BITS-CHAT: Crescere non è una fatica. Quattro chiacchiere con… Alessandro Casillo

Toccare il successo, fermarsi, crescere, e ripartire. Ancora qui, ancora da qui.
Si potrebbero descrivere con questi pochi flash gli ultimi tre anni di Alessandro Casillo: nel 2011 il pubblico lo conosce a Io canto, il programma di Canale 5 dedicato ai giovani talenti, mentre l’anno dopo è già sul palco di Sanremo, dove conquista il primo piazzamento tra le Nuove proposte con È vero (che ci sei).
Negli anni successivi seguono live, due album e tutto il turbinio che il musicbiz inevitabilmente comporta. Fino a quando Alessandro decide che è il momento di tirare il freno, almeno per un po’, perché fuori c’è la vita che chiama.
Lo scorso giugno Alessandro è tornato con un nuovo singolo, ma soprattutto con una nuova maturità. Eccolo, Ancora qui.
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Ancora qui
è il titolo del tuo ultimo singolo, ma è anche molto di più. Quando e perché hai capito che era il momento giusto per tornare sulle scene?

L’ho capito nel momento in cui ho ascoltato per la prima volta questo brano scritto da Emiliano Bassi, autore anche di È vero (che ci sei). Sin dalla mia vittoria a Sanremo, siamo sempre rimasti in contatto e quando lui mi ha proposto questa canzone devo dire che ho subito pensato “ma questo sono io!” perché rappresentava al meglio il momento che stavo vivendo. Così ho sentito subito il bisogno di doverlo condividere con il mio pubblico e di tornare.

In questi anni di lontananza dai riflettori cos’è successo?
Sono cresciuto, ho concluso gli studi, cercato un lavoro e mi sono reso indipendente dalla mia famiglia. Sono impegnato dalla mattina presto al pomeriggio tardi e mi dedico alla musica di notte o nei giorni di pausa, ma sono contento così perché faccio comunque tutto quello che mi piace e soprattutto non peso sulla mia famiglia.

I primi versi della canzone recitano “Ora ti ricordo chi sono, ero insieme a quelli che dicevano andremo lontano”: tu, oggi, quanta strada pensi di aver fatto rispetto al ragazzo che tre anni fa ha deciso di prendersi una pausa?
Quando ho vinto il Festival di Sanremo, avevo solo 16 anni e ora che ne ho 22 sono cambiate tante cose. Mi sono allontanato ad esempio dalle persone che mi cercavano solo perché andavo in televisione o facevo concerti e ora mi circondo solo di chi tiene davvero a me e mi ha sempre sostenuto, anche durante questi anni di lontananza dal mondo della musica.

Quando hai scelto di fermarti eri consapevole dei “rischi” a cui andavi incontro? Non hai avuto paura che quando saresti tornato il pubblico potesse essersi un po’ dimenticato di chi eri?
Ho sempre avuto un bel rapporto con i miei fan, ma in effetti non aspettavo mi stessero così vicino anche in questo lungo periodo di pausa. Ormai escono ogni giorno nuovi artisti dai talent o da Youtube ed è purtroppo facile finire nel dimenticatoio. Fortunatamente, ripeto, ho un pubblico molto affezionato che continua ancora oggi a scrivermi e a farsi sentire presente attraverso i miei social.

Ti è costata fatica prendere questa decisione o hai capito che per te era la cosa più giusta in quel momento?
No, non mi è costato nulla perché questa pausa è stata molto salutare. Ho imparato a impegnarmi e a lavorare sodo, ancora di più di quanto avessi fatto prima e mi sono assunto delle responsabilità da persona adulta. Questo significa crescere, e crescere non è mai una fatica. A dire il vero sono fiero della vita che sto conducendo e delle scelte che ho fatto.
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Spesso i talent vengono ancora accusati di creare illusioni per i giovani che vi partecipano: per quella che è stata la tua esperienza, cosa ti senti di rispondere?
Per come ho sempre vissuto io le mie esperienze, non mi sono mai illuso, anzi proprio per questo, dopo un periodo di grande successo e consapevole del fatto che un giorno tutto questo potesse finire, ho pensato al cosiddetto piano B, iniziando a lavorare per un’azienda di caldaie. Mi sono diplomato e mi sono cercato un lavoro per poter aver sempre qualcos’altro su cui contare nel caso le cose fossero andate male. Ho sempre vissuto pensando che tutto ciò stavo facendo fosse un punto di partenza per una nuova sfida piuttosto che un punto d’arrivo.

Questo nuovo singolo anticipa un nuovo album?
Sicuramente anticipa un singolo nuovo che uscirà a breve e un disco, che sto scrivendo, ma su cui non posso dare ancora notizie precise.

Per concludere, una domanda di rito per BitsRebel: che significato dai al concetto di ribellione?
Posso considerarmi un po’ ribelle io stesso visto che ho fatto una scelta un po’ controcorrente rispetto a quella di molti miei coetanei che, al posto di lavorare sodo e assumersi le proprie responsabilità, non hanno trovato ancora la loro strada. Quindi direi che essere ribelli oggi voglia dire andare controcorrente e fare delle scelte diverse da quelle che magari gli altri si aspettano da te.

Settant’anni da spirito Pravo

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No, non chiamatela “la ragazza del Piper”, perché lei nel locale romano che le ha dato notorietà ci ha messo piede sì e no un paio di volte in tutta la carriera. E non chiamatela neppure “bambola”, epiteto troppo abusato e banale per contenere un’indole come la sua.
Patty Pravo non si può definire, perché ogni definizione finirebbe col circoscrivere, e quindi inevitabilmente ridurre, una tra le più imponenti personalità artistiche che la musica italiana abbia mai conosciuto. Il suo camaleontismo, la chioma sempre platinatissima, la sua r “annoiata”, quasi evanescente sono ormai patrimonio della storia dello spettacolo, così come quel nome d’arte rubato alle dannate di Dante. E poi la leggendaria notte in giro per Roma sulla 500 con Jimi Hendrix, l’amicizia con Sinatra, le frequentazioni con Fontana e Schifano, la passione solitaria per i deserti, i matrimoni.

Fuggita presto dall’ambiente borghesissimo di Venezia in cui era nata (pare che a casa sua fosse ospite abituale il patriarca Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII) e a cui sarebbe probabilmente stata destinata, ma non priva di una formazione musicale accademica, nel corso di una carriera di oltre mezzo secolo, Nicoletta Strambelli è stata diva intoccabile, volto e corpo anticonformista, interprete sofisticata e sorprendentemente ironica, angelo del rock, ovviamente supericona dell’immaginario gay.fb_img_1462552997903
Seriamente allergica alle convenzioni, ha vissuto senza risparmiarsi gli eccessi e la spensieratezza degli anni ’60 e ’70, mentre la sua voglia di sperimentazione l’ha portata – tra gli anni ’80 e i 2000 – a soddisfare gusti esotici e a compiere scelte inaspettate, rischiando anche di allontanarsi dal grande pubblico, che se qualche volta non l’ha compresa fino in fondo ha però sempre trovato l’occasione di riavvicinarsi: dalla canzone d’autore delle grandi firme (Fossati e Vasco su tutti) e dei nomi dell’ultima generazione (tra gli altri, Ermal Meta, Zibba, Rachele Bastreghi), passando per le potenzialità dell’elettronica, fino alla musica tradizionale cinese di un album come Ideogrammi. Patty Pravo ha azzardato in tutto, spesso cogliendo nel segno, qualche volta mancando il bersaglio, ma anche oggi che compie settant’anni resta circondata da un’aura di fascino inspiegabile e impossibile da replicare: difficilissimo cogliere la linea di demarcazione tra il personaggio e la persona, capire fin dove certi suoi atteggiamenti siano voluti o restino frutto del caso, distinguere la provocazione costruita ad arte dal carattere innato.
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L’esordio nel 1966 con Ragazzo Triste, cover di un pezzo di Sonny Bono e Cher, ha già del paradossale: mentre la Rai censura un verso della canzone, Radio Vaticana la trasmette come primo pezzo pop della sua programmazione. Negli anni seguenti arriveranno Se perdo te, La bambola (successo mondiale da milioni di copie), e poi Pazza idea, Pensiero stupendo (scandaloso manifesto degli anni ’70 firmato fa Fossati), E dimmi che non vuoi morire (diamante d’autore, opera di Vasco Rossi, Gaetano Curreri e Roberto Ferri), fino al successo di Cieli immensi, solo per segnare alcune tappe principali di una discografia sterminata ed eterogenea.
Ma per comprendere la portata di un personaggio così bisogna andare oltre i grandi successi, scendere tra le pieghe degli album meno conosciuti e meno fortunati, dove si nascondono sorprendenti perle di avanguardia stilistica.

Pur con il beneficio del gusto personale, ecco quindi cinque momenti delle carriera di Patty Pravo che forse non tutti ricordano, ma che spiegano meglio delle parole l’immensità del suo personaggio.

Per un bambola: look futuristico, vagamente alieno e orientale, con il vestito in maglia di metallo di Versace, Patty scende le scale di Sanremo nel 1984 con un brano atipico che le fa vincere il Premio della critica.

Contatto: singolo del 1987 incluso nell’album Pigramente signora, nonostante le sue atmosfere ipnotiche, ha avuto un successo decisamente al di sotto delle aspettative.

La viaggiatrice – Bisanzio: con il suo impianto imponente e orchestrale, per ammissione della stessa Patty è uno dei brani che non hanno raggiunto la visibilità che avrebbero meritato.



Treno di panna: autentico capolavoro nascosto nell’album Notti, guai e libertà e firmato anche da Loredana Bertè, rappresenta una superba prova di interpretazione.


L’immenso
: è il 2002 e Patty Pravo torna a Sanremo con una canzone oscura, magnetica e decisamente lontana dagli stereotipi del festival, dove infatti non raccoglie particolari consensi. L’entrata in scena delle esibizioni è già un’epifania divina, ma lei stupisce ancora di più tutti appiccicando il chewingum sul microfono appena prima di iniziare a cantare.

Noemi, cuore di luna

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E non ho bisogno di parole complicate, i passi dei poeti ormai consumano i tappeti.

Cara Noemi,
ho scelto di partire da questo frammento di un tuo brano di qualche anno fa per parlarti un po’. Mi sembrano parole molto adatte a descrivere il tuo mondo e il tuo modo di essere musicista. E guarda caso arrivavano proprio dalla canzone che ha dato il nome a un tuo disco, Cuore d’artista. Forse il tuo primo disco “da grande”, da donna, ma soprattutto da artista sempre più consapevole di sé.
Prima ci avevi provato anche con Made in London, però diciamoci la verità, il colpo non ti era venuto proprio al meglio, vero? Sembravi… non so, appannata direi, come qualcuno che stesse ancora cercando la famosa quadratura del cerchio e andasse un po’ a tentoni. Certo, in quell’album c’era Acciaio che – lasciatelo dire – era forse la più bella canzone tu avessi mai pubblicato fino a quel momento, ma il resto traballava ancora un po’. O almeno, a me sembrava così… Poi dopo Cuore d’artista, quest’anno eccoti di nuovo qui, questa volta con un album che hai voluto dedicare all’universo femminile, La luna. Hai detto di averlo chiamato così perché lunatica lo sei un po’ anche tu, perché la luna non è solo volubile, ma anche un po’ diva. Eh Noemi, con questo disco hai dato a tutti la conferma della brava artista che sei!
Sai, all’inizio, quando eri ancora a X Factor, non avevo grande simpatia per te, non mi piaceva la tua voce con quel fondo ruvido: anzi, ogni volta che superavi la puntata mi stupivo e mi chiedevo perché non ti avessero ancora eliminata… Fino a quando non sei davvero uscita, e hai iniziato a camminare da sola. Allora ho iniziato a guardarti in modo diverso, ascoltavo le tue prime canzoni e pensavo che in fondo non eri così male. Avevi davvero qualcosa dire, qualcosa che non fosse ancora stato raccontato nel tuo modo.
Quando poi, pochi anni dopo, hai fatto uscire Rosso Noemi beh, mi era ormai chiaro che non eri soltanto l’ennesima reduce da talent in cerca dei riflettori, ma che sotto c’era un’anima da vera artista, l’anima di una che la musica la tratta come una roba seria, come si tratta un amico.
Quest’anno a Sanremo ti guardavo e, anche quando hai osato con quell’abito così scollacciato, in te non c’era alcun vezzo da star: su quel palco mi ricordavi un po’ una sorella maggiore, oppure una di quelle cugine più grandi che si incontrano ogni tanto, e che hanno sempre qualche nuova storia da raccontarti. E tu infatti stavi raccontando la tua nuova storia, una storia grande come il mondo, parlava di un amore che finisce eppure dura in eterno.
Ma tu le storie sempre stata brava a raccontarle nei dettagli, fin da quando ci parlavi di quella cellulite in Vuoto a perdere: non è da tutti, sai Noemi? Ci sono molti tuoi colleghi che vogliono insegnarci a vivere e si inerpicano in discorsi più grandi di loro e poi non riescono a uscirne, quando invece i racconti migliori sono quelli delle cose piccole piccole, le storie che odorano di sigaretta, caffè, capelli ancora bagnati per la fretta di uscire, come quando, in un’altra partecipazione sanremese, cantavi il mondo che si nasconde nella borsa di una donna. Certo, bisogna che storie così le scrivano degli autori con l’animo abbastanza sveglio, ma poi bisogna anche saperle cantare, portarle dentro di sé per farle uscire rinnovate, e tu questo lo sai fare proprio bene. Credi che sia un caso che Vasco e Curreri abbiano deciso di scrivere per te? Mica regalano le canzoni alla prima squinzia che passa! E non dimentichiamoci di Fossati!
Tu sai dare peso alle parole. Con te una canzone è prima di tutto “testo”, messaggio, sensazione sulla pelle, tutto accompagnato dalla melodia: ma quello che arriva prima sono le frasi, le parole, le singole sillabe. E poi, importantissimo, si sente l’amore che ci metti, l’amore con cui tocchi le tue canzoni, senza presunzione.
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In questo nuovo album hai raccolto quello che hai imparato in questi anni e hai cercato di dargli forma: lo hai voluto intitolare La luna proprio perché è un disco sfuggente, umorale e lunatico, un po’ elettronico e un po’ acustico, un po’ blues e un po’ pop, come del resto sei tu. Se in Cuore d’artista ci avevi mostrato cosa significa per un artista avere un animo nudo e indifeso, ora con La luna di quell’animo attraversi tutti gli stati, da quando racconti lo straziante addio infinito di Non smettere mai di cercarmi, passando per la narrazione “pizzicata” dell’attacco di panico in Porcellana, e poi l’amore che ti leva il sonno di Autunno, le scalate sul groove di Love Goodbye o La luna storta, una canzone-manifesto che non poteva venir fuori se non dalla penna stralunata di Tricarico. Ma ti sei buttata addirittura anche sul country, interpretando My Good, Bad & Ugly, e anche lì la tua voce suona così vicina.
E poi, vogliamo parlare di Domani? Mentre tutti in questi anni sono andati alla rincorsa a riproporre le varie Futura, Anna e Marco, Com’è profondo il mare, Caruso, tu hai reso omaggio a Dalla con uno dei suoi brani forse meno conosciuti, ma ascoltandolo è fin troppo chiaro perché hai scelto proprio quello: quella canzone oggi è tua, davvero tua. L’hai graffiata, l’hai colorata (di rosso, ovviamente), ci hai messo dentro il tuo modo di raccontare l’intimità. Sarà forse solo una fortunata coincidenza, ma se ci pensi l’album si apre con un distacco di un amore che continua a girare in eterno nell’aria, e si chiude con un nuovo incontro, chissà dove, domani. Quella canzone doveva esserci.

Questo album sei davvero tu. O almeno, è un’immagine sincera di ciò che vuoi mostrare.
Sei cresciuta Noemi, caspita se sei cresciuta, sei diventata grande da quelle Briciole del 2009. Eppure continui a essere così familiare, così “normale”, se è chiaro quello che voglio dire. Sai trasmettere un tiepido senso di sicurezza nel tuo essere umana. La perfezione la si può solo osservare dall’esterno, la normalità invece la si può toccare e abbracciare, ci si può riconoscere.

Grazie di essere arrivata, ormai un po’ di anni fa, e grazie per amare la musica in questo modo. Da ascoltatore,e ammiratore, il desiderio che posso esprimere è che tu continui ad amarla con la stessa cura e non tradirla, perché lei non ti tradirà: la musica è la tua casa, e lo sapete entrambe. Continua a far battere quel tuo cuore d’artista, che oggi è anche un cuore di luna. Prendilo in mano, mettilo in spalla nei momenti in cui sarà ferito e stanco, e non abbandonarlo mai.

È bello sapere che ci sei anche tu, che ci racconti la vita con semplicità e senza vergogna.
Con stima, affetto, e un sorriso.

Ron: “Il mio omaggio alla trasparenza di Lucio Dalla”

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Si intitola semplicemente Lucio!, con un punto esclamativo, quasi come quando si vuole attirare l’attenzione di un amico che si incontra per caso e che non si rivede da tempo.
Sono passati sei anni da quando Lucio Dalla non c’è più, morto improvvisamente in Svizzera una mattina di inizio marzo, solo pochi giorni dopo l’ultima partecipazione a Sanremo.
Solo oggi, nell’anno in Lucio avrebbe festeggiato i 75 anni, Ron, che di Dalla è stato collega, collaboratore e che è tra i pochissimi a potersi dire veramente suo amico, è riuscito a rendergli omaggio con un album: “Quando ti capita un dolore così, vuoi solo startene per i fatti tuoi, tranquillo. Quando lui è morto non ho sentito il bisogno di far sapere che c’ero stato, come invece hanno fatto molti altri”.
Ed è per questo che Lucio! arriva adesso: dentro, 12 brani, 11 rivisitazioni di successi di Dalla e l’inedito Almeno pensami, portata in gara da Ron all’ultimo Festival di Sanremo e vincitore del Premio della critica “Mia Martini”.
Un brano riscoperto grazie alla collaborazione degli eredi di Dalla e proposto a Ron da Claudio Baglioni, direttore artistico del festival: “La canzone doveva far parte di un album che Lucio stava realizzando, ma che non ha fatto in tempo a finire, e di Almeno pensami esisteva già un demo: io non ho modificato niente del testo e della musica, l’ho solo fatto mio, cercando di non perdere quella trasparenza da bambino che apparteneva a Lucio”.
Con lo stesso criterio Ron ha rimesso mano agli altri 11 brani del disco: solo tre di queste canzoni portano la sua firma (Piazza grande, Attenti al lupo e Chissà se lo sai), perché l’intento del progetto non era quello di fare un disco a metà, ma un tributo in cui Dalla fosse al centro: le registrazioni sono avvenute in presa diretta con il solo utilizzo, oltre alla voce e alla chitarra di Ron, della batteria, del basso e del pianoforte.
Un lavoro speciale è stato invece riservato a Come è profondo il mare, l’unico brano del disco cantato da Lucio, di cui Ron ne aveva già curato l’arrangiamento originale. Recentemente si è ritrovato a riascoltare la traccia vocale del nastro, che gli ha dato l’idea per una nuova veste strumentale più sporca e distorta.
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Con il solo grande rammarico di non aver incluso nel disco Le rondini, Ron resta speranzoso sulla possibilità di trovare altri inediti: “Lucio era abbastanza disordinato, lasciava pezzi in giro, per cui non è escluso che da qualche parte ci siano ancora canzoni non ancora incise”.
Il disco è dedicato a Michele Mondella, storico collaboratore di Dalla, scomparso alcune settimane fa.

Ron presenterà del vivo il suo omaggio a Lucio Dalla in due concerti speciali in programma per il 6 maggio al Teatro Dal Verme di Milano e il 7 maggio all’Auditorium Parco della Musica a Roma: due serate interamente dedicate alle canzoni dell’artista bolognese, in uno spettacolo teatrale arricchito anche da contributi inediti. Poi in estate le altre date. 
  

BITS-RECE: Annalisa, Bye Bye. Addio alle paranoie

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.
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Da quando abbiamo iniziato a conoscerla, ormai sette anni fa ad Amici, di Annalisa abbiamo visto lo spirito sbarazzino, l’abbiamo apprezzata come elegante e abbiamo ballato quando si buttata nell’elettropop. Mai però la ragazza era apparsa in gran forma e finalmente “a fuoco” come in questo suo ultimo lavoro, Bye Bye, pubblicato all’indomani della sua quarta partecipazione al Festival di Sanremo.

Se le sue doti, e in particolare l’intonazione curatissima, erano da sempre i suoi punti di forza, Annalisa non si era ancora presa la completa libertà di espressione che la porta invece a volare a briglie sciolte nel nuovo album.
Bye Bye è infatti un vero manifesto di libertà e di leggerezza, come dichiara già il titolo, un congedo a tutti quei vincoli a cui fino ad oggi Annalisa si era sottomessa per imposizioni morali o autoconvincimenti.
Un capitolo discografico che si stacca dai precedenti anche stilisticamente, puntando verso un pop freschissimo e sporcato di spunti urban, come aveva lasciato intuire Direzione la vita, il primo singolo pubblicato lo scorso anno.
Se il brano sanremese, Il mondo prima di te, rappresenta forse l’episodio di stampo più tradizionale, che Annalisa sa però vestire perfettamente alleggerendolo dalle banalità, il resto dell’album si snoda scioltissimo tra decorazioni elettroniche, tuffi e capriole nell’R&B, fino ad arrivare al featuring con Mr. Rain in Un domani, che fa incontrare Annalisa e l’hip-hop.
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Bye Bye è un invito azzardare, il disco del prendersi “tutto e subito” non per avidità, ma perché la vita non aspetta, quel che oggi c’è domani potrebbe non esistere più (“come le storie di Instagram”), perché il presente non torna più.
Annalisa mette da parte le noie e le paranoie, le ansie da prestazione del piacere per forza, e in cambio si guadagna una nuova (e forse definitiva?) credibilità di interprete.

ASPETTANDOSANREMO: "Voglio solo raccontarvi una storia". Quattro chiacchiere con… Mirkoeilcane

Romano, classe 1986, Mirko Mancini ha scelto di presentarsi al pubblico con il nome di Mirkoeilcane, ma non chiedetevi il perché: è un segreto che non vuole svelare.
Ha iniziato a fare musica già da alcuni anni, suonando con diversi artisti e dedicandosi anche alla scrittura di brani per colonne sonore di web serie e film. Poi, nel 2016, è stata la volta del suo primo, omonimo album, che gli è valso importanti riconoscimenti, tra cui il Premio Bindi.

Quest’anno è entrato tra le otto Nuove proposte che partecipano al Festival di Sanremo: si presenta con Stiamo tutti bene, un brano piuttosto distante dai canoni sanremesi, una canzone quasi parlata che è prima di tutto una storia. C’è di mezzo l’immigrazione e un disperato viaggio “della speranza”, descritto dagli occhi inconsapevoli e sorridenti di un bambino. Ma non traete conclusioni affrettate: qui di posizioni politiche non ce ne sono e nelle canzoni di Mirkoeilcane c’è molto di più.
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Qual è la storia che c’è dietro a Stiamo tutti bene? E perché proporre proprio questa canzone alle selezioni per Sanremo?

La canzone è nata da una chiacchiera che ho fatto con un ragazzo, a cui ho dato il nome di Mario, che mi ha raccontato la sua esperienza: una storia atroce, ma che lui mi ha raccontato con un grande sorriso sulle labbra. Questo mi ha spinto a correre subito a casa e trascrivere le sue parole, per poi farne una canzone. Ho voluto proporla per Sanremo quasi come un scommessa.
Essendo una canzone così lontana dai canoni sanremesi non avevi paura che potesse essere accolta male dalla commissione?
Ho 31 anni, e posso dire che ho seguito per 30 anni Sanremo da casa: conosco bene i meccanismi, so cosa ci si aspetta di sentire su quel palco, ma non volevo tradire me stesso, la mia identità, e ho quindi scelto di non cambiare il brano solo perché lo stavo proponendo per quel particolare contesto.
La produzione del brano è di Steve Lyon, che in passato ha lavorato anche con Paul McCartney e Depeche Mode. Come siete entrati in contatto?
Steve si è occupato anche della produzione di tutto il mio secondo mio, che uscirà il 9 febbraio. Ci siamo conosciuti durante un evento a Roma: alla fine della serata abbiamo parlato un po’ e lui ha espresso pareri molto positivi sulla musica, ci siamo trovati in linea su molti aspetti e ci siamo piaciuti anche umanamente. Poter lavorare con lui mi è servito per dare un paio di marce in più al disco e mi ha permesso di imparare molto.
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Non hai paura che la tematica del brano possa generare strumentalizzazioni?
Mi sembra eccessivo parlare di paura, in fondo stiamo parlando di canzoni. Pur con un evidente riferimento all’immigrazione, è semplicemente la storia di un bambino, e sbaglia chi vuole vederci dentro qualcosa di diverso, non c’è nessuna presa di posizione, nessuno schieramento politico. Anche il nome stesso del bambino, Mario, è fittizio. Qualcuno ha provato ad associarmi a determinate aree politiche, ma sono manovre da cui voglio stare lontano.
Come si pone questo brano rispetto al nuovo album, Secondo me?
Come ho già fatto nel primo disco, mi piace prendere in giro gli stereotipi della società. Non che io mi trovi molto distante da certe dinamiche, non vivo in un faro da eremita, ma mi lascia sempre di stucco vedere come a volte si perda il senso della realtà. Forse rispetto agli altri brani, in Stiamo tutti bene non me la sono sentita di usare molto l’ironia e il sarcasmo, anche se di solito mi piace scherzare su tematiche importanti, mi sembra un modo per far arrivare meglio i messaggi.
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Con quali influenze musicali sei cresciuto?
Inizialmente i Beatles, ho consumato i loro dischi. Avendo fatto studi da musicista, ho poi ascoltato anche molta musica strumentale: potrei citare Jeff Beck, tanto per fare un nome. La scrittura invece arriva dai grandi cantautori italiani, Dalla, De Gregori, Fossati, ma anche autori più moderni come Samuele Bersani, Max Gazzè, Daniele Silvestri.
Pensi che oggi i cantautori abbiano un ruolo diverso rispetto al passato?
Decisamente, anche perché è un ruolo che è stato ghettizzato nei club di qualche quartiere, mentre una volta le canzoni dei cantautori facevano parte della vita delle persone: c’è chi si sposava con quella musica. Oggi il cantautorato ha lasciato spazio a una musica più superficiale, adatta ad accompagnare lo shopping, come se non ci fosse più il tempo di sedersi e ascoltare le parole. Si è persa la valenza del messaggio, che è un po’ il centro della canzone.
Non hai mai voluto svelare l’origine del tuo nome d’arte, quindi non indagherò. Ma perché vuoi mantenere il segreto, hai promesso a qualcuno di non rivelarlo mai?
Sembra una trovata di marketing, ma non sono così intelligente. Adesso mi diverto a mantenere questo segreto, ma posso dire che rispecchia la volontà di non prendermi troppo sul serio. Si può parlare di certe tematiche anche mentendo una certa allegria, e credo che questo nome la comunichi.
Come ti stai trovando nel turbinio sanremese?
Mi sono sempre chiesto come fosse la vita degli artisti che andavano a Sanremo, e mi immaginavo giornate piuttosto complicate: in effetti, mi sono ritrovato a dover parlare di me con molte persone, ed essendo piuttosto riservato per natura non è stato facile, ma sto imparando a condividere dettagli che in altri contesti avrei tenuto segreti. Tutto sommato, lo trovo molto divertente. Nessuna ansia comunque, non mi appartiene.
Pensando al festival, cosa vorresti evitare?
Vorrei evitare di essere etichettato come un cantautore schierato. Mi piacerebbe dare a Stiamo tutti bene la risonanza e la visibilità che secondo me merita, anche per la tematica che affronta, ma spero che la gente si interessi anche al resto del mio lavoro. Non voglio passare solo come “quello della canzone sugli immigrati a Sanremo”.

Sanremo Amore Scusa: il ritorno a sorpresa di Nardinocchi

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“Ho deciso di ricominciare da capo e sto partendo”.

Proprio nel giorno in cui parte la sessantottesima edizione del festival di Sanremo, quando tutto il resto della discografia italiana si mette in stand-by per una settimana, Andrea Nardinocchi sceglie di fare il suo ritorno sulle scene dopo tre anni di silenzio, perdipiù del tutto a sorpresa.
Lo fa da outsider, da indipendente, al di fuori dei delle grandi logiche del mercato, ripartendo da dove tutto si è inceppato,

Per gli artisti che frequentano l’ambiente della discografia febbraio è sempre un mese off: “Sono tutti a Sanremo”, difficile che una major decida di pubblicare qualcosa poco prima, durante o subito dopo, ma, essere fuori dagli schemi classici dell’industria può concedere certe libertà.
Non poteva cominciare con un messaggio più chiaro la nuova era del progetto artistico di Andrea Nardinocchi.


Sanremo Amore Scusa è una ballad prodotta da Mamakass: un racconto intimo e delicato, che racconta la sua esperienza vissuta nel 2013 proprio al Festival, quando partecipò tra le Nuove proposte con Storia impossibile, tra la difficoltà nel gestire l’esposizione mediatica e il più personale rapporto con i genitori.

Ultimo: dopo Sanremo il nuovo album Peter Pan

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Uscirà il 9 febbraio (ed è già in pre-order digitale) Peter Pan, il nuovo album di Niccolò Moriconi, al pubblico meglio noto come Ultimo. Un disco che arriva sotto il segno di Sanremo, dal momento che il ragazzo sarà una delle otto Nuove proposte in gara con il brano Il ballo delle incertezze: “Quando l’ho scritto ho voluto puntare su chi è come me. È un brano che rappresenta chi non ha un domani nella società, chi ha più domande che risposte, chi ha perso rischiando. È il mio ennesimo attestato che tende la mano a chi è stato emarginato”.

L’uscita di questo nuovo lavoro è importante anche perché segue solo di pochi mesi la pubblicazione dell’album d’esordio, Pianeti, che ha trovato un’accoglienza piuttosto calorosa da parte del pubblico. Anziché ripiegare su un classico repack, il giovane “cantautorap” romano ha così scelto di ripartire da zero con un nuovo capitolo discografico di 16 brani inediti, dopo un anno che gli ha portato non poche soddisfazioni.
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Ultimo ha iniziato a studiare pianoforte a otto anni presso il conservatorio Santa Cecilia, mentre ha scritto le sue prime canzoni a 14 anni: il suo stile è un connubio fra la musica cantautoriale e quella hip hop, da cui la scelta di definirsi un “cantautorap”. Nel 2016 ha vinto il contest più importante per gruppi e solisti emergenti di musica hip hop italiana promosso dalla Honiro, con cui nel marzo 2017 ha iniziato la sua collaborazione. A maggio dello stesso anno ha aperto il concerto di Fabrzio Moro al Palalottomatica di Roma e in ottobre ha pubblicato il suo disco d’esordio.

ASPETTANDOSANREMO: Dopo il ballo, il soul. Quattro chiacchiere con… Leonardo Monteiro

La musica l’ha avuta in casa fin da bambino, visto che è figlio di due ballerini brasiliani, e a lungo l’ha coltivata nel canto e nel ballo. A soli 28 anni, Leonardo Monteiro vanta infatti un curriculum di tutto rispetto, con esperienze Italia e all’estero: tra queste, la formazione alla Scala di Milano, il lavoro con Gheorghe Iancu allo Sferisterio di Macerata, e nel 2008 partecipazione ad Amici, il talent di Maria De Filippi, dove occupava uno dei banchi della classe di ballo.
Dopo essersi aggiudicato la finale di Area Sanremo, tra pochi giorni lo ritroveremo sul palco dell’Ariston, in gara tra le Nuove proposte con Bianca, un pezzo dalla influenze soul che parla della fine di una storia d’amore per un tradimento. Autore della musica è Vladi Tosetto, che nel ’95 aveva messo le mani anche su Come saprei di Giorgia. 
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Perché la scelta di andare a Sanremo con Bianca?

Lo abbiamo scelto durante i provini, dopo aver ascoltato un po’ di proposte, e Bianca è sembrata la canzone più adatta. Ci tenevo molto a presentarmi con un brano che rappresentasse bene il mio mondo, e le atmosfere soul e gospel di Bianca rispecchiano le mie influenze.
Ti abbiamo conosciuto qualche anno fa ad Amici come ballerino, oggi ti ritroviamo come cantante: cos’è successo in questo periodo?
Ho sempre amato il canto, fin da quando studiavo danza alla Scala: cantavo e facevo il ballerino. Poi sono andato a studiare a New York, e mi sono reso conto che con la danza ero arrivato al massimo di ciò che potevo desiderare e ho iniziato a studiare canto seriamente, avvicinandomi al gospel. Quando sono tornato in Italia ho proseguito con lo studio della musica.
E sei anche arrivato ad insegnare…
Sì, per qualche anno ho insegnato canto alla scuola Cluster di Milano, gestita da Vicky Schaetzinger, che per anni è stata la pianista di Milva. Mi ha dato tantissimo, sia come donna che come insegnante: sono stato prima suo allievo, poi abbiamo suonato insieme tre ani all’Armani Bamboo Bar, dove lei mi accompagnava al pianoforte, e in seguito sono diventato insegnante della scuola. Avevo già insegnato danza, ma insegnare canto è diverso, ed è una soddisfazione vedere che quello che fai arriva agli allievi.
Oggi come vedi il tuo futuro, più vicino al canto o al ballo?
Sicuramente più vicino alla musica. Come dicevo prima, con il ballo ho ottenuto il massimo di quelle che potevano essere le mie ambizioni e le mie soddisfazioni: ho fatto esperienze bellissime, ho lavorato con il Complexion Contemporary Ballet, il Collective Body Dance Lab, ho fatto degli stage a Broadway, ma a un certo punto ho sentito che mi mancava avere davanti un pubblico che mi conoscesse, mi mancavano gli affetti di casa, e ho deciso di tornare.
A un’esperienza nel musical non pensi?
Sono sincero, i musical non mi entusiasmano molto, preferisco vederli da spettatore. Piuttosto, per unire musica e danza, penso a qualche esperienza con i videoclip.
Cover Bianca Leonardo Monteiro
Quali sono gli artisti che ti hanno maggiormente influenzato?
Quando ero più giovane ho ascoltato molto Stevie Wonder, Giorgia, che ha segnato a lungo la mia vita, Michael Jackson.
Hai già un album in preparazione?
Ho scelto alcuni pezzi e sto registrando: il disco uscirà dopo Sanremo. Abbiamo scelto di mantenere la stessa impronta stilistica di Bianca, anche se non mi tirerò assolutamente indietro se ci sarà la possibilità di spaziare.
Pensando a Sanremo, come ti auguri di viverlo e cosa invece vorresti evitare?
Semplicemente, visto che si parla di un palco così importante, vorrei lasciare un bel ricordo, al di là di come andrò la gara, e possibilmente vorrei evitare di steccare!
 

Imparare ad amarsi: Ornella Vanoni torna a Sanremo con Bungaro e Pacifico

Ornella Vanoni con Bungaro e Pacifico_mr
Ornella vanoni non ama le gare, lo ha più volte dichiarato lei stessa, perché le mettono agitazione. E Sanremo, si sa, è una gara.
E’ stata quindi doppiamente grande la sorpresa quando a dicembre è stato annunciato che quest’anno avrebbe calcato di nuovo il palco dell’Ariston tra i 20 artist in gara.
Per Ornella questa è la ottava volta a Sanremo, dopo l’ultima partecipazione nel 1999 insieme a Enzo Gragnaniello con Alberi (la prima fu nel 1965 con Abbracciami forte).
Non sarà però da sola: con lei ci saranno infatti anche Bungaro e Pacifico, e insieme interpreteranno Imparare ad amarsi.

Inizialmente inviato a Baglioni per Sanremo da Tony Bungaro, il brano è stato proposto a Ornella proprio dal direttore artistico del festival e lei, dopo qualche iniziale titubanza, ha accettato di essere parte del progetto. E’ stato allora che è intervenuto Pacifico, che ha adattato il testo all’immaginario di Ornella, lasciando le parti che l’avevano tanto colpita.
Caso piuttosto raro, durante l’esecuzione sanremese, sul palco saranno presenti tutti gli autori del testo e della musica: oltre a Bungaro e Pacifico infatti, suoneranno  anche Cesare Chiodo e Antonio Fresa. Una scelta questa, fortemente voluta da Ornella, da sempre attenta a valorizzare il lavoro di chi i brani li crea.
Nella serata dei duetti, il trio sarà affiancato da Alessandro Preziosi.
Ornella Vanoni_Un Pugno di Stelle_cover
Proprio in occasione della partecipazione sanremese, il 9 febbraio uscirà Un pugno di stelle, tripla raccolta di Ornella Vanoni, curata da Mario Lavezzi: nel primo disco troveranno posto i duetti realizzati negli anni dall’artista con altri grandi nomi della musica italiana, oltre al brano sanremese e un secondo inedito, Gira in cerchio la vita, cover di un brano di Idan Raichel. Nel secondo disco ci saranno i successi dagli anni ’90 ad oggi, per finire con il terzo capitolo in cui saranno presenti i classici della sua discografia.
Una nuova uscita discografica attende anche Bungaro, con un’edizione speciale dell’album Maredentro, in cui sarà presente anche una versione di Imparare ad amarsi interamente interpretata da lui e gli inediti Le previsioni della mia felicità e Amore del mio amore. Subito dopo il festival, un tour in Italia e all’estero.
Ancora in corso invece la lavorazione del sesto album di Pacifico, che dovrebbe comunque vedere la luce quest’anno: per lui questo sarà un festival particolarmente intenso. Oltre a parteciparvi in veste di artista infatti, è autore di Il segreto del tempo, portato in gara da Roby Facchinetti e Riccardo Fogli, e co-autore di Il coraggio di ogni giorno per Enzo Avitabile e Peppe Servillo.