“Non sono bravo a raccontare le mie sensazioni, preferisco comporle. E quando ho scritto Come si fa? ero genuinamente incazzato. Con me stesso, con gli altri e con quello che mi circondava.
L’ho scritta di getto perché, come le emozioni più sismiche, è esplosa all’improvviso”.
DJ e producer avellinese, classe ‘96, indicato da VEVO Italia come uno dei nomi della nuova scena elettronica italiana da tenere d’occhio, GIMA torna con un inno da club arrabbiato e malinconico, scandito da un interrogativo ciclico che chiede spiegazioni: come si fa ad amare qualcuno col cuore di un altro, a non smarrire la propria identità e nemmeno il legame che ci unisce.
L’interrogativo di chi sta vivendo i propri anni Venti con un senso di smarrimento verso il presente.
BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit
Nell’antica Grecia, Dioniso era il dio dell’eccesso, il dio dell’ebbrezza, della follia, della possessione, dell’estasi mistica. Il suo corteo orgiastico, popolato da satiri caprini e baccanti invasate, era portatore di disordine e inquietudine nel mondo civilizzato delle poleis. Dioniso il dio legato all’aspetto selvaggio e ferino dell’uomo, era il dio dell’istinto animale, opposto al più rassicurante equilibrio apollineo.
Per questo Dioniso era guardato con timore e sospetto, perché la sua presenza richiamava tutto ciò che non si poteva governare, che usciva dalle regole, che si allontanava dalla norma, ma anche tutto ciò che arrivava da lontana, soprattutto dalle misteriose e malviste terre orientali.
Se oggi prendesse vita un moderno corteo dionisiaco, molto probabilmente si muoverebbe al suono ipnotico di un’elettronica acida e contaminata di suggestioni esotiche, naturalmente all’insegna della queerness.
Tutti elementi che ritornano nelle sonorità e nell’estetica di METAMORFOSI (VOL. 1), il nuovo EP dell’italo-brasiliano ETHAN.
Cinque tracce che fanno incontrare il mondo del clubbing con l’r’n’b, il baile funk di matrice carioca, fino a catturare echi mediorientali. Un manifesto queer sensuale, fluido ed eterogeneo, frutto di un percorso di ricerca e sperimentazione dell’artista, che va alla riscoperta delle proprie origine anche nella lingua, alternando liriche in italiano e in portoghese.
“METAMORFOSI (VOL. 1) è la risposta a un mondo che spesso ci vuole statici, omogenei, omologati: una danza tra il passato e il futuro, un viaggio che fonde la sperimentazione elettronica con il pop più tangibile. Ogni traccia è un esperimento, un dialogo tra quello che siamo e quello che potremmo diventare. Non siamo più vincolati a una forma predefinita, ma liberi di fluttuare tra suoni, emozioni e idee, pur mantenendo intatto il nostro nucleo”, dichiara ETHAN.
Un diretto rimando al mondo classico è quello del titolo, metamorfosi, termine che allude alla trasformazione e al cambiamento: “In ogni cambiamento c’è una liberazione e la musica è la nostra via per farla emergere. La metamorfosi è il cammino verso una versione più autentica di noi stessi, un flusso che non segue regole, ma che crea nuove possibilità. È il coraggio di spingersi oltre, di esplorare l’inconosciuto e di rinascere”.
Esotiche ed eterogenee anche lo collaborazioni: il cantante carioca MC GW, il produttore multiplatino brasiliano DJ 2F e la performer italo-persiana NAVA.
#MUSICANUOVA: Kill Ref & Hi-Fi Ensemble, “Filemone e Bauci”
Tra le tante storie raccontate dal poeta latino Ovidio nelle Metamorfosi vi è anche il mito di Filemone e Bauci.
Secondo la leggenda, Filemone e Bauci erano una coppia di anziani sposi, poveri ma felici, che vivevano in un piccolo villaggio della Frigia. Un giorno, gli dèi Zeus e Ermes visitarono il villaggio sotto le sembianze di comuni mortali. Bussarono alle porte di diverse case, ma nessuno li accolse.
Solo Filemone e Bauci, nonostante la loro povertà, offrirono ospitalità ai due stranieri con cibo semplice e vino.
Durante il pasto, Bauci si accorse che il vino nella brocca non si esauriva mai, segno che i loro ospiti non erano uomini comuni, ma divinità. Zeus e Ermes rivelarono la loro vera identità e decisero di ricompensare la coppia. Li fecero salire su una collina e punirono il villaggio con un’inondazione. Solo la casa dei due sposi venne risparmiata, e trasformata in un tempio.
Zeus chiese inoltre ai due sposi di esprimere un desiderio: Filemone e Bauci chiesero di diventare i custodi del tempio e di morire nello stesso momento, per non dover mai vivere separati. Gli dèi esaudirono il loro desiderio: molti anni dopo, quando giunse il momento della loro morte, i due sposi furono trasformati in due alberi, una quercia e un tiglio, cresciuti l’uno accanto all’altro.
Prendendo spunto da questo racconto mitico, è nato Filemone e Bauci, il brano che segna l’esordio del progetto Kill Ref & HI Fi Ensemble, una live band elettronica con una formazione mobile di musicisti chiamati del dj e produttore Alessandro Signore (già Kill Ref), figura centrale del progetto e titolare dell’etichetta KR/LF Records.
Un brano che sfugge agli standard dello streaming e a ogni etichetta di genere, mescolando elementi arcaici e moderni, melodie e percussioni, per dar vita a un’inedita rilettura dell’antico.
Filemone eBauci, che anticipa un disco in uscita ad ottobre, sarà anche accompagnato da un cortometraggio diretto da Antonio Zannone, che fisserà in immagini il contrasto tra elementi elettronici, percussivi, distorti e glitch con momenti orchestrali, epici ed ancestrali.
Di seguito, i bozzetti dei costumi dei personaggi per la rappresentazione del mito di Filemone e Bauci.
La nascita del progetto Kill Ref & Hi-Fi Ensemble ha avuto una brevissima gestazione.
La band ha debuttato sul palco nel 2014 con una jam session, dalla cui lenta sedimentazione è emerso dopo tempo, nel 2024, il primo album Cronache di Apparente Movimento.
Rimescolandosi all’occorrenza, la componente Hi-Fi Ensemble è principalmente composta da: Marco Pescosolido (violoncello), Luca De Siena (piano, sintetizzatori), Alessio Pelliccia (sintetizzatori elettrici), Alessandro Saltarelli (basso elettrico), Rocco Saviano (chitarra elettrica) e naturalmente Alessandro Signore (campionatori e batterie elettroniche).
BITS-RECE: Jon Hopkins, “Ritual”. Liturgia elettronica per veri devoti
BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
Un titolo che da solo dice già tutto: Ritual.
Fin troppo didascalico per scoprire cosa nasconde al suo interno.
Il nuovo lavoro di Jon Hopkins, producer da oltre 20 anni sulla scena, sarebbe davvero la colonna sonora ideale per una cerimonia di un rito pagano, o addirittura di un nuovo credo.
Un’opera epica e monumentale, non certo pensata per un ascolto veloce o frammentario, ma per essere ascoltata dall’inizio alla fine senza soluzione di continuità, in uno stato di totale concentrazione. L’idea è quella di portare l’ascoltatore “dentro” alla musica, e per farlo l’ascoltatore deve realmente esserci, prendersi il tempo per restare nel “qui e ora”, almeno per i 41 minuti della durata.
Le otto tracce dell’album non sono altro che otto fasi in successione di un’unica, immaginaria celebrazione liturgica che evoca atmosfere oscure, potentemente suggestive, arcane.
Come dichiarato dallo stesso Hopkins, Ritual ha preso forma nella seconda metà del 2023, ma il suo “seme” era stato piantato già nel 2022, e tutto era cominciato nell’ambito di Dreamchine, un innovativo progetto pensato per celebrare la creatività, realizzato in collaborazione con artisti, scienziati e filosofi. Si trattava di un’esperienza di musica immersiva di carattere cerimoniale, per la quale il producer inglese era stato chiamato a comporre le musiche. Ascoltando ora il nuovo album si coglie bene il filo rosso che da Dreamachine ha portato a Ritual.
Ma chi conosce da tempo Hopkins non si farà certo cogliere di sorpresa di fronte a questa nuova opera, considerando la naturale tendenza dell’artista a ricercare una certa spiritualità nei propri lavori e creare panorami sonori fortemente evocativi.
Il racconto parte da uno stato di quiete (part i – altar), fatto di sussurri lontani (la voce è quella di Vylana, collaboratrice dilunga data di Hopkins, “alchimista del suono”, come lei stessa si definisce): è come l’inizio di un cammino che vuole i suoi tempi, la preparazione a un’esperienza mistica che si carica progressivamente di energia. L’ambient e il down-tempo, territorio in cui producer gioca in casa, si contaminano così piano piano di echi tribali e richiami ancestrali, accompagnando l’ascolto in un climax di tensione che raggiunge l’apice nel sesto movimento (part vi – solar goddess return, ma – lo ripetiamo – la suddivisione è puramente formale, perché il disco va considerato come un corpo unico). È a questo punto che, idealmente, si assiste all’epifania divina: è il momento dell’estasi mistica e della rivelazione.
Quella che segue, nelle ultime due tracce, è una decompressione che riporta lo spirito a una dimensione terrena, ma con il beneficio della visione celestiale a cui si è assistito.
Con Ritual Jon Hopkins allestisce il programma di un moderno rituale sciamanico modellato su suggestioni elettroniche; una cerimonia di cui è egli stesso l’officiante, e che sull’altare, al posto di calici e offerte, ha i sintetizzatori.
Oggettivamente, è un bel lavoro, ben prodotto (e ci mancherebbe!), che chiama l’ascoltatore a un’esperienza fortemente emozionale, ma che nello stesso tempo gli richiede un’attenzione totale e una motivazione sincera nell’arrivare dall’inizio alla fine. Prendere questo progetto solo in qualche singola traccia sparsa permette sì di coglierne la bellezza, ma vorrebbe anche dire perderne il senso più profondo, sfilacciarne il racconto, annullare l’intento dell’artista.
Ed è proprio qui che si intravede la fragilità di questo album. Nell’antica Grecia c’erano i culti misterici, le cui rivelazioni erano destinate esclusivamente agli iniziati: ecco, forse anche quella di Hopkins non è una rivelazione alla portata di tutti ma aperta solo ai suoi veri devoti.
BITS-RECE: UDDE, “Diaspora”. Non qui, non ora, ovunque, sempre
BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
La storia di questo disco parte dalla foto che poi ne è diventata la copertina.
Un’immagine sospesa nel tempo, in un non luogo che potrebbe trovarsi ovunque, in un inverno glaciale che potrebbe sembrare eterno, cristallizzato nel tempo. Tutto immortalato in uno scatto slegato da ogni coordinata.
Quando UDDE – musicista e compositore sardo di origine, ma di stanza in Grecia – ha visto questa immagine, in lui è scattata una scintilla che lo ha messo al lavoro su un disco che riuscisse a catturarne l’essenza. Era il 2014.
Diaspora, il disco, è uscito nell’aprile del 2024.
Dieci anni di tempo, di lavoro, di ripensamenti, di scritture e riscritture, di ispirazioni catturate e cancellate. Le 11 tracce definitive sono il risultato di una scrematura di almeno 30 pezzi.
Aprendo un qualsiasi dizionario, alla voce “diaspora” si trova una definizione che suona più o meno così: dispersione di un popolo o di una comunità al di fuori della propria patria o territorio d’origine.
Uno dei tratti caratteristici di ogni diaspora è il fatto che i gruppi di individui che si ritrovano a migrare altrove mantengono intatta la loro identità culturale all’interno del nuovo contesto in cui si stabiliscono.
Prendendo questa definizione e applicandola all’album, l’equazione torna perfettamente: Diaspora appare effettivamente come un progetto diasporico. Ogni traccia è una pietra di un cammino, un piccolo sasso gettato qua e là nello spazio e nel tempo della lavorazione del disco. Eppure, prese tutte insieme, le tracce sono straordinariamente coese, compatte, coerenti. Ogni pezzo di Diaspora è un piccolo mondo lucente, un candido ecosistema autosufficiente, che non tradisce però l’identità più alta dell’intero progetto.
Diaspora è un album solo nella forma: nella sostanza è una raccolta di petali leggerissimi, volati qua e là liberamente, senza vincoli, legami.
Arrivando più nello specifico a inquadrarne l’identità, Diaspora è un album evanescente, diafano, etereo nelle sue atmosfere oniriche e sospese.
Il suo autore ha dichiarato di essersi ispirato a un ventaglio di fonti che vanno da Cocteau Twins, David Bowie, Brian Wilson, Syd Barrett, e molti, molti altri nomi: tutti riferimenti che qui dentro si potrebbe anche cercare di carpire, ma sono talmente reimpastati, metabolizzati, trasformati che non importa davvero sapere quali siano.
C’è ovviamente tanta elettronica, c’è sperimentazione, c’è una scrittura che sembra quasi volersi nascondere sotto i vari effetti del cantato.
Diaspora nasce da una lunga ricerca, ma è esso stesso una ricerca che chi lo ascolta deve compiere pezzo dopo pezzo. Un mosaico candido e glaciale da osservare da vicino, per cogliere in ogni sua tessera ogni piccola scaglia preziosa. Oltre ogni luogo, lontano da ogni tempo.
BITS-RECE: Kimera, “I fiori del male”. Poesia nel cuore della notte
BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
Siamo Uomini, animali sociali, ce lo hanno insegnato i Greci: siamo nati per stare in gruppo, vivere in società, creare relazioni, instaurare rapporti civili. E questo lo facciamo principalmente durante il giorno, nelle ore di luce, quando indossiamo la nostra maschera migliore per uscire di casa e affrontare il mondo fuori.
E poi c’è la notte. L’altra faccia della medaglia, la faccia buia, misteriosa, segreta. Che la notte abbia da sempre esercitato su di noi un fascino potentissimo non è certo un mistero. Artisti, scrittori, filosofi, poeti ce lo hanno raccontato. È di notte che ci guardiamo in faccia per ciò che siamo veramente; di notte siamo disposti ad accettare ciò che siamo e ciò che vogliamo; di notte lasciamo cadere le difese e affrontiamo demoni, desideri, fragilità. Per cui sì, siamo animali sociali, ma siamo anche animali notturni.
Un racconto poetico e profondo della notte, dei suoi labirinti di emozioni, delle sue vertigini e dei suoi vortici, lo troviamo nelle tracce di I fiori del male, nuovo progetto del cantautore Kimera.
In un tessuto elettronico che si divide tra synth-pop e darkwave, Kimera costruisce un cantautorato notturno dai toni freddi, in cui prendono vita episodi di passione e fragilità, intimità e smarrimento. Un cantautorato che si apre alle ultime luci del crepuscolo per liberare pensieri, preghiere, suppliche, in una corsa a perdifiato lungo chiaroscuri stupendi e spaventosi, con la Luna come unica, ideale testimone, ferma e muta nel cielo.
Le cinque tracce dell’EP sono istantanee di un racconto di vita, a partire da Artico, in cui la dolcezza del canto fa da perfetto contraltare all’amarezza di un amore solo sognato; partendo dal riferimento baudelairiano, I fiori del male, traccia che dà il titolo all’EP, esprime al massimo il senso di smarrimento e solitudine, mentre Quando le discoteche chiudono è forse il pezzo che meglio riassume lo spirito di tutto il progetto.
Chiude Hyperlove, l’ultimo abbaglio notturno, l’ultima scheggia di ghiaccio: “Il silenzio fa un rumore così forte da sentire anche quaggiù”.
È l’ultimo segreto svelato al termine di una corsa disperata, mentre all’orizzonte si intravedono le prime luci di un nuovo giorno. E tutto sembra diverso.
“Tra la nebbia resta solo una certezza / il nostro è un hyperlove”.
SOPHIE: fuori due nuove tracce. A settembre arriva l’album postumo
Sono stati svelati due nuovi brani dall’attesissimo album postumo della producer SOPHIE, in uscita il prossimo 27 settembre.
Le due nuove tracce – che seguono la pubblicazione del primo singolo singolo Reason Why, con Kim Petras e BC Kingdom – si intitolano Berlin Nightmare (feat. Evita Manji) e One More Time (feat. Popstar) e offrono uno sguardo approfondito di quello che ci si può aspettare dall’album.
Creato dalla stessa SOPHIE e da alcuni dei suoi più cari collaboratori, il disco, il cui titolo sarà proprio SOPHIE, era quasi completato quando l’artista è morta tragicamente in Grecia, ed è stato poi portato a termine con amore proprio da suoi collaboratori.
SOPHIE uscirà tramite su etichetta Transgressive e Future Classic il 27 settembre 2024, ed è già disponibile in preordine.
Questo nuovo lavoro sarà il seguito del rivoluzionario album debutto, OIL OF EVERY PEARL’S UN-INSIDES, pubblicato nel 2018, e della compilation di singoli PRODUCT, uscita nel 2015.
Si intitola fiori/posto sbagliato il nuovo singolo di faccianuvola, questa volta accompagnato dal produttore e amico fenoaltea.
Il risultato della collaborazione è una canzone elettronica ed onirica, accompagnata dalla voce dell’artista, impiegata come un vero e proprio strumento, che culmina in un primo drop UK-garage più morbido e da un secondo drop più energico.
La musica di faccianuvola è sempre arricchita da personaggi, ambienti e situazioni eteree, quasi surreali, in cui anche la sua voce diventa uno strumento musicale che accompagna l’ascoltatore nel viaggio all’interno del brano. Le atmosfere che l’artista riesce a creare con la sua musica sono riflessioni di immagini delicate, tra costellazioni sconosciute e immersioni improvvise nel reale.
La natura, dai fiori alla Luna, passando per campi di grano, è uno degli elementi predominanti nella sua scrittura, che mescola con cura l’eredità del cantautorato italiano con un approccio elettronico alla produzione.
fiori/posto sbagliatoarriva dopo la pubblicazione dell’album le stelle* il sole; l’arcobaleno)), una raccolta in musica di storie di fantasia, in cui faccianuvola racconta sé stesso e la realtà che vive, astraendola e trasportandola in mondi surreali, slegati dallo spazio e dal tempo.
Affogando è il nuovo singolo di Sunken, disponibile su tutte le piattaforme digitali da giovedì 30 maggio per peermusic ITALY.
“Affogando” prosegue la narrazione iniziata con il singolo precedente Su Da Te, concentrandosi nuovamente sulla realtà distopica e frenetica nella quale viviamo ma guardandola da una diversa prospettiva.
“Affogando potrebbe essere l’altro lato della medaglia rispetto al singolo precedente Su Da Te. Lì è stato espresso il desiderio di staccare dalla frenesia della vita in città, mentre in questo nuovo brano viene espressa l’impossibilità di fuggire, lasciandosi “affogare”, appunto, in quello che è il contesto sociale in cui sono immerse le nuove generazioni”
Sulla produzione del brano, Sunken trova il supporto di Polezsky e Kang Brulèe, che per l’occasione creano per lui un nuovo spazio per esplorare maggiormente la parte lirica e vocale.
L’artista si immerge così nei suoi pensieri e nelle sue emozioni riuscendo a ricavare uno spazio maggiore per la voce senza perdere comunque la forte impronta elettronica e le sonorità alternative pop dalle sfumature dark che caratterizzano tutte le sue produzioni.
Sunken inizia il suo percorso musicale come dj e producer di musica urban, espandendo le sue ispirazioni e influenze nel corso degli anni, fino a intraprendere un percorso da cantante autoprodotto a partire dal 2022. Lo stesso anno, decide di trasferirsi dalla sua città natale, Altamura (BA), per entrare “nel vivo” della scena musicale emergente di Milano, dove abbraccia nuove influenze e trova finalmente uno spazio in cui esprimersi al 100%.
Oggi spazia dal genere urban e r&b a quello elettronico, strizzando l’occhio alla musica del passato che ha segnato gli anni della sua infanzia. Con l’uscita del suo primo featuring Ultima Volta realizzato insieme a K beezy 28, corona il suo ingresso in peermusic ITALY, che firma il suo primo EP CORE CORE, a cui segue la pubblicazione del brano Su Da Te.
“Spesso, se non ho sessioni o impegni su Milano, nonostante io ci viva e lavori stabilmente, rientro a Brescia, dove sono nato e cresciuto, e lavoro dalla cameretta di casa dove ho iniziato a produrre”.
MILANO è il nuovo singolo di Estremo, qui in collaborazione con Rizzo.
Al confine tra elettronica e pop dance, il brano è un inno alla spensieratezza, alla ricerca della serenità, dove la metropoli lombarda è sinonimo di frenesia, ansia e rincorsa.
“Vengo dalla Franciacorta ed il verde, la campagna, le colline e la tranquillità della vita di paese è ciò che mi fa stare bene quando la grigia frenesia milanese mi rende triste. Questo brano è nato in modo super spontaneo durante la nostra prima sessione insieme. Prima di MILANO io e Rizzo ci conoscevamo già, ma non avevamo mai avuto l’occasione di vederci in studio. Una volta avuta l’idea abbiamo chiuso il brano in pochissimo tempo, eravamo troppo gasati”.
Estremo è Enrico Botta, DJ e produttore classe 1997 nato a Brescia. È capace di destreggiarsi tra urban e musica elettronica e trarre influenze parallele che rendono le sue produzioni un mix omogeneo di generi e vari mondi sonori.
Ha prodotto per Izi, Tedua, Vaz Te, IRBIS 37, Blind, Nomercy Blake e Anzj, fino all’inizio della collaborazione con Madame, con la quale firma il singolo “La promessa dell’anno”. A dicembre 2020 arriva poi l’annuncio della partecipazione del brano “VOCE”, scritto insieme a Madame e Dardust, all’edizione 2021 del Festival di Sanremo.
Continua la sua carriera da DJ, suonando in vari club e festival italiani ed esteri e producendo per artisti come Marco Mengoni, Epoque, Roshelle, Giuse The Lizia, Johnny Marsiglia, Sina e NIO.
Il 2024 si apre con la seconda partecipazione a Sanremo con la produzione di “La Rabbia non ti basta” di Big Mama e con la firma in M.A.S.T. (Believe italia), etichetta con la quale pubblica il suo primo singolo “Forza”, insieme a Okgiorgio.