La tigre e il cantautore: ecco “Mina Fossati”, un disco tra la luna, le farfalle e una carrettera


Mina Fossati
, un titolo che dice tutto quello che serve sapere. D’altronde, quando si parla di due giganti della musica italiana come Mina e Ivano Fossati cos’altro servirebbe mai sapere?
Basta solo il fatto che i due abbiano messo la propria arte al servizio di un progetto condiviso, uno di quei progetti che non si vedono – anzi non si ascoltano – esattamente tutti i giorni: 11 brani nuovissimi, scritti appositamente per questa occasione dal cantautore genovese e interpretati (quasi tutti) a due voci insieme a colei che più di tutte rappresenta il simbolo della voce italiana.
Mina Fossati sarebbe dovuto uscire negli anni ’90, poi le cose sono andate diversamente e non se n’è più fatto nulla, ma nella testa di Mina l’idea è sempre rimasta viva, tanto che l’artista l’ha riproposta al collega, pur sapendo che ormai da otto anni aveva abbandonato le scene per dedicarsi all'”ozio” privato. Ma come si fa a dire di no a Mina? “Se dici di no a Mina chiedo il divorzio”, pare che Fossati si sia sentito minacciare dalla moglie. Insomma, quell’album si doveva fare, e infatti eccolo qui, dopo due anni di lavoro, in tutta la sua magistrale presenza.

Quando si ha a che fare con Mina non si sa davvero mai fino in fondo che cosa aspettarsi, perché “la tigre” sa essere camaleontica e spiazzante, costantemente curiosa di novità e in grado di interpretare praticamente ogni cosa con la stessa, sbalorditiva capacità. La scelta di affidarsi a Fossati era però fin dall’inizio un buon indizio su quello che sarebbe stato questo disco: un album di scrittura altissima e poetica, in cui tutto, ma proprio tutto, è stato calcolato al dettaglio, con gli arrangiamenti come sempre curati da Massimiliano Pani.
Se i due album realizzati da Mina con Celentano avevano dato vita anche a episodi divertenti e talvolta spassosi, qui a prevalere è la superbia e l’imponenza di certe interpretazioni. Non ci sono – volutamente – sfoggi di virtuosismi, e chi è alla ricerca dei celebri “acuti” della Signora rimarrà probabilmente un po’ deluso, ma dall’altra parte ci sono l’eleganza e la profondità di brani come L’infinito di stelle o Luna diamante, uno dei momenti destinati a restare nel tempo.
Ogni brano, ogni parola e ogni nota sono stati scritti da Fossati con la consapevolezza che sarebbero stati cantati da e insieme a Mina: “Ognuna di queste 11 interpretazioni potrebbe essere oggetto di una lectio magistralis“, ha dichiarato il cantautore. “Mina non ascolta la musica, la scannerizza, e dietro a ogni sua nota c’è sempre il pensiero, in questo mi ricorda John Coltrane. Di Mina si dice sempre che è una grande interprete, ma lei è anche una grande musicista”.

Se il cantautorato elegante e sofisticato è il grande protagonista dell’album, ciò non significato che non ci sia spazio anche per altro: Ladro è per esempio un episodio che si avvicina molto all’r&b, così come il singolo Tex Mex è uno svago del gusto fossatiano per le chitarre blues e le solari atmosfere latine, mentre in L’uomo perfetto sono finte perfino percussioni africane. Il momento più gustoso del disco lo regala però Farfalle, una perla giocosa che rende omaggio all’estate e alla stagione della consapevolezza, senza cadere nei luoghi comuni.

Nell’insieme, Mina Fossati è un disco che solo due nomi così grandi della musica avrebbero potuto realizzare, un album che è in realtà il risultato di due carriere e due esperienze intoccabili.
Un disco che potrebbe aprirsi a una serie infinita di domande: almeno una però merita una risposta, la carrettera citata in Tex-Mex è la stessa di Non sono una signora? “Prima di inserirla nel testo, devo dire la verità, ci ho pensato”, confessa ancora Fossati, “Nella mia testa non è la stessa, è solo una parola. L’avevo già usata, è vero, ma era anche il 1982!”

 

 

Orgoglio rap per amare se stessi. Quattro chiacchiere con… Mondo Marcio


Sul fronte del rap italiano, Mondo Marcio è uno dei rappresentanti della “vecchia scuola”, uno di quelli cioè che sono emersi prima che l’hip-hop diventasse un brand declinato in ogni forma possibile. Erano da poco passato il 2000 quando Gian Marco Marcello si è fatto conoscere al grande pubblico, e in quel periodo il rap respirava ancora l’aria della strada e si faceva ascoltare solo dai veri ammiratori, restando piuttosto lontano dalla patina stilosa del pop.
Se da allora molte cose sono evidentemente cambiate, il nuovo album di Mondo Marcio è invece una ferma e fiera rivendicazione di chi continua a fare rap con lo stesso spirito di un tempo, senza guardare alle convenienze, alle mode passeggere o al successo facile. Anticipato da alcuni brevi video-documentari, UOMO! – questo il titolo -, è un atto d’amore verso se stessi, un’orgogliosa presa di posizione di chi si è guadagnato tutto ciò che ha e una celebrazione dell’imperfetta natura dell’individuo.

Questo disco sembra segnare uno spartiacque, non solo nella tua carriera, ma anche nella tua vita. C’è stato un momento o un evento che ti ha fatto capire che per te si chiudeva una fase e se ne apriva una nuova?
Sì, lo status quo della musica e della cultura in generale in Italia nel 2019.

Cosa si nasconde dietro a quel punto esclamativo del titolo?
Un’ attitudine, quella di fare le cose credendoci davvero, e non per moda o convenienza.

In più punti, l’album sembra anche l’occasione per manifestare uno scatto d’orgoglio e di rivincita. È un’impressione corretta? I tuoi messaggi a chi sono rivolti oggi?
È stata una necessità. Di carattere non sono uno spocchioso, ma questi anni mi hanno insegnato che non ti viene riconosciuto quello che hai fatto, bensì quello che dici di avere fatto. Nessuno ti riconosce i tuoi meriti, e visto che ho i fatti dalla mia parte, non ho fatto altro che riportarli. A volte un po’ di ego serve!

Angeli e demoni si impreziosisce della partecipazione di Mina, artista alla quale avevi dedicato l’intero album Nella bocca della tigre e con cui sei tornato a lavorare in Se mi ami davvero: cosa apprezzi più di tutto in lei?
Mina è una persona incredibile, ancora prima di essere un’artista unica. Mi ha insegnato a mettere la libertà artistica, e la mia integrità, prima di qualsiasi altra cosa. Credo che alla base del rapporto con lei ci sia una forte intesa artistica.

Tra le presenze all’interno del disco c’è anche Milano: oggi che rapporto hai con la città?
È la città che nel bene e nel male mi ha cresciuto, sarà per sempre nel mio cuore.

Citando Neil Young, nella sua ultima lettera Kurt Cobain aveva scritto “È meglio ardere in un’unica fiamma piuttosto che spegnersi lentamente”. All’opposto, tu invece dichiari che “non è la fiamma che brucia più alta, ma quella che brucia più a lungo”. Puoi dire che è questo il pensiero in cui ti ritrovi di più?
È un verso di DDR, e in La canzone che non ti ho mai scritto dico “una fiamma che brucia così forte era destinata a estinguersi”. In entrambi i casi sottolineo il rischio di bruciare troppo forte, anche in natura le stelle che muoiono prima sono quelle che brillano di più. Ho sempre visto la vita come una maratona più che uno sprint.

Nella scena rap odierna c’è qualcosa in particolare cui non ti senti rappresentato?
Alcuni artisti mettono i soldi prima della musica: io ho sempre ragionato al contrario.

Guardandoti indietro ai primi anni in cui facevi musica, in cosa pensi di essere cambiato soprattutto?
Sono più consapevole dell’ambiente nel quale lavoro, del mondo dell’intrattenimento in generale. Certe cose non te le possono insegnare, le devi vivere.

Il disco si apre e si chiude con la stessa domanda, “dopo di te chi ci sarà?”. Che risposta ti sentiresti di dare?
Non è una domanda che ha bisogno di una risposta, tutto il disco è un’intera forma di autoanalisi, e la domanda è una di quelle ricorrenti che ogni artista si pone.

In un momento storico e sociale dove l’umanità sembra più predisposta all’odio, alla chiusura e all’egoismo, che cosa ti fa sperare ancora nella natura umana?
La musica!

Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione?
In una società che guadagna dalle nostre insicurezze, amare noi stessi è il vero atto di ribellione.

“La mia è musica pop”. Cristina D’Avena torna con Duets Forever, e aspetta ancora Jovanotti

Quando l’anno scorso Cristina D’Avena ha deciso di pubblicare un intero album con le sue sigle più famose cantate insieme ad alcuni grandi nomi della musica italiana, forse non tutti avrebbero scommesso sugli esiti commerciali dell’operazione.
Ma a 12 mesi di distanza lo possiamo dire: Duets non è stato solo un progetto geniale, ma anche un indiscusso successo discografico. Non solo l’album si è guadagnato la certificazione platinata, ma Cristina D’Avena è anche risultata essere l’artista femminile con il più alto piazzamento nella classifica di fine anno per il 2017.
Un risultato così non poteva che spingere Cristina a concedere il bis, per la gioia di un pubblico composto per buona parte da chi bambino lo era almeno una decina di anni fa.
Ecco allora che venerdì 23 novembre arriva Duets Forever – Tutti cantano Cristina: altre 16 sigle diventate ormai parte della tradizione italiana riarrangiate e reinterpretate insieme ad altrettanti protagonisti della nostra scena musicale, da Patty Pravo a Elisa, Fabrizio Moro, Carmen Consoli, The kolors, Nek, Max Pezzali,Lo Stato Sociale Alessandra Amoroso, Elodie, Dolcenera, Il Volo, Malika Ayane, Le Vibrazioni, Federica Carta e Shade.

Come per il progetto precedente, anche stavolta Cristina ha contattato personalmente ogni singolo artista che era intenzionata a coinvolgere: “Sono tutti colleghi che stimo e ho voluto chiamarli uno ad uno per sentire personalmente la loro reazione e capire se avessero davvero voglia di partecipare. Alcuni erano impegnati in tour o stavano lavorando a nuovi dischi e non hanno potuto esserci, pazienza. L’unico dispiacere che ho è non essere riuscita nemmeno stavolta a contattare Jovanotti: ci ho provato in tutti i modi, gli ho mandato messaggi velati e espliciti, gli ho registrato degli audio, gli ho scritto mail, ho fatto addirittura dei video, ma non ha mai risposto e non capisco perché. Forse non ha avuto tempo? O i miei segnali non gli sono mai arrivati? Se non era interessato poteva dirmelo tranquillamente”.
Ma per un Jovanotti che non c’è, ci sono altri 16 protagonisti che si sono messi a disposizione, e gli aneddoti non mancano. Su Patty Pravo: “l’ho contattata tramite il suo assistente, che non era molto convinto che lei avrebbe accettato di cantare i Puffi. ‘Io provo a chiederglielo, ma non so’, mi ha detto. Invece dopo due ore mi ha richiamata entusiasta dell’idea. L’unica paura che aveva era quella di dover fare anche la voce di Gargamella, ma quando l’ho rassicurata che l’avrebbe fatta Fabio De Luigi è andato tutto liscio”.
Su Elisa: “Appena le ho comunicato per telefono l’intenzione di coinvolgerla si è messa subito a gridare ‘Memole” Memole! Memolina! Memolina! Voglio fare Memolina perché io sono Memolina!!’, ed era chiaro che quella sigla era prenotata per lei. Si è completamente calata nel personaggio”.
Su Lo Stato Sociale: “Mi hanno detto subito ‘Noi vogliamo fare Denver, perché vogliamo bene a Denver’. E non hanno solo ricantato il pezzo, ma lo hanno completamente riarrangiato”.
Federica Carta invece non conosceva Papà Gambalunga: “Gliel’ho proposta perché ha un bellissimo testo. Lei era intimorita, in studio aveva paura di sbagliare, di non ricordare esattamente tutte le note, ma l’ho rassicurata ed è stata dolcissima”. 

L’orgoglio che Cristina esprime parlando di questo nuovo lavoro è incontenibile: “Questo disco è gioia pura. Con Duets e Duets Forever sono riuscita a coinvolgere 32 artisti, e non sono pochi! All’inizio nessuno avrebbe mai immaginato che si potesse arrivare a realizzare un secondo album di duetti. Penso che insieme a Warner abbiamo fatto un bel lavoro, un disco di musica pop a tutti gli effetti: i giornalisti sono sempre stati molto buoni con me, ma per molto tempo la mia è stata considerata ‘musichina’, musica di serie B. Dopo Duets è un po’ cambiata la considerazione che il pubblico aveva di me, molti pregiudizi sono caduti. Queste sono canzoni nuove, non avrei mai fatto un disco tanto per farlo: ho voluto rimettere mano al mio repertorio e dargli una veste nuova, perché la gente da me vuole sentire le novità. Ogni brano è stato riarrangiato pensando all’ospite che lo avrebbe cantato con me”.  
Guardando al futuro però, Cristina mette le mani avanti: “Un Duest Tris? Mah, iniziamo a vedere come va questo, poi ci penseremo, anche se credo che quando una cosa va bene ci si debba saper fermare per lasciare al pubblico ancora un po’ di appetito”.
Anche sull’ipotesi di un evento televisivo non mancano le riserve: “Se si dovesse fare, bisognerebbe pensare a una serata davvero bellissima, che coinvolga tutti gli ospiti, ma sono tanti, ognuno con i propri impegni. E non potrei nemmeno utilizzare le immagini dei cartoni, perché la questione dei diritti è complessa”.

A una “principessa e fatina rock” come Cristina la capacità di sognare però non manca, e allora perché non provare a immaginare di affidare una delle sue sigle ad alcune delle icone leggendarie della musica italiana e internazionale? “Tra gli stranieri mi piacerebbe coinvolgere Chris Martin e David Guetta. A Mina darei Prendi il mondo e vai, che tra l’altro è stata scritta da suo figlio Massimiliano; a Ligabue farei cantare Una grande città, mentre per Tiziano Ferro penserei a un brano della serie di Licia. La gente ancora oggi mi chiede com’è andata a finire la storia con Mirko e tutti mi parlano sempre delle fettine panate! Andrà a finire che ci farò una canzone. Anzi, la faccio scrivere a Jovanotti!”.

Ma dopo tutti questi anni, Cristina come si spiega il suo successo? “Penso che la ragione stia in una frase che mi ha detto Maurizio Costanzo. ‘tu hai successo perché sei sempre rimasta fedele a te stessa’. E in effetti è così, non ho mai voluto sperimentare, per poi tornare indietro, e non ho mai avuto ripensamenti”.

Vogue Italia rende omaggio allo stile di Mina

Karen Elson, Photographer Luigi and Iango

Mina come icona della musica italiana la conosciamo molto bene tutti, e tutti l’abbiamo celebrata, osannata, idolatrata.
Quello che però non è mai stato forse sottolineato e ricordato nel modo giusto è il ruolo di Mina come icona di uno stile personale, irriverente, giocoso e disubbidiente. Uno stile sfuggente dalle definizioni, talvolta (volutamente) esagerato, allergico alle banalità, anticonformista e sicuramente personalissimo.
A celebrare il talento visionario di Mina ci pensa ora Vogue Italia, che dedicherà il numero di ottobre proprio ai 60 anni di attività di una delle più innovative artiste del panorama italiano.
COVER VINTAGE MINA, Photographer and painter Mauro Balletti
«Mina ha influenzato il costume», scrive Massimiliano Pani nel numero di ottobre di Vogue Italia, dedicato proprio a sua madre. «Già dagli inizi, le ragazze la presero a modello pettinandosi, truccandosi e vestendosi come lei, cercando di assomigliarle. Poi, dopo il ’78, la sua immagine è passata solamente attraverso le copertine dei suoi progetti musicali. Con Mauro Balletti ha costruito per eccesso e per sottrazione un infinito “photo book” di Mine-nonMine. Proprio con Mauro siamo andati, mesi fa, da Vogue Italia per proporre una collaborazione che vertesse sul lavoro di “Mina e l’immagine”».

Il risultato è una carrellata senza precedenti di immagini in cui top model di fama mondiale e icone della femminilità italiana posano per fotografi e artisti internazionali interpretando a loro modo lo stile unico di questa inconfondibile artista, a 60 anni dal suo debutto alla Bussola e a 40 da quell’addio alle scene che ne ha ulteriormente alimentato il mito. Su una delle copertine del numero, scattata da Luigi & Iango, impressionante la somiglianza di Gisele Bündchen, che per ricrearne la sensualità e le espressioni si è preparata guardando i video dell’artista. E poi molte altre “nonMine” che verranno mostrate in anteprima venerdì 21 settembre a Milano al cinema Manzoni durante Making Love, il party di Vogue Italia che ogni anno rappresenta il clou della fashion week, e che per questa edizione è appunto “A Vogue Tribute To Mina”. Dove famosi performer italiani e internazionali si metteranno alla prova con i grandi successi di Mina, accompagnati dal pubblico che sarà chiamato a prendere anch’esso parte all’evento.

Nel numero in edicola dal 2 ottobre la più famosa top italiana di sempre, l’ex first lady di Francia e oggi cantautrice Carla Bruni, interpreta Mina per l’obiettivo di Giampaolo Sgura, che ha fotografato altre nove italiane (i cui nomi verranno rivelati durante il party). Ancora una super model di casa nostra, Mariacarla Boscono, viene inseguita da Dario Catellani per le strade di Cremona, la città della “Tigre”. Oltre a Gisele, il duo composto da Luigi Murenu e Iango Henzi ha fatto rivisitare storiche immagini della cantante alle top model internazionali Guinevere Van Seenus (nella famosa versione barbuta dell’album Salomè), Karen Elson e Remington Williams.
Gisele Bündchen, Photographer Luigi and Iango
Dopo Gisele, verranno svelate nei prossimi giorni sul profilo Instagram di Vogue Italia una seconda e una terza copertina. La quarta è un’immagine inedita di Mina opera di Mauro Balletti – dal 1972 suo ritrattista e firma di tutte le copertine (un centinaio) che dal ritiro dalle scene sono il suo unico palcoscenico – e ispirata alla rivoluzionaria cover realizzata nel 1950 per Vogue America dal maestro Erwin Blumenfeld.

«Partendo da una mia immagine inedita di Mina», spiega Balletti, «ho voluto rendere omaggio alla splendida fotografia della modella con rossetto, neo e eyeliner di Blumenfeld: un ritratto sorprendente, che richiama la cartellonistica della Belle Époque. Ho quindi realizzato un “Frankenstein”, una delle mie operazioni estetiche che nascono quando mi accorgo, per esempio, che la bocca migliore per un’immagine è presente in un’altra foto. Qui ho tolto il naso, con l’aiuto di Stefano Anselmo, il make up artist che collabora con me da sempre. Anche questa immagine è stata concordata con Mina».

«Abbiamo iniziato a lavorare a questo progetto oltre un anno fa, quando la famiglia di Mina ci ha proposto di collaborare in occasione dei suoi 60 anni di carriera», dice Emanuele Farneti, direttore di Vogue Italia. «Abbiamo pensato che sarebbe stato bello celebrare non la Mina cantante, ma la Mina straordinaria creatrice di immagine, e l’impatto che ha avuto sul mondo della moda, del beauty, della cultura pop in generale. Abbiamo così chiesto a una serie di fotografi e stylist, italiani e non, di lavorare sulle sue referenze: ne è uscito un numero monografico di incredibile varietà, a conferma di quanto fertile sia il suo immaginario. La cosa che mi è piaciuta di più? Che l’operazione non ha nulla di vintage, ma è anzi totalmente contemporanea».
GUINEVERE VAN SEENUS, Photographer Luigi and Iango
Michael Bailey Gates per esempio ha voluto come modella la drag queen Aquaria, vincitrice dell’ultima edizione del talent RuPaul’s Drag Race. Altri servizi ispirati a Mina sono stati scattati da Andrea Artemisio, Annemarieke Van Drimmelen, Paul Kookier, Raymond Meier e Sarah Moon.

Completano lo speciale di quasi 100 pagine testi in cui lo stile rivoluzionario di Mina e la sua influenza sull’immagine di moda in tutto il mondo sono commentati, tra gli altri, dall’editor in chief di W Stefano Tonchi, dal direttore creativo Giovanna Battaglia, dal fashion editor George Cortina, dall’artista islandese Ragnar Kjartansson, dal casting director Piergiorgio Del Moro, dalla make up artist Fulvia Farolfi e dal giornalista Angelo Flaccavento.

#MUSICANUOVA: Leo Pari, Mina

Leo Pari - Mina - cover digitale
“Penso che i baci dati a 15 anni in discoteca il sabato pomeriggio valgano doppio.
Penso che il mio SH Honda 50 sia super pariolo e davanti scuola all’uscita sono il più figo.
Penso che Jacko sia il re indiscusso del Pop, e il rap dei Beastie e dei RUN DMC domani darà vita a una musica molto diversa dalla loro.
Penso che se non riconsegnerò neanche oggi la videocassetta di quell’horror finiró per pagare una multa della madonna.
Penso che oggi non mi va di studiare, ma stasera iniziano i mondiali in USA, e l’Italia con Baggio farà molto bene.
Intanto esco.»
Leo Pari - 2018 - © Laura Penna
Dopo Dirty ti amo e Giovani playboy, Mina è la terza anticipazione del nuovo album di Leo Pari, in uscita a maggio.
Il singolo porta anche la firma di Simone Sproccati ed è stato prodotto da Matteo Cantaluppi.

BITS-RECE: Mina, Maeba. Semplicemente, eternamente

unnamed (1)
La vera grandezza di Mina non sta nella voce o nell’interpretazione, ma nel suo saper sempre volare in alto sopra a tutto, sopra ai giudizi, ai luoghi comuni, alle banalità. È questo a renderla costantemente senza tempo, leggera e geniale. In una parola, unica, nel senso più autentico del termine.
Non si diventa Mina, Mina ci si può solo nascere.
La sua ennesima incarnazione è Maeba, ennesimo album di una carriera che non ha eguali – almeno in Italia – per gloria e peculiarità: in 60 anni esatti, la signora Mazzini ha toccato praticamente ogni generale musicale conosciuto, ha viaggiato tra le mode e le generazioni, ha rivisitato brani impensabili, ma soprattutto ha saputo azzardare dove chiunque altro non avrebbe mai osato, uscendone sempre intatta. Mai, neanche di fronte sue interpretazioni più discutibili o hai gusti personali, qualcuno ha potuto pensare che la sua carriera fosse finita. E non solo per una voce che è un miracolo, tanto è ancora salda e granitica, quanto perché Mina ha “minato” tutto quello a cui ha messo mano, rendendoselo proprio, fagocitandolo e facendoselo personale, mostrando una personalità infinita e strabordante, troppo ingombrante per essere piazzata da qualche parte.
L’immensità di Mina sta nella sua assoluta libertà di agire, sempre. Sì insomma, libertà di “fregarsene” e di fare quello che le va.
Nella musica, come nelle immagini, caso forse unico al mondo di artista invisibile, ma allo stesso tempo così attento alla propria immagine: ogni copertina di album – moltissime disegnate dal visionario Mauro Balletti – è un piccolo capolavoro di stupore. Lo era la faccia barbuta di Salomè , la culturista di Rane supreme e ora lo è l’alieno vagamente malinconico di Maeba, forse lo stesso che campeggiava nel 2011 sulla copertina di Piccolino; lo stesso “atterrato” in forma di ologramma con l’astronave Opera durante l’ultimo Festival di Sanremo.
Cosa sia poi questa (o questo) Maeba non è dato sapere: un anagramma, un nome, un pianeta? Chissà, forse è ciò che ognuno vuole vederci: sicuramente, è l’ultimo sassolino di un universo artistico fatto di dettagli enigmatici, curiosi, spesso spiritosissimi.
mina-maeba3
Con Mina la canzone d’autore diventa eterna, l’amore si fa totalizzante, il disincanto quasi inevitabile, perché Mina canta ogni cosa con lo stesso, passionale distacco.
Ecco quindi Volevo scriverti da tanto, che forse non rimane nella memoria al primo ascolto, ma già al secondo suona disarmante; ecco la perfida eppure leggera Ti meriti l’inferno; ecco la linea melodica “incantabile” di Il tuo arredamento, che in bocca a Mina diventa un giochino qualsiasi; ecco Last Christmas, che Mina si prende la libertà di snaturare dall’atmosfera natalizia per farne un pezzo jazz (del resto, che c’azzecca un pezzo di Natale a marzo?); ecco il quadro delizioso di A’ minestrina, cantato con Paolo Conte in napoletano maccheronico, dolcissimo; ecco l’arrangiamento quasi elettro-funky di Troppe note; ecco Davide Dileo, ovvero Boosta dei Subsonica, che stende un velo elettronico e irregolare in Un soffio, su cui Mina volteggia come nulla fosse.
mina-maeba-2
Libertà, di essere e di fare. Fin troppo facile richiamare la figura dell’alieno per descrivere la grandezza di un’artista che di certo ha ben poco a che fare con gli standard dei colleghi.
Niente in Maeba è davvero rivoluzionario, come quasi mai niente in particolare è rivoluzionario in un lavoro di Mina. Rivoluzionario e stupefacente è quasi sempre il progetto nel suo insieme, le scelte degli autori, dei testi, anche solo dei titoli.
Mina non è “avanti”, perché chi è avanti rischia di ritrovarsi solo: Mina è qui con noi, canta per noi, si vuole far capire da tutti, come la più pop delle star. Poi però, vola alta, e si fa eterna.
Mina non è avanti, è semplicemente al punto giusto, lo è ogni suo disco, ogni parola, ogni vocalizzo storto che infila volutamente nella più dritta delle melodie quando meno te lo aspetteresti. Mina è al punto giusto quando si prende in giro e quando ti stordisce dall’emozione.
Mina era al punto giusto ieri, come lo è oggi. È Mina. Sì, lo so, è banale.

Maeba: il nuovo album di Mina esce il 23 marzo

GATEFOLD.indd

Dopo Selfie del 2014 e il grande successo di MinaCelentano Le migliori, Mina torna sulle scene il 23 prossimo marzo con Maeba, 12 tracce inedite e una sorpresa per gli appassionati.
Ad anticipare il nuovo album sarà il singolo Volevo scriverti da tanto, in radio e in digitale dal 9 marzo.
L’autore della musica è Moreno Ferrara, mentre il testo è firmato da Maria Francesca Polli, autrice di una struggente lettera ad una persona che forse nemmeno potrà leggerla. La produzione e l’arrangiamento sono firmati da Massimiliano Pani, che è anche il produttore di tutto il nuovo album.

Maeba, già disponibile in pre-order, uscirà in 3 versioni: CD digipack, edizione limitata Vinile black (1500 pezzi) e esclusiva Amazon Vinile picture (500 pezzi).

Quel sabato sera di febbraio, quello della finale del Festival di Sanremo, non lo sapevamo ancora, ma la bianca aliena che è discesa in forma di ologramma sul palco dell’Ariston aveva già pronte per noi umani altre sorprese musicali, oltre alla strepitosa versione di Another day of sun che ha intonato prima di ripartire per lo spazio profondo a bordo della sua astronave Opera.

 

Dive spiritose. Ovvero, quando 10 cantanti si divertono con la musica

Siamo abituati a sentirle cantare di grandi amori, struggersi nel dolore o regalarci momenti di folgorante teatralità. Ma le grandi dive italiane sanno anche divertirsi e tra le pieghe della loro discografia hanno infilato almeno una perla di leggerezza. C’è chi come Mina ha dato vita a un inno al colore grigio tra ghirigori vocali e citazioni, chi, come Patty Pravo, ha usato l’ironia per demolire il mito del maschio che non deve chiedere mai, o chi è andata fino in Brasile a prendersi un concentrato di brio, come la Vanoni. Sempre senza perdere la classe, s’intende!
Tra pezzi più o meno noti, una piccola selezione – in ordine allegramente sparso – di momenti di buonumore cantati da dieci autentiche signore della musica.
Mina, Grigio
Difficile trovare un genere o un’atmosfera con cui l’immensa personalità di Mina non si sia confrontata, anche solo per puro diletto. Un esempio è Grigio, autentica dimostrazione di creatività e virtuosismo, un piccolo tesoro nascosto nell’album Leggera del 1997. Un irresistibile divertissement in cui Dante e Modugno si ritrovano citati uno accanto all’altro.

Loretta Goggi, Cibù Cibà
Tra gli episodi più spassosi del repertorio della Goggi va inserita anche questa Cibù Cibà, canzoncina del 1970: la versione originale è opera dei croati Krajac e Kalogjera, mentre il testo italiano porta la firma illustrissima di Paolo Limiti. L’arrangiamento è invece a cura di Paki Canzi, leader dei Nuovi angeli. Nel video, aguzzando bene la vista, si intravedono Mina e Lucio Dalla, seduti alle spalle di Loretta.

Mimì Bertè (Mia Martini), Ed ora che abbiamo litigato
Il testo di questa canzone parla di un litigio, ma l’atmosfera è quanto di più brioso si possa immaginare. Erano infatti i pieni anni ’60 e nelle radio imperava la moda dello yè-yè: un’irriconoscibile Mia Martini muoveva i primissimi passi sulle scene con il nome di Mimì Bertè, facendo sfoggio di un vocino che ben poco ha in comune con il timbro drammatico che l’avrebbe consacrata tra le più indimenticabili interpreti italiane.

Giuni Russo, Illusione
Voce tra le più atipiche e affascinanti, Giuni Russo non ha mai avuto paura di sperimentare, passando da canzoni d’autore, parentesi pop e divagazioni inaspettate. Tra queste non può non essere ricordata Illusione, tragicomico racconto di una serata romantica andata a rotoli, narrato con i toni del melodramma.

Patty Pravo, Seduttori sedati
Anche la diva più enigmatica della canzone italiana ogni tanto sa usare brillantemente l’arma dell’ironia. Una prova tagliante è Seduttori sedati, episodio sornione che tra fumose atmosfere anni ’70 gioca a demolire il mito del maschio conquistatore. La canzone trova spazio tra la sofisticatezza pop-rock dell’album Una donna da sognare del 2000.

Rettore, Donatella
Irriverente e provocatoria, Rettore è stata tra le prime artiste italiane a portare lo ska in classifica. Lo ha fatto con Donatella, giustamente diventato un classicone del suo repertorio: una surreale e caustica richiesta a non chiamarla stramaledettamente Donatella, perché ormai lo sappiamo, Donatella… si è impiccata sul bidet.

Loredana Bertè, Prendi fra le mani la testa
Sarà anche una delle grandi signore del rock nostrano, ma Loredana Bertè sa trovare spazio folleggiare un po’. Lo fa, per esempio, riprendendo un pezzo di Battisti, rivisitandolo in chiave reggae, e infilandoci dentro tutta la sua solita grinta. Con il sorriso. Il risultato è un’interpretazione sprint di Prendi fra le mani la testa.


Dalida, Itsy Bitsy Petit Bikini
Famosa per le sue performance struggenti e teatrali, Dalida con la musica ha saputo anche giocarci, concedendosi a episodi “da ombrellone”. Nel 1960 ha ripreso un pezzo di Brian Hyland e ne ha fatto una spassosissima versione in francese.


Ornella Vanoni, La gente e me
Ornella Vanoni non ha mai tenuto nascosto il suo lato più fanciullesco, così come l’amore per l’universo sonoro brasiliano. Non stupisce quindi che nella sua sterminata discografia ci sia posto anche per una briosa rivisitazione di un pezzo di Caetano Veloso, condita da un testo piccantino.


Raffaella Carrà, Satana
Spensieratezza è da sempre una parola d’ordine nell’universo della Carrà, ma anche la Raffa Nazionale sa sorprendere. Per esempio con una canzone come Satana: se il titolo appare ben poco rassicurante ed è addirittura valso a Raffaella un’accusa di satanismo, il pezzo altro non è se non un episodio allegrotto dedicato a un misterioso uomo dagli occhi blu. Il tutto in salsa latina.

#MUSICANUOVA: Fausto Leali feat. Mina, A chi mi dice

a-chi-mi-dice-fausto-leali-feat-mina
Questa è proprio una sorpresa!
Per anticipare il nuovo progetto discografico, Fausto Leali torna 
con A chi mi dice, il brano portato al successo dai Blue e adattato in italiano da Tiziano Ferro, e lo fa interpretandolo in duetto con… Mina!
Il brano, anticipa il nuovo album Non solo Leali in uscita il prossimo 21 ottobre.

Il nuovo progetto discografico contiene dieci brani interpretati da Leali insieme ad alcuni grandi cantautori e interpreti della canzone italiana e non solo: oltre a Mina ci sono Renzo Arbore, Claudio Baglioni, Alex Britti, Clementino, Francesco De Gregori, Tony Hadley, Massimo Ranieri, Enrico Ruggeri e Umberto Tozzi.