Il primo incontro pubblico tra Sethu e i bnkr44 era stato sul palco del Festival di Sanremo 2023, quando il primo, in gara con il brano Cause perse, decise di coinvolgere la band nella serata delle cover.
Insieme diedero vita a una personale rivisitazione di Charlie fa surf dei Baustelle, portando in scena tutta la carica del punk-rock.
Ora l’artista savonese e la band si ritrovano per una nuova, inedita collaborazione: il brano si intitola sottosopra ed è una delle bonus tracks incluse nella nuova edizione di tutti i colori del buio, il primo album di Sethu pubblicato in digitale alcuni mesi fa, in arrivo il 1 novembre anche in una specialissima edizione in vinile zootropico.
Amalfitano e Francesco Bianconi: bruciare d’amore. Anzi, di fosforo
Hai mai provato l’effetto fosforo?
Io l’ho sperimentato diverse volte, sempre con le canzoni, ma magari tu lo hai provato con un film, o con un quadro. Con il tempo ho anche imparato a riconoscerlo da subito.
Non sapendo come definirlo, lo chiamerò “effetto fosforo”, e ti spiego anche il perchè.
Succede così: sento una canzone per la prima volta e penso “bah…”. Cioè, non è che non mi piaccia proprio, ma tutto sommato mi lascia indifferente. Anzi no, non è esattamente indifferenza, è più un “sì, carina, ma nulla di che”.
Poi, dopo qualche giorno, o la riascolto per caso o mi si ripresenta in testa da sola, ed è lì che si innesca “l’effetto fosforo“. Perchè inizio a capire che in quella canzone c’è qualcosa di magnetico, qualcosa che non so spiegare: forse è nel giro melodico, forse nel canto, forse in uno strumento, ogni volta può cambiare, e mi accorgo che quel brano lo voglio riascoltare, e ancora, e poi ancora, a loop, anche per giorni, fino a quando mi si pianta in testa e capisco che sarà amore. Anzi, lo è già.
Negli anni questa cosa mi è capitata diverse volte: andando a memoria, con “That don’t impress me much” di Shania Twain, “Bruci la città” di Irene Grandi, “Stand inside your love” degli Smashing Pumpkins, ma persino con “Poker face” di Lady Gaga.
Ogni volta sono farfalle nello stomaco.
Ovvio che col passare del tempo l’entusiasmo si ridimensiona, ma il bello sta proprio in quei primi momenti in cui capisci che da un “meh..” stai passando a un “WOW!!”
Come dicevo, con il tempo ho imparato a capire subito quando una canzone mi provocherà ‘l’effetto fosforo”. Ed è proprio quello che è successo in questi giorni – appunto – con “Fosforo” di Amalfitano e Francesco Bianconi.
L’ho sentita giorni fa, non mi ha colpito, ma sapevo che lo avrebbe fatto, e così è stato. Ci ha messo quasi una settimana, ma poi è esplosa come un’atomica, e lo ha fatto senza che forzassi nulla.
È entrata a gomitate nel cervello, e ancora adesso sta ferma lì. Anzi, non sta ferma per nulla, gira vorticosamente!
“Fosforo” è un brano matto, disgraziato, di quelli che ti fanno ridere e gridare.
“Tienimi la mano diva / che mi balla lo sguardo”, un incipit che sa di moderna saga epica. Una suggestione abbagliante che dura giusto il tempo di un lampo, prima che si inneschi la detonazione sonora: percussioni, chitarre, basso, persino archi. Tutto freme, arde, si scalda, brucia.
Il giro armonico è una giostra selvaggia, le note crescono e si scaldano mano a mano, mentre sotto scalpita e si agita una commistione salmastra di sensualità ustionante e disperazione d’amore.
Perché “Fosforo” è anche la più folle canzone d’amore uscita negli ultimi anni. Anzi, “Fosforo” è soprattutto una canzone d’amore.
Io l’amore non potrei immaginarlo diversamente, un’onda incandescente che ti arriva addosso “e mi prende la testa e scende giù nel cuore / e poi risale come di rimbalzo e mi fa lacrimare”.
Mentre sul fronte Baustelle tutto resta silenzioso, Francesco Bianconi torna con il suo secondo lavoro da solista.
Dopo l’esordio nel 2020 con Forever, il cantautore toscano si mette ora alla prova con una raccolta di cover, Francesco Bianconi Accade. Il titolo, un po’ ironicamente e un maccheronicamente, prende spunto dalle performance live organizzate in streaming durante la pandemia: “accade” come traduzione di “happening”, nel senso di “ritrovo, evento”, ma anche come segno di qualcosa che nonostante tutto continua a muoversi, a esistere, ad accadere, appunto.
Dieci cover pescate nella musica italiana con l’unico criterio di avere tutte in sé almeno un “granellino” di Bianconi. E se per l’ascoltatore non è sempre facile scovarlo, questo granellino, una cosa è certa: insieme ai nuovi arrangiamenti, la protagonista di questo disco è la voce di Bianconi, quella a cui ci ha sempre abituati fin dai primissimi esordi con i Baustelle.
Quella voce greve e sorniona, antica, volutamente aristocratica e rococò, solenne, in grado – volontariamente o no – di stendere un’ombra di decadenza su tutto quello che canta. E così accade qui.
Il cantautore si fa interprete e rivede ogni brano dalla sua prospettiva. In una parola, bianconizza.
Accade con i pezzi, non tra i più noti, scelti dal repertorio di due intoccabili come Guccini (Ti ricordi quei giorni) e Tenco (Quello che conta) e con l’omaggio ai Diaframma, band a cui molto devono i Baustelle (L’odore delle rose).
Quando rivede un classico come Domani è un altro giorno (a sua volta cover di The wonders you perform) Bianconi mette da parte l’interpretazione di Ornella Vanoni e aggiunge al brano un’aura quasi liturgica.
Ma questa è anche l’occasione per l’autore di farsi interprete di se stesso, e quindi ecco Io sono, scritta per Paola Turci, e poi La cometa di Halley e Bruci la città, portate al successo da Irene Grandi. Se nel primo caso la nuova formula funziona, negli altri due si sente perde purtroppo il luccichio e la forza delle versioni originali.
E poi c’è il vero colpo di teatro, l’eresia pop a cui Bianconi non ha voluto rinunciare, sicuramente non senza averci pensato con un mezzo sorriso. Playa, ovvero il successone di Baby K di qualche estate fa. Ma dimenticatevi il reggaeton, il sole e le palme. In questo caso la bianconizzazione non si limita a trasformare, ma stravolge il mood della canzone. Il testo non cambia di una virgola, ma la leggerezza che tutti ricordavamo lascia il posto a una malinconia inedita, a dir poco sorprendente. Vincente la scelta di coinvolgere la stessa Baby K per il duetto: due poli opposti che escono dalle rispettive comfort zone per incontrarsi a metà strada. Poteva essere una collisione, è una rivelazione.
BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
Quando il cantante di una band, che di solito ne è anche il frontman, decide di realizzare un progetto solista, la reazione che ne segue da parte del pubblico può essere di dispiacere, per vedere ormai segnato il destino del gruppo (perché 90 volte su 100 lo sappiamo come va a finire), o di curiosità per l’imminente nuovo progetto in arrivo. Talvolta questi due sentimenti si abbracciano, e quel che ne vien fuori è un misto di rimpianto ed eccitazione.
Così è stato per me, quando – ormai alcuni mesi fa – Francesco Bianconi ha annunciato l’uscita del primo progetto come solista. Io, che seguo i Baustelle da almeno una quindicina d’anni, non sapevo bene come prendere la notizia. A chiarirmi le idee non è bastata neanche l’uscita dei primi singoli, ma ho dovuto aspettare che Forever, questo il titolo del disco, vedesse la luce nella sua interezza. E adesso lo posso dire: qualunque sorte toccherà alla band, è una fortuna che Bianconi abbia deciso di realizzare un album come questo.
Forever è uno di quei dischi che hanno l’impronta dell’ambizione in ogni singola traccia, in ogni nota, in ogni sequenza di parole: un’ambizione alla bellezza e alla sfida del tempo, che poi è un po’ la stessa cosa, visto che il vero bello per sua natura non è scalfito dalle mode e dalle epoche.
Un’ambizione austera e discretissima, declinata sulle musiche da camera del quartetto d’archi Balanescu Quartet, spogliata delle ritmiche del basso e della batteria e con minimali utilizzi di elettronica. Quella che ne viene fuori è una tessitura elegante e profondamente malinconica, veste elitaria, ma perfetta, sulla quale si avvolgono le parole e il canto di Bianconi, che forse mai come adesso si lascia andare a un’introspezione sincera che comprende riflessioni spirituali, cinismo sfrontato, ironia velata.
Il buon Francesco non è certo una rivelazione, e anzi ormai sappiamo bene che nel cantautorato italiano il suo nome non ha più bisogno di presentazioni, ma per capirlo fino in fondo vale la pena dare almeno un ascolto a Il bene, L’abisso, alla splendida Zuma Beach o a Certi uomini. Una scrittura che passa dalla poesia più lirica a improvvisi squarci prosaici, che riesce a coniugare scandalo e pudore, sacro e laico.
Nei 40 minuti che compongono Forever non mancano poi selezionatissime incursioni, come quella di Rufus Wainwright, che canta anche in italiano i versi d’amore di “Andante”, o il canto struggente in arabo di Hindi Zahara in Faìka Llìl Wnhàr. E anche questo è un elemento di ambizione di Forever, volare sopra i confini geografici per farsi musica universale.
Se un giorno i Baustelle torneranno, li accoglierò a braccia aperte: nel frattempo mi soffermo ad ascoltare il passo lieve e malinconico di Francesco Bianconi.
“Cantautorato italiano per persone scocciate, intellettuali pretenziosi e radical chic con l’attico in centro a Milano.”
Sulla sua pagina Facebook, è questa la presentazione che dà della sua musica Jacopo Di Donato, alias Senatore Cirenga.
Classe ‘93, cresciuto tenendo nelle orecchie le canzoni di Rettore, Battisti, Camerini Carmen Consoli, Franco Battiato, Baustelle, fino ai CCCP e ai Prozac +, il ragazzo ha già all’attivo un primo lavoro, Licorice, con il quale si è affacciato sull’underground italiano rivelando un approccio elettronico e scrivendo testi con l’obiettivo di creare uno spazio sicuro per gli intellettuali e gli appassionati di arte, filosofia e politica.
Ad anticipare l’album d’esordio Semantica, in uscita in autunno, arrivano ora ben due nuovi brani, Interlunio e Anche stanotte.
Il primo, ispirato a Belkiss, opera del drammaturgo portoghese Eugenio De Castro, indaga l’assoluta dedizione alle proprie passioni nonostante i loro lati negativi, mentre il secondo racconta la storia di un individuo affetto da insonnia, diventando l’occasione per ragionare sulle paure, le insicurezze e sui desideri della generazione millennial.
Angelo Zanoletti, Emanuele Santona e Filippo Arganini arrivano da Parma e sono rispettivamente voce e tastiere, basso e batteria dei I Segreti, un progetto musicale nato nel 2015 con un EP autoprodotto e approdato ora al primo album ufficiale,Qualunque cosa sia. Suonano indie pop, e la loro musica rimanda agli echi del passato, come dimostrano anche i singoli L’estate sopra di noi e Torno a casa. Dopo un lungo percorso, il loro disco vede la luce, portando un senso di libertà e soddisfazione, soprattutto perché di solito – dichiarano – aDa Parmagli artisti delle città di provincia manca la voglia di guardare fuori.
Quali sono i “segreti” che custodite? Angelo: Se ci fai caso, nei nostri testi c’è sempre qualcosa di introspettivo, le nostre canzoni rappresentano la nostra parte più intima, ecco perché abbiamo scelto di chiamarci così.
Ascoltando i brani dell’album sembra di risentire echi del passato. Con quali riferimenti musicali siete cresciuti? Filippo: Ognuno di noi ha i suoi riferimenti personali, ma in generale tutti amiamo molto la musica degli anni ’70 e ’80. Anche la copertina dell’album rimanda un po’ a quell’epoca. Angelo: Tra gli italiani, a me piacciono molto i Baustelle. Credo siano una delle realtà più interessanti in circolazione, e anche nel loro sound ci sono riferimenti agli anni ’70. Emanuele: Io ho da sempre un amore grandissimo per Lucio Dalla, un grandissimo.
Pensando a Dalla non può non venire in mente Bologna, una città importantissima per il cantautorato italiano. Parma com’è la situazione? Emanuele: Io direi che tutta l’Emilia è una regione che ha dato molto alla musica italiana, più di tutte le altre regioni. Parma però è purtroppo una città di medie dimensioni, come lo sono Reggio o Modena: queste città tendono a chiudersi in se stesse, si fanno bastare, perché non sono abbastanza grandi da offrire le opportunità di Bologna o Milano e non hanno quella spinta verso l’esterno che invece anima chi viene dai piccoli paesi. Vasco e Ligabue, per esempio, arrivano da due paesini di provincia, Zocca e Correggio, e sono realtà come quelle che danno agli artisti la voglia di uscire verso le grandi città, di “spaccare tutto”. In città come Parma invece si tende a restare fermi, chiusi nei soliti circuiti.
In quanto tempo è nato il disco? Filippo: E’ stato un lavoro piuttosto veloce: in 6 mesi era pronto. Ma tutto è partito ormai due anni fa, quando abbiamo conosciuto Simone Sproccati, il nostro produttore. Da allora sono successe un sacco di cose, ma in queste canzoni ci ritroviamo ancora perfettamente: è come se le avessimo chiuse qualche giorno fa.
Avete trovato qualche ostacolo in particolare? Filippo: Direi di no, è stato un percorso lungo, ma armonico: grazie all’EP precedente abbiamo incontrato tante persone che hanno creduto in noi. Emanuele: Forse il momento più difficile è stato dopo la chiusura del disco, quando davanti a noi si è aperta l’incognita del futuro: non sapevamo cosa sarebbe successo, e per mesi siamo rimasti fermi, quando invece ci aspettavamo di vedere subito dei movimenti. Filippo: Questa però è anche forse la cosa che ci ha in qualche modo salvato, perché se avessimo fatto uscire subito il disco, oggi saremmo qui a preoccuparci di doverne far uscire un altro. Invece siamo stati fortunati ad aver avuto un percorso più lento, ma ci meritiamo tutto.
In un periodo come questo, difficile per la discografia, molti artisti vedono la realizzazione del disco come un passaggio verso il live, che è spesso considerato l’obiettivo finale. Anche per voi è così? Angelo: Il live è sicuramente importante, ma mentirei se dicessi che è il momento che preferisco di questo lavoro. Per me è semplicemente un passaggio, una tappa: fa parte del gioco, forse è più importante per chi viene ad ascoltarti.
Venite indicati come una delle nuove realtà dell’indie italiano. Ma per voi cosa significa essere “indie”? Filippo: Noi scriviamo semplicemente delle canzoni, facciamo la nostra musica senza pensare a come potrebbe essere catalogata. Definirla indie serve per inserirla in un canale, che attualmente è quello più in voga in Italia.
Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato date al concetto di ribellione? Emanuele: E’ un atteggiamento, essere quello che si vuole essere Non è facile, perché può turbare gli altri, e infatti sono in pochi a riuscirci davvero. Filippo: Per me è più una liberazione dagli schemi che vengono imposti dall’esterno, dalla società, è qualcosa che ha a che fare con se stessi. Angelo: E’ l’applicazione dei propri il principi e dei propri valori, il coraggio di seguire il proprio istinto.
Il 26 ottobre partirà da Parma il “Qualunque cosa sia un tour”, una serie di appuntamenti live nei club di tutta Italia.
Queste le date confermate: 26 ottobre – Parma @PULP – Release Party 16 novembre – Trento @BOOKIQUE 17 novembre – Fucecchio (FI) @LA LIMONAIA CLUB 24 novembre – La Spezia @TBA 30 novembre – Milano | FUTURA DISCHI PARTY @LINOLEUM (ROCKET) 1 dicembre – Varese @CANTINE COOPUF 2 dicembre – Como @OSTELLO BELLO 14 dicembre – Treviso @HOME ROCK BAR 21 dicembre – Torino @OFF TOPIC 22 dicembre – Carpi (MO) @MATTATOIO 29 dicembre – Rimini @BRADIPOP CLUB 12 gennaio 2019 – Rosà’ (VI) | FUTURA DISCHI PARTY @VINILE 19 gennaio 2019 – Bologna | FUTURA DISCHI PARTY @COVO CLUB 25 gennaio 2019 – Santa Maria a Vico (CE) @SMAV 26 gennaio 2019 – Avellino @TILT 27 gennaio 2019 – Roma @SPAGHETTI UNPLUGGED 1 febbraio 2019 – Foggia @THE ALIBI 8 febbraio 2019 – Asti @DIAVOLO ROSSO 9 febbraio 2019 – Pistoia @H2O
Dopo una prima parte di concerti tenuti ad aprile nei più importanti club italiani e una data zero estiva a Torrita di Siena, sta per partire la tranche estiva del tour dei Baustelle, freschi di pubblicazione dell’album L’amore e la violenza vol. 2..
Le nuove date prenderanno il via venerdì 13 luglio da Brescia, per proseguire in tutta Italia per tutto il mese. Le date di Firenze, Milano e Roma, in particolare, si arricchiranno della presenza di alcuni ospiti speciali. Ad aprire le tre serate saranno i Cristallo, duo formato da Francesca Pizzo e Angelo “Gelo” Casarrubia, che presenteranno l’omonimo EP di debutto nato dall’esigenza di confrontarsi con la propria lingua madre e con sonorità sintetiche e minimali. “Francesca la conoscete già perché l’avete vista stampata sulle copertine de L’amore e la violenza volumi 1 e 2. Insieme ad Angelo fa una musica fredda e sensuale, buia ed elegiaca. Come Nico, i Tuxedomoon e i Suicide insieme. Tutto ciò che serve in una notte senza respiro”, hanno scritto i Baustelle sul proprio social annunciandone la presenza.
Dopo di loro, sul palco fiorentino saliranno i Virginiana Miller, band livornese a cui i Baustelle sono molto legati, che proporrà un breve set preparato per l’occasione. I Virginiana interrompono con questo set un silenzio prolungato, preludio all’uscita del nuovo disco, atteso per la fine di quest’anno: “Sono amici dal 1999. Scrivono canzoni bellissime, italiane ma senza retorica. Sono più snob e annoiati di noi.Migliorano col tempo. Per questi ed altri validi motivi che scoprirete da soli, suoneranno prima di noi in piazza Ss. Annunziata a Firenze”.
Il 20 luglio a Villa Arconati a Bollate (MI) saranno invece i Siberia, giovane band livornese attualmente impegnata con il tour estivo di presentazione del secondo album Si vuole scappare. Il nuovo disco è un lavoro dark pop e rappresenta il connubio più onesto tra l’esasperazione new wave e la dolcezza del cantautorato italiano: “Sono giovani, belli, di Livorno, e soltanto per il fatto di cantare in un inciso le parole “pesano in capo ai miseri / le nostre feste inutili” meriterebbero in un mondo più giusto la standing ovation nazionale”.
Special guest del concerto del 30 luglio a Roma saranno invece il Quartetto Maurice e il Maestro Enrico Gabrielli, sul palco insieme ai Baustelle per uno speciale fuori programma: “inseriremo nella serata romana un momento che definiremmo folk, bucolico e cameristico insieme. Sarà un concerto nel concerto. Saliranno sul palco con noi Enrico Gabrielli e il quartetto d’archi Maurice e suoneremo sette canzoni in loro compagnia. Ne siamo felici.”
Il tour estivo prevede una scaletta decisamente diversa rispetto a quella presentata nei club, con l’inserimento di alcune novità e sorprese. Accanto alle canzoni dell’album L’amore e la violenza vol. 2 sfileranno cover a sorpresa oltre ai classici del repertorio dei Baustelle.
Di seguito le informazioni sui concerti:
13 luglio- BRESCIA – PIAZZA DELLA LOGGIA – BRESCIA SUMMER MUSIC 2018 Prevendite: vivaticket e ticketone Inizio Concerto ore: 21.30 Prezzo del biglietto: 25,00 euro +ddp
14 luglio – VERUCCHIO (RN)- SAGRATO DELLA CHIESA – VERUCCHIO FESTIVAL Prevendite: mailticket Inizio Concerto ore: 21.00 Prezzo del bglietto: 25,00 euro +ddp
17 Luglio – FIRENZE – PIAZZA SS ANNUNZIATA – FESTIVAL MUSART Prevendite: ticketone Inizio Concerto ore: 21.15 Prezzo del Biglietto: 1° settore platea 40,25 euro + ddp 2° settore platea 32,20 euro + ddp 3° settore tribuna 25,30 euro + ddp Gold Package Primo settore + cena a buffet, parcheggio, personale dedicato, ingresso Museo degli Innocenti 100,00 euro
20 luglio – BOLLATE (MI) – VILLA ARCONATI Prevendite: ticketone e mailticket Inizio Concerto ore: 21.00 Prezzo del Biglietto: 28,75 + ddp
21 luglio – CERVIGNANO DEL FRIULI (UD) – PARCO EUROPA UNITA – FESTIVAL ONDE MEDITERRANEE Prevendite: ticketone Inizio Concerto ore: 21.30 Prezzo del Biglietto: 31,00 + ddp
28 luglio – LOCOROTONDO (BA) – MASSERIA MAVÙ / LOCUS FESTIVAL Prevendite: bookingshow Inizio Concerto ore: 22.00 Prezzo del Biglietto: 28,00 + ddp
30 luglio- ROMA – CAVEA – AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA Prevendite: ticketone Inizio Concerto ore: 21.00 Prezzo del Biglietto: da 22,00 euro a 30,00 euro + ddp
I Baustelle che fanno un album sull’amore. L’abbinamento che non ti aspetti, e che mai avresti pensato di veder realizzato in musica, prende forma in un disco di “12 pezzi facili”, L’amore e la violenza vol. 2, diretto seguito di quel L’amore e la violenza uscito a gennaio 2017. Un album tutto dedicato alla canzone d’amore, alla pura love song. Se il primo capitolo si concentrava più sulla guerra che stava intorno all’amore, adesso non ci sono dubbi: si parla proprio d’amore. Ma come è potuto succedere? E’ potuto succedere se si pensa che anche un tema abusato e usurato come quello amoroso può essere sviluppato in modi originali e personali, al punto da tornare interessante. Niente famigerati “soli e cuori” quindi, ma storie di amori in guerra, amori negativi.
I Baustelle ripartono da qui e per la prima volta in carriera lo fanno da un volume 2. Il motivo lo spiega Francesco Bianconi: “Queste canzoni sono nate un po’ in fretta, durante il tour dell’album precedente, un fatto nuovo per noi, che di solito non scriviamo quando siamo in tour. Evidentemente però i temi che volevamo sviluppare nel disco non si erano esauriti. Ecco perché la scelta di intitolare così il nuovo lavoro, strettamente legato all’altro”. Dietro al sottotitolo di “12 pezzi facili” c’è invece il riferimento a Cinque pezzi facili, film del 1970 con Jack Nicholson, e l’amore dei Baustelle per il cinema è cosa nota, ma c’è anche un po’ di sana, sorniona provocazione, oltre all’intenzione di mettere l’accento sul fatto che si tratta di 12 canzoni d’amore puro e semplice. Oltre a una maggiore concentrazione sul tema dell’amore, il nuovo lavoro presenta almeno una grande differenza sul piano musicale, il ritorno delle chitarre: “Avendo scritto durante il tour, è stato quasi spontaneo comporre con la chitarra, era il mezzo più comodo e alla portata di mano. L’elettronica invece abbiamo dovuto lasciarla per proseguire sul percorso dell’album precedente: in questo, La musica elettronica è il più vicino all’altro album”. Anche qui vale quindi la definizione di “oscenamente pop”, a definire un disco che raccoglie spunti dagli anni ’70, dalle colonne sonore, dall’elettronica, dalla Bussola di Viareggio, da Patty Pravo.
L’apertura, affidata alla semi-strumentale Violenza, potrebbe tranquillamente uscire da un film del periodo d’oro di Dario Argento, poi iniziano i racconti dei Baustelle. Storie di tradimenti, di amanti (Lei malgrado te), di amori che finiscono (ma raccontati con un approccio felice, come Jesse James e Billy Kid); storie di “rivoli di sangue sulle labbra e virgole di sperma sulla schiena” (Baby). Amori raccontati senza il buonismo dell’amore, come in L’amore è negativo, così come lo intende Bianconi: “L’amore è annullamento del sé, è la morte dell’ego, è il sacrificio dell’io per qualcosa che è altro. L’amore è una negazione in partenza, poi sublimata dal piacere. Noi però viviamo in una società a cui invece piace massaggiare l’ego. Non capisco quando sento parlare di amore salvifico: da cosa dovrebbe salvarci l’amore?”. In Caraibi si passa a un pezzo di archeologia baustelliniana: un brano scritto da Bianconi in giovinezza sulla fine della sua prima storia e poi trascinato di album in album fino a trovare posto qui. A siglare la chiusura, Il minotauro di Borges, direttamente ispirato a La casa di Asterione di Jorge Luis Borges. E’ ancora Bianconi a far luce: “Considero questa una canzone su un amore impossibile, quello tra il minotauro e una delle vergini che gli vengono consegnate in sacrificio. Un amore che non può esistere, perché destinato a portare alla morte”. E allora non è forse un caso che l’album si chiuda proprio con le parole “amore mio” rimandate in dissolvenza: più che una dichiarazione, un epitaffio.
Il 7 aprile, da Senigallia, parte il tour: venerdì 7 aprile – SENIGALLIA (Ancona) – Mamamia giovedì 12 aprile – BOLOGNA – Estragon venerdì 13 aprile – FONTANETO D’AGOGNA (Novara) – Phenomenon domenica 15 aprile – MILANO – Alcatraz lunedì 16 aprile – FIRENZE – Obi Hall giovedì 19 aprile – ROMA – Atlantico venerdì 20 aprile – NAPOLI – Casa della Musica domenica 22 aprile – TORINO – OGR venerdì 27 aprile – PADOVA – Gran Teatro Geox
BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
Quando mi trovo davanti la schermata bianca del computer e inizio la recensione di un album, cerco sempre di mediare tra il più spudorato giudizio personale e una descrizione più distaccata e “professionale”. Poi però ci sono casi in cui tenere separati i due elementi è impossibile, ed è per questo che come sottotitolo delle mie recensioni ho scelto “radiografia emozionale”, dove quel'”emozionale” sta proprio a sottolineare che in ogni commento che scrivo c’è sempre – più o meno evidente – una componente soggettiva, emozionale appunto, che poi è quella che mi fa amare visceralmente la musica, portandomi anche a scriverne.
Tutta questa premessa per dire che quando ho ascoltato Si vuole scappare, secondo lavoro dei livornesi Siberia, mi sono sentito percorrere sulla schiena un brivido di emozione che non posso ignorare. Perché dentro a questo album ci ho sentito scalpitare il lato più crudo e realistico della vita. Il pop dei Siberia è tanto oscuro quanto viscerale, solenne, a volte liturgico e spietato, in un burrascoso equilibrio tra cantautorato e vigore indie-rock. Non a caso la band nomina tra i suoi riferimenti Tenco, i Baustelle e gli Editors: tutti riferimenti (gli ultimi due in particolare) che non si fatica a riconoscere scorrendo la tracce del disco. Se dalla band inglese arriva la potenza sonora, con le sue seduttive atmosfere tendenti agli onirismi dark e gli impeti di new wave, dai Baustelle arriva lo slancio poetico spietato, violento eppure così tremendamente affascinante.
Protagonista del disco è la vita dell’essere umano, spogliato di ogni velo da favola, l’uomo con l’anima nuda e la pelle esposta alle sferzate del destino. Una vita cantata nella sua miseria, nella sua tragedia quotidiana, ma anche in quell’accecante bisogno d’amore a cui nessuno sa resistere. Amore e dolore, spleen ed ebbrezza.
Romanticismo, ardore, spietatezza e sofferenza: tutto questo in Veronica, N.2, il singolo che inaugura il nuovo capitolo discografico dei Baustelle con L’amore e la violenza vol.2 dodici nuovi pezzi facili, in uscita il 23 marzo in formato digitale, cd ed LP .
Il brano non è esattamente una novità, dal momento che è stato proposto più volte dal vivo durante il tour del 2017, e la band ha provveduto adesso a “metterlo in bella” per il nuovo album: “E’ una canzone nata all’inizio dello scorso tour, ci siamo sfidati a suonarla nei concerti perché nel soundcheck ci dava grande energia e abbiamo scoperto che quella stessa energia aveva seconda vita nella reazione del pubblico, nonostante nessuno l’avesse mai ascoltata prima. Veronica n.2 è proprio una semplice canzone d’amore”.
Una canzone d’amore, quindi, che, insieme alle altre undici, porta in primo piano il racconto amoroso presente in tutto il nuovo album: 12 nuovi pezzi facili che esplorano in modo specifico il campo d’azione privilegiato della musica leggera italiana: quello della pura “love song”.
Questa la tracklist dell’album: Violenza Veronica, n.2 Lei malgrado te Jesse James e Billy Kid A proposito di lei La musica elettronica Baby Tazebao L’amore è negativo Perdere Giovanna Caraibi Il minotauro di Borges