BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
“Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai, / silenziosa luna?” chiedeva disperato alla luna Leopardi nel meraviglioso Canto notturno di un pastore errante dell’Asia.
Non so se nel cuore di Pieralberto Valli alberghi la stessa disperazione e il medesimo bisogno di trovare risposte esistenziali, ma ascoltando le 10 tracce di Atlas ci ho ritrovato dentro una forza meditativa molto vicina a quella del cantore di Recanati, senza contare che a essere chiamata in causa è anche lei, la luna, spettatrice muta.
Ritagliandosi uno spazio personale dai suoi Santo Barbaro, per la prima prova solista Valli sembra essersi voluto fermare per guardarsi dentro, in un lungo viaggio fatto di pensieri, riflessioni e qualche domanda. Qualcosa di molto vicino a un viaggio mistico, ma che poco ha di spirituale e vagheggiante e molto conserva invece di umano e terreno.
Fiumi di parole che galleggiano e rotolano in un flusso di elettronica, ambient e trip hop, in cui non manca anche – pressoché costante – il pianoforte, che insieme alla voce di Valli e l’altra vera anima narrante dell’intero disco.
Pensieri di vita, d’amore, di disperazione, sempre sussurrati da una voce lattea e mai urlati, in un incidere lento e languido.
Poesia dei giorni nostri per un cuore umano che batte tra sollievo e dolore eterni.
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