MYSS KETA conta fino a… “DUE”


Dopo Giovanna Hardcore, DUE è il secondo singolo di M¥SS KETA che anticipa il nuovo EP Il cielo non è non limite, in uscita il 13 novembre per Island Records/Universal Music Italia.

Prodotto dal fidato RIVA, DUE è un delirio electro-pop su base accelerata e “accelerazionista” costruita sul beat di Two Times, hit anni ’90 di Ann Lee, in bilico fra citazioni di Thousand di Moby e di 10 Sprite di Taxi B.

Realizzato dal 3D artist Lorenzo Clementi, il lyric video fonde gli orizzonti espressivi di Clementi e di M¥SS in un universo “uber pop”, digitalizzato e lisergico. Un vortice visivo frenetico e coloratissimo, ipnotico come un video gioco, magnetico come una slot machine di Las Vegas in Realtà Virtuale.

BITS-RECE: Populous “W”. Si scrive queer, si legge libertà

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.

W come women, “donne”.
Come quelle ritratte sulla già iconicissima cover dell’album, opera del digital artist della scena queer berlinese Nicola Napoli. Come quelle che animano i featuring del disco. Come quelle che Populous ha scelto di celebrare nel suo quinto lavoro in studio. Donne libere, immaginate, immaginarie, archetipiche, donne al di fuori di ogni definizione, esattamente come la musica da sempre proposta dal DJ e produttore, all’anagrafe registrato come Andrea Mangia.

W è tutto questo, la celebrazione della libertà di essere e di esistere, la realizzazione di un sogno impossibile, l’incarnazione della cultura queer, ma anche l’esaltazione di una femminilità del tutto nuova.
Se in copertina assistiamo a un party utopico e impossibile a cui partecipano Grace Jones, Missy Elliott, Loredana Bertè, RuPaul, Aaliyha, Amanda Lear, Beth Ditto, Divine e M¥SS KETA, forse per celebrare l’avvento di un mondo matriarcale e in cui la femminilità stessa ha sciolto i nodi da ogni aspettativa e convenzione, dentro all’album questa libertà prende la forma di una rottura di genere, tra fusioni e contaminazioni inedite.
In appena 10 brani, Populous compie un giro del mondo raccogliendo le più variegate ispirazioni esotiche dal sud America, dal Medio Oriente, dall’Oriente più estremo, dalle ballroom degli anni ’90, e fonde il tutto in un pastiche ipnotico, psichedelico, seducente e incredibile, quasi come fosse la musica di una nuova liturgia underground.
Voguing, ritmi afro-samba ispirati a Vinicius de Moraes, cumbia, dream pop, house, ma chissà quanto altro ancora si annida tra questi beat camaleontici.

L’artista argentina Sobrenadar è l’ospite chiamata in Desierto, che apre l’album all’insegna di beat e atmosfere oniriche, poi le suggestioni del dream pop si stendono in Soy Lo Que Soy, la seconda traccia, intrecciandosi alle ritmiche latine e bassi di ispirazione dance-hall con il duo elettronico messicano dei Sotomayor.

La voce ammaliante della brasiliana Emmanuelle fa da guida nella sensualissima Flores no mar, altro momento in cui Populous fa incontrare psichedelia e ambientazioni tropicali, rendendo un personale omaggio agli afro-samba di Vinicius de Moraes.
Un vortice di ipnosi sonora pervade Fuera de mi, vera e propria celebrazione dell’estasi, dove a farla da padrona è la voce della producer argentina Kaleema.
Con la quinta traccia, HOUSE OF KETA, lo scenario cambia radicalmente, e dai paesaggi esotici e tropicali ci si ritrova catapultati nel mondo glamouroso di una ballroom al suono della glitch house in compagnia di M¥SS KETA, incarnazione dell’anima delle notti milanesi, ma sempre più anche icona globale di una femminilità rivoluzionaria, nonché da anni sodale di Populous. Insieme a lei fa la sua comparsa, direttamente dalla House of Gucci, anche Gorgeous Kenjii, performer, danzatore e coreografo, “madre” della scena voguing italiana. L’ispirazione del brano è arrivata il giorno dopo il Milano Pride 2019: come in un’immaginaria riunione della massoneria queer, Populous ha chiamato a raccolta il creative director Protopapa, il producer RIVA e il collettivo Motel Forlanini.

Cumbia e sapori tropicali miscelati a un’attitudine dub, danno vita alla strumentale Banda, a cui prende parte la producer di Buenos Aires Barda, mentre Petalo vede il featuring dei Weste. Quando arriva il momento di Out of space, con il featuring della polistrumentista giapponese Mayuko Hitotsuyanagi aka Cuushe, si vola in estremo Oriente per una una danza senza fine, in un immaginario giardino zen illuminato dall’alba.
Lisergica e minimale, Getting Lost suona come un invito a perdersi. A dare un tocco di grazia eterea con il canto è L I M, mentre la chiusura dell’album è nelle mani di Matilde Davoli e Lucia Manca, che presta la voce a Roma, omaggio all’omonimo film di Alfonso Cuarón.

Se il viaggio di W si chiude metaforicamente a Roma, quello musicale sembra non concludersi mai, esattamente come il messaggio pulsante che anima l’arte di Populous: liberazione dagli stereotipi, liberazione dalle categorizzazioni, liberazione dalle convenzioni.

 

“Il depresso” e l’ironia di Alda Merini. Quattro chiacchiere con Giovanni Nuti, Andrea Mirò e Dario Gay

“Il depresso è come un vigile urbano / Sempre fermo sulla sua catastrofe”.

Così recitano due versi centrali de Il depresso, una poesia in cui Alda Merini tratteggia con disarmante sincerità e trasparenza, e con altrettanta ironia, il ritratto del depresso per professione, cioè colui che, lontano dal voler uscire dalla propria condizione di sofferenza, vi resta immerso trascinando con sé anche chi gli è accanto.
Versi che, per ironia del destino, sembrano suonare oggi più chiari che mai a tutti noi, costretti a una reclusione forzata per la diffusione del Coronavirus, con il rischio di cadere in un pessimismo senza uscita.

Come molte altre liriche di Alda Merini, anche Il depresso è stato messo in musica da Giovanni Nuti, che ne ha proposto una vivace rilettura sonora in collaborazione con Andrea MiròDario Gay, contenuta nel cofanetto Accarezzami musica il “Canzoniere” di Alda Merini, pubblicato nel 2017. Il brano è stato presentato dal vivo nella serata del 20 ottobre 2017 al Teatro Dal Verme di Milano, e dell’esibizione è ora disponibile il video ufficiale.

 

Abbiamo raccolto le riflessioni dei tre artisti, cogliendo l’occasione anche per alcune personali riflessioni sul momento che stiamo vivendo.


Quattro chiacchiere con… Giovanni Nuti

 

Uno degli elementi che colpiscono del brano è l’atmosfera ironica, quasi giocosa arriva subito all’ascoltatore.
Fa parte del lavoro che ho sempre fatto con le poesie di Alda Merini. Alda aveva un forte senso dell’ironia, e in questo caso ho pensato che l’atmosfera più adatta fosse quella di un canto popolare, una musica che rimandasse all’atmosfera delle feste di paese.

Un tono che è all’opposto di una tematica tanto seria e impegnativa come quella della depressione, che Alda riesce a descrivere con una trasparenza e una sincerità quasi disarmanti.
Alda Merini aveva un grandissimo rispetto della depressione, quella vera, che aveva conosciuto anche personalmente. Non aveva invece certo una buona impressione dei “depressi di professione”. Il depresso di cui parla è una vittima che diventa carnefice, manipola gli altri, è una larva che succhia le energie delle persone che ha attorno, soprattutto è un individuo che “resta fermo sulla sua catastrofe”, come recita un verso della poesia. Se si resta fermi sulle proprie catastrofi non se ne esce, ma anzi le catastrofi si rafforzano. Il tono scherzoso di Alda serve proprio a togliere tragicità alla situazione: più ci si sofferma sulla drammaticità del momento più la tragedia persiste e non ce ne si allontana.

Sembrerebbe quasi un monito per il difficile periodo che stiamo tutti vivendo.
Non a caso ho scelto di far uscire proprio ora il video dell’esibizione. Un libro, una poesia, una canzone sono fondamentali, danno la possibilità di soffermarsi e riflettere, e sono l’occasione di guardare oltre alla difficoltà del periodo. Questo momento è l’occasione per un cambiamento interiore di tutti, abbiamo la possibilità di capire che siamo oltre la nostra natura materiale: siamo luce, siamo energia, siamo il nostro pensiero. Siamo obbligati ad avere un rapporto con noi stessi, e dobbiamo scendere in profondità in noi per non restare fermi sulle disgrazie quotidiane che i mezzi di informazioni ci presentano tutti i giorni. In un momento come questo non dobbiamo vergognarci di provare gioia: è proprio grazie alla gioia che le nostre vibrazioni si elevano e noi possiamo diventare energia per aiutare gli altri. Abbiamo tutti paura, siamo coperti da una cappa di negatività, e c’è bisogno del contrario, di emozioni che ci portano oltre. L’arte e la bellezza sono cibo spirituale. Dobbiamo diventare consapevoli della nostra spiritualità e della nostra umanità: tutto è spirito, tutto è energia, tutto è dotato di vibrazioni, lo aveva scoperto anche Einstein.

Dalle tue parole traspare una grande fiducia su quello che potrà accadere quando l’emergenza sarà finita.
Per forza, gli artisti sono i nipoti di Dio, come potrei non avere fiducia in quello che succederà?

Cosa pensi che ci possa insegnare questa esperienza?
Apprezzare le cose che contano, e lasciar andare tutto ciò che è momentaneo. Ci sarà un risveglio spirituale, che ovviamente non sarà per tutti, ma per chi lo vorrà accogliere. Stiamo imparando a riscoprirci, stiamo conoscendo il nostro prossimo, a partire dal nostro vicino; stiamo riscoprendo la gentilezza, la bellezza, la non improvvisazione. Eravamo abituati a correre per stare dietro al successo, al nostro ego, perdendo però l’essenziale. Avevamo gli sguardi costantemente rivolti agli schermi dei cellulari, invece abbiamo dovuto iniziare ad alzarli per guardarci in faccia. È un risveglio collettivo che penso possa fare bene anche ai preti, che dovranno tornare a essere amorevoli con tutti e dovranno riscoprire il significato dell’accoglienza. Il nostro fratello è un riflesso di noi stessi.

Pensi che la Chiesa sia riuscita a far sentire la propria presenza?
Papa Francesco è straordinario, è arrivato a dire che i medici e gli operatori sanitari sono i santi della porta accanto. Purtroppo, il papa non è la chiesa, e l’ambizione a volte prende il sopravvento anche tra gli operatori ecclesiastici.

L’arte la cultura come potranno riprendersi da questo momento?
È difficile poterlo dire, perché l’arte e la cultura presuppongono l’aggregazione. Un concerto, una mostra, una manifestazione presuppongono che le persone si raccolgano in un unico luogo, e sarà difficile riportare le persone in un luogo chiuso fino a quando a non si sarà trovato un vaccino e fino a quando non si sarà sicuri che il virus sarà debellato. Forse spetterà agli artisti trovare un modo per non fermarsi e portare la propria arte alla gente. Il nostro futuro è fatto di emozioni, perché sono le emozioni a creare le realtà. Ecco perché è fondamentale creare emozioni di pace, di calma, di tranquillità. Dobbiamo imparare a fare come lo sciamano, che combatte le sciagure e le difficoltà con una danza. Dopo tutto, anche Il depresso finisce con un risata.

 

Quattro chiacchiere con… Andrea Mirò

 

Come hai accolto l’occasione della collaborazione per Il depresso?
Non era la prima volta che lavoravo con Giovanni Nuti ed è stato come ritrovarmi un gruppo di amici. Giovanni è molto bravo a intercettare la musicalità della Merini dandole una bellissima veste sonora, in cui non è stato difficile infilarsi quando abbiamo realizzato Il depresso. La serata al teatro Dal Verme è stata bellissima, Monica Guerritore è anche salita sul palco con noi sul finale del brano presa dall’entusiasmo. Alda Merini poi è stata una donna e una poetessa di uno spessore esagerato: ti affetta il cuore con una sincerità priva di abiti. Ha vissuto in tempi ben più difficili di quelli di oggi, soprattutto per chi era donna e scriveva poesie. Mi piace moltissimo anche la sua vena ironica, sa essere spiazzante e sa usare la leggerezza. Purtroppo, forse ancora oggi non è letta, conosciuta, celebrata e glorificata come si dovrebbe.

Hai parlato di leggerezza: secondo te si acquisisce e si affina o è una dote naturale?
Fa sicuramente parte del nostro carattere e del nostro background: chi è sempre stato affossato dagli eventi e ha sempre vissuto nel fango farà fatica ad alzare la testa per guardare le stelle, ma vale la pena provarci e lavorarci. Vale anche per l’essenzialità, una dote pura, un lavoro di cesello, come quello compiuto da Michelangelo su un pezzo di marmo. Togliere, per arrivare al nocciolo: un lavoro pesantissimo, che solo i grandi artisti riescono a raggiungere.

Un lavoro difficile anche perché è fondamentale sapere fin da subito a cosa si vuole arrivare.
Esattamente. Per questo dico che l’essenzialità, così come la leggerezza, è qualcosa che fa parte di noi, ma che in parte va anche acquisito. È un lavoro di crescita.

Parlando invece di sincerità, un artista ha sempre il dovere di essere sincero?
Dipende da quello che si intende. Sicuramente un artista deve prendersi la responsabilità di tutto quello che sceglie di dire e di fare. Mi riferisco alla messa in scena di una storia, cioè al modo in cui un racconto viene riproposto al pubblico attraverso la musica, il teatro o la scrittura. Il pubblico ne coglierà poi una lettura personale. In questo senso, la sincerità rappresenta il pensiero dell’artista ed è suo dovere metterla nel proprio lavoro, sia quando racconta di sé, sia quando sceglie di toccare tematiche più universali o più distanti, che magari non ha vissuto in prima persona ma che è in grado di trattare grazie alla sensibilità e alla cultura che ha acquisito. Oggi siamo circondati da artisti che raccontano storie da cameretta, che mi annoiano. Il grande artista è chi sa partire da una storia semplice per farne qualcosa di più grande, di universale. Penso a Guccini, Vecchioni, Fossati, Ruggeri, ma anche Brassens, Brel, Dylan. Incontro di Guccini non è solo il racconto di un’esperienza personale, ma parla dell’animo umano, di come si cresce e ci si evolve.

Oggi gli artisti sono ancora disposti a mettersi in gioco e a rischiare come facevano in passato?
Probabilmente no, ma la colpa non la additerei solo a loro. È colpa di una grande trasformazione. Fare l’artista e il cantautore è un altro mestiere rispetto al passato. Si guarda soprattutto ai numeri, che c’erano anche prima, ma andavano a braccetto con tutto il resto. Si poteva rischiare e proporre qualcosa di provocatorio continuando a rivolgersi alle grandi platee. E poi un tempo non c’erano i social, c’era fame di contenuto, di musica, di live. C’era il senso dell’attesa, la fruizione di un’opera durava anni, poteva capitare di scoprire l’esistenza di un disco dopo un anno dall’uscita, era normale, non cambiava nulla. Sarà banale dirlo, ma oggi la musica viene venduta come un prodotto da banco.

Da musicista, come vivi questa situazione?
Sento di appartenere all’underground, che non si può più chiamare indie, visto che nemmeno l’indie oggi è davvero indie. Andare controcorrente si può, la platea è molto più ristretta, ma anche molto più esigente. In generale, il livello medio si è purtroppo abbassato, anche perché perdiamo troppo facilmente la memoria e ci dimentichiamo del passato. A 6 anni mio figlio ascoltava i Joy Division, Buscaglione e i Beach Boys, oggi, che ne ha 15, sente il bisogno di appartenere a un gruppo e subisce i bombardamenti che arrivano dall’esterno. Ma in un momento di crescita ci sta. Personalmente non cambierei la mia adolescenza con quella dei ragazzi di oggi, mi sembra che manchi la capacità di cernita. Crediamo di essere tanto liberi, ma siamo più schiavi che mai.

Questo periodo di reclusione può insegnarci qualcosa di buono in questo senso?
Spero che sia per tutti l’occasione di far pensare. Quando si è abituati a correre, è difficile doversi specchiare tutti i giorni. Abbiamo un tempo scandito dal giorno e dalla notte, ma le nostre giornate sono in stand by. Molte persone entreranno in crisi, stiamo vivendo una vera rivoluzione, anche se non è portata avanti con i forconi. Ogni giorno leggo di persone quasi entusiaste di essere recluse per avere finalmente il tempo di fare cose che di solito non riescono a fare, io mi sento invece molto frustrata. Non posso fare quello che vorrei, devo occuparmi delle ingerenze familiari, mi vengono mille idee per nuovi progetti da realizzare, e devo appuntarmele anche di notte. Poi ci sono da organizzare i tempi della spesa, gestire i figli che hanno le videolezioni. Per certi aspetti, è tutto piuttosto fantozziano.

Su quali progetti stavi lavorando prima che tutto si fermasse?
Stavo lavorando ad alcune serate che si sarebbero dovute svolgere a Roma e a Milano per un progetto dedicato a John Lennon e Yoko Ono, intitolato La ballata di John e Yoko, con Ezio Guaitamacchi e Omar Pedrini. Era in programma anche l’inizio del lavoro su Far finta di essere sani, una riproposizione di uno spettacolo di Gaber per il teatro Menotti: saremmo dovuti andare in scena a giugno, invece è tutto cancellato. Lo scenario che si prospetta è terrificante, sembra che se ne riparlerà per il 2021. So che Tiziano Ferro è stato massacrato per quello che ha detto alcune settimane fa da Fabio Fazio quando ha chiesto al Governo di avere risposte anche per il settore della musica, ma non è altro che la verità. Per ogni evento ci sono decine, per non dire centinaia, di persone, che lavorano e che vedono il proprio destino ancora incerto. Ma anche gli artisti stessi hanno famiglia e hanno il diritto di sapere cosa succederà. Invece tutto rimanda alla solita mentalità italiana per cui se alla domanda “che lavoro fai?” rispondi l’artista o il musicista, la replica sarà “sì, ok, ma di lavoro cosa fai?”.

Concludo con una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di “ribellione”?
La ribellione è l’affermazione di sé, oggi fortissimamente. Essere ciò che siamo fino in fondo, perseguire i propri obiettivi fino in fondo, quali che siano. Coltivare la propria libertà di scegliere e di essere, tenendo quindi conto anche della libertà altrui. Una volta che hai capito questo, il rispetto per gli altri viene naturale.

 

Quattro chiacchiere con… Dario Gay

 

Come hai accolto l’occasione della collaborazione per Il depresso?
Con grande entusiasmo. Il rapporto di conoscenza e di collaborazione con Giovanni Nuti nasce molto tempo fa, avevamo già lavorato insieme. Nel mio album Ognuno ha tanta storia ci sono tre canzoni che abbiamo scritto insieme e nel corso del tempo ci siamo spesso contaminati a vicenda. Abbiamo scritto insieme anche un brano che vorrei pubblicare non appena questa emergenza sarà rientrata, si intitola L’inno della pettegola. Siamo un po’ folli entrambi. Ecco perché quando Giovanni mi ha proposto la collaborazione non ho neanche voluto scegliere il brano, mi sono fidato ciecamente di lui.

Che rapporto hai con la poesia di Alda Merini?
Un rapporto molto forte. In passato ho lavorato anche con Milva, seguendo da vicino la realizzazione dell’album Milva canta Merini, e ho potuto leggere delle poesie di Alda rimaste ancora oggi inedite. Posso dire che la poesia della Merini la sento molto dentro di me.

In Il depresso c’è anche una lettura molto trasparente e tremendamente sincera di un certo tipo di depressione.
E poi c’è l’ironia. Alda aveva la capacità di affrontare temi di grande gravità con estrema ironia, al limite del comico. Anche questo mi avvicina molto a lei e a Giovanni. Basti pensare che al funerale di mio padre mi sono trovato di fronte a una situazione talmente paradossale che mi ha fatto ridere, nonostante l’estremo dolore di quel momento. Credo che faccia parte del mio essere per natura dissacrante (ride, ndr), anche se capisco che gli altri potrebbero non capire e fraintendere.

Pensi che l’ironia come forma di comunicazione riesca ad arrivare al pubblico?
Sì, se è fatta con intelligenza, La poesia di Alda Merini è fruibile da tutti: è semplice e diretta, e anche il gioco che lei fa sulle tragedie può essere accettato anche dagli altri. Cosa ben diversa è invece la stupidità, oggi purtroppo molto diffusa.

Riesci a trovare un modo per guardare oltre a questo momento difficile?
Ho la fortuna di fare musica e pur non avendo uno studio di registrazione in casa sto continuando a scrivere, e mi escono canzoni solari, di speranza. La musica mi ha aiutato in molte situazioni difficili in passato, per esempio quando ho perso persone care. Ho anche partecipato ad alcune iniziative in video, insieme ad altri artisti sto preparando il video di un mio vecchio pezzo, Domani è primavera, in cui è coinvolto anche Giovanni Nuti. Ognuno dovrebbe spendere il proprio tempo in cose che ama fare. Ma questa esperienza può essere anche l’occasione per passare più tempo con i familiari, riscoprire il vicino di casa. Ho la fortuna di avere un bel rapporto con i vicini, mi mandano i piatti che preparano e io passo a loro le ricette in cui mi diletto. Sto anche riscoprendo rapporti umani inaspettati: per esempio, ho un amico in Marocco che da quando ha saputo della situazione che stiamo vivendo in Italia non lascia passare un giorno senza telefonarmi per sapere come sto. Oppure con mia grande sorpresa ho visto comparire una mia foto in un video realizzato da due cari amici, i Cómplices, un duo molto popolare in Spagna. Hanno voluto raccogliere le immagini dei loro affetti più cari e hanno incluso anche me. C’è del bel bello anche in questo periodo ed è l’occasione di riflettere e fare buoni propositi per il futuro.

Se ti guardi indietro, pensi che sia cambiato il tuo modo di scrivere?
Sono un po’ discontinuo purtroppo, ma non credo che lo stile sia cambiato, Ho un approccio diverso, oggi osservo le cose con occhi diversi e colgo umori che un tempo non riuscivo a cogliere. Non ho mai avuto una scrittura immediata, ma sicuramente oggi è più matura. Non scriverò mai di politica, non lo so fare, mentre continuerò a parlare dell’animo umano, di amore, ma anche rabbia, denuncia, sempre accarezzando i sentimenti senza mai esplicitarli troppo. In passato mi sono esposto prima di tutti gli altri sul tema dell’omosessualità. Ho fatto coming out nel 2001, quando ho scritto la sigla dei Gay Pride, Domani è primavera, poi nel 2005 ho scritto Ti sposerò, un brano dedicato a un altro uomo, ed erano i tempi dei Pacs, non si parlava ancora di unioni civili. Per protesta abbiamo anche organizzato un finto Pacs a Roma, al quale ho partecipato come testimonial. Il brano era stato inizialmente proposto a Rai Trade, ma non è stato pubblicato perché era considerato politico, non sociale, ed è stato pubblicato in seguito dalla Edel. Già nel 1991, a Sanremo, avevo suscitato scandalo con Sorelle d’Italia parlando di transessuali e per poco non sono stato denunciato. Oggi fortunatamente si sono fatti passi da gigante e su certe tematiche è caduto il tabù.

Pensi che gli artisti siano sempre disposti a rischiare?
Ci sono occasioni in cui gli artisti si mettono al servizio di cause sociali, come è successo per il concerto-evento previsto a settembre a Reggio Emilia contro la violenza sulle donne, che vede coinvolte sette artiste italiane. Speriamo che in qualche modo l’evento possa avere luogo. Per il resto, mi sembra che oggi ci sia molta voglia di trasgredire, con il risultato però di omologare tutto. Ognuno vuole emergere, e alla fine non emerge nessuno: penso alle polemiche che hanno coinvolto Junior Cally prima di Sanremo, o ai video di Bello Figo. La vera trasgressione era quella di Renato Zero, Ivan Cattaneo o Loredana Bertè, oggi è solo un espediente per far parlare di sé, tutto ha una durata effimera.

Chi ti piace oggi?
Diodato. Mi ha fatto molto piacere la sua vittoria a Sanremo, anche se ho preferito cose che ha fatto in precedenza, come il pezzo per la colonna sonora di La dea Fortuna, Che vita meravigliosa. Mi piacciono anche Calcutta e Tommaso Paradiso, e mi diverte tantissimo MYSS KETA.

A suo modo dissacrante anche lei.
Decisamente. I suoi testi sono scritti benissimo e credo che ci sia un grande pensiero dietro al suo personaggio. Mi piacciono anche le performance di Achille Lauro, anche se musicalmente lo trovo meno interessante. Al di là di tutto, resto un “ruggeriano” convinto. Sono cresciuto con Enrico Ruggeri, ho lavorato e continuo a collaborare molto con lui e ho imparato tanto stando in tour con lui. Tra gli stranieri amo Lady Gaga. È una delle più grandi artiste della sua generazione, una grande musicista, cantante e attrice. Ho capito veramente chi fosse quando ho visto il primo video che ha fatto con Tony Bennett, e l’ho seguita in American Horror Story.

Concludo con una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di “ribellione”?
Sono sempre stato un ribelle, non ho mai subito le regole: le ho accettate solo quando le condividevo. Ribellione è non omologarsi al pensiero comune: anche se sei l’unico a pensarla diversamente dalla massa devi alzarti in piedi e far sentire la tua voce. Negli anni ’90 sono andato a convivere con un ragazzo, una scelta non così facile all’epoca, ma io volevo vivere la vita come l’avevo scelta. La mia è stata una ribellione anche verso la società, perché non ho mai fatto finta di essere il cugino del mio convivente, e devo dire che ho trovato intorno a me persone migliori di quello che potevo immaginare. Ma dipende anche da noi, dobbiamo porci per quello che siamo davvero, senza vergogna.

 

Accarezzami musica – il “Canzoniere” di Alda Merini (Nar International/Sagapò) è un cofanetto con tutta la produzione in musica della poetessa milanese, frutto della esclusiva collaborazione, durata 16 anni, con il musicista e interprete Giovanni Nuti.
L’opera è disponibile in edizione speciale con 6 CD, 1 DVD, 114 canzoni di cui 13 inedite, 21 brani con la voce recitante di Alda Merini, duetti di Giovanni Nuti con 29 artisti ospiti.
Nel cofanetto anche un volume di 96 pagine con tutti i testi, 4 poesie inedite e 2 disegni autografi di Alda Merini, foto della poetessa dell’archivio fotografico di Giuliano Grittini e scritti di Vincenzo Mollica, Massimo Cotto, Sua Eminenza il Card. Gianfranco Ravasi, Lucia Bosè, Roberto Cardia, Giovanni Nuti.
Il progetto è stato realizzato con il sostegno della Fondazione Gianmaria Buccellati.

Il cofanetto è in vendita nelle librerie.

Sorellanza e girl power nel segno di M¥SS KETA. Ecco il manifesto delle Ragazze di Porta Venezia


Capitanate da M¥SS KETA, quattro anni fa le Ragazze di Porta Venezia erano in sei. Oggi sono oltre 40 a impersonare quello che è diventato un concetto universale di sorellanza e girl power.

Diretto da Simone Rovellini su progetto di Motel Forlanini, esce oggi Le ragazze di Porta Venezia – The Manifesto con l partecipazione di Elodie, La Pina, Priestess, Roshelle, Joan Thiele, il nuovo video di M¥SS KETA che celebra i quattro anni della prima versione di un video e di un brano manifesto queer della libertà d’espressione e dell’accettazione di sè stessi.

Era infatti il 19 ottobre 2015 il giorno in cui M¥SS KETA pubblicò su Youtube un video cult in cui un gruppo spregiudicato di fanciulle conosciute col nome Le Ragazze di Porta Venezia portavano disordine e scompiglio a Milano, nel tranquillo e colorato quartiere di Porta Venezia, un tempo fra i primi quartieri multietnici del capoluogo meneghino e oggi centro nevralgico della movida milanese.

Da qui l’esigenza di approfondire la canzone originale. Prima nella versione REMIX, contenuta in PAPRIKA, con l’aggiunta del contributo di Elodie, Priestess e Joan Thiele, e ora con il nuovo video di questa ulteriore versione che coinvolge Roshelle, La Pina, e una folta schiera di personaggi del mondo dello spettacolo, della musica e, soprattutto, del mondo di M¥SS.
Oltre alle inseparabili La Cha Cha, La Iban, Miuccia Panda e La Prada, ecco arrivare anche Victoria Cabello e Martina Dell’Ombra, Noemi e Adele Nigro (Any Other), Paola Iezzi e Sofia Viscardi, Cristina Bugatty, L I M e Stephanie Glitter. Ma anche Blanca Paraiso, Bianca Bagnoli, Beba, Cazzurillo, Serena Congiu, Daphne, Rossella Essence, Giungla, Irene Graziosi, La Lau, Greta Menchi, Lilly Meraviglia, La Niña, Posh94, Fede Sala, Thais, La Trape, Cinzia Trifiletti, Ceci Tuttotonno e Yasmin.

E mentre la nostra KETA è impegnata a completare il tour europeo, cresce l’attesa per le nuove date autunnali del PAPRIKA XXX Tour:
8 novembre al TPO di Bologna
9 novembre al Rivolta di Venezia
15 novembre al Demodè di Bari
16 novembre al Duel Club di Napoli
21 novembre al Tenax di Firenze
27 novembre all’Alcatraz di Milano



DJ di M****: Lo Stato Sociale incontra Arisa e MYSS KETA tra reggae ed elettronica


Presentato alMusic Awards all’Arena di Verona, DJ di M****, è il nuovo singolo de Lo Stato Sociale.
Oltre un anno dopo Primati, la band bolognese torna con un nuovo brano arricchito dalla presenza di Arisa M¥SS KETA, in una collaborazione inedita e variegata dove l’ironia gioca la parte del leone.

“Per noi è impossibile non provare a fare qualcosa di nuovo! Così, quando ci siamo accorti che DJ di M** poteva essere il pezzo adatto per quest’estate, abbiamo pensato di cantarlo insieme a due artiste molto diverse tra loro. Arisa l’abbiamo chiamata per insegnarci a cantare: volevamo una voce femminile incredibile – finalmente! – per il ritornello.  Mentre con M¥SS KETA abbiamo aggiunto una grande dose di sensualità ed ironia al tutto. Ci siamo divertiti a fare questo esperimento e speriamo che si senta!”

La produzione artistica del brano è di Fabio Gargiulo, già produttore del Una vita in vacanza. Insieme a lui ha collaborato Congorock, dj e beatmaker internazionale che ha collaborato con artisti come Rihanna, Steve Aoki e Sean Paul.
DJ di M**** racconta una storia d’amore destinata a non essere. Un incontro fra due persone destinato a durare solamente fino a quando il DJ metterà i dischi o l’alba interromperà la festa in spiaggia. È il racconto di quello che non sarà, narrato con l’ironia che contraddistingue Lo Stato Sociale. Il brano mescola il reggae e l’elettronica creando una dialogo fra la voce di Arisa nel ritornello e quella dei ragazzi nelle strofe.

Realizzato da Davide Spina e Matteo Bombarda, scritto dai ragazzi, il videoclip è stato girato a Fuerteventura, e ritrae una ragazza nuda su uno skateboard che durante il brano si riveste proprio come cantato dalla band nella canzone. Sullo sfondo, sparpagliati fra i paesaggi vulcanici, e ingigantiti per sembrare montagne, troviamo i 5 “regaz” con Arisa e M¥SS KETA anch’essi completamenti…. nudi e pixelati.

“In questo clip abbiamo voluto cambiare il nostro modo di concepire il visivo in relazione alla musica, creando un contrasto tra la forza estetica delle immagini e la nostra presenza surreale e naturale al tempo stesso, come elementi del paesaggio. La protagonista si riveste seguendo le parole del testo mentre va in skate lungo una strada desertica, invece noi, nudi e con i nostri difetti, ci poniamo in contrasto ai classici “modelli”, proprio come il brano gioca con l’idea di un amore caduco e a tempo determinato, specchio di un mondo in cui l’esagerazione e il trovarsi schiacciati in estremi si ripercuote nelle vite sentimentali.”

Lo Stato Sociale, questa settimana, è tornato ad abbracciare i suoi fan con due dj set a Milano e Bologna. L’ultima festa sarà a Roma il 15 Giugno. Nel dj set la band alternerà alcuni dei suoi brani storici a classici della musica elettronica, dance e hip hop. Ci saranno ospiti a sorpresa, rivisitazioni di vecchi classici della band e come da tradizione, tante tante birrette.

“Prendersi in giro per prendersi sul serio”. Ecco la “PAPRIKA” di MYSS KETA


Meno di un anno fa, nelle stanze milanesi della Universal, M¥SS KETA presentava UNA VITA IN CAPSLOCK, la sua personale visione di una Divina Commedia di stampo future pop. Per la prima volta la diva dall’occhiale da sera emergeva con prepotenza dall’underground milanese puntando al di fuori della cerchia dei Navigli per diventare un’icona queer nazionale.
Ora è il momento di PAPRIKA, il nuovo capitolo della discografia “myssketiana”, presentato tra le eleganti pareti di una gastronomia di Corso Venezia. Location scelta non a casa, visto che proprio di “gastronomia musicale” la nostra M¥SS parla a proposito del nuovo album.
Stessa attitudine “in capslock”, stessa ficcante abilità di mescolare alto e basso, elitario e popolare, serio e faceto, nascondendo citazioni impreviste e imprevedibili fin dal titolo dell’album, omaggio al maestro del cinema erotico Tinto Brass. In aggiunta stavolta c’è uno sguardo che – se possibile – scavalca ancora di più i generi musicali e soprattutto punta verso suoni provenienti dal mondo.

Ancora accompagnata dai fidatissimi Dario Pigato, RIVA e Simone Rovellini e “scortata” dal collettivo MOTEL FORLANINI, questa volta M¥SS si circonda di ospiti, molti provenienti dalla scena hip-hop nazionale, e raccoglie influenze musicali che dal Medio Oriente arrivano a lambire le coste caraibiche del Messico: “Ho voluto guardare all’esterno, sia per il team con cui ho lavorato, sia per le sonorità, che non sono più claustrofobiche, ma sono aperte a innumerevoli influenze. Il processo creativo dei brani non è cambiato, ma è stato arricchente vedere come lavorano persone diverse. Sono state fatte prima le basi, e su quelle sono arrivati i testi: una base ti racconta già una storia, ti dà già l’idea di un’ambientazione per un brano,e MOTEL FORLANINI è specializzato in questa operazione di immaginazione. Per la prima volta ho aggiunto anche delle piccole parti di canto melodico, anche se tutti sanno che non sono una cantante. Tutte le influenze dell’album e tutti gli elementi che uso sono però spuri, sporchi, perché tutto viene sempre mescolato e fatto passare attraverso un filtro myssketiano”.

Sotto la lente di un’ironia sempre sagace e tagliente ma più dosata, l’eccesso resta una chiave di normale quotidianità del mondo myssketiano, con racconti di sesso, amori fugaci, notti allucinate nei club, inseguimenti lisergici. Ma non è tutto qui: “Sono diventata più riflessiva? Ironia e sincerità non sono aspetti distinti. Di sicuro tutto si evolve, M¥SS si evolve, MOTEL FORLANINI si evolve, la nostre capacità si evolvono”.

L’incipit del disco con ALSO SPRACH ELENOIRE è una allucinata pillola di filosofia futuristica in cui il rimando a Nietzsche e Strauss viene riassorbito dalla finta invettiva di una delle protagoniste del mondo queer milanese, Elenoire Ferruzzi.
Da qui parte la “degustazione” del disco, tra inediti e tre remix: BATTERE IL FERRO FINCHÉ È CALDO suona come una nuova dichiarazione di intenti su un beat old school, MAIN BITCH tuona di sonorità metal trap, PAKKESKA fa convivere il reggaeton con strumenti della tradizione turca e il duduk armeno fa la sua inaspettata comparsa in TOP.
Passato e futuro si confondono in 100 ROSE PER TE, forse la prima vera canzone d’amore della nostra diva, dove un tributo all’r&b di Janet Jackson e Jermaine Dupri si incontra con un beat che guarda al futuro.
Per MORTACCI TUA sono stati coinvolti i Cacao Mental, alfieri della cumbia messicana contemporanea, mentre CLIQUE ha l’attitudine del baile funk e del deambow.
Tra le collaborazioni, spicca quella con Gabry Ponte, orgoglio nazionale della dance: insieme a lui M¥SS è voluta entrare in un labirinto tech house di un luna park stregato che richiamasse la Danza delle streghe, ed è così venuta fuori LA CASA DEGLI SPECCHI.
Ma la vera sorpresa M¥SS la riserva per il finale d’opera, dove offre la più limpida lettura delle sue emozioni nell’intimità delle liriche di FA PAURA PERCHÉ È VERO insieme a Mahmood: “mi chiamano l’angelo dall’occhiale da sera / ma sono una donna di umana natura” esordisce M¥SS nel pezzo, e per la prima volta si ha la viva sensazione di riuscire a guardare oltre la sue lenti scure.

La scelta dei remix è ricaduta su tre canzoni già entrate nel repertorio classico myssketiano: UNA DONNA CHE CONTA si avvale ora della collaborazione con Wayne Santana della Dark Polo Gang, BOTOX racconta di una notte di drink modificati con i versi di Gemitaiz e per la nuova versione di LE RAGAZZE DI PORTA VENEZIA è stata chiamata a raccolta una squadra d’eccezione tutta al femminile formata da Elodie, Joan Thiele e Priestess.

Si diceva prima della forte componente hip-hop di PAPRIKA, portata nel disco dai già citati Wayne Santana, Gemitaiz, ma anche da Gue Pequeno (per PAZZESKA), Luchè (per TOP) e Quentin 40 (per 100 ROSE PER TE), e qui il discorso di M¥SS si apre ad alcune considerazioni sulla visione maschilista della musica e della società: “Viviamo in un mondo basato sul patriarcato, in cui è ancora difficile capire che le donne non parlano solo alle donne, ma possono parlare a tutti. Perché c’è ancora il preconcetto che gli uomini possano parlare anche in nome delle donne, mentre si dà per scontato che le donne debbano parlare solo ad altre donne? Bisognerebbe che gli artisti venissero considerati per quello che fanno, e non per il sesso. Non si deve parlare, per esempio, di ‘rap al femminile’. Questo sistema va cambiato, ogni giorno: nella musica lo stanno già facendo artiste come Chadia Rodriguez e Priestess”.
Come conciliare allora la visione oggettivata che della donna offrono i rapper con le collaborazioni maschili presenti nel disco? “Quando invito un ospite devo lasciargli carta bianca, perché credo molto nella totale libertà d’espressione. Questo può essere un modo per aprire un dialogo, e ognuno lo fa con il suo linguaggio. In questo disco si trovano insieme Elenoire Ferruzzi e Gue Pequeno: può essere un’occasione per avvicinare il mondo queer a quello del rap“.

Impossibile infine non soffermarsi sull’immagine della copertina, chiaro riferimento alla scena in cui Valeria Marini “cavalca” una mortadella in Bambola di Bigas Luna. Ma c’è anche qualcosa di più? “Sì, ho voluto comunicare il mio amore per gli affettati!”, afferma fulminante M¥SS. “In realtà è una celebrazione della potenza femminile: si vede questa donna padrona del suo corpo, consapevole di se stessa, si percepisce la potenza archetipica della femminilità, non senza una nota di ironia. È prendersi in giro per prendersi sul serio”, continua prima di chiosare myssketianamente: “E comunque sì, amo la mortadella, e anche Valeria Marini, che saluto perché so che mi sta ascoltando”.

Subito al via l’instore tour e gli appuntamenti live:
30 marzo, Torino, ore 15:00 @Feltrinelli Stazione Porta Nuova
31 marzo, Milano, ore 18.00 @Mondadori Duomo
3 aprile, Roma, 18:00 @Discoteca Laziale
4 aprile, Bologna, 18:00 @Mondadori Bookstore c/o Spazio Ducati
5 aprile, Firenze, 15:00 @Galleria del disco c/o Caffè Letterario

Queste le date live:
30 marzo Spazio 211, Torino – SOLD OUT
5 aprile Viper Theatre, Firenze
6 aprile Teatro Sociale, Como
20 aprile Rokolectiv Fest, Bucarest
27 aprile New Age, Roncade (TV)
30 aprile Monk, Roma
10 maggio Locomotiv, Bologna
17 maggio Dejavu, Teramo
25 maggio MI AMI, Milano
19 luglio MELT Festival, Ferropolis

Un ritorno al sapor di “PAPRIKA” per MYSS KETA


Lo scorso 8 marzo, mentre il mondo celebrava l’International Women’s Day, qui in Italia M¥SS KETA non ha offerto la solita mimosa, ma ha lanciato nell’agorà digitale PAZZESKA, il suo nuovo singolo, che vede anche la partecipazione di Gué Pequeno.

Nel video che fa da cornice al brano un’ardente M¥SS si muove sinuosa in un ambiente total pink dominato da una mortadella gigante: una dimensione fuori dallo spazio-tempo che sembra uscita dall’immaginazione di Sigmund Freud dopo la visione di un film di David Lynch. Fra brusche accelerazioni e improvvisi rallentamenti, il corpo di M¥SS KETA diventa veicolo narrativo dei suoni del brano, tra atmosfere orientali e beat.

Il video mostra la stessa ambientazione della cover di PAPRIKA, il nuovo album di M¥SS KETA, in uscita il 29 marzo per Universal Music Italia, già in pre-order su Amazon e in pre-save su Spotify.
Un album di cui ancora non si sa nulla, ma con una copertina che ci trasporta subito in un mondo a metà fra il cinema erotico d’autore e un anime fantasy: a cavallo di una mortadella, M¥SS cita esplicitamente l’iconica Valeria Marini in Bambola di Bigas Luna, rielaborata dall’immaginario onirico del collettivo Motel Forlanini, che è ancora una volta a capo della direzione artistica.

La mortadella diventa simbolo dell’inconscio di Motel Forlanini: un luogo dove tutte le ispirazioni, le immagini, gli stimoli vengono rielaborati per produrre qualcosa di davvero succulento…

MYSS KETA è “Pazzeska” insieme a Gue Pequeno


“Quando MYSS KETA è in pista finalmente la situa inizia”.

Con un verso che suona come un proclama si conclude PAZZESKA, il nuovo singolo di MYSS KETA, che arriva a sole poche settimane da MAIN BITCH.
In soli 2:45 la diva di Porta Venezia ci porta in una giungla di suoni urbani e narcotici tra elettronica e trap, e questa volta non è da sola, ma accompagnata da un’autorità dell’hip-hop, Gue Pequeno.

MAIN BITCH: il ritorno di MYSS KETA luccica di trap. Nuovo tour tra Italia e Europa

WELCOME TO MILANO M¥SS
GIUNGLA SENZA MIRACOLI
TRA ANGELI E DIAVOLI UNA SOLA MAIN BITCH

Neanche il tempo di aver ipnotizzato il pubblico del Mediolanum Forum di Assago in apertura al live di Cosmo lo scorso 2 febbraio, e M¥SS KETA è di nuovo in scena con un singolo appena uscito dalle officine del Motel Forlanini.
Presentata in anteprima proprio sul palco del Forum di Assago, la canzone si intitola MAIN BITCH ed è il primo, fortissimo assaggio del prossimo progetto della diva più misteriosa di Milano, al momento ancora avvolto dal mistero.

In MAIN BITCH, M¥SS KETA diventa “un’arma di distruzione di maschi”: in un’atmosfera da fumetto Marvel e raggio della morte Tesla, M¥SS si definisce la MAIN BITCH sulla strumentale metal trap.
Una dichiarazione di intenti forte, chiara.

Il singolo vede anche la presenza della chitarra elettrica suonata da Giungla.

Dopo questo singolo, la regina della trasgressione sarà impegnata in un tour che porterà uno show rinnovato ed esplosivo in Italia ed Europa.
Queste le prime tappe:
16 febbraio Parigi, Petit Bain
28 marzo Lisbona, Mil
30 marzo Torino, Spazio 211
5 aprile Firenze, Viper
6 aprile Como, Marker – Teatro Sociale di Como
20 aprile Bucharest, Rokolectiv Festival
27 aprile Roncade (TV), New Age
30 aprile Roma, Monk
10 maggio Bologna, Locomotiv

More TBA

Cosmo: la grande festa al Mediolanum Forum

Una serata iniziata alle 18 con il live di Ivreatronic, proseguita MYSS KETA e conclusa con il grande concerto di Cosmo, il grande protagonista della serata che ha animato il Mediolanum Forum di Assago lo scorso 2 febbraio.
Un concerto attesissimo (naturalmente sold out), che ha visto sul palco anche ospiti come Marracash, Gioacchino Turù, Achille Lauro e Calcutta.
Una grande festa all’insegna dell’elettronica.

Foto di Francesco Prandoni.