BITS-REPORT: Supersonic Blues Machine, Carroponte, 16 luglio 2018. Polvere e sudore di una supersonica macchina blues

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E’ uno strano progetto quello dei Supersonic Blues Machine, super-gruppo U.S.A. dall’anima tutta italiana. A voler rischiare nel gioco, si potrebbe azzardare un paragone con la Rolling Thunder Revue del Bob Dylan in anno di grazia 1975, non tanto per il genere di musica che la band porta sui palchi di mezzo mondo, ma per il concetto stesso di “gruppo aperto”, pratica che in Italia non è mai stata del tutto presa in considerazione e men che meno messa in pratica.

E’ cosa nota infatti che ai concerti della band – così come nelle sessioni di registrazione in studio -, le porte siano aperte a ospiti e amici in un clima di passione musicale spontanea e genuina. Ed è questa l’aria che ha respirato il pubblico del Carroponte, accorso in buon numero lunedì 16 luglio per vivere una serata di blues fatto come Dio comanda.
Il programma d’altronde non lasciava scampo: sul palco, oltre a due dei titolari (Fabrizio Grossi e il leggendario batterista Kenny Aronoff) e al potente Kris Barras a sostituire il terzo fondatore Lance Lopez impegnato in sala di registrazione, due veri pilastri del blues: il “Puma di Lambrate” Fabio Treves e il leggendario Billy Gibbons, in licenza premio dagli ZZTop. A completare la line up, Serge Simic, le coriste, il tastierista Alessandro Alessandroni Jr. e, a quasi sorpresa, al posto dell’inizialmente annunciato Steve Lukater (Toto), lo storico chitarrista di Vasco Rossi Stef Burns. Ed è stato un concerto che ha messo al bando molti dei tecnicismi sterili e un po’ “fighetti” di tanto pseudo-blues odierno, per dare spazio a una musica fatta di sudore e polvere.

Kris Barras, voce e chitarra, traccia già da subito la linea della serata con I Am Done Missing You, accompagnato da Fabio Treves all’armonica (che tornerà poco dopo anche per L.O.V.E.): lunghi assoli e folgoranti jam session con i compagni di palco, per un blues che guarda sia alle proprie radici americane, sia alle riscritture inglesi anni ’60/’70. Soprattutto, fra una notevole Let It Be (no, non quella…) con Burns e Barras intenti a incrociare le chitarre, e una intensa Hard Times, fa piacere constatare che tutta la prima parte del concerto non è approntata in funzione della successiva presenza di Billy Gibbons. Il pubblico, sebbene in fremente attesa, lo capisce e partecipa con sempre maggior calore, soprattutto se la scaletta riserva dei blues torridi come Elevate o taglienti come Can’t Take It No More. Calore che ovviamente raggiunge l’apice quando il barbuto Billy sale sul palco e dà il via alle danze con La Grange, un classico degli ZZTop, subito seguito da Broken Heart e dal “classico” di Robert Johnson Dust My Broom.
Di fatto, la seconda parte del concerto diventa un mini-live apocrifo degli ZZTop, con i membri della Supersonic Blues Machine a fare da pards al mescalero Gibbons che piazza en passant una strepitosa Sharp Dressed Man prima di richiamare sul palco il “puma” Treves e Burns per l’infuocata jam finale a base di Muddy Waters (Got My Mojo Working) e Freddie King (Going Down).

Due standard a chiudere una perfetta serata dove il rock-blues, quello vero, quello fatto di sudore e polvere, l’ha fatta da padrone.

Alessandro Bronzini

I Boomdabash al Carroponte di Sesto san Giovanni il 1 settembre

Venerdì 1 settembre i Boomdabash fanno tappa al Carroponte di Sesto san Giovanni (MI) per un appuntamento live del loro “In un giorno qualsiasi Tour”.

Nell’avventura live che li ha portati in giro per tutta l’estate, accanto all’ultimo brano In un giorno qualsiasi, che anticipa l’uscita del nuovo album, Biggie Bash, Payà, Blazon e Mr. Ketra propongono i loro maggiori successi, da Portami con te a Il solito Italiano, fino a A tre passi da te, tra pop, hip hop e reggae caraibico.

BITS-REPORT: La musica di Ermal Meta vola sul Carroponte di Sesto San Giovanni

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di Mariella Lamonica

E’ indubbiamente una delle rivelazioni più rivelazioni dell’ultimo Festival di Sanremo, anche se la sua carriera, nata soprattutto come scrittore e compositore tanto d’aver collaborato con gente del calibro di Renga, Emma, Mengoni, Patty Pravo solo per citarne alcuni, parte più di qualche anno fa. Di chi stiamo parlando? Di Ermal Meta, terzo classificato all’ultimo Sanremo.
A confermare tutto ciò ci sono i numeri: un tour sold out che sta toccando tante città italiane, una pioggia di dischi di platino e d’oro, oltre che una presenza massiccia con i suoi brani in tutte le radio. Ma Ermal Meta, il cantante di origine albanesi, è tutto questo e molto altro.
Sabato 15 luglio, dopo la data dell’Alcatraz dello scorso 7 maggio, è tornato a Milano, precisamente al Carroponte di Sesto San Giovanni, dove ha regalato energia a go-go e momenti di pura magia.
Prima di lui ad allietare la folla ci hanno pensato Cardio e Carlo Polacchi, poi gli occhi, le mani, il cuore erano tutti per lui, che se li è presi brano dopo brano con leggerezza e sentimento, passione.
Odio le Favole per dare il via a più di due ore di concerto che ha poi snocciolato tutti i successi di Umano, l’album del 2016, e di Vietato Morire, l’ultimo lavoro.
Con lui anche la sua band: Dino Rubini (basso), Marco Montanari (chitarra), Emiliano Bassi (batteria), Roberto Pace (tastiera & pianoforte) e Andrea Vigentini (cori & chitarra acustica).
Tra i momenti più totalizzanti certamente Piccola Anima, canzone portata all’apice con il feat di Elisa, prima accennata in acustico e cantata da un pubblico che l’ha già eletta tra le preferite, e poi presa a pieno potere dal cantante, e Amara Terra Mia: il pezzo di Modugno, presentato anche a Sanremo, ha dimostrato un’estensione vocale da brividi del musicista tanto da vedere la maggior parte dei fans armati di fazzoletti e mentre la pelle d’oca faceva capolino sulle braccia di chi, come la sottoscritta, in quel momento ha chiuso gli occhi e si è lasciato trasportare dalla melodia più dolce. Non potevano mancare Lettera a mio padre, che racconta di un rapporto burrascoso con la figura paterna nonché di un passato difficile e lontano che non si è esentato nel lasciare cicatrici, e Vietato morire.
La chiusura della serata Ermal ha voluto riservarla ad A parte te, una chiusura prolungata in realtà perché “Questa serata è bellissima, vorrei non finisse mai, vorrei non scendere mai da questo palco”, da cui è emersa anche una promessa “Ci rivedremo presto”.

E così con quelle “ali sulla schiena attaccate al posto delle cicatrici” il ragazz è volato via, lontano dal palco, ma non troppo dai cuori che sabato sera sono stati anche un po’ suoi e che ha saputo cullare senza esitazione alcuna ma non solo per due ore, almeno per un’intera e magica notte, e forse oltre.