Vita, amore, pace, speranza.
Non si contano le volte che Amara usa queste parole nei testi delle sue nuove canzoni. Così come non si contano le volte in cui queste stesse parole ritornano nel corso del nostro incontro, mentre la ascolto parlare del suo secondo album, intitolato proprio Pace.
Erika Mineo, in arte Amara, si era già messa in luce molto bene nel 2015, quando si era presentata sul palco di Sanremo tra le nuove proposte con Credo: non ha vinto, ma ricordo che in quell’occasione molti manifestarono entusiasmo per quella ragazza capace di scrivere e cantare con così tanta consapevolezza cose che sentiva e viveva davvero. La stessa sensazione che si sente oggi tra le righe dei nuovi brani, che tra elettronica e atmosfere sinfoniche arrivano a toccare temi universali, scritti e cantati con una limpidezza che fa davvero meraviglia.
Non è quindi un caso se Fiorella Mannoia quest’anno è tornata a Sanremo dopo trent’anni portando un brano – quel tanto osannato Che sia benedetta – scritto proprio da Amara.
16797378_1118463888263410_1763400978893838872_oPace: è più una ricerca o uno stato d’animo?
Per me è soprattutto pace interiore, quello che cerco da sempre e che forse finalmente adesso ho raggiunto: stare bene con se stessi vuol dire stare bene con il mondo, se l’uomo è in guerra con se stesso è in guerra con il mondo. “Siamo noi la vita, siamo noi la pace” canto nel brano, e intendo proprio questo, riscoprire il senso della vita, perché il vero miracolo siamo noi e noi siamo ciò che sentiamo. La nostra mente in teoria dovrebbe essere l’arma più importante dell’uomo, il nostro miglior amico, ma diventa il nostro peggior nemico se non siamo in pace con noi stessi.
Come è nata la collaborazione con Paolo Vallesi?
Non credo al caso, ogni incontro ha un significato: io e Paolo ci siamo conosciuti l’anno scorso a Prato in occasione di una manifestazione di beneficenza. Si è subito creata una sinergia, ci siamo osservati e ci siamo presi: nella sua carriera ha portato nella musica messaggi bellissimi, basta pensare a La forza della vita o Le persone inutili. Abbiamo passato una notte intera a parlare di musica e abbiamo deciso di fare questa esperienza insieme, così è nato il pezzo. L’abbiamo presentato a Sanremo, ma purtroppo non è stato ammesso alla gara: il fatto che Carlo Conti l’abbia voluto comunque sul palco per il suo messaggio mi rende orgogliosa, anche perché quest’anno per me Sanremo ha avuto un valore importantissimo.
L’album arriva dopo un viaggio che hai fatto in Africa. Cosa ti ha lasciato quell’esperienza? E secondo te il disco sarebbe stato così senza quel viaggio?
Impossibile dirlo, perché il viaggio c’è stato e diversamente non so cosa sarebbe successo alla mia musica. Di sicuro, in me è accaduto un cambiamento: ho ritrovato un contatto con me stessa che non avevo più, un contatto primordiale, con la parte animale che difficilmente riusciamo a sentire. Stare con quelle persone mi ha fatto vedere la relazione reale con il tutto, il rispetto per la Madre Terra. Di questo parlo in La terra è il pane, “nessuno schiavo, nessun è padrone, siamo tutti figli di questa terra, frutti di questa terra”. La terra ci permette di essere vita, ci ossigena, ci nutre, ci ama, ci dà energia. Ai nostri occhi la realtà dell’Africa appare povera, ma io l’ho vista ricca, di valori, odori, colori, non abuso, uso, rispetto: quelle persone vivono la vera condizione del rapporto umano, abitano il pianeta nel modo più semplice. Fanno quello che hanno sempre fatto, bevono l’acqua del fiume, e sono del tutto ignari di ciò che accade fuori, non sanno i danni che stiamo arrecando al clima, e in questo sono schiavi, si ammalano perché noi facciamo loro del male attraverso i nostri comportamenti sbagliati verso l’ambiente, subiscono la nostra arroganza.

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Terribile pensare che loro non sappiano nulla…
Per loro conta solo l’essenza e non guardano l’apparire. Hanno un rapporto bellissimo con la natura: sanno prevedere la pioggia, ascoltano la natura, la respirano. Tutti dovrebbero andare in Africa per rendersi conto di cosa significa, per riscoprire la parte nascosta.
Scorrendo i titoli dei brani, si trovano parole come grazie, pace, pane, bellezza, fantasia, filastrocca, amore. Dove trovi tutta questa positività?
Vivo l’attualità e la società come la vivono tutti, e non voglio fare della mia vita una dottrina. Ognuno ha un suo punto di vista, una verità interiore da ricercare per dare un senso alla vita e comprenderla. Ogni cosa che viviamo è un insegnamento per arrivare a una totalità: la cura per non cadere nelle brutture è staccarsi da tutto quello che crea interferenza, ed è per questo che a volte decido di isolarmi, quasi in una sorta di eremitaggio. Sento il bisogno di staccare il collegamento dalla TV, dai social e cerco il contatto con la parte reale, la natura, che ti inonda con la sua frequenza perfetta a 432 Hz. In questo modo posso tornare alla bellezza, perché la natura è una grande maestra e ti fa capire quanto sia importante rispettare il tempo di ogni cosa. La natura ha un caos interiore, che è anche il suo ordine. Se guardo la televisione o leggo i giornali si parla di crisi, morte, disordine, e questo porta paura, porta a essere vittime di quello che c’è fuori, perché siamo tutti in relazione con il mondo che ci circonda. Ecco perché non possiamo permetterlo e dobbiamo staccarci dalle interferenze.

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In questo la musica ti aiuta?
Scrivere una canzone vuol dire lavorare con la magia, perché crei una cosa che non c’è visivamente. Quando suoni magari ti rifai a qualcosa che è scritto su un foglio, ma quando scrivi fermi il momento cosmico: se mi arriva una frase la devo scrivere, altrimenti la perdo, perché di fatto non esiste. Quando sono a casa, nei miei silenzi, nella mia dimensione, mi siedo e cerco quel suono che accenda il “tasto on” nella mia mente e mi faccia riportare sulla carta quella frequenza magica. E’ un po’ come con le persone, cerco sempre di andare in profondità, di vedere oltre che guardare.
Anche Che sia benedetta sembra inserirsi perfettamente nel contesto dell’album. 
Oggi tutto va così veloce, e allo stesso tempo così lentamente, che sembra che a 30 anni non si possa avere la consapevolezza del valore della vita, ma a 30 anni si è adulti e io oggi mi sento donna, anche se non ho un figlio. Da quando ho iniziato a vivere la vita con questa sensibilità non posso che benedire questo dono. La vita è davvero perfetta, ce lo insegnala natura, una grande maestra: vedere un albero che aspetta la stagione giusta per manifestare i suoi colori e i suoi odori o una madre che mette al mondo una vita è un grande miracolo. E’ l’essere umano che la rende imperfetta.
Pensi che oggi la musica svolge un compito diverso rispetto al passato per la società?
Non saprei. Oggi, a noi che viviamo il nostro presente, appare tutto uguale, ma penso che anche in passato fosse così: del passato è rimasto quello che doveva restare, il resto se n’è andato, e anche in futuro sarà così.

Per rivisitare C’è tempo di Fossati hai chiamato Simona Molinari; come ti sei trovata in questa collaborazione? 
Io e Simona siamo due massimi opposti, anche vocalmente, ma questa è la prova che le diversità possono coesistere, e la ringrazio tanto per il suo contributo. E’ un’amica e un’artista che stimo molto. Reputo questa canzone una vera opera, un pezzo importante che ho voluto omaggiare per due motivi: mi ha insegnato prima di tutto a non avere paura del tempo e che ogni cosa accade se si ha la pazienza di attenderla, e poi mi ha trasmesso un senso di responsabilità, perché per me quella canzone è stata motivo e forza di vita, per cui mi fa sperare che le mie canzoni possano fare altrettanto per altri.
laycard_1228Di chi è la voce che si sente in Filastrocca d’amore?
Di Gaia, la nipotina di un mio caro amico. Ha letto questa filastrocca con la spontaneità tipica dei bambini. Parla dell’educazione del cuore, e quando mi sono trovata davanti il testo mi sono chiesta quale fosse il modo migliore per raccontarlo. Fin dall’inizio sentivo che doveva intitolarsi Filastrocca d’amore e ho pensato che non c’è maestro di vita più grande di un bambino. Le parole “se appoggi la mano all’altezza del cuore, tra il battito e il flusso ci trovi l’amore” pronunciate con quella cantilena hanno una forza incredibile. Quando ho detto al mio produttore che volevo inserirla nel disco mi ha risposto che stavamo facendo una follia, ma alla fine l’ho tenuta così, senza musica, registrata da Whatsapp.
Ascoltando Quando incontri la bellezza mi è venuto in mente il brano di un altro cantautore, Fabio Cinti, che in E lei sparò dice “la bellezza, si sa, ti tocca e poi se ne va”. Tu pensi che la bellezza si possa fermare?
La bellezza si può vedere, contemplare, anche vivere, ma non si può prendere. Quando nella canzone dico “l’amore è nel sorriso quando incontri la bellezza” intendo proprio questo, qualcosa che si può solo ammirare.

Nel disco hai inserito Un altro sole, che Loredana Errore aveva già cantato nel suo ultimo album, Luce infinita. Perché hai scelto di riproporla?
Ci sono canzoni a cui sono legata in modo diverso: tutte sono importanti, ma alcune sono come fotografie, passaggi di vita forti. Le canzoni sono un po’ i miei selfie, che non amo fare sui social. Un altro sole mi ha spinto verso la pace: quando vivi una vita che non ti appartiene, ti trovi in uno stato di inutilità e l’unica cosa che puoi fare è aspettare che torni il sole e ritrovare la pace.
Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione?
La ribellione è crescita, rivoluzione interiore. Dobbiamo prima di tutto ribellarci a noi stessi, siamo noi i nostri più grandi nemici.

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