BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
copertina
Per un detenuto, l’ora d’aria è quell’unico momento della giornata in cui può ritrovare per un po’ se stesso e assaporare sulla pelle una parvenza di libertà, alzando magari gli oggi verso quel rettangolo di cielo per sognare l’evasione. Un momento di solitudine e insieme di condivisione, vissuto con tutti gli altri detenuti, ognuno con la sua storia diversissima dall’altra, ma tutti lì, trattenuti in un non-luogo.

Questo disco è proprio come un’ora d’aria, come dice già il suo titolo e come ha scelto di chiamarsi il quartetto di musicisti che lo ha scritto e suonato, Tano e l’ora d’aria.
E’ un disco che inizia a prendere forma un po’ di anni fa, verso il 2010, e che solo oggi diventa realtà: in questi otto anni è cresciuto, ha aggiunto storie alle storie, che si ritrovano ora a convivere in un unico ambiente, come nel cortile di un’ora d’aria.
E come in un’ora d’aria anelano alla libertà. O meglio, cercano l’evasione, nei temi e nella forma: sono canzoni “licenziose, sfacciate e provocatorie ma anche languide, tragiche, grottesche”, qualcuna colpevole, qualcuna innocente, tutte accomunate da un’attenta scelta delle parole. Non sono ancorate a nessuno stile in particolare, perché sono figlie del teatro-canzone, di un cantautorato recitato, del blues, del rock’n,roll, del gospel, del cabaret, del burlesque; sono ironiche, dissacrati, commoventi.

Raccontano le debolezze della vanità umana, l’amore, il peccato, le falle della nostra società, i piccoli e grandi mali
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Ma più di ogni cosa, le dodici storie di questo album sono libere, e da quel cortile di ora d’aria cercano la via per uscire dagli stereotipi e dai luoghi comuni di una musica troppo spesso obbediente alle sole regole del mercato.

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