“Non c’è più tempo”: le angosce e le paure dei 30 anni nel primo album di Michelangelo Vood

“Non c’è più tempo”: le angosce e le paure dei 30 anni nel primo album di Michelangelo Vood

Anticipato dai singoli 2000 anni, Due morsi e Scemo, esce venerdì 10 maggio per Carosello Records Non c’è più tempo, il primo album di inediti di Michelangelo Vood.

L’album rappresenta una sorta di taccuino un po’ consumato e pasticciato, in cui Michelangelo racchiude e racconta il suo punto di vista e le sue riflessioni su cosa significa e cosa comporta avere 30 anni oggi.

«Tutti i giorni penso che io della vita non ci ho capito niente. Alla mia età i miei genitori avevano già una casa, un lavoro stabile e due figli, io invece sto a Milano in affitto con altre 3 persone, ho un lavoro precario e a malapena potrei prendermi cura di un cane, figurati di un figlio. Nella testa sento un orologio che non si ferma mai, mi dice che non c’è più tempo, che devo muovermi se non voglio rimanere un fallito per tutta la vita. E io mi muovo, ma non so dove sto andando. Paura, amore, futuro, solitudine, sacrifici, rassegnazione, speranza, metropoli, genitori, amicizie, provincia, delusione, fame, treni, scelte, dipendenze, fallimenti, insonnia, verità. Ho messo tutto questo nel mio primo disco»

In mezzo a frammenti di vita ordinaria la sua penna scrive fitta, cancella, mette punti, ricomincia, con un’urgenza espressiva che manifesta la necessità di condividere ciò che prova con chi può e ha voglia di capirlo.
I 30 anni significano consapevolezza, domande, ancora poche risposte, significano impegno, volontà, rimpianti, provare a  perdonarsi, un continuo tentativo di accettazione e di capire quale sia il nostro posto nel mondo.

E significano preoccupazioni: c’è il costante pensiero di non essere più in tempo per realizzare ciò che si è sempre sognato.
Questo provoca frustrazione, mina l’autostima, ci fa sentire falliti talvolta. Ci sono situazioni in cui ci sembra impossibile cambiare il nostro stile di vita ma esiste sempre una via d’uscita, una strada “nostra” da percorrere.
I 30 anni sono il momento in cui è ancora tutto in discussione, e finché è così, paradossalmente, la mancanza di certezze può rappresentare l’opportunità giusta di tracciare percorsi alternativi per realizzare ciò che si vuole e in cui si crede.

L’album è disponibile in pre-save e pre-order (https://orcd.co/michelangelovood-noncepiutempo).

Michelangelo Vood, nome d’arte di Michelangelo Paolino, è un cantautore originario della Basilicata.
Vood non è solo il cognome della madre, alla quale egli dedica il suo percorso artistico, ma anche un richiamo alla parola “wood” (bosco), omaggio alla natura selvaggia e incontaminata della sua terra. Dopo il trasferimento a Milano, città in cui la mattina insegna italiano e storia agli studenti delle scuole superiori, nel 2019 pubblica “Ruggine”, il suo primo singolo autoprodotto. Nello stesso anno vince il concorso per autori Genova per voi, indetto da Universal Music Publishing. Nel 2020 pubblica da indipendente il suo EP di debutto “Rio nero”.
Nel 2022 firma con Carosello Records e pubblica il singolo “Souvenir”, seguito da “Sotto il diluvio (nessuno tranne te)” .
Inaugura il 2023 con il brano “I love you” e prosegue a distanza di qualche mese con il singolo “Senza mani”. L’estate del 2023 è l’occasione per portare live nei principali festival italiani le canzoni che ha scritto in questi anni.

#MUSICANUOVA: Vago, “Camminare sulla luna”

#MUSICANUOVA: Vago, “Camminare sulla luna”

“È caratteristica dell’amore come lo conosco l’equilibrio instabile. Un gioco delle parti che a volte danzano all’ unisono altre si muovono su basi differenti, per molti un segreto di longitudine. Camminare sulla luna racconta il rapporto tra un viaggiatore da fermo e la sua metà, la sua ancora di salvezza. Legati dal sentimento, diversi e sempre in balia delle onde.”

Camminare sulla luna è il singolo di debutto di Vago, il nuovo alterego musicale di Marco Fontana.

Un nuovo inizio che si condisce di un immaginario cinematografico e che vuole raccontare l’amore, quello instabile: un gioco delle parti che a volte danzano all’ unisono altre si muovono su basi differenti, per molti un segreto di longitudine. Questo brano racconta il rapporto tra un viaggiatore da fermo e la sua metà, la sua ancora di salvezza. Legati dal sentimento, diversi e sempre in balia delle onde.

Così come la musica ha il compito di ampliare l’orizzonte immaginifico dello spettatore mi piace immaginare che le immagini, possano avere lo stesso ruolo con una canzone. Senza ricalcare il racconto del brano ma andando ad aggiungere elementi che ruotano attorno all’incontrollabile forza dei sentimenti e al fascino delle relazioni, di qualunque tipo esse siano, così potente da far muovere il cuore indipendentemente dalla mente.”

Quali film potrebbero quindi essere la colonna visiva di Camminare sulla luna secondo Vago?

  • Dieci inverni: un amore mai esploso, un rapporto intenso che attraversa il tempo della
    crescita di due ragazzi, dall’adolescenza all’età adulta. La lontananza, il dolore della
    distanza, e l’incapacità di spezzare il filo. Dieci anni raccontati attraverso certi momenti
    vissuti durante gli inverni ci raccontano il fluttuare del sentimento, quel lento mutare
    forma, e gli effetti nell’età più matura.
  • Le conseguenze dell’amore: la costruzione di un nuovo sé, un sentire differente, un
    incontro con i sentimenti prima congelati in virtù di un ordine perfetto e sacro. La storia di
    un uomo che si ritrova a fare i conti con il caos emotivo provocato dalla sorpresa
    sentimentale capace di irrompere nella sua vita.
  • Se mi lasci ti cancello: un volo “alta-mente” onirico sull’amore con un’ ala spezzata e il
    fiato che manca. Essere disposti a tutto per dimenticare, senza conoscere le
    conseguenze. Un film su ciò che rimane addosso, sulla speranza che la memoria,
    appartenente obbligatoriamente al passato, abbia un ruolo nel futuro.

Vago si muove tra le cabine di un cinema.
Proietta visioni di altri alla costante ricerca di stimoli e storie da raccontare. Con l’orecchio teso ai silenzi, alla sottrazione, alla musica del caso e i rumori che si trasformano in suono. Le canzoni sono piccole scenografie o addirittura film, proiettati in musica e raccontati dalle parole. Ad orecchie e mente il compito di modellare gli elementi e dare una forma.
Vago è anche questo, un progetto aperto ad altri musicisti dove ogni idea contribuisce alla realizzazione di un piccolo viaggio chiamato canzone e ne libera chiavi di lettura inaspettate.
Camminare sulla luna è il primo tassello di una storia con tanti protagonisti.

BITS-RECE: faccianuvola, “le stelle il sole l’arcobaleno”. Come se a Narnia suonassero l’elettronica

BITS-RECE: faccianuvola, “le stelle il sole l’arcobaleno”. Come se a Narnia suonassero l’elettronica

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.

Se siete appassionati di fantasy, conoscerete probabilmente Il leone, la strega e l’armadio, il più famoso romanzo della saga de Le Cronache di Narnia di C.S. Lewis.
L’armadio a cui fa riferimento il titolo è solo all’apparenza un semplice guardaroba: in realtà è una porta che mette in comunicazione il mondo reale con un mondo fantastico, quello di Narnia appunto.

Ecco, il paragone con il romanzo calza alla perfezione per descrivere l’album d’esordio di faccianuvola, giovane producer di Sondrio, che dopo la pubblicazione di alcuni singoli arriva ora al suo primo progetto esteso. E il paragone non regge solo per via del parallelismo del titolo del disco, le stelle il sole l’arcobaleno – stilizzato in le stelle* il sole; l’arcobaleno)) – ma anche, e soprattutto, perché, come nel romanzo l’armadio era un varco per un altro mondo, anche questo disco sembra essere una porta per un mondo di fantasia.

Un mondo fatto di giochi elettronici, tricks e triggers sintetici, solletichi sonori, pitch vocali; un universo coloratissimo che l’artista si è creato precisamente a sua misura, nel quale noia e grigiore sembrano essere banditi.
Varcata la soglia del suo territorio, come il fauno Tumnus di Narnia, faccianuvola ci accoglie e ci prende per mano saltellando da una traccia all’altra per farci esplorare un immaginario sonoro caleidoscopico e frizzante, alla ricerca della felicità. Qualunque sia lo stato d’animo con cui ci si approccia a questo disco, è praticamente impossibile non lasciarsi sfuggire un sorriso, anche se la tentazione più forte sarà quella di seguire con il corpo le raffiche di bpm.

le stelle il sole l’arcobaleno è il frutto di esperimenti in libertà sulla consolle: ascoltandolo non possono tornare alla memoria le colonne sonore dei videogiochi degli anni ’80 e ’90, ma non è difficile cogliere anche influenze pop, indie o urban. Su tutto, domina comunque l’elettronica, la vera protagonista di questa storia.

Sarebbe però un errore ridurre questo disco a un semplice divertissiment da cameretta.

Per quanto possa sembrare impossibile, l’album è nato da un periodo non particolarmente “luminoso”, che lo stesso faccianuvola definisce “di cambiamenti e perdizione, come il ricordo dei primi momenti vissuti a Milano, lontano dalla sua realtà e dagli affetti.
L’amore, la lontananza, la ricerca di sé: sono tanti i sentimenti presenti nel disco, non di rado velati di una certa malinconia. L’artista riesce però sempre ad accarezzarli tutti con delicatezza ed estrema sensibilità, trasportandoli in una dimensione onirica, lasciando comunque sempre posto alla ricerca della bellezza.

Inoltre, la scrittura non è priva di sorprese e “easter eggs”.
Non mancano infatti riferimenti letterari, classici, cinematografici: si inizia con un rimando a John Donne in uragani, per passare al poeta latino Lucrezio in di carta mille baci, fino al cortometraggio d’animazione Il riccio nella nebbia di Jurij Norstein che ha ispirato policromia/felicità.

E cercando bene tra le tracce, emerge quello che è forse il messaggio più importante del disco.
È racchiuso nella prima strofa di Giove: “Ho perso la parte migliore di me / L’avrò lasciata su Giove, su Venere / In un posacenere / Non ci vuoi credere / Mi va poi bene così / Sono partito per un’altra galassia / E non ti incontrerò più / E non ci penserò più a te / A quei tuoi lontani torrenti di montagna / E Cassiopea”.
Quante volte ci siamo persi, smarriti? Quante volte abbiamo perso la fiducia, il focus su chi siamo, e abbiamo addirittura pensato che sarebbe stato impossibile ritrovarci?

Ecco, molto spesso la risposta è là fuori, oltre la porta di un mondo immaginario: basta un breve viaggio nella fantasia per sentirsi di nuovo a casa.

Challengers [Mixed]: Boys Noize rivisita la colonna sonora del nuovo film di Luca Guadagnino

“Challengers [Mixed]”: Boys Noize rivisita la colonna sonora del nuovo film di Luca Guadagnino

Il DJ e produttore Boys Noize rivisita la colonna sonora di Challengers, il nuovo film di Luca Guadagnino, le cui musiche portano la firma di Trent Reznor Atticus Ross.

Challengers [Mixed], questo il titolo del progetto, include 9 brani della colonna sonora elettronica del film, ciascuno decostruito e successivamente reimmaginato da Boys Noize, selezionato accuratamente da Reznor e Ross per creare un DJ set continuo.

«È stata una sfida divertente trasformare il tutto in un’unica esperienza fluida e portarla avanti ridisegnando le tracce, creando nuovi elementi e cambiando alcune parti”, afferma Boys Noize. “Soprattutto in Compress/Repress, che alla fine diventa super epica. Lavorare con Trent e Atticus è stato un sogno che si è avverato. Sono stati davvero fantastici e disponibili durante l’intero processo creativo».

Caratterizzato da ritmi elettronici e da un lavoro di sintetizzazione, Challengers [Mixed] raggiunge il suo apice proprio con Compress/Repress, una canzone originale con il testo scritto da Luca Guadagnino.

Questa la tracklist di CHALLENGERS [MIXED]:

I Know [MIXED]
Yeah x10 [MIXED]
L’oeuf [MIXED]
Challengers [MIXED]
Pre Signal [MIXED]
The Signal [MIXED]
Brutalizer [MIXED]
Compress / Repress [MIXED]
A New Year Carol [MIXED]

Scritto da Justin Kuritzkes e diretto da Luca Guadagnino, Challengers vede protagonista Zendayanel ruolo di Tashi Duncan, un’ex prodigio del tennis diventata allenatrice e una forza della natura che non si scusa per il suo gioco dentro e fuori dal campo. Sposata con un campione in crisi (Mike Faist), la strategia di Tashi per la redenzione del marito prende una piega sorprendente quando quest’ultimo deve affrontare l’esaurito Patrick (Josh O’Connor), suo ex migliore amico ed ex fidanzato di Tashi. Mentre il passato e il presente si scontrano e la tensione sale, Tashi deve chiedersi: quanto costerà vincere? Il film arriverà nelle sale con Amazon MGM Studios.

Sony Music Masterworks comprende i marchi MasterworksSony ClassicalMilan RecordsXXIM Records e Masterworks Broadway. Per informazioni e aggiornamenti via e-mail, visitare il sito https://lnk.to/milanrecords.

#MUSICANUOVA: Gaia, “Dea saffica”

#MUSICANUOVA: Gaia, “Dea saffica”

“Se ti apri all’Universo, Lei ti risponde”: è questo il messaggio al centro di Dea saffica, il nuovo singolo di Gaia .

Scritto da Gaia stessa e prodotto da Bias, Dea saffica nasce per celebrare le donne: il titolo è un’ode all’universo femminile e vuole raccontare gli opposti che coesistono nella Donna, esaltata come creatura poeticamente contrastante, propensa a custodire, curare e cambiare, ma senza mai giudicare il prossimo.

Amore, sorellanza, rabbia, fertilità, piacere: la femminilità è anche creatività e capacità di rinascere attraverso l’apertura a ciò che l’Universo offre.

Il videoclip che accompagna il brano, diretto da Stella Asia Consonni, enfatizza il messaggio del brano, mostrando un mondo fatto di sorellanza, rituali e connessione con la natura.

Circondata da sette ninfe, Gaia lancia un messaggio forte e attuale: l’unione tra donne rende invincibili e la capacità di essere resilienti, racchiudere in sé forza e fragilità allo stesso tempo è proprio ciò che le rende uniche.

BITS-RECE: Jeson, “Solo un uomo”. Fuoco e introspezione

BITS-RECE: Jeson, “Solo un uomo”. Fuoco e introspezione

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.

Ci sono due parole chiave che ben si adattano a sintetizzare le tracce di Solo un uomo, il nuovo EP di Jeson.

La prima è fuoco, che vuol dire passione, ispirazione, energia. La passione per la musica, l’energia che essa richiede, ma anche l’energia e la potenza che traspirano dai pezzi del disco. Un urban “meticcio” e muscolare, ibridato di r’n’b, elettronica, ma anche di gospel e di soul. Un pastiche di stili frutto del un sodalizio artistico con il producer MDM, che si è occupato della realizzazione di tutte le tracce.

La seconda parola è introspezione, che è la prospettiva da cui Jeson ci permette di entrare nel suo universo, la lente da indossare per poter decifrare i brani. Solo un uomo è la lettura di un mondo interiore, uno sguardo profondo alla ricerca di chi si è veramente e di cosa si stia cercando.

Fuoco e introspezione. Non come poli in opposizione, ma come due sfere che si intersecano e si mantengono in equilibrio. Come nella titletrack, uno dei due inediti dell’EP: un brano che riesce a coniugare vigore e apertura musicale con una riflessione matura sul proprio essere.

Colpisce poi la preghiera laica di Halleluja, tesa, tormentata.

Sul finale, con Se penso a me e Il mio posto l’atmosfera si fa musicalmente più intimista grazie a un’impronta più spiccatamente soul, ma non per questo viene meno il fuoco delle intenzioni: anzi, sono forse proprio questi i due brani che “bruciano” maggiormente di desiderio di scrivere, di raccontarsi, di trovare un proprio posto.

Ci aveva visto benissimo Marco Mengoni, che ha voluto coinvolgere direttamente Jeson in Lasciami indietro: in questo ragazzo c’è una promessa accesa sul futuro.
Forse c’è un po’ di lavoro da fare per marcare l’identità (a tratti, la voce mostra richiami un po’ troppo “blancheggianti”, e questa è davvero l’unica sbavatura del progetto), ma il fuoco di Jeson può e deve divampare.

BITS-RECE: Alda, “Nel margine”. Vuoi venire nel buio con me?

BITS-RECE: Alda, “Nel margine”. Vuoi venire nel buio con me?

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.

Sono 7 brani affilatissimi a dare forma al mosaico sonoro di Nel margine, primo album di Alda Nebiu, in arte semplicemente Alda.

7 brani avvolti da atmosfere cupe, foschissime, gelide, tra barre hip hop e urban crude e crudeli e tappeti sonori imbastiti di elettronica, ma in cui non mancano neppure soluzioni originali, come il reggaeton di Mamma, lontanissimo dalle suggestioni solari e vacanziere a cui il genere ci ha troppo abituati.

Nonostante sia al suo debutto discografico – se si escludono un EP e i singoli rilasciati negli anni scorsi – la ragazza sembra avere le idee piuttosto chiare in testa su ciò che l’ha spinta a raccontare sé stessa nelle canzoni e su ciò che vuole comunicare con la sua musica. A cominciare dall’immagine scelta per la copertina dell’album: “Ho scelto l’elemento del ponte, perché il ponte è il contrario del muro. Il ponte è un confine che unisce, anziché dividere. È un luogo di flusso, un luogo sospeso che viene attraversato.”

E riguardo al titolo aggiunge: “Vivere nel margine significa certamente ritrovarsi in una posizione scomoda, ma allo stesso tempo è una posizione che ti permette di osservare le cose da svariati punti di vista. Stare nel margine vuol dire avere la possibilità di vedere quello che succede all’esterno, e contemporaneamente quello che succede verso l’interno.”


Quelli raccontati da Alda sono tasselli della storia di una ragazza che si è da sempre sentita diversa, fuori posto, emarginata.
Ossessioni, ansie, tachicardie, paure, atteggiamenti di autodifesa, conflitti interiori tra ciò che si è e ciò che si può e che si deve mostrare agli altri sono i sentimenti che animano le sue canzoni: “È strano quando le emozioni ti attraversano. Spesso mi capita di provare delle sensazioni così intense da annullarsi. Le persone come me o parlano troppo, o non parlano proprio. Quando passi da un estremo all’altro fai fatica a trovare un luogo sicuro.”

E giunta al bivio tra tacere o far sentire la propria voce, Alda sembra aver scelto questa seconda strada, trovando nella musica il canale adatto per mostrare agli altri il proprio mondo interiore.

A dimostrarlo è anche la sua scrittura, fatta di parole che difficilmente cedono al compromesso e che trascinano in un’atmosfera claustrofobica e opprimente, ottenuta anche attraverso ripetizioni ossessive di parti del testo.

Se queste sono le premesse, c’è di che ben sperare per il futuro.

#MUSICANUOVA: KAPUT, “Stickers”

#MUSICANUOVA: KAPUT, “Stickers”

“In alcune relazioni mi è capitato di ritrovarmi ingabbiato in luoghi comuni che nell’ottica di una progettualità hanno fatto nascere dubbi ed insicurezze. Il machismo, la tendenza nel catalogare secondo identità anacronistiche e l’uso errato dei pronomi sono alcuni dei gap che ho deciso di usare, insieme a chiari riferimenti della cultura mainstream e queer, per darmi e dare uno sguardo dal di fuori, nel quale ci si possa impersonare e criticare, partendo dal confronto. È capitato anche, di non star troppo a pensare e farmi andar bene una routine stretta che trovava il suo unico sfogo in un egoistico appagamento fisico. Il mio nuovo singolo è un brano che avrei avuto bisogno di scrivere qualche tempo fa: una critica aperta al saper volersi bene ma anche al saper di fare schifo.”

Con queste parole KAPUT presenta Stickers. è un brano pop che parla di luoghi comuni e di quelle convenzioni sociali anacronistiche che spesso intervengono nelle relazioni instabili e tra quelle coppie che non si comprendono.

Utilizzando riferimenti e archetipi della cultura mainstream e queer, KAPUT considera il piacere come unico antagonista alla noia di due persone che non si prendono, in un’egoistica ricerca di appagamento fisico, mentre l’elettronica da clubbing si amalgama con influenze ‘R&B internazionali.

La disattenzione di chiamarmi
Con un nome sbagliato, prevedibile
Mi vedi frequentare certi luoghi
E me li attacchi addosso come stickers
Non puoi chiedermi di amarti come Britney amava Justin
Perché siamo Carlo e Diana in realtà
Ho imparato l’odio e il sesso che alla fine era lo stesso
Con gli amici chiuso dentro un garage
Dentro ad un van
Mi ammazzerai
Troppe parole
Chiedo pietà
Frasi violente
È quasi catastrofe
Non ti sopporto
Eppure sei ancora qua
No, baby baby, no
Non sono un’etichetta incollata sopra una scatola
No, baby baby, no
Se un sogno moderno
Ci tieni al sentimento
Ma cerchi solo estranei to fuck
Non chiedermi di amarti come Cristo amava gli altri siamo diavolo e acqua
santa in realtà
E lo ammetto ti sto appresso perchè a tutti piace il sesso, sei soltanto carne
fresca, tartare
Dentro ad un van
Mi ammazzerai
Troppe parole
Chiedo pietà
Frasi violente
È quasi catastrofe
Non ti sopporto
Eppure sei ancora qua
Dentro ad un van
Mi ammazzerai
Troppe parole
Chiedo pietà
Frasi violente
È quasi catastrofe
Non ti sopporto
Eppure sei ancora qua
Non puoi chiedermi di amarti come Britney amava Justin
Perché siamo Carlo e Diana in realtà
Ho imparato l’odio e il sesso che alla fine era lo stesso
Con gli amici chiuso dentro un garage
Non puoi chiedermi di amarti come Britney amava Justin
Perché siamo Carlo e Diana in realtà
Ho imparato l’odio e il sesso che alla fine era lo stesso
Con gli amici chiuso dentro un garage

#MUSICANUOVA: Will Yam, “Un’ora” (feat. Inoki)

#MUSICANUOVA: Will Yam, “Un’ora” (feat. Inoki)

Un’ora è il nuovo singolo di Will Yam.

Nel brano, che vede la partecipazione di Inoki, l’artista racconta di come da bambini i sogni sembrino grandi e tutto appaia più semplice, ma crescendo iniziano i problemi e le difficoltà della vita.

Il videoclip, scritto e diretto da Giuseppe Martone Junior e prodotto da Thaurus, Tiro Production e Momo 2×2, vede protagonisti i due artisti: è stato realizzato nella Casa Circondariale “Rocco d’Amato” a Bologna e nell’ex carcere del comune di Codigoro per le scene degli interni e racconta la vita all’interno del carcere tra sofferenze, speranze e momenti di libertà.

Il video di Un’ora è stato realizzato con il supporto della Emilia Romagna Film Commission e il Comune di Codigoro.

Lo scorso 12 aprile, Will Yam ha presentato il singolo proprio presso la Casa Circondariale “Rocco d’Amato”.

Un ringraziamento particolare alla Dott.ssa Rosangela Varcasia, vicecomandante della Casa Circondariale Rocco d’Amato.

Ho chiesto all’AI di riscrivere il testo di “Apnea” di Emma

Ho chiesto all’AI di riscrivere il testo di “Apnea” di Emma

Fresca di certificazione platino per Apnea, Emma ha rilasciato in digitale alcune versioni alternative del brano portato in gara all’ultima edizione del Festival di Sanremo.

In particolare, le nuove versioni disponibili sono quella acustica, realizzata insieme a Julien Boverod (in arte “Jvli”), il Remix, con l’apporto di JXN dei bnkr44 e la versione Strumentale.

Proprio l’ascolto di quest’ultima mi ha dato l’ispirazione per un piccolo esperimento tecno-trash (a dire il vero, più trash che tecno…): in che modo l’AI sarebbe in grado di rielaborare il testo di Apnea?

E quindi – per il semplice gusto del gioco – ho interrogato tre dei principali modelli di Intelligenza Artificiale attualmente disponibili in versione gratuita impostando per ciascuno il medesimo prompt, ovvero: “Rielabora completamente il testo di “Apnea” di Emma trasformandolo in una canzone sull’amicizia. Il testo deve rispettare la metrica e la struttura del brano originale. La canzone deve restare fedele allo stile di Emma Marrone.”

Il risultato? Questo…

La versione proposta da Chat GPT, il chatbot di OpenAI:

[Strofa 1]
C’è un legame che non muore mai
Come un fiore che fiorisce ogni giorno
Nel cuore nostro, senza fine sai
Un’amicizia che ci rende forti come un uragano

[Ritornello]
Noi siamo come onde nell’oceano
Che si abbracciano e non lasciano
Nel profondo di noi, c’è un legame sincero
Che ci unisce, anche nel buio più severo

[Strofa 2]
Come le stelle nel cielo, noi brilliamo
E anche se il tempo passa, non ci separiamo
Ridi e piangi, siamo sempre insieme
Come due angeli che custodiscono i sogni dell’anima

[Ritornello]
Noi siamo come onde nell’oceano
Che si abbracciano e non lasciano
Nel profondo di noi, c’è un legame sincero
Che ci unisce, anche nel buio più severo

[Ponte]
E quando la tempesta arriva
Ci stringiamo ancora di più
Perché insieme, l’amicizia ci avvolge
Come un abbraccio che non ha fine

[Ritornello]
Noi siamo come onde nell’oceano
Che si abbracciano e non lasciano
Nel profondo di noi, c’è un legame sincero
Che ci unisce, anche nel buio più severo

[Outro]
E questa amicizia, come una dolce melodia
Ci accompagna per sempre, nella vita che scorre via

La versione proposta da Gemini, il modello AI di Google:

(Verse 1)
Siamo legati da un filo invisibile
Un legame che il tempo non scalfisce
Tra sorrisi e lacrime condivisi
Un’amicizia che mai svanisce

(Chorus)
Respiro nell’aria che respiri tu
Sento il tuo cuore battere nel mio
Insieme affrontiamo ogni sfida
Un’amicizia che ci rende più forti, lo so

(Verse 2)
Nei momenti bui sei la mia luce
La spalla su cui piangere e sfogarmi
Con te divido gioie e segreti
Un’amicizia che sa sempre come calmarmi

(Chorus)
Respiro nell’aria che respiri tu
Sento il tuo cuore battere nel mio
Insieme affrontiamo ogni sfida
Un’amicizia che ci rende più forti, lo so

(Bridge)
Siamo come due anime gemelle
Due metà di un cerchio che si completano
Con te mi sento invincibile
Un’amicizia che dura per sempre, lo so

(Chorus)
Respiro nell’aria che respiri tu
Sento il tuo cuore battere nel mio
Insieme affrontiamo ogni sfida
Un’amicizia che ci rende più forti, lo so

(Outro)
Grazie per essere la mia amica
Un dono prezioso che terrò per sempre
Un’amicizia che vale più di ogni cosa
Un legame che mai si spezzerà, lo so

La versione proposta da Microsoft Copilot:

Ci ritroviamo qui, nell’ombra di un caffè
Tra le parole non dette e i ricordi che fanno male
E mi chiedo, se alla fine siamo ancora noi
O se il destino ha scelto di spezzare il nostro filo

Trova tu le frasi giuste, nei silenzi che ci separano
Nelle note di una canzone lontana, o nel vento
Io, se avessi un modo per tornare indietro
Non cambierei nulla, perché ogni istante con te è prezioso

Ritornello:
È colpa mia se adesso siamo in bilico
Ma è colpa tua, perché hai gli occhi che mi uccidono
Lo sai però, mi fai sentire il brivido di stare bene
Di stare insieme, anche se il nostro legame è in apnea

Non è una bugia, né nostalgia
È solo il veleno che ci ha avvelenato
Eppure, è tutto vero, ogni sorriso, ogni sguardo
Non mi piace niente, ma tu mi togli il respiro

Ponte:
Dimmi dimmi dimmi, se ti va di ricominciare
Di riscrivere la fine di questa storia
Senza rimpianti, senza rabbia, solo con affetto
Toglimi il respiro, come facevi una volta

Ritornello:
È colpa mia se adesso siamo in bilico
Ma è colpa tua, perché hai gli occhi che mi uccidono
Lo sai però, mi fai sentire il brivido di stare bene
Di stare insieme, anche se il nostro legame è in apnea

Outro:
Ricordati com’ero, quando ridevamo sotto la pioggia
Quando ogni tuo sorriso era il mio sole
Non mi piace niente, ma tu mi togli il respiro
Apnea, ah-ah, ah-ah, ah

Qualche considerazione…

Come era naturale aspettarsi, i 3 modelli interrogati hanno rielaborato il testo adottando una scrittura fatta di immagini generiche, standardizzate, ma mi ha comunque colpito come i 3 risultati siano molto diversi uno dall’altro, sia nella struttura – per quanto l’indicazione fosse quella di rispettare quella originale – sia nella riformulazione del testo. Mentre Chat GPT e Gemini si sono staccati dal testo di partenza, Copilot ha mantenuto diversi riferimenti all’originale.

Ora, oltre al fatto che avessi un po’ di tempo da perdere, cosa vuole dimostrare questo divertissement? Forse che avrei bisogno di esercitarmi un po’ con il prompt engineering, o forse che l’AI ha ancora un po’ di strada da fare.

Nel dubbio, mi riascolto la versione originale, che resta ancora la migliore.