Dare l’addio alla musica, per chi alla musica ha dedicato anni di vita e di lavoro, non è facile, qualunque sia il motivo. C’è chi lo fa con rabbia, chi con rassegnazione, chi con tristezza, e chi non lo dice neppure, forse per troppa vergogna.
Pula+ alla musica ha dedicato parecchi anni, 10 per l’esattezza, fatti di esperienze con major ed etichette indipendenti (su tutte, la GiadaMesi, fondata da Dargen D’Amico).
Solo pochi mesi fa aveva pubblicato il suo ultimo album, Featuring Pula, arrivato dopo una fortunata campagna di crowdfunding.
Tra i brani, anche Addio a modo mio, scelto ora come singolo. Il testo sembra un’amara dichiarazione rivolta a una ragazza per la fine di una lunga storia d’amore, ma ha assunto un significato ben diverso quando Pula+ ha pubblicato il video sulla sua pagina Facebook, accompagnandolo da un lungo e sentito messaggio in cui comunicava al suo pubblico l’addio alla musica.
Una decisione meditata da tempo, a quanto sembra già da prima dell’uscita dell’album, e dettata più dal bisogno di capire che non da qualche delusione.
Al di là di tutto, un gesto sincero, forse un po’ amaro, ma che rende merito a un artista indipendente arrivato davanti a un bivio davanti al quale molti altri suoi colleghi preferiscono voltare la faccia.
Il video riprende la copertina dell’album, con il volto dell’artista in primo piano. Poi all’improvviso scende una lacrima…
Pula +: grazie a Musicraiser arriva il nuovo album
Qualche settimane fa Pula + aveva lanciato una campagna di crowdfunding su MusicRaiser per realizzare il suo nuovo album, Featuring Pula, e in poco più di due settimane ha raggiunto il 100% degli obiettivi.
La campagna continuerà comunque fino al 31 marzo (qui il link).
Il nuovo album, una serie di brani crossover in cui riff blues incontrano il rap, uscirà ad aprile e vede l’artista torinese caricarsi sulle spalle tutta l’esperienza acquisita nella sua carriera per tornare a essere indipendente.
Il primo estratto, Cerchio di fuoco, è accompagnato da un video-confessione in cui Pula+ si apre al pubblico: nella scena madre l’artista si tira un pugno sul mento, un uppercut (vero), che arriva per riportare tutto alla realtà dopo una strofa in cui gioca a fare il personaggio.
Il 10 marzo esce Era ora, il primo album di Ketty Passa
Arriva il 10 marzo Era ora, l’album d’esordio da solista di Ketty Passa.
Il progetto è stato finanziato da una campagna su Musicraiser che ha coinvolto i fan, superando i risultati prefissati, ed è stato presentato in anteprima con due showcase a Milano e a Roma.
Era ora strizza l’occhio all’urban, tra l’electro rock e il tribal hip hop, pur mantenendo il cantato in lingua italiana.
Il nuovo singolo, Caterina, sarà in radio dall’8 marzo, in occasione della Festa della Donna: il brano era stato presentato alle selezioni di Sanremo Giovani per la 67° edizione del Festival di Sanremo, dove è rientrato tra i 60 finalisti.
#MUSICANUOVA: Ketty Passa, Caterina
Ketty Passa è una delle nuove esponenti della scena urban italiana.
Nei mesi scorsi aveva dato il via a una campagna su MusicRaiser per poter realizzare la “bella copia” del suo nuovo album, il primo da solista dopo l’esperienza con i Toxic Tuna.
A fine novembre la campagna si è conclusa positivamente è l’album vedrà quindi presto la luce.
Ad anticiparlo – dopo Sogna, rilasciato a ottobre – è il singolo Caterina ,un concentrato di bollicine elettroniche.
La canzone era già stata presentata alle selezioni di Sanremo Giovani per la 67° edizione del Festival di Sanremo.
Per festeggiare il traguardo raggiunto con il crowdfunding, Ketty Passa si esibirà sul palco dell’ARCI Ohibò di Milano il 30 gennaio (ore 22.00) e sul palco del Monk di Roma il 2 febbraio (ore 21.30). Le due date live costituiscono l’anteprima del tour.
Coloro che hanno contribuito alla campagna scegliendo di partecipare al release party del disco, potranno accedere gratuitamente al concerto del 30 gennaio.
Musicraiser per il basso di Gianni Maroccolo
È partita il 5 ottobre su Musicraiser la raccolta fondi per Attilio, lo storico basso di Gianni Maroccolo.
Attilio è un basso Fender “precision elite II special” del 1983 e il suo nome è conosciuto da migliaia di appassionati.
Il suo suono ha lasciato un segno indelebile in più di trent’anni di musica indipendente italiana: Litfiba, CSI, PGR, Marlene Kuntz, Diaframma – e tantissime altre collaborazioni.
Per Attilio è però venuta l’ora di andare in pensione, per decisione del suo proprietario Gianni Maroccolo. Lui stesso lo spiega in un video pubblicato pochi giorni fa su YouTube.
La scelta di Marok di mettere Attilio all’asta ha sollevato una forte ondata emotiva tra i suoi sostenitori, che vedono lo strumento indissolubilmente legato a lui e non vogliono che si possa ridurre a un semplice pezzo da collezione. Ci sono state diverse proposte e alla fine Musicraiser si è fatta avanti con un’idea semplice e generosa: una raccolta di fondi che renderà Attilio proprietà di tutti i raisers, senza distinzioni.
Lo strumento verrà poi conservato ed esposto presso lo storico negozio di dischi Contempo a Firenze. La consegna avverrà nel corso di un incontro con l’artista, con ogni probabilità nel mese di gennaio 2017.
Musicraiser ha compiuto un gesto nobile decidendo di lavorare a margine zero su questo progetto, e ha compiuto il primo versamento per dare inizio alla campagna che si chiuderà il giorno 5 dicembre. Nelle prime due settimane, 250 persone hanno fatto una donazione, arrivando a coprire poco meno del 50% della cifra stabilita, che tiene conto del valore storico e affettivo dello strumento.
Qui il link all’iniziativa.
#riprendiamociattilio
BITS-CHAT: “Voglio darvi la bella copia”. Quattro chiacchiere con… Ketty Passa
Ketty Passa è la cantante con i capelli blu.
Oddio, in realtà è molto di più, ma questa è la prima cosa che salta all’occhio appena si incrocia il suo sguardo, e soprattutto questo è l’elemento che la rende immediatamente riconoscibile.
Ma Ketty Passa è molto di più perché con la musica non ci ha a che fare solo come interprete, ma anche come conduttrice in radio e TV e dj in alcune serate di milanesi. Ultimo incarico che le è stato assegnato in ordine di tempo è la selezione musicale per il nuovo programma di Rai2 Nemo-Nessuno escluso. Insomma, è una che nella musica ci sguazza dentro in pieno.
Nel 2013, insieme ai Toxic Tuna ha pubblicato il suo primo album, #CANTAKETTYPASSA, e ora, a distanza di tre anni, si prepara al ritorno: questa volta però lo fa da sola, e con uno stile tutto nuovo.
Per pubblicare il nuovo album e dare al pubblico la “bella copia” del CD, ha accettato la proposta dei fondatori di Musicraiser Giovanni Gulino dei Marta sui tubi e della sua compagna Tania Varuni, dj e produttrice, che, rimasti entusiasti dei primi ascolti, l’hanno esortata a dare il via alla missione #kettypassainloop, iniziata a fine settembre e attiva fino al 25 novembre.
Per chi si offrirà di finanziare il progetto, sono previsti numerosi pacchetti di offerte, dall’edizione speciale dell’album fino a una cena e al dj set privato. Tutte le info a questo link.
Ti avevamo lasciata nel 2013 con il tuo precedente album, #CANTAKETTYPASSA e ti ritroviamo ora pronta a fare un nuovo passo con un disco che si preannuncia molto diverso: cosa è successo in questo periodo?
L’esperienza con la band è stata bella, ma difficile, e alla fine non abbiamo trovato l’incastro giusto. Già subito dopo il tour era emersa l’esigenza da parte di alcuni di prendere altre strade: così, senza nessun tipo di rancore, abbiamo abbandonato il progetto e io mi sono messa a pensare a cosa avrei voluto fare davvero come cantante. Quello che da tempo volevo proporre era qualcosa che mischiasse pop, elettronica e hip hop: io lo definisco urban, ma solo perché ha uno stile piuttosto street e si rifà all’America, con il cantato a volte punk, a volte melodico.
Un genere non proprio frequente in Italia: come hai trovato la chiave giusta per lavorarci?
Ho iniziato in studio, accompagnata dal mio produttore, Max Zanotti, la persona che più di tutti ha creduto in questo progetto dall’inizio. Anche per lui era una scommessa, perché ha sempre avuto a che fare con tutt’altra musica, mentre qui si trattava di mettere insieme melodia su basi elettroniche piuttosto ritmate, spinte, che di solito in Italia sono usate dai rapper. E’ anche per questo che ci ho messo due anni a fare il disco.
Difficoltà particolari che hai incontrato?
La lingua: l’italiano non è spigoloso come l’inglese, è rotondo, e adattarlo a quella musica non è stato facile, ho dovuto lavorare molto in quel senso, cercando di adattare le parole alle basi che mi arrivavano da musicisti che lavoravano nell’ambito dell’hip hop. Per creare l’atmosfera mi sono ispirata molto a Gwen Stefani, M.I.A., Kimbra, ma anche Rihanna e Beyoncé. Tra i pezzi meglio riusciti c’è Sogna, il primo singolo, dove sono riuscita a trovare il linguaggio perfetto, mentre in altri casi ho dovuto rispettare un po’ di più le esigenze dell’italiano e mi sono adeguata a un andamento più melodico. Anche i temi che affronto sono molto diversi: nei 10 pezzi nuovi ci sono canzoni più allegre, altre più intime, in un’altra parlo di come sia difficile portarsi dietro la propria diversità nella società di oggi abituata a ragionare in franchising.
E sei poi arrivata a Musicraiser…
Per questo album ho lavorato in maniera diversa rispetto a prima, andando in studio e non più in sala prove, e tutto questo ha un costo: sono stata contattata da Giovanni Gulino e Tania Varuni di Musicraiser e mi è sembrato un buon modo per sostenere le spese e avere una nuova visibilità. La parte economica in un progetto discografico ha un grande peso e le operazioni messe in atto da piattaforme come questa sono un grandissimo aiuto, soprattutto per gli artisti come me che non hanno alle spalle case discografiche che possano finanziare il lavoro. Ho posto un obiettivo piuttosto ambizioso, 10.000 euro, che mi serviranno per coprire una parte delle spese che ho già sostenuto e darmi la possibilità di realizzare anche un paio video. Fare musica è anche un investimento su di sé, per cui molto ho già investito di mio: aderire a Musicraiser mi permetterà di avere più visibilità e poter dare al pubblico la “bella copia” del disco. La campagna si chiuderà il 25 novembre e ho previsto numerosi pacchetti per chi deciderà di aiutarmi a portare a termine il progetto. Voglio che le persone siano invogliate a finanziare la mia missione, non voglio sono elemosinare.
A Musicraiser sei arrivata dopo aver ricevuto la proposta di Giovanni e Tania: prima non ci avevi pensato?
No, non ero molto convinta: di solito alle cose devo arrivarci da sola, con i miei tempi, e in questo caso non pensavo che potesse fare al caso mio. Poi invece i ragazzi di Musicraiser mi hanno contattata ed erano molto entusiasti dei provini che hanno ascoltato e così ho deciso di mettermi in gioco: mal che vada, se non raggiungo l’obiettivo, resto a zero come sono ora. Sarà forse un po’ avvilente, ma è un tentativo. D’altra parte, l’alternativa sarebbe stata quella di aprire un mutuo. Mi ha aiutato molto anche il fatto di aver incontrato l’etichetta 22R con la quale si è instaurato un rapporto di fiducia. In questa campagna mi sto impegnando tantissimo, sto mettendo tutta me stessa, tutta la creatività che ho, anche per creare pacchetti esclusivi e ricchi da proporre: tra i progetti c’è anche quello di creare delle strisce di fumetto in cui racconto una storia. Per ora non posso dire molto, ma sarà una cosa molto divertente che sto preparando insieme a un tatuatore: riguarderà uno dei brani e avrà come protagonisti una bambina e un animale.
E’ stato difficile trovare musicisti adatti al tipo di musica che volevi proporre in questo album?
Più che dal punto di vista pratico, la difficoltà è stata soprattutto trovare chi volesse fidarsi e mettersi in questo progetto: mi rendo conto che proporre brani urban non sia facile in Italia, e devo dire che in effetti molti non capiscono, sono convinti che la musica italiana non sia pronta. Io però sapevo di non voler fare quello che fanno le altre cantanti: è vero, dopotutto faccio pop, per cui i punti di contatto ci saranno, ma io voglio proprio fare musica con un linguaggio diverso, e sono curiosa di vedere come verrà recepita questa operazione.
Pensi che Musicraiser possa rappresentare il futuro della discografia?
Sì, ma più che Musicraiser penso che sia il web in generale a rappresentare il domani della discografia. Prendiamo il caso di Salmo: quando lui è arrivato, il suo tipo di musica non lo proponeva nessuno, lo ha portato lui, e oggi è entrato in una major. Le grandi realtà discografiche ormai servono soprattutto a supportare fenomeni già esistenti, lavorano con i talent, ma non presentano cose nuove, e questo per meccanismi di mercato che posso anche comprendere, ma che non aiutano a portare qualcosa di diverso. In passato ho ricevuto proposte per partecipare a dei talent, ma ho capito che se avessi accettato sarei entrata in logiche più grandi di me e come artista sarei morta. Non mi serviva avere quella visibilità e non avevo voglia di farmi scrivere le canzoni da altri.
Prima accennavi a un brano dell’album che tratterà il tema della diversità: secondo te che cosa fa paura alle persone nell’essere diversi?
Essere diversi vuol dire sentirsi continuamente sbagliati: noi umani siamo brutti, sviluppiamo una serie di convenzioni sociali che ci portano al confronto, al giudizio verso gli altri. Lo facciamo tutti, nessuno escluso. Essere diverso ti porta a vivere con più difficoltà anche nel concreto, perché magari sei tentato di fare scelte meno convenienti economicamente ma più stimolanti. Essere diversi è difficile proprio dal punto di vista pratico, mentre una vita facile è quella che porta gli altri a non giudicarti e romperti le palle.
A proposito del caso di Tiziana Cantone, sulla tua pagina Facebook hai scritto: “il problema non sono i social, sono le persone”. Non pensi però che i social abbiano amplificato l’imbarbarimento della società?
Certo, perché, come dicevo, siamo tutti prontissimi a scagliarci sugli altri per nasconderci, anche se commettiamo gli stessi errori. L’indole umana porta a puntare il dito per sentirsi puliti, mentre si sta perdendo la capacità di autocritica: dietro allo schermo di un computer siamo tutti coraggiosissimi, ma non riusciamo a reggere il confronto diretto. In questo caso specifico, la ragazza è stata convinta a essere lei dalla parte del torto, mentre la vera colpa in questa storia è stata mettere on line un video senza il suo consenso, quello è un reato! Il senso di colpa per quello che si vedeva in quel video è stato però così grande che Tiziana si è tolta la vita, ed è gravissimo. Per questo ho scritto che il problema non sono i social, ma le persone che li usano e il modo in cui li usano. Siamo fatti male, siamo fatti per spiare e giudicare, e Facebook non è altro che lo specchio di questo comportamento.
Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato ha per te il termine “ribellione”?
E’ difficile spiegarlo: sono molto diversa da come appaio, posso sembrare estroversa e ribelle, ma sono molto più tranquilla. Forse ribellarsi è portare avanti dei valori che riconosci in te, ma di cui non trovi riscontro nella società. Ribellarsi può essere anche avere il sogno della musica, ma andare a lavorare in ufficio se il tuo paese non ti offre le condizioni per farlo in totale libertà o se l’unica alternativa è andare in un talent. Ecco, io ho ancora la lucidità di dire no.