“‘Ce lo chiede l’Europa’ è una frase che è stata usata fino allo sfinimento dalla Politica negli ultimi otto/nove anni, di solito per giustificare scelte impopolari scaricandone la responsabilità. La foto di copertina è una raffigurazione simbolica del concetto di Europa: i ragazzi sorridenti rappresentano il capitale umano della cosiddetta ‘generazione Erasmus’, la prima a identificarsi come europea. Alle loro spalle un’edilizia orribile, simbolo di un altro aspetto di questa Europa, il modello di sviluppo economico liberista, che non tiene conto delle proprie risorse e spesso genera mostri”.
E Ce lo chiede l’Europa diventa ora il titolo del nuovo album di Dutch Nazari, in uscita il prossimo 16 novembre. Il “cantautorap” dell’artista si fa più incalzante del passato con nuovi apporti elettronici uniti alle metriche rap e alla forza comunicativa dei poetry slam
Questa la tracklist: 1. Calma Le Onde 2. Tutte Le Direzioni 3. Mirò 4. Fuori Fuoco 5. Guarda Mamma Senza Money 6. Momento Clinico 7. Lontana Tu 8. Così Così 9. Bella Per Sbaglio 10. Girasoli 11. Comunque Poesia 12. L’Europa
Ad anticipare l’album è il singolo Calma le onde.
Inoltre Dutch Nazari ha annunciato le prime date del suo Tour Europeo (in Italia): 6 dicembre – Firenze, Combo 7 dicembre – Roma, Le Mura 8 dicembre – Napoli, Galleria 19 9 dicembre – Bari, Garage Sound 15 dicembre – Bologna, Covo 20 dicembre – Milano, Biko 22 dicembre – Torino, Spazio 211
Quando incontro Valentina Parisse, lei mi accoglie con un sorriso e una delle più vigorose strette di mano che abbia mai ricevuto. Ha addosso un entusiasmo luminoso, che ti mette subito a tuo agio. “A volte ho paura di sembrare una bambina il giorno di Natale” confessa durante la chiacchierata parlando del suo lavoro, la musica. In realtà, la sensazione che comunica è quella di una ragazza che sta vivendo nella maniera più giusta le enormi occasioni che le stanno capitando, e che ha imparato a tenersi la valigia sempre pronta perché non sai mai quando potrebbe arrivare una chiamata. Dopo essere volata in Canada nel 2011 per realizzare l’album d’esordio, Vagabond, e aver recentemente scritto per Renato Zero e Michele Zarrillo, il suo ultimo singolo, Tutto cambia, è nato sul suolo americano ed è il frutto dalla collaborazione con Tyrone Wells, Danny Larsh e Timothy Myers, ex bassista dei One Republic. Ma anche tutto il suo nuovo album, in uscita il prossimo anno, pare che respirerà aria internazionale grazie ad altre importanti collaborazioni, in una combinazione tra musica organica e sintetica.
Da dove è partito tutto? Proprio da Tutto cambia, e dalla collaborazione con Tyrone Wells, che è il co-autore del brano. Ho ricevuto un invito per una collaborazione a Los Angeles: ho messo quattro cose in valigia e sono partita, con un grandissimo entusiasmo, ma anche tanta paura. Quando ti trovi a lavorare con personalità così grandi ti senti sempre un chicco di riso.
Quindi tu e Tyrone vi conoscevate già da prima? No, c’era solo una conoscenza indiretta. Avevo ascoltato alcuni suoi lavori e lo stimavo molto come cantautore.
Collaborazione internazionale, ma testo in italiano, come mai? Le canzoni nascono da sé, è difficile prevedere come si svilupperà un processo creativo, non è scientifico. Sentivo semplicemente la necessità di dire quelle cose in quel modo. Italiano e inglese sono semplicemente due possibilità comunicative, sono complementari tra loro. È come suonare la chitarra, piuttosto che il basso o il pianoforte.
Molti tuoi colleghi usano l’inglese perché li fa sentire più protetti, sentono di esporsi meno. Per me non è del tutto così, non riesco a percepire il velo. Nel momento in scrivo mi sento già esposta e a volte sento proprio il bisogno e la voglia di espormi. Nella mia esperienza posso dire che la differenza tra italiano e inglese la sento nella scelta dei termini, ma come dicevo prima è più un discorso di possibilità che ho a disposizione: quanti tasti e quante corde ho a disposizione? Sono modi diversi di esprimersi.
Cosa significa per te oggi dire che tutto “cambia”? Tanto. Tutto cambia è una canzone lucida, in cui ho riassunto quello che ho vissuto. Viviamo in un periodo difficile, frenetico, in una rincorsa feroce alla perfezione, in continua guerra con gli altri. Dovremmo invece concederci di sbagliare, siamo umani, e spesso sono gli errori a suggerirci di cambiare direzione.
In genere come vivi i cambiamenti? Purtroppo non sono zen (ride, ndr). Ci sono cambiamenti che mi spaventano, anche se non ho avuto paura di cambiare casa e di andare dall’altra parte del mondo. Mi terrorizza invece lo scontro con l’altro e sono messa a dura prova dai cambiamenti personali improvvisi, quelli che non puoi prevedere e controllare. Nella canzone ho voluto proprio fotografare quel momento, quando ti ritrovi a pensare “e adesso che faccio?”.
La scelta di girare il video di Tutto cambia nel deserto del Mojave? È stata un’occasione. Mi trovavo a Los Angeles per le sessioni in studio di registrazione e ho conosciuto Vonjako, un videomaker incredibile, un artista che riesce a mantenere uno sguardo lucido su quello che fa senza perdere un innato velo di poesia. Non mi piacciono molto i video che raccontano troppo, perché una canzone deve essere intellegibile. Il video è una possibilità in più per mostrare qualcosa che magari non emerge dal brano.
Hai la valigia sempre pronta per spostarti da una parte all’altra del mondo: cosa significa per te essere a casa? Ci sono due luoghi fisici in cui mi sento a casa: Roma, dove sono nata e dove ci sono i miei affetti, e lo studio di registrazione. E poi mi sento a casa quando sto bene con chi ho davanti: sono molto curiosa delle persone che incontro, per me è sempre un’occasione. Ascoltando gli altri ci si ascolta molto dentro.
Oltre a Tutto cambia, in questi giorni è in uscita anche Blindfold, il nuovo singolo del progetto di Rawbach a cui preso parte (link). Andrea Mariani (tastierista dei Negramaro, ndr) è un musicista pazzesco ed è una gioia quando si ha la possibilità di lavorare con le persone che stimi. Insomma, i Negramaro sono i Negramaro! Andrea ha pensato di coinvolgermi in questo suo progetto e io mi sono buttata: mi piace molto la musica elettronica, ma non è il mio territorio, gliel’ho detto subito, e lui si è fidato.
Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione? Ribellione è una parola bellissima, non senti che bel suono che ha? È fondamentale la ribellione, senza essere aggressivi: vuol dire non accettare le cose per come è più facile che siano, cimentarsi, mettersi in gioco per cambiare quello che non piace, mettersi in discussione. È una parola strepitosa.
“Ciò che facciamo è bello per sempre più gente, siamo convinti che questo tipo di musica e di serate possano, e dovrebbero, rientrare più nella cultura di questo Paese e nel nostro piccolo proviamo a contribuire. Perché la musica non è solo canzoni da cantare a squarciagola ma è anche perdersi in un viaggio”.
A sorpresa, senza annunci o proclami, Cosmo ha pubblicato Quando ho incontrato Ivreatronic, un EP di quattro tracce dove le atmosfere romantiche e personali del singolo Quando ho incontrato te vengono catapultate nella pista da ballo grazie al trattamento speciale che i ragazzi del collettivo Ivreatronic – di cui Cosmo è socio e fondatore – hanno deciso di riservargli. Un pezzo che nelle mani di Splendore, Enea Pascal e Fabio Fabio (il duo formato da Tia e Foresta) acquista un sapore del tutto inedito e si allontana sempre di più dai territori della canzone d’autore italiana. A chiudere il tutto, la versione strumentale dell’originale, perché la musica di Cosmo vive oltre la dimensione del testo e della melodia.
Intanto Cosmo si prepara a chiudere l’esperienza live di Cosmotronic con due ultimi show: il 29 settembre a Palermo per #EnelEnergiaTour (ingresso gratuito) e sabato 13 ottobre a Torino, all’interno del Movement Festival, dove dividerà il palco insieme ad alcuni dei nomi più importanti dell’universo della club culture.
Non so se sia proprio un caso che i Thegiornalisti, uno dei gruppi italiani di punta degli ultimi anni, arrivi proprio adesso a intitolare un album LOVE, cioè AMORE, cioè il termine più pop e più abusato da sempre nella storia della canzone. Mi spiego meglio. Tutti gli artisti, dal più becero esponente del tunz tunz al più ermetico rappresentante dell’indie, hanno parlato d’amore: ognuno a suo modo, ma l’hanno fatto tutti. Nessuno però, o quasi, lo ha dichiarato in modo così palese come fa ora il gruppo di Tommaso Paradiso, mettendo anche il titolo in capslock su texture arcobaleno. Senza esagerare nell’attribuire a questa scelta chissà quale missione ideologica, sembra però significativo che uno degli album più attesi dell’anno – quello che dovrebbe dare alla band la consacrazione definitiva – arrivi portando un messaggio d’amore proprio nell’era del web-bullismo, e proprio quando uno dei temi più scottanti nell’attualità è quello dell’integrazione, mentre dall’altra parte dell’oceano si pensa ad alzare muri.
Ripeto, non voglio dare al titolo di un album pop un significato che forse non ha nelle intenzioni originali, ma la sensazione è che l’amore in questione non sia solo quello che ti fa palpitare il cuore e arrossire le guance. Un amore, questo, che trova tra l’altro una perfetta incarnazione nella titletrack del disco, cantata e raccontata con quello spirito innocente che di solito si perde dopo l’adolescenza. L’amore di cui c’è più bisogno e di cui Paradiso ha parlato nelle prime interviste per presentare il disco ha più a che fare con qualcosa di universale, fraterno, umano nel più ampio senso del termine. Forse un disco non può fare molto, ma è almeno uno spunto in più per ragionarci sopra. E ben venga.
Dopo Ufficialmente sold out, i Thegiornalisti erano attesi al varco: a loro spettava solo decidere come arrivarci, e la scelta qualche piccola sorpresa l’ha riservata.
Nel nuovo album c’è – e questa è la più grande conferma – la scrittura di Paradiso, quella fin troppo chiara, quella che si sofferma sulle piccole cose di tutti i giorni, quella che riesce a essere un po’ scazzata (Felicità puttana) e un po’ gigiona e tenerona (Love). C’è l’ironia amara (Zero stare sereno) e la poesia spiazzante (il paragone incisivo con “la Nazionale del 2006” in Questa nostra stupida canzone d’amore è destinato a lasciare strascichi, e in chiusura con Dr. House arriva un’insapettata carrellata di celebrità ed eroi televisivi).
Musicalmente invece, l’apertura è affidata nientemenoche a un’epica sinfonia orchestrale, che lascia poi subito spazio alle sfaccettature del pop, da quello alla Coldplay dei primi tempi di New York a quello che ha il volto dell’indie o la scattante allegria elettronica (Milano Roma, L’ultimo giorno sulla terra). Nel finale di Dr.House , dopo un inizio di solo pianoforte e un salto elettronico, si sconfina addirittura nel gospel, e funziona.
Questa è la definizione dell’amore, secondo i Thegiornalisti almeno.
Nei giorni scorsi sono state avvistate in alcune città italiane (Milano, Roma, Firenze, Padova, Bari) alcune misteriose spose abbandonate che vagavano in lacrime per le strade, nei parchi e nella metropolitana. I video e le foto hanno fatto il giro del web e in molti hanno iniziato a chiedersi chi fossero quelle donne, arrivando in alcuni casi a sospettare che si trattasse di una campagna pubblicitaria: bene, il mistero è ora svelato. Si è trattato infatti di una gigantesca rappresentazione di ciò che nell’immaginario collettivo rappresenta il più tremendo stato dell’abbandono, una sposa lasciata sull’altare. Proprio di questo parla Le Cinque Fasi del Dolore, il nuovo singolo di Romina Falconi in uscita il 28 settembre e già in pre-order.
“Mi dicono che raramente esprimo quello che sento ma quando lo faccio, lo faccio in modo viscerale. Per me questo è l’unico modo di scrivere. Crudo. Questa volta ho voluto parlare di abbandono. Le Cinque Fasi del Dolore e cita il famoso modello sviluppato dalla psichiatra Elisabeth Kübler Ross sull’elaborazione del lutto, dell’abbandono. La paziente sono io. Forse è vero che il maestro migliore è il dolore, ma che me ne faccio della lezione imparata se mi hanno abbandonato? Che me ne faccio di me, se il mio desiderio è distrutto? Ho pensato di rappresentare l’abbandono nelle piazze di alcune città, nel modo più tenero possibile: una ragazza vestita da sposa, in lacrime. Ero presente mentre una dolce sposina disperata vagava tra la gente allibita. Poche signore si sono avvicinate cercando di dare conforto. L’abbandono ci fa così paura? Ho voluto fotografare quel momento, descrivendo con precisione chirurgica cosa ho provato durante un abbandono, ridendo e piangendo di me. Volevo essere sincera, a qualunque costo. Ho deciso di scrivere canzoni emotive. Ma forse non è una scelta. Forse, non avendo io grande padronanza della mia vita e dei miei sentimenti, ho voluto mappare le emozioni che provo, perché spero che lì fuori ci sia qualcuno che abbia sentito le stesse cose. Forse scrivo per non sentirmi più sola”.
Il singolo vede la produzione di Francesco “Katoo” Catitti, già produttore di Michele Bravi e collaboratore di Elisa.
Quando lo abbiamo visto la prima a Sanremo nel 2016 dovevamo ancora metterlo a fuoco, e lui, Mahmood, probabilmente lo sapeva. La sua Dimentica, presentata quell’anno in gara tra le Nuove proposte, era qualcosa di piuttosto distante dagli standard sanremesi: non era il solito pop, non era il solito pezzo di “belcanto” all’italiana, non era il cantautorato a cui eravamo abituati. Era qualcosa di lontano, di esotico: era r’n’b, un genere che qui eravamo pronti a sentir cantare dagli americani, ma prima di ricordarcelo nella discografia di un altro artista italiano dovevamo pensarci un po’. Di tutto questo, ripeto, Mahmood doveva essere perfettamente consapevole, tanto che quando lo intervistai e gli chiesi notizie di un album, lui rispose candidamente “Quale album?”, perché in effetti in programma non ce n’era alcuna traccia. Oggi che finalmente esce il suo primo EP se ne capisce la ragione. Gioventù bruciata arriva infatti a più di due anni da quel Sanremo: un periodo di tempo molto lungo e insidioso per un artista emergente, che lui ha saputo però sfruttare per elaborare bene il suo progetto. Nel 2017 è arrivato Pesos, poi un po’ a sorpresa c’è stata la collaborazione con Fabri Fibra in Luna, mentre quest’anno è stata la volta di Uramaki, rilasciato in primavera, e Milano Good Vibes, di sole poche settimane fa. E se come interprete risultava sempre più chiara la direzione che il ragazzo stava prendendo, come autore le soddisfazioni non sono mancate, visto che Nero Bali, che porta anche la sua firma, è stato uno dei successi dell’ultima estate. E sua è anche Sobrio, contenuta nell’ultimo album di Gue Pequeno.
Quello che ci si presenta oggi davanti è un artista in piena evoluzione, ma con un’identità e una personalità molto ben definite: una promessa dell’urban italiano che si sta sempre di più trasformando in una conferma. I cinque pezzi del disco danno spazio alla poesia metropolitana e un po’ sfacciata dei singoli Uramaki e Milano Good Vibes, quest’ultimo ritratto decisamente alternativo della città meneghina, ma anche alle metafore giganti dell’incomunicabilità di Asia Occidentale (mi chiamerai sotto casa / farò finta di niente / come se io fossi l’Asia / e tu l’Occidente), mentre spiazza ritrovare di nuovo Fabri Fibra in Anni 90. Perché si sa che Fabri Fibra non è uno che i duetti li svende. Mai figlio unico è invece il pezzo più personale ed entra nel vissuto di un ragazzo italo-egiziano vissuto nella periferia milanese.
La musica è un melting pot di r’n’b, pop ed elettronica, cesellata di dettagli tropicali ed esotici, anche se l’elemento che fa la differenza lo mette Mahmood con la sua voce: amorevolmente pigra, sorniona, sensuale, ammiccante. La voce di una nuova era e di una generazione ormai abbastanza grande per farsi sentire.
Ecco, lo possiamo dire: l’urban italiano ha trovato la sua nuova voce.
E se cerchi la protesta nelle classifiche attuali Rischi di trovare solo la rassegnazione sommessa di giovani anziani Ieri cantavi “Contessa” in piazza durante i cortei popolari Oggi se canti Contessa probabilmente si tratta di un pezzo de I Cani
Calma le onde è il primo assaggio del nuovo album di Dutch Nazari, e come Speculation nell’ EP d’esordio Diecimila lire e Proemio in Amore Povero, il brano inizia con le parole “In senso lato la vita”.
Dutch Nazari torna con il suo “cantautorap” unico, atipico, sempre personale. Sonorità elettroniche incalzanti, suoni stratificati che si mescolano con le metriche del rap e la cifra comunicativa dei poetry slam. Al centro del brano il testo una carrellata di immagini, situazioni, eventi raccontati attraverso un flow mozzafiato e un’ironia tagliente, fino alla spirale di parole che sembra arrotolarsi su se stessa nel finale.
Poi cala il sole e calma le onde e mi vesto Ed esco un po’ fuori di me E un po’ mi isolo e penso che non ci sia nessuno All’infuori di me Che a volte mi fisso su cose un po’ stupide E vado un po’ fuori di me Ed ho pensieri che so solo io E che non devono uscire mai fuori Poi cala il sole e calma le onde E mi vesto ed esco un po’ fuori di me E un po’ mi isolo e penso che non ci sia nessuno All’infuori di me Che a volte mi fisso su cose un po’ stupide E vado un po’ fuori di me Ed ho pensieri che so solo io E che non devono uscire mai fuori Fuori di
BITS-RECE: radiografia di un disco in una manciata di bit.
Un po’ più di un singolo, molto meno di un album, quasi un EP. Tre inediti. D’altronde, le mani le hanno già messe bonariamente avanti nel titolo: Per un album è ancora presto, che è anche una risposta a chi probabilmente in questi anni chiedeva come mai non avessero ancora pubblicato un disco dopo l’uscita dei primi singoli. Sfruttando i vantaggi della realtà digitale, che permette oggi a un artista – specie se emergente – di muoversi con molta più libertà che in passato, svincolandolo dall’obbligo dell’LP, lemandorle (per chi non lo sapesse, sì, si scrive proprio così, tuttoattaccato) hanno pensato di chiudere l’estate raccogliendo tre nuovi pezzi in un mini EP che prosegue sul percorso già tracciato a partire dal 2016, quando il brano d’esordio Le ragazze è apparso in rete e ha fatto conoscere questo interessante progetto elettropop.
La matrice è sempre quella, ben definita: ritmi danzereccio perfetto per il club e un’attitudine un po’ ironica e un po’ malinconica per raccontare storie ordinarie su melodie elettroniche eredi dei gloriosi anni ’80. Ecco allora Marta, Adesso e Se tu ti prendi, tre canzoni figlie della gioventù dei giorni nostri, quella a ridosso della consapevolezza adulta, in tutta la sua complessità, tra ricerca dell’identità, le contraddizioni, le relazioni sfuggenti, gli incastri difficili.
Per ora ci accontentiamo, ma la voglia di album cresce….
Dopo l’ultimo album ͞Un Incubo Stupendo la band abruzzese Management del Dolore Post Operatorio inaugura una nuova fase 2.0 con un taglio al nome e un nuovo singolo prodotto da Antonio Filippelli e con un taglio più elettronico rispetto alle canzoni precedenti.
Luca Romagnoli e Marco Di Nardo inaugurano il nuovo corso con Kate Moss, primo estratto di un album in uscita nel 2019, e un nuovo nome: semplicemente Management.
Sul perché del nome abbreviato la band risponde: “E’ una scelta di ͞Management, siamo sempre stati contraddittori e incoerenti. Questa è la nostra forma di coerenza. Quando sei incoerente sempre, diventi coerente.”
L’immagine di copertina ritrae un fotoritocco del volto di Kate Moss, musa ispiratrice e icona per eccellenza della moda, per l’occasione photoshoppata all’inverosimile fino a diventare una figura mostruosa e surreale. Sono gli effetti della manipolazione nella società dell’immagine e dell’esasperazione estetica. Un’epoca social-dipendente, dove il maggior numero di followers detta legge e un bel culo può avere più seguaci di Confucio dove non sempre è bello ciò che bello, ma molto spesso è bello solo quello che è bellissimo. Il video della canzone, in anteprima su Rolling Stone Italia, ha uno stile anglosassone: un vero quadro in movimento prodotto da Basement e diretto da Giulia Achenza, regista di fashion film e pubblicità di moda. Un ambiente asettico in cui due donne dai canoni estetici diversissimi – alla ricerca della tanto agognata perfezione fisica – si muovono con gesti onirici e surreali intorno a Luca Romagnoli e Marco Di Nardo, indifferenti e disinteressati a tanti sforzi.
“Se Albert Einstein oggi pubblicasse la teoria della relatività su Facebook, prenderebbe 12 Like. Una bella foto di un bel paio di gambe all’olio solare fritto sotto al sole e via, migliaia di followers, di Cuori e di Like, hai vinto. La giornata comincia bene e procede bene. Ogni tanto andiamo a sbirciare l’aumentare dei nostri discepoli, soddisfatti. Chi non ha un bel culo ha un gatto, chi non ha il gatto ha il cane, chi è allergico agli animali ha una vecchia e dolce nonnina pronta a sacrificarsi per le scemenze dei nipoti. Il gioco è questo, inutile stare a criticare, inutile perdere fiato. Non ti piace? Clicca su ‘disconnetti’. Eppure siamo tutti lì. Ma ci piace giocare e noi giochiamo, e tu? Sei dentro o sei fuori? È facile. Se non sei dentro non esisti, non ti si caga nessuno, allora anche a te non resta che entrare in questa giungla di tette e di facce truccate e filtrate con la bocca “a culo di gallina”, che poi non è neanche male, diciamoci la verità”.
“Nella mia testa New York è una canzone che potrebbe piacere a tutti e per tutti intendo dai ragazzini di quattro anni a mia nonna. È un classico per me. Il testo l’ho scritto una mattina su un taxi mentre stavo andando in studio di registrazione per un altro lavoro. L’ho tirato via di getto. Avevo tutte queste immagini nitide davanti agli occhi che sono venute fuori da sole. Forse perché avevo dormito male o ero turbato per qualcosa o mi sono sentito molto solo quella mattina. Tutte e tre le cose probabilmente. Con Dario Faini, il produttore, abbiamo scritto la musica. Ed è uscita New York. Sicuramente sia a livello di testo sia a livello di musica ha lo special migliore che abbia mai scritto”.
Dopo Questa nostra stupida canzone d’amore e Felicità puttana, per anticipare l’uscita di LOVE, prevista per il 21 settembre, i Thegiornalisti rilasciano un nuovo singolo, New York, che Tommaso Paradiso ha descritto con questo parole.
Questa la tracklist dell’album: Overture Zero stare sereno New York Una casa al mare Controllo Love Milano Roma L’ultimo giorno della terra Questa nostra stupida canzone d’amore Felicità puttana Dr. House
L’artwork dell’album è stato realizzato da Alessandro Degli Angioli.
Dal 21 ottobre i Thegiornalisti saranno live nei palazzetti con il LOVE Tour, che con quattro mesi di anticipo rispetto al suo inizio ha già registrato numerosissimi sold out, annunciando così ulteriori date per soddisfare l’altissima domanda del pubblico.
Queste le date annunciate: 19 ottobre 2018 – Vigevano, Arena (data zero) 21 ottobre 2018 – Torino, PalaAlpitour 23 ottobre 2018 – Casalecchio di Reno (BO), Unipol Arena 24 ottobre 2018 – Firenze, Nelson Mandela Forum SOLD OUT 27 ottobre 2018 – Roma, PalaLottomatica SOLD OUT 28 ottobre 2018 – Roma, PalaLottomatica SOLD OUT 31 ottobre 2018 – Bari, Palaflorio SOLD OUT 2 novembre 2018 – Bari, Palaflorio SOLD OUT 3 novembre 2018 – Napoli, Palapartenope 8 novembre 2018 – Genova, RDS Stadium 10 novembre 2018 – Padova, Kioene Arena SOLD OUT 11 novembre 2018 – Montichiari (BS), PalaGeorge 18 novembre 2018 – Milano, Mediolanum Forum SOLD OUT 19 novembre 2018 – Milano, Mediolanum Forum 21 novembre 2018 – Roma, PalaLottomatica SOLD OUT