BITS-CHAT: "Sono i dettagli a fare la differenza". Quattro chiacchiere con… Elodie

La prima cosa che si nota in Elodie dopo alcuni minuti di chiacchierata è la sua determinazione. Nonostante abbia mosso ancora pochi passi nel mondo della musica, sembra avere già le idee molto chiare su quello che vuole, e anche di fronte ad alcune domande non proprio accomodanti non si lascia scomporre e risponde tranquillamente senza mai perdere di vista il tuo sguardo.
D’altronde, è reduce da Sanremo, lei che ancora meno di due anni fa si esibiva nei piccoli locali e un batter d’occhio si è ritrovata catapultata sul palco più insidioso e osservato d’Italia. Un battesimo del fuoco che non poteva che rafforzarla. La sua Tutta colpa mia si è piazzata ottava e il suo bilancio di questa esperienza è più che positivo.
Ora è uscito il suo primo album, che ha lo steso titolo: un disco di 13 brani firmati da alcuni degli autori più rilevanti della nuova scena italiana, come Zibba, presente nel duetto di Amarsi basterà, Federica Abbate e Amara.
Tante influenze tra pop e soul, da sempre il suo mondo di riferimento (ma ricorda che andava a scuola con i Kool & The Gang nelle cuffie), con l’utilizzo di strumenti registrati in presa diretta e qualche sorpresa dal sapore atipico, come La cosa che rimane. Un disco femminile nell’anima, che in qualche modo prosegue il percorso già iniziato con il primo EP uscito la scorsa primavera.
E il 26 aprile sarà la volta dell’Alcatraz di Milano.
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Domanda iniziale quasi d’obbligo: Sanremo, com’è andata?

Benissimo, mi sono proprio divertita: la definirei un’esperienza liberatoria, la rifarei cento volte.
Pensi che il Festival ti abbia aiutata in qualcosa?
Ho acquisito più sicurezza, perché dai locali sono passata in breve tempo allo studio di Amici e poi all’Ariston. Poi ho imparato a non prendermela troppo per i giudizi che leggo in giro: all’inizio fanno male, poi ci ridi su, ma bisogna imparare. Dopo tutto, questo lavoro l’ho scelto io.
Tra le critiche, alcuni dicono che ci sono troppe somiglianze tra te ed Emma.
Indubbiamente entrambe abbiamo un approccio viscerale e raccontiamo le cose in maniera forte, ma io era già così prima di arrivare ad Amici e conoscere Emma. I nostri progetti però sono costruiti in modo completamente diverso, perché io arrivo dal pop-soul, lei dal pop-rock.
Adesso è il momento dell’album. Un disco con le firme di tanti autori!
Fortunatamente sì, autori importanti: è arrivato tanto materiale tra cui scegliere, ma non è stato molto difficile fare la scrematura dei pezzi.
Gli autori sono quasi tutti uomini, ma l’album ha una forte visione femminile: come lo spieghi?
Chi più di un uomo può apprezzare la donna? E poi penso che sia soprattutto una questione di sensibilità, non di una visione maschile o femminile. Voglio farmi portavoce per le ragazze che non trovano un senso, un obiettivo  e hanno bisogno di sentirsi utili: la dignità e il rispetto sono valori in cui credo molto, perché noi donne dobbiamo guadagnarci le cose con un po’ più di fatica. Un elemento che voglio che arrivi alla gente è che sono una donna forte, pur avendo molte fragilità, alcune evidenti anche fisicamente. Mi sento una guerriera e voglio affrontare i miei limiti.
Sembra abbastanza evidente che al centro di tutto il disco ci sia l’amore: perché?
Perché l’amore è l’unica cosa che mi fa alzare dal letto la mattina. Di cosa avrei potuto parlare se non di sentimenti? Non sono ancora abbastanza adulta per parlare di vita, ma mi sento aperta verso le persone. Però l’amore non è da intendere solo come quello tra due compagni, quello semmai arriva alla fine: prima bisogna saper amare se stessi. L’amore è impegnativo, vedere le cose negative è facile, mentre è faticoso essere felici, perché richiede lavoro, va costruito.
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Tra i brani che portano una firma femminile c’è La verità, scritto da Amara. Si sente un’atmosfera diversa: è messo apposta alla fine dell’album?
Sì, è come una riflessione detta tra i denti, e mi è sembrato giusto per la chiusura. Amara è una fuoriclasse, è spirituale, ha un bel cervello, e quando ti arriva un brano così non puoi che restare senza parole.

Tu non hai mai provato a scrivere una canzone?
No, non penso di esserne capace. Ho un quaderno su cui ogni tanto scrivo delle cose, quello che penso, ma per ora nessuna canzone. Magari in futuro, ma adesso mi limito a scrivere le mie frustrazioni.
E tra i grandi autori della canzone italiana, chi vorresti scrivesse per te?
Fossati, mi piacerebbe tanto, perché non è mai banale. Parla dell’amore con parole che non sapevo nemmeno esistessero.
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Considerando il tuo amore per il mondo del soul, l’assenza di brani in inglese è un po’ strana. E’ una scelta o semplicemente non c’era il pezzo giusto?
Non ho voluto cantare in inglese, è troppo semplice. Senza passare per tradizionalista, voglio cantare nella mia lingua. Sono italiana, parlo italiano, perché dovrei cantare in inglese? L’italiano è molto più difficile, più ampio, ha un peso diverso, e lo conosco meglio dell’inglese.
In Giorni bellissimi canti “uno sbaglio ti illuminerà”. Credi nel valore degli errori?
Come no, sono fondamentali! Da incosciente, ne ho fatti tantissimi e sono convinta che, senza arrivare a commettere colpe gravi, nella vita ci si debba sempre buttare. I fallimenti ci sono, ma ci sia rialza e si va avanti, possibilmente circondati dalle persone giuste. Il vero fallito è quello che non fa niente.
E’ vero che “l’universo è nei dettagli”, come dici in Sono pazza di te?
Facciamo tutti la stessa vita, la differenza sta proprio nei dettagli. Sono una grande osservatrice, mi piace il genere umano e guardo molto le persone, il modo in cui muovono gli occhi, mi parlano, e facendo questo lavoro sto conoscendo tante persone diverse.

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Nel video di Tutta Colpa Mia c’è quella scena in cui metti in bocca un pesciolino d’oro: cosa c’entra con la canzone?
Ha un significato particolare, ma non si può dire. In realtà il pesce era attaccato a una collanina che non si poteva togliere, per cui è stato un po’ complicato… Tutto il video è molto particolare, mi sono affidata a loro e io ho soltanto dovuto fare il playback. Questa volta è andata così infatti è pieno di significati.
Il 26 aprile ti aspetta il live all’Alcatraz di Milano: cosa vedremo?
Prima di tutto vedrete me! (ride, ndr) Parlando seriamente, ci stiamo lavorando: potrebbe esserci Loredana Bertè e altri ospiti, ma non c’è ancora niente di sicuro. Potrei anche fare delle cover in inglese, chissà…
Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione?
Semplicemente, penso che la ribellione sia seguire il proprio istinto senza ascoltare quello che gli altri vorrebbero da te. Mi sembra positivo, io ho sempre fatto così. Penso di essere una brava persona, no? 

a quarta serata

E via, anche la quarta serata è andata. Scorrono velocissimi come sempre i giorni di Sanremo e ormai, arrivati al secondo ascolto, tutta l’attenzione più che sulle canzoni è sul piazzamento che avranno nella classifica finale di stasera.
Intanto il primo verdetto è arrivato con la proclamazione di Lele a vincitore delle Nuove Proposte, e molti dicono che se lo aspettavano. Io sinceramente no, anche se è indiscutibile che il ragazzo partiva un passo avanti avendo dalla sua una dose di notorietà arrivata dalla partecipazione ad Amici.

Detto ciò, passiamo alla gara dei Campioni.
Questa volta la mannaia è caduta su Ron, Giusy Ferreri, Al Bano e Gigi D’Alessio: esito in buonissima parte prevedibile e direi anche condivisibile.

Tra i restanti 16, sembra ormai definirsi chiara una cinquina destinata a occupare i piani alti della classifica finale, vale a dire Gabbani, Mannoia, Meta, Turci e Bravi, non necessariamente in quest’ordine.
Perché se è vero che alla vigilia del Festival gli elogi erano solo per Fiorella Mannoia ed Ermal Meta, nel corso delle serate è piombato il ciclone Gabbani a scompigliare le carte, facendosi largo a suon di gomitate e balletti. La Mannoia ha sì un gran pezzo, ma – come già avevo avuto modo di osservare – troppo in linea con i suoi standard, e questo potrebbe rivelarsi un freno. Su Meta non si può francamente dire nulla, se non riconoscere il talento di un cantautore che finalmente si sta prendendo il giusto riconoscimento.



Ci sono poi alcune canzoni partite in sordina ma che di ascolto in ascolto si sono fatte forza, come Il diario degli errori di Michele Bravi, tenerissimo nell’affrontare con la sua giovane età le pesanti parole di quel testo (ah, se ascoltate la canzone chiudendo gli occhi potreste simpaticamente risentire Noemi…), e soprattutto Ora esisti solo tu di Bianca Atzei. E qui devo fare mea culpa, perché verso di lei ero pieno di pregiudizi, come molti altri del resto: sì, è vero, la Atzei non ha mai piazzato un successo in classifica, non vende, non viene passata in radio (eccezion fatta per RTL), forse è davvero raccomandata e probabilmente la sua collocazione tra i Campioni è frutto più di diplomazia altrui che non di un vero pedigree, ma la sua canzone ha un giro melodico assassino che ti si pianta in testa. Tutto il resto, a questo punto, non mi interessa, e le sue lacrime durante l’ultima esibizione mi sono sembrate sincere. Chiamatemi anche stupido, ma io la salvo.


Sensazionale poi Paola Turci, che sta facendo di questa partecipazione al Festival una vera e propria occasione di rilancio tra il grande pubblico.
Tra gli altri, pienamente promossi Samuel ed Elodie, che ieri sera si è riscattata dopo un esordio un po’ spento. Non vincerà, perché la canzone non è abbastanza forte, ma se saprà muovere bene i prossimi passi penso potrà fare belle cose e si scrollerà dalle spalle l’ombra di Emma.


BITS-SANREMO: la terza serata

Mumble mumble….Terza serata del Festival, giro di boa e primi sentori di eccitazioni da vittoria.
Partendo sempre dai giovani, Lele e Maldestro (quest’ultimo un po’ carente in intonazione) passano il turno, lasciando a casa Valeria Farinacci e Tommaso Pini (quest’ultimo un po’ a sorpresa).
Stasera quindi a giocarsi la finale saranno quattro gentleman: Francesco Guasti, Leonardo Lamacchia e i suddetti Lele e Maldestro.


Venendo alle cover, come gli altri anni la carrellata è stata a forte rischio sonnolenza, soprattutto perché non tutti se la sono sentita di rischiare con il brano e con il nuovo arrangiamento.
Tra i pochi, Ermal Meta, che si è preso la meritata vittoria: la sua versione di Amara terra mia, oltre a essere stata interpretata magnificamente, è la prova chiarissima che il ragazzo sa bene quel che fa. Un autore bravissimo, che scrive con anima, e un interprete di robusta personalità.
Buona prova anche per Masini con il suo tributo a Faletti, anche se a tratti pareva non riuscire a stare dietro al tempo, e di Paola Turci, che ha scelto di rimettere mano a un classico e della Oxa come Un’emozione da poco.
Sul resto c’è stata fondamentalmente calma piatta: Elodie avrebbe potuto far molto di meglio con il pezzo di Cocciante, soprattutto negli arrangiamenti e nell’intensità dell’interpretazione; Chiara ha fatto il temino scolastico con Diamante di Zucchero; la Mannoia ha fatto la Mannoia con Sempre e per sempre e Samuel ha fatto Samuel con Ho difeso il mio amore. Qualche problema tecnico ha invece rovinato la festa di Sergio e i Soul System, mandando fuori tempo l’esecuzione di un pezzo –Vorrei la pelle nera – dove il groove era centrale.
Non abbiamo purtroppo potuto ascoltare la versione di Ma il cielo è sempre più blu che avevano preparato Nesli e Alice Paba, e che avrebbe sicuramente riservato entusiasmi.

E a proposito di Nesli e Alice, è evidente che le coppie create a uso e consumo sanremese non funzionano, dato che sia loro sia Raige e Giulia Luzi sono i primi due esclusi definitivi. Il gioco per cui prendi due artisti e le metti insieme sul palco pensando di sommare i voti delle rispettive fanbase e quindi di avere vittoria facile non regge.
Nel caso di Nesli, lui già quest’estate parlava di Sanremo, ma il presentimento è che i suoi progetti fossero un po’ diversi, con l’idea di presentarsi da solo, ma che si sia poi trovato a doversi accollare la Paba per ordine giunto dall’alto. Il che non ha però giovato al brano e non mi stupirei se i pensieri di Nesli si siano fatti scurissimi al momento del verdetto.
Rientrano quindi in gara Ferreri, Ron, Atzei e Clementino.

BITS-SANREMO '17: la prima serata

La prima puntata di Sanremo me la sono persa, ebbene sì. Mentre Carlo Conti e Maria De Filippi aprivano la 67esima edizione del Festival della Canzone Italiana – perché è così che si chiama – io ero a sentire i Bastille al Forum d’Assago e ho rimesso piede in casa proprio subito dopo l’esibizione di Ermal Meta, l’ultimo degli 11 artisti che si sono esibiti.
Le esibizioni le ho quindi ascoltate “di riflesso” sul web, perdendomi la tradizionale e unica emozione della diretta, ma con il lusso di sentirmi le canzoni in ordine sparso e anche più volte di seguito, skippando e stoppando quando necessario.
Detto questo, il primo elemento che mi viene da sottolineare è, almeno per ora, la mancanza del pezzone di successo sicuro: belle canzoni sì, qualche sorpresa, ma tutto sommato nessun soprassalto. Non ci sono state grandi deviazioni di percorso e più o meno tutti gli artisti in gara si sono tenuti sulle rotaie della propria traiettoria.

Prendiamo per esempio il brano della Mannoia, Che sia benedetta, osannato da ogni dove e dato per vincitore da molti: pezzo sicuramente piacevole, interpretazione da professionista consumata. Lei si è mangiata il palco con una forza da leonessa e il fuoco negli occhi, ma la canzone non aggiunge molto a quanto Fiorella non avesse detto o fatto in passato. C’è la voce, c’è il messaggio, ma tutto resta tanto, troppo in stile “mannoiese”.
Molto intenso Ermal Meta, che in Vietato Morire porta sul palco un testo coraggioso e drammatico, naturalmente ben scritto.




Su Al Bano non mi accanisco nemmeno.
Fabrizio Moro è invece arrivato con Portami via, una canzone graffiatissima, sicuramente più del necessario, ma in linea con i suo stilemi.
Assolutamente da sentire tre-quattro volte, per farsene una giusta idea, Fa talmente male della Ferreri, dato che al primo ascolto non resta granché. L’exploit di Ti porto a cena con me non si ripeterà.
Sul palco mi è risultata invece inspiegabilmente invecchiata l’atmosfera creata da Elodie, rimasta impigliata in un brano, Tutta colpa mia, dai contorni classici e in cui “amore” viene ripetuto quasi all’esasperazione. La sua non è una brutta canzone, ma l’effetto di Emma in questo caso rischia di fare più danno che beneficio.
Sorprese invece per Samuel e Bernabei: il primo arriva con Vedrai, un pezzo agilissimo e ben strutturato tra pop ed elettronica, mentre il secondo mi ha stupito un po’ – sono sincero – negli incisi di Nel mezzo di un applauso, evitando il rischio di impantanarsi ripetendo la formula elettropop dello scorso anno. Discorso a parte per il testo, tra le cui righe si legge un filo di imbarazzo.


Il secondo elemento che vorrei segnalare è che mai come quest’anno – ma aspetto le prossime serate per approfondire eventualmente il discorso – ho avuto la sensazione che il palco dell’Ariston applichi una sorta di deformazione sui brani, rendendoli ancora più “sanremesi” di quanto non siano, dove per sanremese si intende una canzone caricata di enfasi armonica. Prendete ad esempio Vedrai di Samuel, un brano e un artista che almeno sulla carta dovrebbero stare al festival come la riviera di Levante sta a quella di Ponente. Eppure nell’ascolto non si può fare a meno di pensare che quelle note sono state pensate per essere suonate lì sopra, davanti a quel pubblico, immerse in quel mare di tensione mediatica.
Verità o incantesimo del Festival?

ASPETTANDOSANREMO: "Mi tremano le gambe, ma sono una donna forte". Quattro chiacchiere con… Elodie

elodie1new_ph-marco-laconte_bElodie ha due occhi bellissimi. Grandi, profondi e bellissimi, di un colore indefinibile, accompagnati da un sorriso larghissimo.
Sì, lo so che per chi si interessa di musica questi non dovrebbero essere dettagli importanti, ma io sono tra quelli che di un artista non solo ascoltano le canzoni, ma ne osservano anche i gesti, i colori, ne ascoltano il tono della voce quando parlano.
Ed Elodie ha due occhi bellissimi che sembrano parlare più della sua voce nel dire quanto lei sia sicura di quello che fa. Una donna forte, proprio così, lo dice anche lei, “Voglio che il pubblico mi veda come una donna forte”.
Pur con solo 26 anni alle spalle e neanche due di notorietà, la ragazza appare seriamente sicura di ciò che sta cercando e di ciò che vuole. In primavera si è conquistata il secondo posto ad Amici ed ora entra a Sanremo dalla porta principale, quella dei big, portando in gara Tutta colpa mia, un brano su una storia d’amore andata in frantumi firmato tra gli altri da Emma (e ascoltandolo non si potrebbe in effetti pensare altrimenti).
Il 17 febbraio sarà poi la volta dell’album dal titolo omonimo, mentre il 26 aprile Elodie è attesa a Milano per il suo primo vero appuntamento live.
Chissà se per quel giorno la gamba avrà smesso di tremare…

Nella canzone sembra di avvertire un senso di imperfezione da parte della protagonista, che quasi si rimprovera la fine di una storia: ti ritrovi in questa situazione,pur non essendo tu l’autrice del brano?
La canzone non è mia ma parte da una storia d’amore importante che ho vissuto qualche anno fa, una storia in cui avevo messo tanto coraggio, ma dall’altra parte non ho trovato lo stesso spirito. Non sono perfetta, nel brano va letta anche una certa ironia: posso dire comunque di essere felice di quello che sono oggi e che cerco di migliorarmi ogni giorno. I momenti d’ombra ci sono e vanno accettati, senza paura di toccare il fondo.
Senti qualche responsabilità nei confronti di Emma, tua coach ad Amici e ora autrice del pezzo?
Interpretare una canzone altrui è sempre un impegno, però il regalo più importante che mi ha fatto Emma è stata la possibilità di condividere il suo team: a Sanremo devo dimostrare che valgo e che tutta questa fiducia me la merito. Non sono più un’allieva della scuola di Amici, adesso devo diventare una professionista.
Emma ti ha dato qualche consiglio per Sanremo?
Per Sanremo in particolare no. Mi ha sempre detto di respirare, sorridere e di mettere tutte le mie energie, indipendentemente dal palco su cui mi trovo.
Perché la scelta di Quando finisce un amore per la serata delle cover?
Cocciante, insieme a Mia Martini e Loredana Bertè, è uno degli artisti che ho più nel cuore, perché ha messo tutto se stesso nella musica. Non so se avrò un’altra possibilità come questa, quindi ho scelto di reinterpretare un brano che mi mettesse alla prova, e questo lo sento sotto pelle.

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Come ti senti in questo momento?
Felice, molto felice e nello stesso tempo tutto mi sembra irreale. Non avrei ma pensato di poter arrivare a questo punto, Sanremo è il sogno di chiunque voglia fare questo lavoro, ma non ho aspettative tanto verso il Festival in sé, perché Sanremo è un colosso, sta fermo lì, quanto piuttosto su di me. Spero di fare bella figura e di rispettare quel palco, la sua tradizione. Voglio esibirmi con dignità nei confronti della musica italiana, restando ben a fuoco e dominando l’emotività. Le prime volte che mi esibivo in pubblico tremavo tutta, non potevo togliere il microfono dall’asta, e pochi giorni fa alle prime prove con l’orchestra ho cantato per tutto il tempo senza smettere di muovere la gamba.
C’è qualcosa che il pubblico magari non sa ancora di te e che vorresti venisse fuori n questa occasione?
Vorrei si capisca che sono una donna forte, non presuntuosa, ma forte. Qualunque cosa si faccia nella vita va portato avanti con determinazione e puntando a farlo al meglio. E sbaglia chi pensa che il talent sia una scorciatoia: ho passato periodi in cui non avevo un obiettivo, mi sentivo persa, e Amici è stato un aiuto. Non ci sono tante possibilità per noi giovani artisti, e chi le offre non va discriminato. 

Tra i tuoi punti di riferimento citi Nina Simone, un’artista che ha avuto un vissuto piuttosto pesante: in cosa la senti vicina?
Nina Simone, così come Sarah Vaughan, Ella Fitzgerald e tutte le cantanti di colore di quegli anni, è stata una donna forte: sentirla vicina è come una pacca sulla spalla. Io stessa vengo da una famiglia di origini africane, mia nonna è delle Antille Francesi, per cui ho respirato un certo clima culturale. E’ bello quando le minoranze diventano di polso, è segno che se ci sono passione e spinta a reagire chiunque può farcela.

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Il 26 aprile è in programma un appuntamento live all’Alcatraz a Milano: come ti stai preparando?
Per ora mi concentro sul Festival, altrimenti impazzisco… Inizierò a lavorarci seriamente dal giorno dopo. Sarà un’altra novità, perché per la prima volta il pubblico sarà lì apposta per me, e questo non aiuterà a gestire la tremarella.

Hai un’immagine che racchiude il significato del Festival per te?
Penso a Loredana Bertè e Mia Martini: in questo momento ho in mente Amici non ne ho di Loredana. Penso ci voglia tantissimo coraggio a spiattellare quelle cose in faccia al pubblico. Loredana è una donna che stimo tantissimo.
  
Prima di salire sul palco cosa farai?
Non ho riti scaramantici né portafortuna. Semplicemente penso che farò un bel respiro, gesticolerò un po’, farò un inchino, sorriderò e poi via, quando il maestro sarà pronto, canterò.

ASPETTANDOSANREMO: "Vado al Festival per la ricerca sulla SLA". Quattro chiacchiere con… Ron

“Se non ci fosse stato il progetto per la ricerca sulla SLA non sarei andato a Sanremo”.
Lo dice chiaramente Ron parlando della sua partecipazione – la settima – al prossimo festival con L’ottava meraviglia.
Il brano, una canzone dal respiro arioso, sarà infatti contenuto nella riedizione di La forza di dire sì, il doppio album pubblicato nel 2016 a favore dell’AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica) e che vedeva la partecipazione di altri 24 artisti.
Il disco arriverà il 10 febbraio e conterrà anche un secondo inedito, Ai confini del mondo.
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L’ottava meraviglia
 è una canzone d’amore: oggi, questo sentimento dove trova la sua forza?
Abbiamo un continuo bisogno d’amore: ci sentiamo sempre soli e sentiamo la necessità di condividere, di avere accanto qualcuno che ci sorregga. L’idea che gira intorno alla canzone è capire di cosa abbiamo bisogno oggi, in un contesto in cui ci sparano da tutte le parti, in cui vivere è diventato quasi sopravvivere. In questa condizione, ciò di cui abbiamo bisogno è la persona che sta al nostro fianco, è questa “l’ottava meraviglia”. Lo dico davvero.

Com’è nata la canzone?
E’ arrivata quasi da sola, senza cercarla troppo. Mattia Del Forno dei La Scelta mi ha portato un inizio interessante, su cui poi ho lavorato con Emiliano Mangia e Francesco Caprara: mi piace molto lavorare con loro, le cose arrivano in maniera spontanea. 
Nel ritornello si parla di America e di Oriente: cosa rappresentano?
L’America è sempre stato il sogno: ci sono andato per la prima volta a 17 anni, quando le cose si facevano in grande, insieme a Massimo Ranieri e molti altri, e abbiamo cantato al Madison Square Garden. Oggi andare in America vuol dire andare in un locale e chiedere di poter cantare, come mi è capitato alcuni anni fa. Il nome di Trump è ingombrante, come lui, fa paura, ma io dico di provare a lasciarlo fare, solo per un attimo. L’America comunque resta il paese dei sogni, lì se hai talento hai la possibilità di fare qualcosa. L’Oriente invece ha il fascino di un paese che quasi non c’è, un posto magico.
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Dalla tua prima partecipazione a oggi è cambiato il modo di avvicinarti al festival?
La mia prima partecipazione a Sanremo è stata nel 1970: avevo 16 anni, ero appena uscito dalla scuola, ero bellissimo e assomigliava a Brian Jones, le ragazzine mi correvano dietro. Facevo spesso i concorsi per voci nuove ed ero abituato a stare sul palco. Oggi quella forza vorrei averla ancora. Il festival ha poi seguito il mio percorso professionale, e oggi il mio pensiero va soprattutto a come il pubblico accoglierà il brano.
Cosa ti aspetti?
Prima di tutto devo dire che mi fa piacere che ci siano Carlo Conti e Maria De Filippi, due persone intelligenti, che sanno ascoltare, perché ho partecipato ad alcune edizioni isteriche. Per il resto, il mio unico obiettivo è dare una nuova spinta all’album La forza di dire sì, uscito quasi un anno fa a favore della ricerca per la SLA: ci ho lavorato per sei mesi con 24 artisti eccezionali che hanno duettato con me, è arrivato al primo posto in classifica, ma non sono ancora riuscito a raccogliere un bel gruzzoletto da consegnare all’AISLA. Per fare ricerca ci vogliono molti soldi, per cui non mi sono accontentato e ho deciso di ripubblicare l’album con il pezzo di Sanremo e un nuovo inedito, Ai confini del mondo.
Quindi se non ci fosse stato questo progetto non avresti pensato a Sanremo?
Esatto, anche perché non avevo un nuovo disco pronto. Ho voluto usare questa occasione proprio per dare nuova forza al progetto di ricerca, sperando nella grande platea del Festival.

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Perché la scelta di Insieme a te non ci sto più da portare nella serata delle cover?
E’ una canzone che da bambino portavo ai concorsi per voci nuove, era un mio cavallo di battaglia, e ha anche un testo bellissimo, per cui me la sono voluta riprendere. Tra le possibilità c’era anche quella di fare Piazza Grande, ma già l’altra volta avevo portato un brano di Lucio Dalla, Cara, e non mi sembrava di gran gusto. Ho scelto come ospite Annalisa perché la trovo eccezionale, un’outsider, mi sembra una con delle idee, una che potrebbe tranquillamente fare il suo mestiere in America.

Se dovessi racchiudere Sanremo in un ricordo, quale sarebbe?
Ho la fortuna di poter tornare indietro nel tempo, e ricordo di essere rimasto catalizzato da Ancora di Eduardo De Crescenzo.

Negli ultimi anni siamo stati sommersi dall’hip-hop, ma grande fermento arriva anche dai nuovi cantautori: che giudizio puoi darne?
Seguo un po’ tutti, e mi piace molto Ermal Meta. Invece con i rapper faccio ancora molta fatica a trovare un’armonia gradevole tra come cantano, cosa cantano e la musica che ci mettono sopra. Se ascoltiamo i rapper americani, è difficile sentire qualcosa di stonato tra testo e musica, invece con gli italiani succede ancora. Nei miei ascolti spazio tanto anche all’estero comunque: Amos Lee, Cat Steven, Donovan, ma anche Ed Sheeran, Damien Rice, e poi Joni Mitchell, la più grande  tutti.

E gli esordienti di oggi come li vedi?
Grazie ai talent i ragazzi sono più abituati al palcoscenico e all’idea di essere giudicati. Sono avvantaggiati in questo, anche perché è proprio il pubblico a votarli. E’ una realtà che è giusto che ci sia: alcuni mi piacciono molto, come Mengoni, e sono onorato di essere nel cast con Giusy Ferreri ed Elodie.

Cosa stai preparando per il concerto del 6 marzo al Teatro degli Arcimboldi di Milano?
Sarà un grande evento a sostegno della AISLA e tra i tanti ospiti ci saranno Annalisa, Luca Barbarossa, Loredana Bertè, Luca Carboni, Elodie, Giusy Ferreri, La Scelta, Nek, Francesco Renga, Syria. Sarà il primo appuntamento di un tour che toccherà tutta l’Italia e i cui proventi andranno tutti a favore della ricerca sulla SLA.

Sanremo 2017: tra rose, gigli e qualche fiore "avvizzito", ecco il mazzo dei 22 artisti in gara

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Ed eccoli qua, li abbiamo attesi a lungo e sono arrivati, i 22 nomi dei Big che prenderanno parte al Festival di Sanremo 2017.Dopo il “mosaico” e la “macedonia”, per descrivere il cast della prossima edizione, Carlo Conti ha usato la metafora del mazzo di fiori, tanto per restare in terra sanremese.
E mantenendo la metafora, il primo commento che mi viene da fare è che tra rose, gigli e garofani, dentro a questo bouquet sia finito qualche ramo artisticamente un po’ avvizzito e qualche erbaccia che si poteva tranquillamente mettere da parte.
Ma visto che senza aver ascoltato i brani ogni parola è superflua, e considerando che mancano due mesi per scaldare bene i motori, mi limito a esprimere soddisfazione per ritrovare Elodie, Samuel, Nesli, Giusy Ferreri, Ermal Meta e Francesco Gabbani.
La grande sorpresa sarà però vedere sul palco dell’Ariston Fiorella Mannoia, forse il nome più gettonato nei pronostici e poi confermato, che dopo un lungo periodo di lontananza dal Festival si ributta nella mischia da concorrente.
Nessuna band pervenuta, qualche duetto inedito ancora da mettere a fuoco.

Questa la lista dei magnifici 22, con i titoli dei brani in gara:

Di rose e di spine Al Bano
Tutta colpa mia Elodie
Fatti bella per te Paola Turci
Vedrai Samuel
Che sia benedetta Fiorella Mannoia
Do retta a te Nesli e Alice Paba
Il diario degli errori Michele Bravi
Portami via Fabrizio Moro
Fatalmente male Giusy Ferreri
La prima stella Gigi D’Alessio
Togliamoci la voglia Raige e Giulia Luzi
L’ottava meraviglia Ron
Vietato morire Ermal Meta
Mani nelle mani Michele Zarrillo
Il cielo non mi basta Lodovica Comello
Con te Sergio Sylvestre
Ragazzi fuori Clementino
Nel mezzo di un applauso Alessio Bernabei
Nessun posto è casa mia Chiara
Occidentali’s Karma Francesco Gabbani
Ora esisti solo tu Bianca Atzei
Spostato di un secondo Marco Masini

Piccola domanda profana da ascoltatore: per quale logica del regolamento Sylvestre ed Elodie sono tra i Big, mentre La Rua, Lele e Chiara Grispo erano in corsa tra i Giovani, pur avendo tutti partecipato alla stessa edizione di Amici?