Arrivato al traguardo del sesto album e dopo essere diventato uno dei protagonisti della giovane scena rap italiana, per Raige è arrivato anche il momento di azzardare e raccontarsi come forse non aveva mai fatto prima. E che il nuovo disco sia l’occasione giusta per scavare un po’ più a fondo tra le corde dell’anima, lo si deduce già dal titolo, Affetto placebo, mentre a darne conferma sono i testi, introspettivi e personali, come quello della titletrack, un vero e proprio diario di esperienze vissute direttamente sulla pelle e tradotte in versi.
Tra i brani, c’è spazio per il dolore, per i ricordi, per l’amore e per tutti quei racconti che oggi trovano voce grazie a una cura speciale – l’ultima rimasta da sperimentare – contro le ombre del male di vivere.
Ma per Alex Vella, come è registrato all’anagrafe il rapper e cantautore torinese, questo nuovo lavoro segna anche un ritorno all’insegna del cambiamento e della libertà di espressione sotto una nuova etichetta, la Artist First, una delle principali realtà della discografia indipendente italiana.
Partiamo dal titolo dell’album: che cos’è per te questo “affetto placebo”?
Per un ipocondriaco come me, l'”affetto placebo” sono le persone. O meglio, quelle di cui mi sono circondato e che mi sono reso conto sono state la cura che ha fatto più effetto. Sulla copertina dell’album ho voluto mettere un blister in cui rimane una solo compressa da utilizzare, l’unica cura che mi resta da provare per il mio mal di vivere: “l’affetto placebo”, appunto. Le persone mi hanno fatto da spada e da scudo. L’affetto non ha in sé nulla di medicale, proprio come un farmaco placebo non contiene nessun principio attivo, eppure con me funziona.
Questo “male di vivere” di cui parli ti accompagna da sempre?
Non voglio fare il ragazzo difficile, ma posso dire che nella vita ho dovuto affrontare periodi non facili, soprattutto nella formazione e nell’adolescenza, che ancora oggi hanno lasciato il segno dentro di me e si manifestano con ansia e attacchi di panico di cui soffro spesso. A volte riesco a gestirli facilmente, altre volte è più complicato, ma l’affetto che sento arrivare dalla gente mi fa bene e mi ha dato la possibilità di raccontare in questo disco cose di me di cui non avevo mai parlato.
Si impara a convivere con ansia e attacchi di panico?
Certo, “il coraggio è come la paura, hanno la stessa unità di misura”, lo dico anche nel disco: dipende tutto da noi. Coraggio e paura sono due facce della stessa moneta, spetta a noi decidere da che parte farla cadere, e lo possiamo fare arrivando ad avere la consapevolezza di noi stessi; è la chiave per sciogliere molti problemi. E poi naturalmente ci sono i percorsi medici, che sono importantissimi e vanno seguiti se è necessario.
Oggi che equilibrio sei riuscito a raggiungere tra coraggio e paura?
Il coraggio l’ho trovato nel fare scelte importanti che erano giuste per me, ma ho paura che la gente non riesca a capirle.
Questo album sembra l’occasione per fare il punto su tutto quello che c’è stato finora: è davvero così?
Lo considero il nuovo primo disco. Probabilmente con questo album mi priverò del bagaglio pop che mi ero portato dietro dal percorso precedente, ma mi farà anche riscoprire da una parte di pubblico che avevo perso, è inevitabile che sia così, è ciclico. Questo disco ha bisogno di tempo: ho voluto mettere il messaggio davanti a tutto il resto, e questo mi ha portato a fare determinate scelte anche nella pubblicazione dei singoli. E’ un rischio consapevole che ho voluto correre, non sono capace di calcolare, ho bisogno di sentirmi leggero.
In Com’è successo parli dell’ipocrisia degli “avvoltoi” che ti sei ritrovato intorno: pensi di aver fatto degli errori per colpa di altri?
Sicuramente, ma sono anche consapevole che alla fine ho scelto sempre io, ed è questo l’importante, perché se sbaglio, se ci sbatto la faccia e se devo farmi male voglio che succeda per una mia scelta, voglio decidere io come farlo. Ecco perché ho voluto questo ritorno all’indipendenza, discograficamente parlando.
C’è qualcosa che ti rimproveri del passato?
Può sembrare una frase fatta, ma tutto quello che è successo mi è servito. Forse ho tenuto la bocca chiusa quando avrei dovuto sbattere i pugni. L’irruenza è una parte importante del mio carattere, e spesso mi rendo conto di non riuscire a dosarla nel modo giusto, do l’impressione di voler attaccare, per cui mi faccio un sacco di problemi e alla fine sto zitto. Invece qualche volta avrei dovuto fregarmene di come poteva essere percepita la mia reazione e avrei dovuto dire meglio le cose. Ma è un punto su cui sto lavorando e sono già migliorato.
Da domani, qual è il primo cambiamento che vorresti mettere in pratica?
Tanto per cominciare vorrei dormire per otto ore di fila (ride, ndr): sono tre notti che dormo 4 ore e gli effetti iniziano a sentirsi. Purtroppo ho un problema legato al sonno, perché l’ansia mi tira giù dal letto: vado a dormire alle 2 alle 6 sono già in piedi. Vorrei godermi di più il riposo.
Concludo con una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di “ribellione”?
Non è semplice… (riflette alcuni istanti, poi il suo sguardo cade su una fotografia dei ragazzi di Woodstock, ndr) Ecco, è questo: la ribellione è una calcolata incoscienza che in futuro farà la storia.
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