Mentre sul fronte Baustelle tutto resta silenzioso, Francesco Bianconi torna con il suo secondo lavoro da solista.
Dopo l’esordio nel 2020 con Forever, il cantautore toscano si mette ora alla prova con una raccolta di cover, Francesco Bianconi Accade. Il titolo, un po’ ironicamente e un maccheronicamente, prende spunto dalle performance live organizzate in streaming durante la pandemia: “accade” come traduzione di “happening”, nel senso di “ritrovo, evento”, ma anche come segno di qualcosa che nonostante tutto continua a muoversi, a esistere, ad accadere, appunto.
Dieci cover pescate nella musica italiana con l’unico criterio di avere tutte in sé almeno un “granellino” di Bianconi. E se per l’ascoltatore non è sempre facile scovarlo, questo granellino, una cosa è certa: insieme ai nuovi arrangiamenti, la protagonista di questo disco è la voce di Bianconi, quella a cui ci ha sempre abituati fin dai primissimi esordi con i Baustelle.
Quella voce greve e sorniona, antica, volutamente aristocratica e rococò, solenne, in grado – volontariamente o no – di stendere un’ombra di decadenza su tutto quello che canta. E così accade qui.
Il cantautore si fa interprete e rivede ogni brano dalla sua prospettiva. In una parola, bianconizza.
Accade con i pezzi, non tra i più noti, scelti dal repertorio di due intoccabili come Guccini (Ti ricordi quei giorni) e Tenco (Quello che conta) e con l’omaggio ai Diaframma, band a cui molto devono i Baustelle (L’odore delle rose).
Quando rivede un classico come Domani è un altro giorno (a sua volta cover di The wonders you perform) Bianconi mette da parte l’interpretazione di Ornella Vanoni e aggiunge al brano un’aura quasi liturgica.
Ma questa è anche l’occasione per l’autore di farsi interprete di se stesso, e quindi ecco Io sono, scritta per Paola Turci, e poi La cometa di Halley e Bruci la città, portate al successo da Irene Grandi. Se nel primo caso la nuova formula funziona, negli altri due si sente perde purtroppo il luccichio e la forza delle versioni originali.
E poi c’è il vero colpo di teatro, l’eresia pop a cui Bianconi non ha voluto rinunciare, sicuramente non senza averci pensato con un mezzo sorriso. Playa, ovvero il successone di Baby K di qualche estate fa. Ma dimenticatevi il reggaeton, il sole e le palme. In questo caso la bianconizzazione non si limita a trasformare, ma stravolge il mood della canzone. Il testo non cambia di una virgola, ma la leggerezza che tutti ricordavamo lascia il posto a una malinconia inedita, a dir poco sorprendente. Vincente la scelta di coinvolgere la stessa Baby K per il duetto: due poli opposti che escono dalle rispettive comfort zone per incontrarsi a metà strada. Poteva essere una collisione, è una rivelazione.
Come è doveroso che sia per qualsiasi cover che non voglia ridursi a semplice copia, l’originale deve restare come un ricordo sullo sfondo, per lasciare spazio alla nuova veste sonora.
Ed è così che le seduzioni mediterranee di Bella d’estate, indimenticato successo di Mango del 1987, con testo firmato anche da Lucio Dalla, volge decisamente lo sguardo all’elettronica nella nuova versione realizzata da Mika e Michele Bravi e prodotta da Katoo.
L’idea di registrare il brano è arrivata a Mika, mentrw stava preparando una playlist di musica italiana all’inizio dell’estate: “Quasi per caso ho riscoperto Bella d’Estate e spontaneamente, senza pianificazione, mi è venuta l’idea di cantarla. E’ una cover nata per amore della canzone stessa, per amore di Mango, ma anche di Lucio Dalla, che ha scritto il testo e di cui sono un grande ammiratore. Ho incontrato subito l’entusiasmo di Katoo per questo progetto e ci siamo divertiti a creare una rilettura rispettosa, ma in chiave contemporanea. Mentre eravamo in studio, Katoo mi ha proposto di trasformarla in un duetto e abbiamo pensato di coinvolgere Michele Bravi, con cui lui lavora da tempo, e con entusiasmo è arrivata la sua adesione. Sono stato molto felice di ritrovarlo!”
Michele Bravi si è detto “affascinato dall’attenzione che ha avuto Mika nel voler riscoprire e ripresentare al pubblico un gioiello raro della nostra musica. È un onore per me poter condividere insieme alla sua professionalità lo spazio di questa canzone, che insieme celebra l’incontro tra diverse creatività e il patrimonio musicale italiano”.
Giorgia torna fan per Pop Heart. Dopo averci pensato per anni, il 16 novembre l’artista romana pubblica infatti il suo primo album di cover, con una tracklist dettata dalle scelte dell’istinto e del cuore: “Non ho voluto seguire un genere particolare e non c’è un ordine di tempo. Per me essere pop significa prima di tutto essere parte di un universo condiviso, e queste canzoni sono ormai tutte nella memoria della gente. Sono canzoni conosciute da tutti e sono quelle con cui sono cresciuta io: le ho scelte da ascoltatrice, mettendo al primo posto la voce, l’interpretazione. Ne avevo proposte più di 100, poi man mano la lista si è sfoltita. Da tempo nei miei live inserisco anche qualche cover, ma per questo album ho voluto eseguire anche pezzi che magari il pubblico non si aspetta da me”. E in effetti tra i 15 pezzi che vanno a comporre Pop Heart si spazia molto: da Jovanotti a Zucchero a Vasco Rossi, e poi Tiziano Ferro, Carmen Consoli, Mango, gli Eurythmics, Madonna e l’immancabile Whitney Houston: “Di tutto il suo repertorio ho scelto proprioI Will Always Love You perché è uno dei suoi pezzi più conosciuti. Forse non è il suo brano che amo di più, ma è il manifesto della sua carriera, tutti lo conoscono. Mi ricordo quando lo ascoltavo con il lettore CD portatile e l’ho amato così tanto che ancora oggi potrei riconoscere le diverse esibizioni live solo ascoltando le variazioni che Whitney fa sulle note. E’ un brano molto difficile, che mi ha dato un po’ di problemi: sono andata in ansia, mi sudavano le mani, non riuscivo più a cantarlo, e intanto il mio produttore, Michele Canova, era lì che aspettava. Poi ho fatto pace con la responsabilità, e l’ho cantato. Ho cercato di rispettare il più possibile la melodia e alla fine prendo fiato in un punto in cui lei non lo prendeva, ma pazienza, lei è Whitney Houston”.
La tracklist dell’album comprende classici italiani e internazionali degli anni ’70 e ’80 e successi più recenti, saltando quasi del tutto gli anni ’90: “In quel periodo lavoravo molto, ero già passata ‘dall’altra parte’, il mio ascolto era contaminato dall’attenzione per gli arrangiamenti, mentre negli anni ’80 ero semplicemente un’ascoltatrice”. Per ogni brano c’è un aneddoto o un ricordo: “Donna Summer è stata molto trasgressiva per l’epoca e so che quando è venuta in Italia ha avuto parole bellissime per me. La mia versione diI Feel Love è stata curata da Benny Benassi, che ho scoperto essere un mio ammiratore. Con Zucchero l’approccio è stato particolare, perché non ha neanche voluto sentire la cover, mi ha scritto solo un messaggio in cui mi ha detto ‘mi fido’. Per una come me, educata a scuola dalle suore,Dune mosse rappresentava un manifesto molto libertino con i suoi ‘grembi nudi lambi’, e poi ci ha suonato Miles Davis, non potevo non rifarla”. Tra i successi degli ultimi anni, oltre al singoloLe tasche piene di sassi (“Lorenzo ha scritto un pezzo personale, ma quelle parole esprimono un dolore universale”), ci sono Il conforto, Gli ostacoli del cuore e L’essenziale: “Più di una volta io e Tiziano siamo andati vicini a fare un duetto, ma non ci siamo mai riusciti: quando l’ho contattato e gli ho proposto Il conforto, lui era dall’altra parte del mondo ma ha accettato subito. La versione con Carmen era già bellissima, noi l’abbiamo rivisitata in chiave black, con sonorità che piacciono a entrambi. Per Gli ostacoli del cuore è stato matematico coinvolgere Elisa, che ha fatto la parte di Ligabue: mi piace molto che le nostre due voci si confondano e non si capisca chi tra le due sta cantando. L’essenziale è una canzone che avrei voluto scrivere io, e fin dalla prima volta che l’ho sentita a Sanremo ho capito che avrebbe vinto. E’ una canzone che mi fa pensare che nella vita non c’è matematica, la vita non ti avvisa quando le cose stanno per succedere, e per questo è importante capire quali sono le cose davvero essenziali. Con Marco c’è poi un rapporto speciale, perché lui ha più volte dichiarato di essere cresciuto ascoltando me, ma la distanza tra il fan e l’artista si è completamente azzerata già da quando abbiamo collaborato insieme a Come neve. Abbiamo due voci simili, molto alte, e quando gli ho comunicato che avevo ricantato L’essenziale gli ho detto che il risultato era ‘io che sembro te, che sembri me, che sembro te’. Ci abbiamo scherzato su, e lui mi ha risposto ‘sì, io sembro te, ma con molto più collagene’. Che simpatico!”.
La lista degli esclusivi è inevitabilmente lunga, e fra questi c’è James Taylor, che forse in molti si sarebbero aspettati di trovare (“Avevamo già cantato insieme a Sanremo l’anno scorso, e poi in questo disco ho voluto mettere cose che il pubblico non si aspettava”), ma anche Laura Pausini è rimasta fuori (“Avevo provato in Assenza di te, ma non mi veniva bene, non mi convinceva”).
Con le cover Giorgia ha imparato a familiarizzare fin dall’inizio della sua carriera, quando il padre le ha fatto conoscere i grandi interpreti della black music con le canzoni registrate sulle musicassette (è noto che il nome della cantante è stato ispirato da Georgia On My Mind di Ray Charles) e l’ha introdotta nel mondo del piano bar: “In casa potevo ascoltare solo artisti neri, vivevo un razzismo la contrario. Tra i bianchi ascoltavo solo Tom Jones, perché mio padre pensava che fosse nero”, scherza Giorgia. Con il tempo il suo repertorio si è fatto via via sempre più eclettico e tra le sue interpretazioni sono entrati pezzi di Jimi Hendrix, Diane Reeves, Etta James, “e facevo anche una discutibile versione di Foxy Lady. Quando studiavo canto avrei voluto provare a cimentarmi nella lirica, ma il mio maestro mi ha detto che non avevo il ‘fisico’ adatto e una cassa toracica abbastanza grande (scherzando con le mani indica un seno prosperoso, ndr), così ci siamo concentrati sul pop. Per molti anni ho cantato mantenendo un’impostazione rigida, di cui a un certo punto mi sono liberata, arrivando forse all’eccesso opposto. Oggi riesco a mediare: ho capito che non è tanto importante l’intonazione, ma la respirazione, perché è attraverso il respiro che passano le emozioni. La mente incide molto sulla voce: se si canta pensando troppo si canta male. Quello che deve arrivare al pubblico non ha un nome. L’allenamento è comunque importante, soprattutto quando devi fare un concerto, e anche se sono allenata più di concerti a settimana non riesco a farli. Ormai c’ho ‘na certa…“.
Guardando attentamente la copertina di Pop Heart, con quel cuore realizzato dall’artista romano Marco Bettini in un gioco grafico-semantico tra “art” e “heart”, si nota l’indicazione di un promettente “Vol. 1”: “Se il disco andrà bene, nessuno mi impedisce di fare un Volume due. Magari un Black Heart o un Classic Heart, spaziando tra i generi”.
Mentre per il tour c’è ancora tempo, perché partirà ad aprile (ma le prevendite sono già aperte), il 23 novembre Giorgia sarà protagonista di un evento benefico a favore dei bambini con disabilità organizzato dall’Associazione “Per Milano” in collaborazione con la Caritas Ambrosiana e che si svolgerà all’interno del Duomo di Milano: “Penso sia la prima la volta che il pop entra in Duomo, e finchè non sarò davvero lì non ci credo davvero. Sarò accompagnata dalla Roma Sinfonietta e il maestro Valeriano Chiaravalle si sta occupando degli arrangiamenti dei brani, che per l’occasione avranno una veste più sinfonica. Ci saranno E poi, Di sole e d’azzurro, Come saprei, Gocce di memoria, Credo, ma anche brani dal nuovo album come Le tasche piene di sassi, Anima. Interpreterò anche l’Ave Maria di Schubert, che sto studiando nella versione di Andrea Bocelli, e penso che farò anche (You Make Me Feel Like) A Natural Woman“.