#MUSICANUOVA: Federica Abbate, Fiori sui balconi

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Fiori sui balconi è in realtà un gioco di parole che sta per “fuori come un balcone”. Il brano parla di me in prima persona, ma penso che tanti miei coetanei (e non) possano rispecchiarsi nel testo che parla della difficoltà di vivere oggi in un mondo estremamente selettivo, che fissa una rigida linea di demarcazione tra Vincenti/Perdenti, Forti/Deboli, Accettati/Esclusi. Il brano parla di tutto questo, ponendo l’accento sul concetto di “fuori”.
Fuori come “tagliato fuori”: sentirsi inadatti, inadeguati, non all’altezza. Fuori luogo per l’appunto.
Ma fuori anche come “stare fuori”, ossia il bisogno che spesso i giovani hanno di esagerare e andare oltre per evadere dalla quotidianità e dai problemi di tutti i giorni. Uno strafare che spesso si chiude in un infinito loop che non porta da nessuna parte. Da un lato, quindi, l’inconcludenza, dall’altro la voglia di “tirarsi fuori” per riprovarci, crederci ancora e sognare”.

Dopo aver messo la firma su un numero indefinito di hit italiane degli ultimi anni (un titolo su tutti, Roma-Bangkok), Federica Abbate si prepara ora al debutto discografico da protagonista, e lo fa con il singolo Fiori sui balconi, prodotto da Takagi e Ketra.
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Nata a Milano nel 1991, nel 2013 Federica Abbate ha partecipato al concorso per giovani autori “Genova per voi”, vincendolo e aggiudicandosi così un contratto come autrice per Universal Music Publishing.
A marzo 2016 ha firmato il suo primo contratto discografico in veste di cantautrice con Carosello Records.

Something For Your M.I.N.D.: il debutto del collettivo Superorganism

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Sono in otto e arrivano da Londra, Giappone, Australia e Nuova Zelanda.
Sette di loro vivono insieme in una casa/studio a Homerton, nell’East London.
L’elemento comune che li unisce è una forte attitudine pop.

Il nome di questo collettivo è Superorganism.
La sua nascita risale a gennaio 2017, quando i ragazzi hanno scritto un brano e lo hanno mandato a Orono, un loro amico giapponese di un liceo nel Maine, che ha registrato le parti vocali.
E’ nata così Something For Your M.I.N.D., singolo di debutto dei Superorganism.

Per i membri del gruppo è stata una vera sorpresa quando Frank Ocean e Ezra Koenig dei Vampire Weekend hanno suonato il brano nei loro programmi radio.
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Un nome e un progetto da non perdere di vista…

#MUSICANUOVA: Noemi, Autunno

Al primo ascolto mi ha fatto storcere il naso, poi è andata un po’ meglio. Resta il fatto che il nuovo singolo di Noemi si intitola Autunno, ma sembra una qualunque canzone da spiaggia, una delle tante hit vestite di elettropop che puntualmente riempiono le radio tra giugno e agosto.
A metterci mano sono stati Dario Faini e Tommaso Paradiso, quest’ultimo ormai firma prezzemolina dei singoli italiani, che hanno messo insieme un inno alla malinconia.
Tutto sommato, un ritorno innocuo. “Sarà un autunno difficilissimo”…

Amore occasionale: il pop di Fabio Cinti tra cambiamento e coerenza

“Così si cambia linguaggio, come quando cambi nazione, bisogna che ti adatti a parlare la lingua del posto, altrimenti nessuno ti capisce. E forse in questo momento, nella mia nazione mi sento un po’ straniero. Ho intuito che mi si capiva poco, o che erano in pochi a capirmi e quelli che lo hanno fatto però, o lo fanno, sono sempre molto emozionati. Perciò mi sono detto che probabilmente sarebbe stato giusto allargare lo sguardo e tendere l’orecchio, essere più diretto, preoccuparmi di essere capito senza rinunciare al contenuto, essere, in fondo, più libero dalla musica stessa, usarla, e non essere usato, estremizzando il rispetto per essa”.
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Con queste parole Fabio Cinti presenta il suo ultimo singolo, Amore occasionale, in anteprima su Rockit.
E in effetti, il primo elemento che colpisce all’ascolto è la grande distanza tra queste sonorità dai profumi quasi tropicali e i brani densissimi di Forze elastiche, l’album pubblicato un anno fa. Lì il cantautorato di Cinti si muoveva in un disco sofisticato e colto, musicalmente piuttosto articolato, che lascia ora posto al genere più democratico per definizione, il pop.
Una mossa coraggiosa, perché cambiare – in qualsiasi direzione – implica sempre una ripartenza (se non a volte un ritorno sui propri passi), che altro non fa che mostrare la grande versatilità di questo artista raffinatissimo e dall’animo gentile.
Approdare al pop e concedersi a una dimensione più leggera non significa però rinunciare alla propria essenza, ed ecco che il testo di Amore occasionale si riempie di letture, riferimenti più o meno immediati e forse anche più o meno volontari, dettagli preziosi e inaspettati (gli sguardi incattiviti nei caffè). Leggerezza, ma con coerenza insomma.
Assieme a Cinti, alla nascita del brano hanno preso parte Lele Battista, Leziero Rescigno e Paolo Benvegnù: “Li ho chiamati gli “Avengers”, come gli eroi della Marvel, perché l’impresa mi sembrava davvero eroica! Hanno capito perfettamente l’esigenza e ci siamo divertiti moltissimo nel produrre un brano come questo che era nato esattamente come gli altri ma che è stato “cresciuto” in modo totalmente diverso. Non è importante per me (per noi) sapere qual è il genere: siamo nel pop? Probabilmente sì, ma il punto è un altro, è lo spostamento, il cambiamento…”.

Ad accompagnare la canzone un video – delizioso – diretto da Giulia Grotto.

Back To The Future: i Soul System presentano la loro libera repubblica dei whiteniggas

I Soul System tornano al futuro, Back To The Future, come dichiara apertamente il titolo del loro primo album omaggiando la pellicola di Robert Zemeckis. Il riferimento è nella musica che riempie le 11 tracce del disco: soul, funk, dance, reggaeton, pop, tutto miscelato con echi del passato e rivisitato con i suoni di oggi.
Un album coloratissimo, una festa in musica dalla prima all’ultima nota che fa delle differenze e della varietà un punto di forza, proprio come hanno deciso di fare i cinque ragazzi.
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Tutti di origine ghanese, ad accezione dell’italiano Alberto, e cresciuti tra Verona e Brescia, i Soul System parlano di sé come di una grande democrazia, in cui ognuno svolge un ruolo ben definito e il contributo di tutti serve per la buona riuscita del progetto.
Dopo essersi fatti le ossa con un po’ di date dal vivo e dopo la vittoria all’ultima edizione di X Factor, hanno iniziato a mettere mano al progetto del disco, arrivando ad avere tra le mani più di 20 tracce, per poi scremare eliminando tutto ciò che poteva apparire troppo azzardato a livello di contaminazione: “Non abbiamo potuto fare tutto quello che avremmo voluto, certe cose erano davvero troppo avanti e troppo alternative, per cui ci siamo affidati al nostro produttore, Antonio Filippelli, che ci seguiva già a X Factor, e che è in grado di far stare il nostro suono nel bacino commerciale senza però toglierci l’identità. Ci stiamo costruendo poco per volta e adesso era essenziale proporre al pubblico qualcosa di immediato e che facesse venir voglia di ballare. I conti con mercato discografico vanno fatti”, confessa Leslie, l’anima rap della compagnia.
I riferimenti al passato si colgono immediatamente nel singolo Liquido, che riprende il nome della band tedesca che nel 1999 è arrivata al successo internazionale con Narcotic, di cui la canzone riprende la melodia; ma echi leggendari si ascoltano anche in Single Lady, che va invece ancora più indietro nel tempo fino a What Is Love, successone dance di Haddaway dei primi anni ’90.
È infatti soprattutto dal bacino sonoro degli anni ’80 e ’90 che hanno pescato i Soul System, dalla musica che ascoltavano sui vinili i loro genitori e dalla musica che hanno ascoltato loro sulle cassette quando erano piccoli, fino a Michael Jackson, James Browne, Earth, Wind & Fire, il gospel. Un salto nel tempo di almeno un ventennio, che oltre a marcare una profonda differenza stilistica mostra anche un diverso approccio alla musica: “Prima si stava in studio di registrazione per delle ore prima di arrivare ad avere la base di un brano, si provavano e riprovavano le sequenze di percussioni, oggi la tecnologia permette di accelerare i tempi”, dice Joel. “Oggi poi è tutto molto più contaminato, basta pensare che Drake ha fatto un album intero con i campionamenti. Bisogna star dietro a questi cambiamenti per non risultare vecchi”, gli fa eco David.
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Back To The Future è un omaggio al glorioso passato, ma nello stesso tempo è un manifesto di ciò che è il gruppo oggi. Anche per questo non sono stati coinvolti ospiti, per lasciare alla band tutto lo spazio di agire in libertà e fare in modo che al centro dell’album ci fossero solo i Soul System.
Tra le parole d’ordine pronunciate con più frequenza dai membri della band ci sono naturalmente beat, groove, flow, funky. E swagga, ormai slogan abituale del gruppo. E poi c’è un titolo, Whiteniggas, ovvero “negri bianchi”: un manifesto della filosofia del gruppo, un messaggio di uguaglianza e nello stesso tempo un invito a sfruttare le differenze. Se la musica è bella, lo è dappertutto e lo è senza distinzione di colori, pur essendo pienissima di colori. E chi potrebbe spiegarlo meglio di loro, quasi tutti africani che sono cresciuti in Italia e che cantano in inglese? Ecco perché siamo tutti whiteniggas.
Ma c’è ancora qualche frangente musicale su cui i Soul System non hanno ancora messo le mani? E’ Don Jiggy a parlare: “Già in questo primo album abbiamo toccato parecchi generi, ma forse non ci siamo addentrati molto nel reggae: lo abbiamo sempre fatto dal vivo, ma nei brani ne abbiamo messo poco, anche perché oggi il reggae si è evoluto nel reggaeton e nell’afrobeat”.
Evoluzione, varietà, fusione: è questa la democrazia dei Soul System.

Nek, Max, Renga: un’inedita unione artistica sui palchi italiani dal 20 gennaio

NEK-MAX-RENGA_foto di Luisa Carcavale
Eravamo quattro amici al bar.
Anzi no, in questo caso è meglio dire eravamo tre amici in studio. Già, perché di questo si tratta, tre amici – che poi sono anche colleghi – che si ritrovano in studio e davanti a una nuova canzone decidono di dare vita a un inedito terzetto, o meglio, una fusione artistica da portare sui palchi italiani.
I tre amici (e colleghi) in questione sono Nek, Max Pezzali e Francesco Renga, tre campioni della musica italiana con tre lunghe e fortunatissime carriere. Tre artisti diversi, ognuno con la propria storia e il proprio pubblico, che dal prossimo 20 gennaio daranno vita a una nuovissima esperienza live insieme, destinata – almeno per ora – a chiudersi dopo la fine del giro di concerti.

Tutto è partito – si diceva – in studio, quando Max Pezzali ha convocato Nek e Renga proponendo una collaborazione per un nuovo brano, Duri da battere, singolo inedito pubblicato a sorpresa l’11 settembre (e che sarà incluso nel prossimo album di Pezzali in arrivo in autunno per festeggiare i 25 anni di carriera). “Mi ha sempre affascinato la forza di volontà dell’essere umano, che è riuscito a superare le proprie debolezze naturali e le avversità dell’habitat per poter sopravvivere, sempre e comunque. – racconta Pezzali – Nei grandi processi evolutivi come nelle difficoltà di tutti i giorni, nella vita di relazione come nello sport: essere “duri da battere” non significa essere invincibili, ma avere il coraggio e la determinazione di buttare il cuore oltre l’ostacolo. O almeno di provarci”.
Nel video si susseguono le immagini di figure potenti di ogni tempo e ogni ambito, dai dinosauri a Bebe Vio, passando per i simboli della lotta del ’68 all’approvazione del matrimonio omosessuale: “Insieme al testo, nel montaggio del video abbiamo voluto inserire immagini di eroi, rimarcando il concetto che se non lotti per i tuoi sogni non li realizzerai mai”.

Nessuna strategia alle spalle del progetto, nessun calcolo di mercato, solo la voglia di fare qualcosa insieme. Poi l’idea è diventata sempre più ingombrante, e da una sessione di registrazione in studio si è passati alla costruzione di un intero tour.
Sul palco i tre artisti si muoveranno come una persona sola, tutti presenti in scena per l’intero show, con un’unica band, proponendo i successi (ma non solo) delle loro storie discografiche.
Pezzali, che di questo progetto è un po’ il padrino, è sicuro: “Ormai penso che il pubblico sia stanco della solita tournée progettata dopo l’uscita di un album, con la scaletta del concerto costruita attorno alle nuove canzoni. Servono nuovi stimoli, sia a chi sta sul palco sia al pubblico”. Certo nella storia della musica italiana non mancano esperienze simili (si veda la storica avventura del trio Javanotti – Eros Ramazzotti -Pino Daniele, o più recentemente il fortunato progetto di Niccolò Fabi, Max Gazzè e Daniele Silvestri), ma la buona riuscita è sempre un’incognita, dal momento che l’esperienza insegna anche che l’unione artistica non corrisponde a una matematica somma di pubblico.
Nek, Pezzali e Renga al momento si dicono fiduciosi: “Abbiamo messo la palla in movimento, adesso tutto è possibile”. Anche un album quindi? Su questa ipotesi i tre sembrano nicchiare, un po’ per reale incertezza e un po’ forse per scaramanzia, così come non lasciano cadere nel vuoto l’idea di una partecipazione a Sanremo in qualsiasi veste. D’altronde, calendario alla mano, il tour avrà dei buchi proprio nei giorni del festival: presenza in veste di ospiti, concorrenti o addirittura co-conduttori? Chissà.
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I biglietti dei concerti saranno in vendita dalle 16 di mercoledì 13 settembre su TicketOne e dalle 16 del 18 settembre negli abituali punti vendita.

20 gennaio – Unipol Arena di Bologna
22 gennaio – Brixia Forum di Brescia
25 gennaio – RDS Stadium di Genova
26 gennaio – Pala Alpi Tour di Torino
29 gennaio – Adriatic Arena di Pesaro
31 gennaio – Pala Sele di Eboli (SA)
3 febbraio – Pal’Art Hotel di Acireale (CT)
12 febbraio – Pala Bam di Mantova
16 febbraio – Arena Spettacoli Padova Fiere di Padova
20 febbraio – Nelson Mandela Forum di Firenze

Ancora nessuna traccia degli appuntamenti di Milano e Roma, e qui è Ferdinando Salzano di F&P a prendere la parola: “Stiamo a vedere come andrà la prevendita, poi decideremo cosa fare, e non è detto che non ci siano sorprese”.

George Michael: un remix di Fantasy e la riedizione di Listen Without Prejudice Vol 1 e MTV Unplugged

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Il 20 ottobre Sony Music ripubblicherà Listen Without Prejudice Vol 1il secondo album solista di George Michael, insieme a MTV Unplugged rimasterizzato, e con un brano in più, Fantasy, remixato e arricchito del featuring di Nile Rodgers.
L’album esce in formato standard 2 cd e digitale, deluxe (con un terzo cd contenente speciali remix e b-sides, un dvd con Listen Without Prejudice Southbank Show special del 1990, la performance di Freedom! 90 per i 10 anni di MTV, un codice per il download di Fantasy e un libretto con foto e memorabilia dall’archivio personale di George Michael) e vinile (con Listen Without Prejudice Vol 1).
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All’inizio del 2016 George era alla ricerca del singolo perfetto con cui lanciare l’attesissima riedizione di Listen Without Prejudice Vol.1/MTV Unplugged, e la scelta era ricaduta su Fantasy. Così ha contattato Nile Rodgers, l’unica persona che avrebbe potuto rendere il brano ancora più funky di quanto non fosse già.
Originariamente inciso da George Michael alla fine degli anni ‘80, doveva già far parte di Listen Without Prejudice Vol.1, addirittura come uno dei singoli di punta dell’album, ma era invece passato in sordina.
E’ stato pubblicato nel 1990 come B-side della versione americana del singolo Freedom! ‘90 e della versione britannica di Waiting For That Day.
Nel 1991 George Michael l’ha cantato nel corso del Cover tour e ha voluto anche regalarla ai suoi fan, facendo trovare una cassetta con il brano su ciascuno dei posti a sedere nei luoghi dove si era esibito.

La performance unplugged per MTV è stata registrata a Londra nel 1996 e include brani che hanno segnato la carriera di George dal periodo degli Wham! fino a Older.

BITS-RECE: unòrsominòre. Una valle che brucia + Analisi logica EP. Un flusso della coscienza

BITS-RECE: radiografia emozionale di un disco in una manciata di bit.


Emiliano Merlin è il nome e la mente che si nasconde dietro al progetto unòrsominòre. (scritto esattamente così, con gli accenti e il punto finale). Musicista – e ricercatore di astronomia – veronese trasferitosi a Roma, dopo l’esordio con La vita agra nel 2012, nell’aprile 2017 ha pubblicato due nuovi lavori in contemporanea (a offerta libera su bandcamp nell’edizione digitale), l’album Una valle che brucia e l’EP Analisi logica. Due lavori che dovevano necessariamente restare separati vista la netta differenza di suoni e intenzioni che li caratterizza. Una differenza che, almeno nel mio caso, si porta dietro anche una netta distinzione di giudizio. Quanto l’album è sovraccarico di emozioni, tanto l’EP suona vuoto e pretestuoso.

E proprio da qui voglio partire. Le tre tracce di Analisi logica seguono quella ruvida natura indie rock che non sono mai riuscito a digerire, ma ancora di più quello che non riesco a digerire è la lezioncina morale – l’ennesima – che un cantautore si sente in diritto e dovere di rovesciare su di noi, povero popolo troppo impegnato tra selfie e aperitivi per capire come gira davvero il mondo. Un testo come quello di O tempora, il pezzo di apertura, pur con tutto il sarcasmo, suona come una versione riveduta, corretta e inacidita dell’Avvelenata di gucciniana memoria, con la differenza che in quel caso eravamo davanti a un testo e a un’intenzione di ben altra levatura, e soprattutto non c’era – o almeno non ci ho mai percepito – la voglia dell’autore di porsi su un livello più alto, ma semplicemente l’amara dichiarazione di non essere parte di un certo tipo di circo umano. Anzi, Guccini se la prendeva con quella frangia di critica seriosa di cui il nostro unòrsominòre. sembra proprio far parte. Là c’era il bersaglio della politica, qui di Instagram. E va beh, segno dei tempi. Apprezzabili comunque le numerose variazioni ritmiche della base, realizzate in un certosino lavoro di copia-e-incolla di sequenze.
Suonano meno retorici i due pezzi successivi, Épater le bourgeois e pezzali, che non riescono comunque a rendere veramente interessante il disco.
unòrsominòre. 3 (foto Michele Bergamini)
Come dicevo però, a fronte di un EP liquidabile, unòrsominòre. regala meraviglie con quello che un tempo si sarebbe chiamato LP, cioè l’album vero e proprio, Una valle che brucia. Undici tracce partorite da un lunghissimo e densissimo flusso di coscienza, musicalmente sospese tra chitarre e sintetizzatori.
Una valle che brucia è un disco inquieto, tormentato e spietato, capace di metterti a disagio nel suo essere nudo e sincero. Le riflessioni dei testi passano dalle considerazioni sulla presenza o assenza di Dio, ai gesti eroici di chi ha offerto la propria vita per il prossimo, fino a scontrarsi con la tragedia odierna dei migranti. Anche qui, non mancano episodi di critica sociale nell’era del web e dei tuttologi (Fare bene / Fare meglio).
Amaramente disillusa la preghiera atea di Hubris o Preghiera senza dio, violentissima e vivida la denuncia di Mattatoio, che si scaglia sull’uccisione degli animali per scopi alimentari. Dappertutto regna una tensione emotiva greve, plumbea e quasi liturgica, sulla quale si scolpiscono come diaspro testi densissimi.

Il capolavoro, unòrsominòre. lo realizza con Varsavia, brano ermetico e dall’atmosfera disagiante, grondante di riferimenti storici e letterari. Un monolite cantautorale ingombrante e apocalittico, nero e deserto come un campo di lava rafferma.

L’edizione fisica dei due lavori, disponibile su ordinazione via mail, consiste in una bustina di cartoncino riciclato, contenente i due cd, fotografie, e un codice per downloadare alcuni contenuti speciali (una raccolta di foto delle sedute di registrazione del disco, un libretto con i testi delle canzoni stampato nel formato degli articoli scientifici, con tanto di note a fondo pagina, e una versione alternativa di una delle canzoni del disco).

Modern Art: urbanesimo e tropici per il ritorno di Nina Zilli

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Due anni fa cantava di frasi e fumo, oggi inaugura l’era dell’urbanesimo.
Proprio così, “urbanesimo”, nel senso che dal soul e dalle sonorità vintage con cui l’avevamo lasciata, Nina Zilli si è spostata sul versante dell’urban, quello cioè che ingloba in un insieme pullulante r’n’b, hip hop e reggae, mettendoci anche una discreta quantità di elettronica e pop ad alto tasso di beat. L’altro termine che lei stessa associa al suo nuovo capitolo discografico è tropicale, perché zeppo di colori (a partire dalla copertina e dal booklet, in cui i testi sono ripresi dalle pagine di un diario di Nina).
Questo nuovo capitolo discografico ha un titolo eloquente, Modern Art, a indicare qualcosa di nuovo, “moderno” per l’appunto, come i suoni che lo riempiono, profondamente versatile e con i piedi ben piantati sulla strada.
Se prima c’erano le nuvole, oggi c’è il sole, che precisamente è quello dello Giamaica, dove il disco ha preso forma, insieme a Milano.
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Dodici brani in tutto, di cui undici inediti e una rivisitazione urbana, “moderna” e piuttosto ben riuscita di Il mio posto qual è di Ornella Vanoni. Unico ospite, J-Ax in Butti giù.
Si parla di amore, inteso nella sua più ampia accezione di sentimento universale e condiviso, perché, anzi, quello privato rischia di riservare le più grandi delusioni: proprio oggi in cui tutto viene condiviso virtualmente, Nina lancia dei brani-manifesto richiamando l’attenzione sull’importanza di una condivisione reale di intenti e di amore, l’unico modo davvero efficace per annullare il desiderio di guerra e di violenza. Pacifismo. Una condivisione autentica, come quella che si realizzava prima che Facebook ingurgitasse il nostro stile di vita.

Un album che punta uno scalino più in su del precedente mostrando forza, consapevolezza e assoluta libertà di movimento, e che rappresenta – se non proprio un’evoluzione – una svolta stilistica nel percorso di un’artista che eravamo abituati a vedere incasellata nella pur elegante cornice del soul, ma che ha sempre avuto anche una certa familiarità con il reggae, tornando ora a calpestarlo.
Forse un po’ spiazzante a un primo impatto (il singolo Mi hai fatto fare tardi non è in effetti tra i momenti più incisivi), Modern Art ha dei grandi punti di forza in brani come 1xunattimo, nel pop uptempo di Notte di luglio e nella cover Il mio posto qual è, e riesce a stare in piedi senza cadere in una riduttiva imitazione dei modelli d’oltreoceano, dove l’urban è effettivamente di casa.