BITS-RECE: Udde, The Familiar Stranger. Una notte bellissima

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
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Non lasciatevi ingannare dalle atmosfere nerissime dei suoi suoni. The Familiar Stranger è un disco dall’anima pop. E a dirlo è il suo creatore, Udde.
Dopo la pubblicazione dell’EP Fog nel 2012, lui il disco ce l’aveva già pronto un paio di anni fa, ma ha deciso di buttare via tutto quello che aveva fatto fino a quel momento e ricominciare con qualcosa che lo soddisfacesse veramente. Questo qualcosa è proprio a The Familiar Stranger.
Un disco pop, si diceva, anche se nei suoni sembrerebbe più rimandare a quell’universo peccaminoso e affascinante che è il synth/dark, o come volete chiamarlo, degli anni ’80, dove i sintetizzatori trionfano come veri oscuri signori dai nerissimi mantelli. E in effetti, tutto questo in The Familiar Stranger c’è, bellissimo e imperiale. Poi se andiamo a guardare i testi ecco che si sentono storie di vita di provincia, vicini di casa, bar, emigrati in Germania.
Racconti tra il pop e il cantautorato, arricchiti da qualche nota di sarcasmo. D’altronde, come dice sempre Udde, il grande vantaggio del pop è proprio quello di lasciare piena libertà ai suoi autori.
Una panoramica notturna di 11 brani per certi aspetti inedita, in cui le tenebre concedono qualche sorriso.
Su tutto, la voce di Udde è cupa, cavernosa, seducente, insomma, meravigliosa.

#MUSICANUOVA: Udde, Same Old Song

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Muri di synth, una spessa coltre di matrice dark e atmosfere di una gelida notte d’inverno: con questi elementi Udde torna sulle scene con un nuovo album, The Familiar Stranger, in arrivo il 31 marzo.

Ad anticiparlo è la cupa e tagliente Same Old Song.
Nato a Sassari, Udde è un polistrumentista appassionato di baroque pop, scena di Canterbury, e black metal. Dopo un’esperienza di 10 anni con la band psychedelic-prog wave Soyland Green, nel 2012 ha pubblicato un primo EP autoprodotto, Fog
Tra il 2013 ed il 2015 ha registrato quello che sarebbe dovuto diventare il suo primo LP, ma insoddisfatto del risultato, ha buttato tutto nel cestino, producendo un altro lavoro, The Familiar Stranger, un album di 11 brani a cui ha lavorato in completa solitudine.