inno alla spensieratezza. Io e la mia baby contro il mondo”

Al buio un po’ mi perdo è il pianoforte che si immerge in un oceano urbano, sfiorato da un leggero vento trap. Nel brano i due protagonisti, il piano e la corrente hip hop, si intrecciano, spogliandosi e regalandosi momenti a vicenda”.

Fulmini/ Il fu 
Venerus è un viaggio sonoro che mischia arpeggi e autotune a una non-struttura. Il superamento della tradizionale forma-canzone passa attraverso immagini torbide che confondono i confini tra sogno e ricordo: “Nominare tutti i generi musicali che hanno ispirato il brano richiederebbe una pagina a parte, il risultato è inatteso e del tutto originale: compongo la musica che mi piace, a prescindere da tutto il resto”.

Forse Ancora Dorme era un pensiero che mi pulsava in testa tra le 4 e le 5 di una notte poco più di un mese fa. Un pensiero dolce ma inspiegabilmente preoccupato. La batteria quasi techno che cerca di ricalcare l’inquietudine e il battere accentuato del cuore, e il piano e la melodia invece soul e malinconiche che cercano di riportare pace al pensiero della mia ragazza che dorme senza conoscere le mie preoccupazioni. Questo brano è la contrapposizione di emozioni contrastanti in una notte confusa”.

Entrambe le parti dell’EP sono state accompagnate da un cortometraggio realizzato in collaborazione con Andrea Cleopatria e prodotto da Asian Fake e Nike.
Uniti uno all’altro, i due video formano un vero e proprio mediometraggio di circa mezz’ora.

Andrea Venerus, originario di San Siro, Milano, a 18 anni si trasferisce a Londra dove per 5 anni approfondisce le sue conoscenze musicali e comincia a lavorare a progetti personali, venendo a contatto con le scene musicali di Brixton e di Notting Hill. Terminato il periodo in terra inglese l’artista registra un disco a Roma e, rimasto affascinato dalle atmosfere della città, vi si trasferisce. Oggi vive a Milano, città dalla quale lo scorso 16 novembre ha lanciato il suo primo progetto discografico, l’EP A che punto è la notte pubblicato da Asian Fake. La successiva collaborazione con il rapper Gemitaiz nel brano Senza di me (feat. Venerus& Franco126), presente all’interno del mixtape QVC8 e a cui il giovane artista presta penna e voce, è stato certificato singolo di platino.

photo di Ludovica De Santis e Martina Siardi

Daysy, due cuori e un bpm sulle note di “Mama told me”


Daysy
è il nome del duo francese formato da Daisy e Léo. Entrambi classe ’91, nativi di Caen, in Normandia.
Si conoscono perché la prima band di Léo aveva bisogno di una cantante e Daisy si presenta, eseguendo in acustico Time After Time di Cyndi Lauper. L’incontro porta alla nascita dei Patchamama, un gruppo di sei musicisti che riesce ad andare in tour in Francia e in Europa. Dopo aver collezionato più di 500 concerti, la band si separa ma Daisy e Léo decidono di continuare a suonare insieme: nasce così il duo Daysy, nome ripreso da quello della cantante, ma con la “i” centrale sostituita da una “y” per richiamare le due Y di Yin e Yang,
Come nell’antica filosofia cinese in ogni metà è presente una piccola quantità del suo opposto, questo vogliono rappresentare i Daysy con il loro sound.
Cominciano a scrivere le canzoni, arrivano alla realizzazione del loro primo album Better Days Are Coming, da cui è estratto il singolo di debutto, Mama Told Me.

Il brano porta fin da subito alla old school hip-hop, senza però poter essere davvero definito hip-hop, perché pieno di influenze pop, funky, blues e soul.

Quando l’ansia si fa dura, i Typo Clan iniziano a giocare. Esce il singolo “Suck My Oh”


Suck My Oh 
è un dialogo con la nostra parte più ansiosa, nel momento in cui questa prende il sopravvento: perdiamo il controllo del corpo, il caldo diventa insopportabile e, messi con le spalle al muro, l’unico modo per affrontarla è cantarle in faccia “Suck my oh”!
Prodotto da Bruno Bellissimo, Suck My Oh è il nuovo singolo del Typo Clan, progetto nato nel 2015 da un’idea di Daniel Pasotti e Manuel Bonetti.
A fare da contrasto al tema c’è la musica: sexy nelle strofe, corale e liberatoria nei ritornelli.

Sin dall’inizio della collaborazione, il duo di Pasotti e Bonetti si è focalizzato su una produzione che desse spazio a rap, hip-hop, funky, neo soul e world music. Con questo spirito è nato il primo album in studio, Standard Cream, pubblicato il 5 gennaio 2018.
Nell’estate 2018 il Clan è entrato in studio con Bruno Belissimo per lavorare su nuovi brani e a inizio del 2019 è entrato nella famiglia Vulcano Produzioni e ha presentato un nuovo live, passando dai cinque elementi dei live precedenti a tre elementi.
Bonetti e Pasotti continuano a lavorare da soli ai loro pezzi, ma senza mai abbandonare il clan.