I dolori del giovane Douglas Dare

b27c03e9-e15f-4626-8990-d6829790d3c9
Se fosse nato nell’Ottocento, molto probabilmente Douglas Dare sarebbe rientrato nella schiera degli artisti più tormentati del Romanticismo, al pari di Caspar David Friedrich nella pittura o del nostro Leopardi nella poesia. Invece si è ritrovato a fare musica nel XXI secolo e ha dovuto tradurre le sue ansie e i suoi quesiti interiori nel linguaggio della nostra epoca.

Inglese, figlio di un’insegnante di pianoforte ed egli stesso abile con lo strumento, Douglas ha mescolato gli elementi classici e vintage con le spinte dell’elettronica e del pop, costruendosi attorno una stanza musicale del tutto personale, all’interno della quale non ha mancato di far entrare un certo amore per i giochi d’immagine e una notevole propensione al pessimismo cosmico. Il che, per nostra fortuna, lo rende ancora più interessante.
13735571_1338512499511490_4210450146321848141_oLo scorso ottobre ha pubblicato Aforger, il suo terzo lavoro: un album di 10 tracce scaturito dopo aver dichiarato al padre la propria omosessualità ed essere dolorosamente uscito da una storia d’amore, finita per la scoperta di bugie da parte del partner. Da quei due eventi, per sua stessa ammissione, è cominciata dentro di lui una sorta di rivoluzione che lo ha portato a mettere ogni cosa in discussione, persino la sua identità e l’intera realtà attorno. Ad aiutarlo a risolvere almeno in parte i suoi interrogativi pare sia stato 1984 di Orwell.


Aforger – il cui titolo altro non è che la crasi di A forger, ovvero, “un contraffattore” – non è quindi un album sulla fine di una storia, ma è un disco che cerca di risolvere una matassa intricatissima, mette tutto in discussione, si immerge nei dubbi più spaventosi, e lo fa nel modo più sincero e nudo possibile.

Babywoman, ovvero quando Naomi Campbell ha fatto un disco

005.tif
Forse non tutti, e i più piccolini in particolare, se lo ricordano, ma tra una falcata in passerella e una sfuriata capricciosa, Naomi Campbell ha trovato pure il tempo di fare un disco.

Ebbene sì, la Venere Nera ha lasciato la sua zampata anche nel mondo della musica. Stiamo parlando di parecchi anni fa, nello specifico del 1994: era il periodo delle super top, quelle create da Versace, Armani e Ferrè, quelle che poi sarebbero rimaste nella memoria anche dopo aver smesso di calcare il catwalk. Claudia, Cindy, Linda, Carla, Christy e, appunto, Naomi.
È stato proprio all’apice di questo periodo d’oro che la Campbell si è lasciata sedurre dalle lusinghe della musica e ha pubblicato Babywoman, primo -e per ora unico – album della sua carriera.
max1318540507-front-cover

Se però state già sbuffando e alzando gli occhi al cielo pensando che si tratti del solito progetto riempitivo per battere cassa, sappiate che vi state sbagliando: per realizzare questo album Naomi sembra averci messo davvero il cuore e una buona dose di impegno. Naturalmente, all’epoca le sue canzoni sono state velocemente liquidate con giudizi per lo più sprezzanti, forse dettati più da pregiudizi che non da un vero ascolto, e i risultati di vendita certo non brillarono: solo il Giappone si dimostrò interessato ad ascoltare la Naomi in versione di cantante, per il resto Babywoman ha dovuto accontentarsi delle briciole, riuscendo comunque a raggranellare un milioncino di copie vendute complessivamente nel mondo.
Riascoltandolo oggi, l’album si porta addosso i segni del tempo, immerso com’è in quella particolarissima commistione di pop e r’n’b che ha trovato il suo culmine proprio nel cuore degli anni ’90. Sonorità eleganti e a luci soffuse, che hanno marchiato anche alcuni album di superstar come  Madonna (penso in particolare ad Erotica e Bedtime Stories) e Janet Jackson, che probabilmente hanno contribuito non poco a dare ispirazione al disco di Naomi.

Naomi Campbell Video Shoot
Un pop che non ha proprio nulla da invidiare a certi prodotti odierni, magari di maggiore successo e oggetto di più lusinghiere recensioni. Eppure Naomi aveva fatto le cose per bene, fin dal primo, stupendo singolo Love & Tears, con le sue atmosfere al profumo d’incenso e i richiami all’Oriente, poi con la spinta dance di I Want To Live, secondo estratto. Ma in generale tutti i 10 brani (l’undicesimo è una reprise di I Want To Live) trovano una loro piacevole ragione di esistere: c’è tanta bella melodia che pervade l’intero album, tra ballate sontuose (When I Think About Love è di un candore commovente) e pezzi più movimentati, e la voce della Campbell, che pure di lavoro non fa la cantante, sa farsi molto apprezzare con il suo timbro felpato e sporco al punto giusto. Ciò che inoltre stupisce, e che conferma però l’intenzione di Naomi di fare un disco davvero pensato, è la presenza di alcune cover inaspettate. Mi riferisco in particolare a Ride A White Swan, un pezzo glam rock dei T. Rex datato 1970 e qui riproposto in versione decisivamente ingentilita,e poi Life Of Leisure dei Luscious Jackson; ma ci sono anche la super ballatona All Through The Night, remake di un brano di Donna Summer, e la splendente Sunshine On A Rainy Day dell’inglese Zoë.

Insomma, nonostante abbia lasciato dietro di sé una traccia piuttosto appannata e sia oggi confinato solo negli scaffali dei collezionisti, Babywoman è tutt’altro che un album di second’ordine, anche perché -ultima nota di prestigio – alla produzione sono stati chiamati personaggi del calibro di Gavin Friday (fondatore dei Virgin Prunes, ricordate?), Tim Simeon, Youth e Bruce Roberts, gente che tra gli anni ’80 e ’90 maneggiava i dischi dei grandissimi.
Purtroppo, ha dovuto scontare il pegno di essere il frutto musicale di una modella.

Ed Sheeran: il ritorno della superstar mondiale. Escono due nuovi singoli: "Castle on the hill" e "Shape of you"

IL RITORNO DELLA SUPERSTAR MONDIALE!

ED pubblica contemporaneamente due singoli

“CASTLE ON THE HILL” & “SHAPE OF YOU”

Disponibili subito su iTunes, Spotify e Apple Music


guarda i due lyric video che li accompagnano

“CASTLE ON THE HILL” & “SHAPE OF YOU”

https://www.youtube.com/watch?v=7Qp5vcuMIlk&feature=youtu.be

https://www.youtube.com/watch?v=_dK2tDK9grQ&feature=youtu.be


22 milioni  di album venduti in tutto il mondo!

4,7 miliardi di stream su Spotify!

 3,5 miliardi di visualizzazioni sul suo OFFICIAL YOUTUBE!

Ed Sheeran, la mega-star britannica già vincitore di diversi Grammy e Brit award, ha iniziato il nuovo anno pubblicando DUE nuovi singoli, “SHAPE OF YOU” e “CASTLE ON THE HILL”,   disponibili simultaneamente da oggi  su etichetta Asylum Records su iTunes, Spotify e Apple Music

I due singoli che segnano il tanto atteso ritorno di Ed Sheeran –  “Castle on the Hill” e “Shape Of You” – marcano anche l’ennesimo passo in avanti del pluripremiato cantautore inglese. Nelle prime ore della mattinata di oggi sono state pubblicate due nuove canzoni che mostrano due facce molto diverse del mondo musicale di Ed. “Castle on the hill”, scritta da Ed e Benny Blanco (che ne ha curato anche la produzione), rimanda ai suoi primi anni di vita a Framingham, Suffolk.  Il ritmo trascinante e i potenti riff di chitarra si uniscono per creare un altro inno da stadio. “Shape of you”, scritto da Ed, Johnny Mcdaid e Steve Mac (anche alla produzione) demolisce e ricrea il pop moderno usando poco più di un loop pedal. Il brano è un’estensione di quel tipico suono per il quale Ed è diventato famoso in tutto il mondo e che gli ha permesso di distinguersi tra gli artisti della sua generazione – a partire da quel lontano 2010 quando la sua performance live di “You Need Me, I Don’t Need You andò per la prima volta online su SBTV e che, l’anno successivo, ha riportato nel primo EP “No.5 Collaborations Project” (con la collaborazione di una serie di artisti del movimento grime inglese, tra cui Wretch 32, Wiley ed altri).

Nonostante non abbia più fatto sapere nulla di sè per un intero anno ed essersi preso un ben meritato break, il nome di Ed è associato a molte delle hit del 2016. Essendo uno degli autori più ricercati e stimati al mondo, ha firmato “Cold Water” di Major Lazer e “Love Yourself” di Justin Bieber, dimostrando – se mai ce ne fosse ancora bisogno – la sua versatilità e talento nel comporre successi mondiali. Il suo secondo album del giugno 2014 “x” (pronunciato “multiply”) è uno degli album più significanti e da record del secolo! Rafforzato dalla produzione di Rick Rubin, Pharrell Williams e Benny Blanco, “x” ha raggiunto la vetta delle classifiche in tutto il mondo appena uscito (#1 su iTunes in 95 paesi) ed è rimasto al #1 in UK per 12 settimane. Dell’album fa parte la hit “Thinking out loud”, #1 ovunque e ad oggi il suo brano più venduto. “x” è stato certificato PLATINO 90 volte in tutto il mondo e ha ammassato oltre 3,4 miliardi di stream, ufficialmente riconosciuto come uno degli album più venduti di tutti i tempi.

Nel 2011, il cantante di Suffolk pubblica il primo album “+” (pronuncia “plus”) e si impone subito all’attenzione del grande pubblico rimanendo ben 3 settimane al #1 della chart inglese e divenendo uno dei talenti più promettenti dell’anno, con uno stile musicale unico ed innovativo. In quell’anno Ed vince il suo primo Ivor Novello Award per il singolo d’esordio “The A Team”, che divenne poi il più venduto dell’anno.

*di seguito la lista da record di riconoscimenti che Ed ha accumulato con i primi due album: “+” & “x”*

I record non li ha infranti solo con la musica registrata, ma anche con i live! Nel luglio del 2015 Ed è stato il primo artista a suonare allo stadio di Wembley da solo, senza nemmeno una band di accompagnamento, ma solo con il suo celebre loop pedal e la chitarra, davanti a oltre 240.000 fans in tre show sold-out. Alla fine del 2015 è uscito un DVD intitolato “Jumpers for goalposts” che racconta tutto il suo personale viaggio verso quei 3 fantastici concerti, oltre a svariati brani dal vivo. Molte sono anche le sue apparizioni in eventi eccezionali come la cerimonia di chiusura dei Giochi Olimpici di Londra nel 2012, assieme a membri dei Pink Floyd e dei Genesis in una versione specialissima di “Wish you were here”. Nel 2015 ha condiviso il palco con Beyonce e Gary Clark Jr. al concerto di tributo per Stevie Wonder dei Grammys. Durante la prima delle tre serate allo stadio di Wembley Ed ha suonato con Sir Elton John, a riprova del suo ormai conclamato status di superstar colossale.

Ed Sheeran, che ha ricevuto una laurea honoris causa dalla University Campus Suffolk nel 2015 per il suo eccezionale contributo alla musica, si è aggiudicato un’incredibile serie di riconoscimenti durante la sua seppur breve carriera: 4x BRIT Awards, 2 x Grammys, 2 x Ivor Novello’s, 1 x Q Award, 1 x MTV VMA Award, 1 x American Music Award, 1 x BBC Music Award, 2 x People’s Choice Awards, 3 x Teen Choice Awards, 2 x MTV European Music Awards, 1 x 1Xtra Power List e molti altri.

Oltre a tutto ciò, lo scorso anno ha aperto la propria etichetta discografica, la Gingerbread Man Records (parte di Atlantic records Uk), firmando due tra gli artisti più di talento e promettenti degli ultimi tempi: Jamie Lawson (già vincitore di un Ivor Novello Award) e Foy Vance.

E con la nuova musica, con la quale Ed ha iniziato il 2017, l’artista più amato al mondo continuerà a fare storia!

 ‘x’ (“multiply”) – 2014

  • Ed lavora con Rick Rubin, Pharrell Williams e Benny Blanco
  • #1 al di qua e al di là dell’Atlantico, appena pubblicato
  • #1 in 95 paesi su iTunes
  • Un anno intero nella UK Top 10 e oltre due anni nella UK Top 100  (Official Chart Company)
  • 9 volte Platino in UK // 90 volte platino nel mondo
  • 13 milioni di copie vendute
  • 3.4 miliardi di stream ad oggi
  • Il miglior album del 2014 in UK e il più veloce nella vendita
  • Album # 1 a Natale 2014 in UK
  • 12 settimane consecutive al #1 in UK  (Official Chart Company)
  • L’album più ascoltato in stream del 2014 su Spotify
  • La più lunga permanenza nella UK Top 10 Official Albums Chart per un artista britannico con 77 settimane (battendo “21” di Adele)
  • Record assoluto di stream nella prima settimana nella storia di Spotify con 23 milioni, diventando anche l’album più ascoltato di continuo su Spotify dalla pubblicazione
  • Uno dei 60 album più venduti di tutti i tempi (fonte Official Chart Company) con oltre 13 milioni globali
  • ‘Album of the Year’, BRIT Awards (2015) // ‘Songwriting of the Year’, Ivor Novello’s (2015)
  • Nell’estate del 2015 – un anno dopo la pubblicazione  – ‘x’ era ancora l’album più streammato al mondo
  • L’album contine una serie impressionante di hit: Sing” 18 volte PLATINO, Don’t” 18 volte PLATINO, I See Fire” (anche nella colonna Sonora di The Hobbit: The Desolation of Smaug), “Photograph”, “Bloodstream  e il brano, ormai diventato un classico con i suoi 68 PLATINI, Thinking Out Loud

“Thinking Out Loud”
–          è stata un anno intero nella UK Top 40 singles chart (OCC)
–          ci sono volute 19 settimane prima di raggiungere la vetta della chart, la più lunga “scalata” di sempre
–          prima canzone in assoluto a raggiungere  500 milioni di stream su Spotify (attualmente sono oltre 780 i milioni)
–          #1 su iTunes in 85 paesi
–          2 x Grammy Awards nel 2016: ‘Song of the Year’ e ‘Best Solo Pop Performance’
–          BMI Award per ‘Song of the Year’ lo scorso ottobrer
–         1,5 miliardi di visualizzazioni del video

‘+’ (“plus”) – 2011

  • 3 milioni di copie in UK // 8,8 milioni in tutto il mondo
  • 3 settimane consecutive al #1 in UK (OCC)
  • Singolo di debutto: The A Team

“The A Team”
–      ha vinto l’Ivor Novello Award come ‘Best Song Musically and Lyrically’  (2011)
–      singolo di debutto più venduto dell’anno in UK

BITS-RECE: Brian Eno, Reflection. Un generatore di pensieri

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
warp280_packshot_3000
Brian Eno è uno di quegli artisti che appaiono sempre troppo grandi per essere racchiusi dentro alle scatole delle parole. Personalità e genio mentale come il suo sfuggono alle catalogazioni, al tempo, alle mode, e rischiano di far apparire banale ogni tentativo di inquadrarli.

Accade proprio questo per Reflection, il nuovo album del musicista inglese: già il concetto di album per questo lavoro non funziona, perché non si tratta di una raccolta di canzoni, bensì di un’unica traccia di 54 minuti. Non una novità per lui, che già in passato aveva pubblicato lavori simili, come Thursday Afternoon dell’85 e Neroli del ’93.
Un lavoro “ambient”, dove il termine sta a indicare un preciso tipo di musica, pensato dal suo autore come infinito e fluido, un continuo e incessante divenire di suoni sempre uguale a se stesso eppure sempre diverso, proprio come quando si guarda un fiume.
Un concetto musicale quasi filosofico, se si aggiunge il fatto che per Eno la musica ambient dovrebbe avere il preciso compito di stimolare le parole e il pensiero (da qui il titolo) di coloro che la ascoltano, quasi come un sottofondo, diventandone a tutti gli effetti parte integrante.
Infine, Reflection è un album di musica che il suo stesso creatore definisce “generativa”, basata cioè su gruppi di suoni e frasi assemblati seguendo determinate regole probabilistiche, modificati e poi fissati solo quando l’autore ne è perfettamente soddisfatto.
brian-eno-shamil-tanna

Tutto troppo astratto? Può darsi, ma il risultato è qualcosa di assolutamente magnifico e di una bellezza universale; verrebbe quasi da scomodare l’aggettivo mistico, se non fosse che di trascendentale qui dentro c’è davvero poco, nessuna verità rivelata, nessuna presunzione di avvicinare il divino, ma solo – si fa per dire – lo splendore di creare note utilizzando terrene strumentazioni elettroniche.
Ad accompagnare il progetto anche un’ omonima app molto avanguardia progettata per Apple TV e iOS, in grado di creare, anzi generare, una versione dell’album potenzialmente infinita con tanto di immagini, anch’esse generative, seguito ideale di The Ship, il progetto audio-sonoro rilasciato alcuni mesi fa.
Non si può, non si riesce a spiegare diversamente cosa sia Reflection: lo si può solo ascoltare, abbandonandocisi dentro e lasciando che a parlare siano i pensieri.
È proprio Brian Eno a chiedervelo.


 

Mariah, fatti perdonare per il disastro di Times Square…


Quello che è successo a Mariah Carey la notte di Capodanno in Times Square ormai dovrebbero saperlo quasi tutti: è stato un disastro, niente di meno che un disastro. Forse non il più tremendo capitato a un cantante, ma probabilmente uno di quelli che hanno avuto più risonanza a livello mediatico.

In pratica, Mariah era l’ospite principale dell’evento organizzato per il 31 dicembre e avrebbe dovuto intrattenere il pubblico con un minishow appena prima di mezzanotte: quello che si è visto sono stati due brani in un playback traballante, un pezzo farfugliato e un’uscita di scena stizzita.

Il giorno dopo non c’è stato giornale, sito web, social network o programma TV che non abbia dedicato uno spazio alla discutibile esibizione della diva. Una vero e proprio caso mediatico condito da dibattiti accesi e rimbalzi di responsabilità tra lo staff di Mariah, che ha parlato di “complotto” per il malfunzionamento degli auricolari, e la ABC, la rete che ha organizzato e trasmesso il concerto, che si è difesa dicendo che la cantante non ha voluto fare le prove.
Una questione che ha tenuto caldamente banco per giorni su ogni piattaforma di comunicazione e che ha mobilitato giornalisti, addetti al lavori, vocal coach. Persino Tommy Mottola, ex presidente di Sony Music ed ex marito di Mariah, è voluto intervenire. Tutti a dire la loro, a schierarsi da una parte o dall’altra e dare consigli a Mariah.

Ora, io non so come stiano le cose, non so se davvero gli ear monitor della Carey non funzionassero o se davvero lei non abbia voluto provare prima l’esibizione, e non so neppure se c’è qualcuno che potesse realmente avere interesse a boicottare la performance, tanto più in un evento così seguito come quello della notte di Capodanno.
Una cosa però mi sembra che non sia stata abbastanza rimarcata: la mancanza di rispetto nei confronti del pubblico.
La New Year’s Eve di Times Square è uno degli eventi peggio organizzati a cui abbia personalmente assistito: una serata che richiama qualcosa come un milione di persone infrattate nel più famoso incrocio di New York e nelle vie intorno, tutte pronte a salutare il vecchio anno guardando scendere la celebre palla luminosa durante il conto alla rovescia e tutte speranzose di assistere al mega concerto organizzato nelle ore precedenti.
Peccato che, a meno che non si faccia parte dei fortunati muniti di biglietto o invito, per riuscire anche solo a intravedere quello che succede sul palco ci si debba mettere in coda parecchie ore prima, ritrovandosi così in piedi, fermi, accatastati uno contro l’altro e al freddo. Nel 2011 io l’ho fatto: a cantare c’era Lady Gaga e io avevo trovato posto proprio sotto al palco poco dopo mezzogiorno: non mi importava l’attesa, ero orgoglioso di me e della posizione che mi ero guadagnato… fino a quando nel primo pomeriggio la “gentile” polizia newyorkese ha fatto spostare tutti per ragioni che non ho mai capito, sbattendoci molto più in là. Beh, alla fine non ho visto un tubo e dopo 12 ore trascorse in piedi mi sono ritrovato con dolori atroci a piedi, gambe e schiena mai più sperimentati.
Con una simile organizzazione, mi sento quindi molto solidale con tutti quelli che meno di una settimana fa si sono riversati in Times Square per assistere al cencertone, e si sono invece ritrovati con uno spettacolo a dir poco squallido, questa volta anche e soprattutto per colpa della diretta interessata.

Passiamo pure sopra al playback, anche se un’artista che deve la sua carriera all’ugola dovrebbe avere come priorità il live, ma è anche vero che al freddo del 31 dicembre ci sta il non voler rischiare, e pazienza anche per i (presunti) problemi tecnici, possono capitare a tutti in qualsiasi momento, ma che un’intera esibizione venga buttata via così come è accaduto no, questo non può e non deve succedere, neanche se di mestiere fai la diva e neanche se hai scritto qualche brillante pagina di storia del pop.
Con quasi trent’anni di carriera mondiale alle spalle, un artista ha l’obbligo di mettere in salvo se stesso e la sua esibizione quando le cose si mettono male, in qualsiasi modo ritenga più giusto, anche interrompendo tutto se necessario, per poi riprendere, ma certamente non farfugliando qualcosa al microfono a proposito di mancate vacanze e twittando poi post ironici.

No, le dive non fanno così, le dive fanno finta di ignorare il loro pubblico ma sanno poi regalargli quello che chiede, a modo loro. Non scappano dietro le quinte adirate piantando tutto a metà senza aver provato a portare a casa la pelle. Le dive hanno una venerazione per il loro lavoro, non si fanno mai vedere sudate e spettinate in scena, ma sudano e si spettinano per prepararsi al meglio, talvolta in maniera maniacale.
Il rispetto per il pubblico dovrebbe venire prima di ogni cosa: i fan sanno perdonare le attese estenuanti, le foto e gli autografi negati, i saluti mancati in passerella, e sanno perdonare perché poi la loro diva arriva e li fa sognare. I fan sanno perdonare le stonature, i playback, i passi di danza incerti se vedono che il loro idolo è lì e ce la mette tutta. Nel 2014, per l’accensione dell’albero di Natale al Rockfeller Center, proprio Mariah era stata protagonista di una performance non esattamente esaltante di All I Want Christmas Is You: uno spiacevole incidente di percorso, fonte di tanta rabbia della cantante per la diffusione dell’audio del suo microfono e di tanta ironia degli utenti del web. In quel caso il risultato era probabilmente da imputare al freddo e comunque Mariah aveva saputo portare a termine l’esibizione. 
Se è vero invece che il disastro di Times Square è da imputare alle mancate prove, Mariah non si è comportata da diva, ma ha fatto semplicemente la stronza. Presuntuosa, per giunta, e ha avuto l’esibizione che si meritava.

Fossi in lei, visto il clamore suscitato, prima di farmi rivedere in giro emigrerei altrove, magari in Australia, ad allevare canguri, per tornare tra qualche anno con un nuovo album, di quelli belli, come sapeva fare negli anni ’90, quando era la più diva delle dive e sapeva abbagliare con la voce.
Seriamente parlando, speriamo che il nuovo anno faccia riflettere un po’ Mariah sul concetto di professionalità, liquidando quella del 31 dicembre come l’ultima brutta e stanca fotografia del 2016.
In fondo, tutti vogliamo un po’ bene a Mariah: adesso aspettiamo da lei una buona occasione per perdonarla.

Anohni: la bellezza struggente dei video realizzati per Hopelessness

anohni-drone-bomb-me-video-the-vandallist-2
Qualche mese fa avevo recensito Hopelessness, primo progetto solista di Anohni, precedentemente nota con il nome di Antony Hegarty, cantante e anima di Antony & The Johnsons.
Le parole che avevo usato per descrivere l’album erano state a dir la verità non molto lusinghiere: disco troppo pretestuoso, complesso, ambizioso e a mio avviso difficile da metabolizzare nel voler essere un progetto dance/elettronico nei suoni e molto impegnato e coraggioso nei testi.
anhnoni_hopelessness
Le eccezioni però c’erano, perché un pezzo come Drone Bomb Me è di grande bellezza, con quei suoi freddi arpeggi sintetici, così come mi era piaciuta l’intensità emotiva di Crisis, ma nel complesso Hopelessness non mi ha convinto.
Mi sembra ora giusto tornare a parlare per un momento di questo progetto non perché io abbia cambiato idea, ma perché nel corso di questi mesi sono stati rilasciati i video di diversi brani dell’album, e sono tutti di forte impatto emozionale.

Video tutto sommato semplici, in cui protagoniste sono sempre figure femminili, senza sceneggiature elaborate, spesso anzi ridotti a primi piani di comparse che si limitano al lipsync della canzone, eppure la suggestione che creano è davvero notevole, attraverso un’operazione che con le immagini completa l’intento dei brani di lanciare messaggi e accuse a livello politico e sociale.
Il primo è stato Drone Bomb Me, che ha come protagonista una Naomi Campbell in lacrime in un carcere, con un riferimento piuttosto evidente alla pena di morte.

La supplica di perdono per le atrocità militari in Medio Oriente raccontate in Crisis ha invece il volto, e nuove lacrime, dell’attrice Store Lever.

Il volto enigmatico della stessa Anohni è protagonista di I Don’t Love You Anymore, in costante bilico tra gioia e dolore.

Diversa la clip per il brano che dà il titolo all’album: qui l’ambientazione è quella di uno scenario onirico e distopico sospeso in una dimensione senza tempo e quasi apocalittica, come il messaggio della canzone.

Si torna ai primi piani con Marrow: qui a occupare il centro della scena è il volto fortemente espressivo dell’artista statunitense Lorraine O’Grady.

Da ultimo, il video di Obama, che nella sua parole rappresenta forse la critica più dura lanciata da un personaggio pubblico nei confronti del presidente uscente. A ciò si aggiunge la richiesta, riportata in un messaggio pubblicato anche su Youtube sotto al video, di rilasciare Chelsea Manning, la militare americana transgender, processata nell’inchiesta WikiLeaks perché accusata di aver trafugato importanti documenti riservati e detenuta in condizioni che violano i diritti umani.

Il 2016 d'oro di Bussoletti

bussoletti-foto-ufficiale
Il 2016 si chiude con il botto per il cantautore romano Bussoletti.
Dopo il successo del singolo Correre, il nuovo brano Cerco il sole è stato scelto dal marchio di benessere Equilibra come colonna sonora di uno spot pubblicitario in onda sui canali Rai.
“Questo è un brano che vuole essere un augurio a chiunque stia passando un brutto momento. Chi punta alla luce la luce trova e io l’ho trovata entrando nella famiglia di Equilibra grazie alla regista Manuela Tempesta a cui ho fatto ascoltare in anteprima la canzone. Sono certo che la limpidezza di questa azienda collimerà con quella della mia musica per tanti anni”.
Un anno importante per Bussoletti: il singolo Correre ha avuto una featuring d’eccezione, Mauro Ermanno Giovanardi. Patrocinato da Fidal e in collaborazione con RunCard, il brano è stato inserito nella colonna sonora del film L’altra faccia della medaglia di Francesco Cordio, trasmesso da Raisport nel corso delle Olimpiadi di Rio.
Il 2 novembre Bussoletti ha festeggiato i suoi primi 40 anni con un concerto al Teatro Quirinetta di Roma: ha ospitato gli amici e colleghi Giovanardi e Tricarico e nel corso del live Riccardo Noury, portavoce nazionale di Amnesty Italia gli ha consegnato il premio “Arte e diritti umani 2016”: la sua Povero drago è stata scelta da Amnesty International per festeggiare i suoi 40 anni in Italia.
Il 13 novembre, poi, ha esordito nella Nazionale Cantanti.

Bussoletti è tra i cantautori più attivi della scena romana. Ha duettato con Dario Fo nel brano A solo un metro. Parallelamente alla sua carriera musicale collabora con diverse testate giornalistiche e conduce #lingueasonagli, un programma talk su Radio Cusano Campus con la quale si è aggiudicato le “Cuffie d’Oro”, il premio alle radio italiane ideato da Fabio Carini e Charlie Gnocchi.

BITS-RECE: Siva Six, Dawn Of Days

BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
siva-sixdawn-of-daysfront-cover-300dpi-high-resolutionjpg
I Siva Six sono un duo electro/dark metal ateniese, giunti al quarto album con Dawn Of Days.
Quello che propongono con il loro ultimo lavoro è una selva sonora fatta di beat martellanti e raffiche elettroniche sparate all’impazzata, costantemente accompagnata da voci selvagge, per dar vita ad autentiche bombe infernali da club come il singolo Apokalypsis e Transcendence.
Un ambiente più caotico che oscuro, in cui la melodia trova ben poco spazio, se non per qualche intervento di tastiera in sottofondo, come un timido sole che cerchi di filtrare i suoi raggi nel fitto dei rovi.
13

Ma le eccezioni non mancano, come nel breve interludio di The Dead Wall The Earth, che lascia posto addirittura a un pianoforte, e poi soprattutto in Twenty Eight e nella doppietta conclusiva di Until Death Reunites Us e The Messenger, tutte e tre arricchite dalla presenza di G. Diamantopoulos. Nelle ultime due in particolare, si fanno strada strumenti atipici nel mondo del metal come il tamburo yayli e il theremin, mentre il canto si leva in una supplica angosciante, che riporta dritti dritti al panorama della tradizione mediterranea.
Un album che piomba addosso come un drappo nero, squarciato qua e là da ferite luminose.

SANREMO 2017, TIZIANO FERRO superospite 67ᵃ edizione

 

Annunciato il primo superospite della prossima edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo, dal 7 all’11 febbraio in diretta su Rai1. E’ Tiziano Ferro, che tornerà a calcare il palcoscenico del Teatro Ariston dopo la straordinaria esibizione del 2015 che ottenne una lunga “standing ovation”.

“Sono felicissimo che Tiziano torni a Sanremo per la seconda volta dopo la bellissima performance che fece due anni fa, al mio primo festival. In quell’edizione, fu lui il primo grande ospite ad esibirsi sul palco dell’Ariston”, afferma soddisfatto il direttore artistico e conduttore Carlo Conti, per il terzo anno alla guida della kermesse e al lavoro, in queste settimane, per comporre il cast. Tiziano Ferro si esibirà nella prima serata del festival, martedì 7 febbraio, ed è solo il primo di una serie di superospiti che i telespettatori potranno apprezzare durante le 5 giornate dell’edizione 2017.