“Canzoni d’Amore Nascoste”, 2 inediti nella nuova raccolta di Fabrizio Moro

“Come indica il titolo, questa è una raccolta di alcune canzoni d’amore che ho scritto durante il mio percorso. Ci sono le mie storie più importanti, quelle che sono rimaste irrisolte e quelle da cui sono nati i miei figli. Ci sono le storie che mi hanno fatto male e quelle che mi hanno migliorato come uomo. Ci sono tanti frammenti fondamentali del mio passato o fra queste parole, canzoni che sono rimaste sconosciute al grande pubblico e che ho voluto ri-arrangiare, ri-produrre e soprattutto ri-cantare con la vita accumulata fino ad oggi…canzoni d’amore nascoste parla di me, parla di tanti di voi, ma soprattutto parla d’amore”.

La nuova raccolta di Fabrizio MoroCanzoni d’Amore Nascoste, è disponibile in versione CD e vinile, in digitale e sulle piattaforme streaming. Prevista anche una special Edition a tiratura limitata e numerata, disponibile solo nello shop ufficiale. Il vinile sarà autografato e conterrà la riproduzione del manoscritto originale di “Nun c’ho niente”, una foto inedita e autografata e un’esclusiva bandana.
La accolta contiene 2 brani inediti, Nun c’ho niente e Voglio stare con te, e altre 9 canzoni ricantate, risuonate e con nuovi arrangiamenti, ed è stata anticipata a maggio dalla nuova versione di Il Senso di Ogni Cosa, pubblicato originariamente nel 2009. La copertina dell’album è firmata da Giada Domenicone.

Questa la tracklist:
Melodia di giugno
Domani
Nun c’ho niente (inedito)
Il senso di ogni cosa
Canzone giusta
Sangue nelle vene
Intanto
21 anni
Voglio stare con te (inedito)
L’illusione (sempre w l’amore)
Non è la stessa cosa

Da sempre molto attento alle tematiche sociali, Fabrizio Moro, attualmente è impegnato nella sceneggiatura di un film insieme al regista Alessio De Leonardis La trama è incentrata sulla vita di un pugile, a Roma, in un quartiere immaginario, che uscirà nelle sale cinematografiche nel 2021.

“La mia è musica pop”. Cristina D’Avena torna con Duets Forever, e aspetta ancora Jovanotti

Quando l’anno scorso Cristina D’Avena ha deciso di pubblicare un intero album con le sue sigle più famose cantate insieme ad alcuni grandi nomi della musica italiana, forse non tutti avrebbero scommesso sugli esiti commerciali dell’operazione.
Ma a 12 mesi di distanza lo possiamo dire: Duets non è stato solo un progetto geniale, ma anche un indiscusso successo discografico. Non solo l’album si è guadagnato la certificazione platinata, ma Cristina D’Avena è anche risultata essere l’artista femminile con il più alto piazzamento nella classifica di fine anno per il 2017.
Un risultato così non poteva che spingere Cristina a concedere il bis, per la gioia di un pubblico composto per buona parte da chi bambino lo era almeno una decina di anni fa.
Ecco allora che venerdì 23 novembre arriva Duets Forever – Tutti cantano Cristina: altre 16 sigle diventate ormai parte della tradizione italiana riarrangiate e reinterpretate insieme ad altrettanti protagonisti della nostra scena musicale, da Patty Pravo a Elisa, Fabrizio Moro, Carmen Consoli, The kolors, Nek, Max Pezzali,Lo Stato Sociale Alessandra Amoroso, Elodie, Dolcenera, Il Volo, Malika Ayane, Le Vibrazioni, Federica Carta e Shade.

Come per il progetto precedente, anche stavolta Cristina ha contattato personalmente ogni singolo artista che era intenzionata a coinvolgere: “Sono tutti colleghi che stimo e ho voluto chiamarli uno ad uno per sentire personalmente la loro reazione e capire se avessero davvero voglia di partecipare. Alcuni erano impegnati in tour o stavano lavorando a nuovi dischi e non hanno potuto esserci, pazienza. L’unico dispiacere che ho è non essere riuscita nemmeno stavolta a contattare Jovanotti: ci ho provato in tutti i modi, gli ho mandato messaggi velati e espliciti, gli ho registrato degli audio, gli ho scritto mail, ho fatto addirittura dei video, ma non ha mai risposto e non capisco perché. Forse non ha avuto tempo? O i miei segnali non gli sono mai arrivati? Se non era interessato poteva dirmelo tranquillamente”.
Ma per un Jovanotti che non c’è, ci sono altri 16 protagonisti che si sono messi a disposizione, e gli aneddoti non mancano. Su Patty Pravo: “l’ho contattata tramite il suo assistente, che non era molto convinto che lei avrebbe accettato di cantare i Puffi. ‘Io provo a chiederglielo, ma non so’, mi ha detto. Invece dopo due ore mi ha richiamata entusiasta dell’idea. L’unica paura che aveva era quella di dover fare anche la voce di Gargamella, ma quando l’ho rassicurata che l’avrebbe fatta Fabio De Luigi è andato tutto liscio”.
Su Elisa: “Appena le ho comunicato per telefono l’intenzione di coinvolgerla si è messa subito a gridare ‘Memole” Memole! Memolina! Memolina! Voglio fare Memolina perché io sono Memolina!!’, ed era chiaro che quella sigla era prenotata per lei. Si è completamente calata nel personaggio”.
Su Lo Stato Sociale: “Mi hanno detto subito ‘Noi vogliamo fare Denver, perché vogliamo bene a Denver’. E non hanno solo ricantato il pezzo, ma lo hanno completamente riarrangiato”.
Federica Carta invece non conosceva Papà Gambalunga: “Gliel’ho proposta perché ha un bellissimo testo. Lei era intimorita, in studio aveva paura di sbagliare, di non ricordare esattamente tutte le note, ma l’ho rassicurata ed è stata dolcissima”. 

L’orgoglio che Cristina esprime parlando di questo nuovo lavoro è incontenibile: “Questo disco è gioia pura. Con Duets e Duets Forever sono riuscita a coinvolgere 32 artisti, e non sono pochi! All’inizio nessuno avrebbe mai immaginato che si potesse arrivare a realizzare un secondo album di duetti. Penso che insieme a Warner abbiamo fatto un bel lavoro, un disco di musica pop a tutti gli effetti: i giornalisti sono sempre stati molto buoni con me, ma per molto tempo la mia è stata considerata ‘musichina’, musica di serie B. Dopo Duets è un po’ cambiata la considerazione che il pubblico aveva di me, molti pregiudizi sono caduti. Queste sono canzoni nuove, non avrei mai fatto un disco tanto per farlo: ho voluto rimettere mano al mio repertorio e dargli una veste nuova, perché la gente da me vuole sentire le novità. Ogni brano è stato riarrangiato pensando all’ospite che lo avrebbe cantato con me”.  
Guardando al futuro però, Cristina mette le mani avanti: “Un Duest Tris? Mah, iniziamo a vedere come va questo, poi ci penseremo, anche se credo che quando una cosa va bene ci si debba saper fermare per lasciare al pubblico ancora un po’ di appetito”.
Anche sull’ipotesi di un evento televisivo non mancano le riserve: “Se si dovesse fare, bisognerebbe pensare a una serata davvero bellissima, che coinvolga tutti gli ospiti, ma sono tanti, ognuno con i propri impegni. E non potrei nemmeno utilizzare le immagini dei cartoni, perché la questione dei diritti è complessa”.

A una “principessa e fatina rock” come Cristina la capacità di sognare però non manca, e allora perché non provare a immaginare di affidare una delle sue sigle ad alcune delle icone leggendarie della musica italiana e internazionale? “Tra gli stranieri mi piacerebbe coinvolgere Chris Martin e David Guetta. A Mina darei Prendi il mondo e vai, che tra l’altro è stata scritta da suo figlio Massimiliano; a Ligabue farei cantare Una grande città, mentre per Tiziano Ferro penserei a un brano della serie di Licia. La gente ancora oggi mi chiede com’è andata a finire la storia con Mirko e tutti mi parlano sempre delle fettine panate! Andrà a finire che ci farò una canzone. Anzi, la faccio scrivere a Jovanotti!”.

Ma dopo tutti questi anni, Cristina come si spiega il suo successo? “Penso che la ragione stia in una frase che mi ha detto Maurizio Costanzo. ‘tu hai successo perché sei sempre rimasta fedele a te stessa’. E in effetti è così, non ho mai voluto sperimentare, per poi tornare indietro, e non ho mai avuto ripensamenti”.

Patty Pravo, Lo Stato Sociale, Elodie, Fabrizio Moro. Tutti cantano ancora Cristina

L’anno scorso Cristina D’Avena ha sbaragliato la concorrenza e ha portato il suo album Duets dritto al primo posto in classifica, per poi raggiungere anche il traguardo del disco di platino.
Visto l’entusiasmo del pubblico di eterni bambini, quest’anno Cristina ha deciso di replicare il progetto di un album di sigle di cartoni animati reinterpretate insieme ai grandi protagonisti della musica italiana: dopo le anticipazioni centellinate attraverso bervi video pubblicati nei giorni scorsi su Instagram, possiamo finalmente dire che il nuovo album si intitola Duets Forever – Tutti Cantano Cristina ed è in uscita il 23 novembre.

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Per l’occasione è stato assoldato un nuovo squadrone di artisti che comprende interpreti e cantautori del calibro di Patty Pravo, Elisa, Malika Ayane, Lo Stato Sociale, Alessandra Amoroso, Carmen Consoli e molti altri ancora, tutti alle prese con una nuova selezione di sigle diventate ormai a tutti gli effetti parte integrante del patrimonio musicale italiano.

Questa la tracklist:

 

  1. Canzone dei Puffi feat. PATTY PRAVO con la partecipazione di Fabio De Luigi
  2. I ragazzi della Senna (Il Tulipano Nero)   feat. FABRIZIO MORO
  3. Georgie feat. DOLCENERA
  4. Memole dolce Memole  feat. ELISA 
  5. Pollyanna feat. MALIKA AYANE      
  6. Vola mio mini pony feat. ELODIE 
  7. Ti voglio bene Denver feat. LO STATO SOCIALE
  8. D’Artagnan e i moschettieri del re           feat. IL VOLO
  9. Alvin rock’n’roll feat. THE KOLORS                      
  10. Papà Gambalungafeat. FEDERICA CARTA          
  11. Il mistero della pietra azzurrafeat. ALESSANDRA AMOROSO
  12. Robin Hoodfeat. MAX PEZZALI    
  13. Batmanfeat. LE VIBRAZIONI
  14. Sailor Moon e il cristallo del cuorefeat. CARMEN CONSOLI  
  15. Rossana feat. NEK
  16. Doraemon feat. SHADE    

L’eternità (il mio quartiere): arriva la collaborazione di Fabrizio Moro e Ultimo

Entrambi romani, e dello stesso quartiere, ed entrambi vincitori dell’ultimo Festival di Sanremo, uno nella categoria dei Big insieme a Ermal Meta, l’altro tra le Nuove proposte.
Sono ovviamente Fabrizio Moro e Ultimo.

Complice un concerto di Moro dello scorso anno al Palalottomatica di Roma, in cui Ultimo era presente in veste di opening act, tra i due è nata un’amicizia che li porta ora a collaborare in L’eternità (il mio quartiere), brano già pubblicato con il titolo L’eternità nell’album L’inizio e poi in versione riarrangiata e rimasterizzata in Parole Rumori e Anni.
Il singolo sarà disponibile da venerdì 20 aprile.

Cover L'ETERNITA' (IL MIO QUARTIERE) FABRIZIO MORO Feat ULTIMO

In fondo l’eternità per me, sei tu: è  questa l’espressione chiave di questo brano, racconta Fabrizio. “L’eternità è una parola lunga e larga e come questa non ne esistono tante, forse nessuna. Ognuno ne può dare la propria interpretazione a seconda di quello che sta vivendo. E’ una grandissima dichiarazione d’amore in tutto tondo con tutta la consapevolezza che ne deriva. In Ultimo, rivedo me a 20 anni, le stesse radici, la stessa rabbia, la stessa voglia di emergere… Lavorando insieme, ho avuto come la sensazione di poter trovare nuovamente un equilibrio con il mio passato”.
Foto FABRIZIO MORO - ULTIMO (© Lorenzo Piermattei)
“Per me poter dire di aver partecipato ad un brano di Fabrizio, cantandolo insieme è già una vittoria – dice Ultimo. “Questo pezzo rappresenta la voglia di emergere e di durare per sempre. Quello che ho voluto fare nel testo, è descrivere l’eternità in ‘fotografie’. Tutte quelle piccole cose che poi vanno a formare la vita”.

BITS-CHART: Le 30 canzoni del 2017 secondo BitsRebel

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Eccole qua, le magnifiche 30 del 2017.
Arrivati a fine anno, fare un bilancio musicale degli ultimi 365 giorni resta un gioco divertente e spietato, a cui anche stavolta non ho voluto sottrarmi nonostante qualche difficoltà. Ovviamente, si tratta di una selezione parziale e soggettiva: questa non è la classifica di vendita o degli streaming registrati o delle visualizzazioni dei video, ma semplicemente la classifica di BitsRebel, stilata con gusto e giudizio totalmente personali.
30 canzoni scelte e ordinate tra quelle pubblicate durante l’anno, tra mainstream e panorama indipendente, nella scena italiana e internazionale, tra singoli e brani rimasti nascosti all’interno degli album.
Ecco allora il 2017 secondo BitsRebel.
Stay Rebel, forever!
30. Lady Gaga, The Cure
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29. Angelo Sava, Merlo
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28. Fabri Fibra, Fenomeno
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27. Pula +, Addio a modo mio
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26. Sophie, It’s Okay To Cry
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25. Fabio Cinti, Amore occasionale
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24. Taylor Swift, Look What You Made Me Do
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23. Samuel, La luna piena
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22. Fiorella Mannoia, Siamo ancora qui
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21. Francesco Gabbani, Occidentali’s Karma
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20. Giso featuring Romina Falconi, Solo sesso

19. Mannarino, Un’estate

18. Francesco Gabbani, Spogliarmi

17. Noemi, Autunno

16. Nina Zilli, Il mio posto qual è

15. L’aura, Il pane e il vino

14. Ilaria Porceddu, Sette cose

13. Brooke Candy, Living Out Loud

12. Amara, Grazie

11. Arca, Piel

10. unòrsominòre., Varsavia
Un’aria greve, nuvolosa e desolante fa da sfondo a questo brano in cui riferimenti storici e letterari si accumulano in un denso flusso di pensieri. Una canzone maestosa che avanza lenta e inesorabile, partorita nell’underground nostrano dalla mente di Emiliano Merlin, celato dallo pseudonimo di unòrsòminòre., e che meriterebbe un posto di riguardo nel moderno cantautorato italiano.

9. Fergie, Love Is Pain
Se ascoltando Love Is Pain avrete (o avete avuto) l’impressione che qualcosa vi suonasse famigliare, non siete proprio fuori strada, perché anche se nei crediti ufficiali non se ne fa menzione la canzone è una sorta di omaggio a Prince. “Il dolore è amore e l’amore è dolore”, canta Fergie, e lo spettacolo è tutto lì, negli occhi e nelle orecchie.

8. Miley Cyrus, Malibu (Lost Frequencies Remix)
Quando il remix fa meglio dell’originale. Il country-rock dell’album version di Malibu mi aveva lasciato un po’ l’amaro in bocca, ma poi tra i remix ufficiali è spuntata fuori questa versione house firmata Lost Frequencies: leggerissima e semplicemente magica.

7. Fabrizio Moro, Pace
Un grido disperato di aiuto, una preghiera levata altissima, e nello stesso tempo un manifesto di intenti e di speranza. Fabrizio Moro ha messo in Pace tutta la carica viscerale di cui è capace, regalandoci un momento di autentico amore. 

6. Christaux, Surreal
Christaux, ovvero Clod, ovvero la metà maschile degli Iori’s Eyes, quest’anno ha pubblicato Ecstasy, un album di pop elettronico dal profilo magniloquente, barocco e liturgico. Tra i momenti più struggenti e paradossalmente più scarni, Surreal si fa strada con la sua melodia disarmante e accecante.

5. Noemi, I miei rimedi
Per il suo nuovo album, in arrivo presumibilmente appena dopo Sanremo, Noemi sembra aver optato per l’elettropop. La sua versione di I miei rimedi dei La Rua (ma inizialmente proposto a lei per Sanremo 2016) ha il graffio giusto per parlare delle disillusioni e degli equivoci con cui troppo spesso ci difendiamo inutilmente dai colpi dell’amore. E il video è una delizia.

4. Baustelle, Amanda Lear
Primo singolo estratto da L’amore e la violenza, Amanda Lear non è semplicemente un omaggio all’icona degli anni ’70 e ’80, ma soprattutto un esempio di pura poesia “bianconiana” con la sua patina di malinconia, il racconto di qualche amore vissuto di sfuggita e un pungente profumo di vita. I Baustelle sono e restano una certezza.

3. Brooke Candy, Volcano
Se il pop ha un volto sporco e cattivo, non può che essere quello di Brooke Candy. Il 2017 sarebbe dovuto essere l’anno del grande salto verso il mainstream, ma i disaccordi con la Sony hanno bloccato l’uscita del suo primo disco. Lei però si è rimessa al lavoro e ha riesumato Volcano, un pezzo che aveva da un po’ nel cassetto: il risultato è una seduzione tra pop elettronico e rap, con un testo che esplode di metafore incandescenti.

2. Romina Falconi, Cadono saponette
Nessuno in Italia sa fare pop come Romina Falconi, mescolando ironia e spietata verità. In Cadono saponette tutto questo è evidente: chi altro avrebbe il coraggio di dirvi che “il pessimismo in amore può far bene”? Eppure sappiamo tutti quanto sia maledettamente vero. Perché almeno una volta tutti ci siamo piegati… alle regole della vita.

1. Miley Cyrus, Younger Now
Diciamolo pure, la svolta country di Miley Cyrus non ha particolarmente convinto il pubblico e Younger Now, il suo ultimo album, ha fatto registrare numeri piuttosto miseri. Resta il fatto che la titletrack è una delle cose che sprizzano più gioia tra quelle sentite quest’anno: un inno al cambiamento e un manifesto di rinnovata giovinezza. Mi è entrata nelle orecchie ad agosto e non ci è mai uscita, marchiando definitivamente il mio 2017.

La playlist dei brani è disponibile a questo link.

BITS-CHAT: Con il vento in faccia. Quattro chiacchiere con… Fabrizio Moro

BITS-CHAT: Con il vento in faccia. Quattro chiacchiere con… Fabrizio Moro

A vederlo non si direbbe, e a sentirlo cantare con quel suo timbro viscerale neppure, ma Fabrizio Moro è piuttosto timido e, per sua stessa ammissione, piuttosto chiuso. Andare in tintoria, al ristorante o fare un’intervista con un gruppo di giornalisti era per lui più difficile di quanto possa sembrare.
Poi, negli ultimi anni, qualcosa è cambiato: complice anche la nascita della seconda figlia, Fabrizio ha iniziato a guardare all’esterno in maniera diversa, più libera, più pacifica.

Non è un caso che proprio Pace sia il titolo del suo nuovo album, che arriva a circa un mese dalla partecipazione a Sanremo con Portami via. Un disco in cui per la prima volta ha affidato la produzione ad altri e che prima di tutto è il frutto di un lavoro e di una ricerca interiori, un vero e proprio percorso verso l’equilibrio e la serenità, fatto di tappe tormentate, ma anche di ritorni all’infanzia.
Fino a rendersi conto che essere in pace con il mondo può voler dire semplicemente avere la possibilità di prendersi il vento in faccia nel traffico di Roma.
FABRIZIO MORO_credito fotografico di Fabrizio Cestari 5 b
Da quello che si sente nei nuovi brani, questo sembra essere l’album dei grandi cambiamenti: è così?

Questo è sicuramente il disco più egocentrico che ho fatto. Ho lavorato molto su me stesso durante la fase della pre-produzione. In questi due anni mi sono successe tante cose, tra cui la nuova paternità. Mi sono guardato indietro e per la prima volta dai tempi del primo album mi sono reso conto di aver costruito un’eredità forte. Tutto questo mi ha dato serenità. Ho iniziato a vivere in modo diverso la quotidianità, semplicemente andando in tintoria, accompagnando i figli a scuola, andando al ristorante, ho fatto cose che prima delegavo agli altri, perché sono sempre stato chiuso, avevo un rapporto difficile con l’esterno, e so che la pace che ho trovato adesso è una condizione passeggera, perché il mio carattere competitivo e battagliero mi porta ad avere sempre una meta da aggiungere.
È corretto vedere nell’album un percorso che dal tormento arriva alla quiete?
Quando ho ascoltato l’album dall’inizio alla fine mi sono reso conto che questo è un disco terapeutico, ma l’ho capito solo alla fine, dopo aver messo in ordine la scaletta dei brani già finiti, perché quando sei in fase di registrazione intorno c’è troppa frenesia e non senti nulla, ecco perché è stata importantissima la prima fase. Il disco si apre in minore e chiude in maggiore, e di certo non è stato un caso. Poi c’è una parola che torna spesso, e che all’inizio mi dava quasi fastidio, senza accorgermene, ed è paura. Scavando dentro di me, inizialmente avevo timore, non sapevo cosa avrei trovato, non sapevo quali prove mi attendevano, ma poi sono arrivate le conferme. Potrei quasi definire Pace un concept album.
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La paternità ti ha fatto rivivere un po’ di infanzia?
Sì, soprattutto con mio figlio, il più grande. Mi somiglia molto caratterialmente e in lui ho ritrovato me bambino, anche solo accompagnandolo in un negozio di giocattoli. Jeeg Robot e Mazinga sono le prime persone con cui mi sono confrontato, ancora prima dei coetanei. Poi crescendo non ho mai trovato una stabilità sentimentale, e fin da quando avevo 15 anni sentivo di voler essere padre di una donna: per questo sento un legame particolare con mia figlia, ancora prima che nascesse, la idealizzo come la donna della mia vita. Portami via è infatti dedicata a lei.

A Sanremo com’è andata?
Direi al contrario di come pensavo: mi aspettavo una posizione più alta in classifica, ma un minore riscontro sul lungo termine, invece Portami via è arrivato al disco d’oro in due settimane. Tra l’altro, ho cantato piuttosto male: fin dalla prima serata avevo un groppo in gola che non sono riuscito a mandare via. Quest’anno ho sofferto il palco in maniera particolare, avevo una grande ansia da prestazione, che poi è sempre stato un mio limite che mi ha anche tenuto lontano dai riflettori. Aspettavo conferme da me stesso e sentivo che anche altri le aspettavano, e non mi sentivo completamente lucido, temevo di perdere quello che avevo costruito. Alla fine, è andata meglio così.
Amici ti ha aiutato nel rapporto con l’esterno?
Anche quella è stata un’esperienza terapeutica, mi ha aiutato ad aprirmi: solo qualche anno fa non sarei riuscito ad affrontare un’intervista con dieci giornalisti. Maria De Filippi mi chiamava da un paio d’anni, ma avevo sempre paura di confrontarmi con le critiche e con quel riflettore così grande, che fa risaltare ogni cosa che fai. Oggi ce la faccio. Sono fatto così, faccio quello che posso in un quel momento e il resto lo lascio al destino.
Pace fa rima con libertà?
Alcuni anni fa ho lavorato a una trasmissione della Rai, Sbarre, che era girata nel teatro del carcere di Rebibbia, proprio vicino a San Basilio, il quartiere in cui sono cresciuto. Sono andato lì ogni giorno, dalla mattina alla sera, per circa un mese, e ho parlato tanto con i detenuti della mia età, ma anche più piccoli, molti con condanne pesanti. Quando tornavo a casa, salivo in macchina o sul motorino, abbassavo il finestrino e prendevo tutta l’aria in faccia, perché mi rendevo conto della fortuna che avevo a poter vivere quella libertà, anche in mezzo al traffico di Roma. Un po’ come chi è in ospedale e apprezza la salute appena esce. La pace non è solo avere tranquillità economica, ma anche riuscire a percepire l’importanza dei gesti più piccoli, una sigaretta all’aria aperta, una bottiglia di vino con un amico, un giro alle giostre con tua figlia.
Il duetto con Bianca Guaccero come è nato?
Inizialmente il disco doveva avere dieci canzoni, questa è l’undicesima. Bianca mi ha chiamato tempo fa per chiedermi un pezzo per un suo film in uscita. Quando poi l’ho sentito cantato da lei, sono rimasto stupito, non sapevo che cantasse, e che cantasse così bene! Allora le ho proposto il duetto.
Come ti trovi in veste di autore per altri artisti?
Ho scritto sempre per me stesso, raccontando di me, anche in un pezzo come Sono solo parole, che ho regalato a Noemi. C’è stato un momento in cui non riuscivo a trovare un compromesso con le case discografiche e con con chi mi gravitava attorno, ma visto che mi arrivavano diverse richieste dai colleghi ho pensato di sfruttare l’occasione e usare i proventi SIAE dei miei brani per aprire un’etichetta, La Fattoria del Moro. L’unica volta che ho scritto pensando a un altro interprete è stato per Fiorella Mannoia, nei due pezzi che ho scritto per il suo ultimo album.
FABRIZIO MORO_credito fotografico di Fabrizio Cestari 3 b (1)Negli anni i tuoi ascolti sono cambiati?
No, alla fine ascolto sempre le stesse cose: rock internazionale, U2, Oasis, Coldplay, e poi tanto metal, gli Slayer, gli Anthrax, impensabile se poi senti quello faccio nei miei album.
Sui social come ti trovi?
Ultimamente mi lascio andare un po’ di più e ho imparato a divertirmi. Twitter però non riesco a usarlo: ho bisogno di spazio per esprimere un pensiero.
Per i live hai già pensato a qualcosa?
Durante gli ultimi due tour ho avuto dei momenti di noia, perché sono stati molto simili, non abbiamo mai toccato gli arrangiamenti. Per il nuovo tour invece riparto completamente da zero e da qualche mese stiamo lavorando alla scaletta. L’anteprima sarà al Fabrique di Milano il 20 aprile, poi farò un po’ di promozione, e riprenderò da Roma con due date il 26 e il 27 maggio al Palalottomatica, per poi girare in una ventina di città.

BITS-SANREMO '17: la prima serata

La prima puntata di Sanremo me la sono persa, ebbene sì. Mentre Carlo Conti e Maria De Filippi aprivano la 67esima edizione del Festival della Canzone Italiana – perché è così che si chiama – io ero a sentire i Bastille al Forum d’Assago e ho rimesso piede in casa proprio subito dopo l’esibizione di Ermal Meta, l’ultimo degli 11 artisti che si sono esibiti.
Le esibizioni le ho quindi ascoltate “di riflesso” sul web, perdendomi la tradizionale e unica emozione della diretta, ma con il lusso di sentirmi le canzoni in ordine sparso e anche più volte di seguito, skippando e stoppando quando necessario.
Detto questo, il primo elemento che mi viene da sottolineare è, almeno per ora, la mancanza del pezzone di successo sicuro: belle canzoni sì, qualche sorpresa, ma tutto sommato nessun soprassalto. Non ci sono state grandi deviazioni di percorso e più o meno tutti gli artisti in gara si sono tenuti sulle rotaie della propria traiettoria.

Prendiamo per esempio il brano della Mannoia, Che sia benedetta, osannato da ogni dove e dato per vincitore da molti: pezzo sicuramente piacevole, interpretazione da professionista consumata. Lei si è mangiata il palco con una forza da leonessa e il fuoco negli occhi, ma la canzone non aggiunge molto a quanto Fiorella non avesse detto o fatto in passato. C’è la voce, c’è il messaggio, ma tutto resta tanto, troppo in stile “mannoiese”.
Molto intenso Ermal Meta, che in Vietato Morire porta sul palco un testo coraggioso e drammatico, naturalmente ben scritto.




Su Al Bano non mi accanisco nemmeno.
Fabrizio Moro è invece arrivato con Portami via, una canzone graffiatissima, sicuramente più del necessario, ma in linea con i suo stilemi.
Assolutamente da sentire tre-quattro volte, per farsene una giusta idea, Fa talmente male della Ferreri, dato che al primo ascolto non resta granché. L’exploit di Ti porto a cena con me non si ripeterà.
Sul palco mi è risultata invece inspiegabilmente invecchiata l’atmosfera creata da Elodie, rimasta impigliata in un brano, Tutta colpa mia, dai contorni classici e in cui “amore” viene ripetuto quasi all’esasperazione. La sua non è una brutta canzone, ma l’effetto di Emma in questo caso rischia di fare più danno che beneficio.
Sorprese invece per Samuel e Bernabei: il primo arriva con Vedrai, un pezzo agilissimo e ben strutturato tra pop ed elettronica, mentre il secondo mi ha stupito un po’ – sono sincero – negli incisi di Nel mezzo di un applauso, evitando il rischio di impantanarsi ripetendo la formula elettropop dello scorso anno. Discorso a parte per il testo, tra le cui righe si legge un filo di imbarazzo.


Il secondo elemento che vorrei segnalare è che mai come quest’anno – ma aspetto le prossime serate per approfondire eventualmente il discorso – ho avuto la sensazione che il palco dell’Ariston applichi una sorta di deformazione sui brani, rendendoli ancora più “sanremesi” di quanto non siano, dove per sanremese si intende una canzone caricata di enfasi armonica. Prendete ad esempio Vedrai di Samuel, un brano e un artista che almeno sulla carta dovrebbero stare al festival come la riviera di Levante sta a quella di Ponente. Eppure nell’ascolto non si può fare a meno di pensare che quelle note sono state pensate per essere suonate lì sopra, davanti a quel pubblico, immerse in quel mare di tensione mediatica.
Verità o incantesimo del Festival?

Fabrizio Moro: il 10 marzo il nuovo album, poi i live

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In gara sul palco del Teatro Ariston con Portami via, Fabrizio Moro riceverà la “Menzione Premio Lunezia per Sanremo” come miglior testo in gara nella sezione Campioni del 67° Festival di Sanremo.
Infatti, come da tradizione, il vertice del Premio Lunezia ha espresso lo scorso 2 febbraio le sue preferenze sui testi pubblicati da TV Sorrisi e Canzoni e sui brani dei giovani, e la scelta è caduta su Fabrizio Moro.
Portami via sarà contenuto nel suo nuovo album d’inediti, Pace, in uscita il 10 marzo.
Nella serata di giovedì l’artista interpreterà La leva calcistica della classe ‘68 di Francesco De Gregori.
Già fissate inoltre due anteprime live il 20 aprile al Fabrique di Milano e il 26 maggio al Palalottomatica di Roma.
I biglietti sono disponibili in prevendita su www.ticketone.it.