BITS-CHAT: Un rap violento, che parla (anche) d’amore. Quattro chiacchiere con… Luchè

“Un disco molto personale, con momenti introspettivi e dark: ho voluto trovare un suono che mi distinguesse da quello che c’è in giro. Ho lavorato tanto sui ritornelli. Ci sono pezzi più forti, altri più intensi, parlo anche d’amore. Non ci sono invece pezzi crudi, O’ Primmo ammore in questo senso è un’eccezione, perché non voglio ripetermi: ho voluto parlare di me, ma in modo diverso dal passato, ho messo davanti la mia persona rispetto al contesto.”

Così Luchè parla del suo ultimo album, Malammore, il terzo lavoro solista da quando nel 2012 il progetto Co’ Sang, di cui faceva parte con il collega ‘Ntò, ha cessato di esistere. Da allora sono arrivati gli album L1 e L2.

O’ Primmo ammore è stato uno dei primi brani che il pubblico ha ascoltato del nuovo disco, essendo stato inserito nella colonna sonora della serie TV Gomorra.
Già, Gomorra, proprio quella “di Saviano”, quella di Napoli, la città di Luchè, anche se ormai vive da parecchi anni a Londra.

“Spesso mi capita di spiazzare le aspettative: non sono per forza il rapper del ghetto di Napoli. Sono anche quello, ma non solo, e mi piace cambiare direzione ogni volta, far venire fuori qualcosa di nuovo, anche se all’inizio chi mi ascolta potrebbe non capire.”

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Perché scegliere Che Dio mi benedica come singolo di lancio?
Quella è una canzone che difficilmente ci si aspetta da me. Parla di un ragazzo che non si piace, ha dei complessi, sta uscendo da una relazione. Una situazione che ho vissuto sulla mia pelle, ma ognuno di noi ha delle insicurezze, tutti almeno una volta ci siamo odiati, ecco perché ho voluto scriverla.

E la scelta del titolo dell’album? Che cos’è il Malammore?
Non potevo continuare la serie L3, L4, L5… Forse in futuro ci tornerò. Malammore è stato il mio primo tatuaggio, fatto a 17 anni, ma è anche il nome di uno dei personaggi di Gomorra. E’ una parola che indica l’amore, la passione, il dramma, racchiude il mood del disco: è un amore dannato, una passione che ti annienta, come la musica per me. Rimettermi in gioco ogni volta, cercare di superarmi mi distrugge, anche se io amo la musica: amo la canzone finita, non amo il processo di creazione. Malammore è questo, un compromesso di amore e sofferenza.

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Questa sofferenza si combatte?
Sì, ma non so bene come: si combatte e basta. Io continuo a fare musica perché mi sento spronato da quelli che mi ascoltano, so che ci sono loro che aspettano le mie canzoni, e questo mi fa continuare a scriverne di nuove.

In Violento fai riferimento al fatto che alle major non piaceva la tua musica: resta il fatto però che questo album esce per Universal. Cos’è successo? Ti sei censurato per poterlo pubblicare?
No, no, la libertà che mi sono preso è stata totale. Ho firmato con Universal a disco già chiuso: negli incontri che ho avuto con i discografici per definire l’accordo, mi hanno dimostrato di aver capito che esiste un mercato hip hop fatto da un determinato numero di persone, e che quel mercato se lo dividono i vari rapper, ognuno con la propria fanbase. Quindi non è tanto importante avere un singolo radiofonico, ma è l’artista che tira: se c’è un singolo forte a disposizione meglio, ma insieme siamo arrivati alla considerazione che il pubblico segue il rapper indipendentemente dal passaggio in radio. Ecco perché non mi hanno imposto nulla. Nella canzone dico che alle major non piaccio perché il mio sound è violento, ma è sempre stato così.

Tra le collaborazioni ci sono Gue Pequeno, Baby K e CoCo: perché hai scelto di coinvolgere loro?
Con Gue Pequeno abbiamo fatto Bello, un pezzo forte, pieno di punchlines, “spaccone”, tamarro, come ama fare lui. Baby K invece l’ho coinvolta per un pezzo d’amore, Quelli di ieri: ho fatto io il beat e ho chiamato lei per la parte cantata, sapendo già che le sarebbe piaciuto. CoCo lo seguo dagli inizi, è il mio migliore amico: insieme stiamo creando il movimento “black Friday”. Per il resto, ho lavorato con il gruppo di lavoro che già mi seguiva.

Malammore è un album piuttosto lungo, con 19 pezzi: avevi tanto da raccontare?
Dopo due anni dall’ultimo album, non volevo tornare con un disco di 11 pezzi, sarebbe stato incompleto: inoltre, 3 tracce erano già uscite, per cui di fatto gli inediti sono 16. Volevo bilanciare i vari stili, le influenze. Quando scrivo, di solito scarto pochissimo: se non mi sento sicuro di un pezzo, non lo finisco neanche.

Pensi che l’hip hop sia cambiato in questi ultimi 3-4 anni di grande esposizione mediatica?
E’ cambiato molto: la nuova generazione di rapper strizza molto l’occhio all’America, molto più di quanto non facessimo noi. Tra le cose che vedo e che non mi piacciono c’è la ricerca della canzone trash, fatta per una comicità “alla Pierino e Bombolo”, come se fossimo un pubblico di cretini. Dall’altra parte, ci sono però dei rapper che hanno sonorità internazionali, che si richiamano alla Francia o, come dicevo, all’America: sono giovani, per cui magari devono crescere, ma ci portano fuori da quel fastidioso “rap all’italiana”. Il pubblico cerca dei messaggi, cerca dei leader, dei punti di riferimento, e i rapper possono essere in questo senso dei modelli.

Una domanda di rito per BitsRebel: cosa significa per te il termine “ribellione”? 
La ribellione non la definisci, la provi. In questa società, la più grande forma di ribellione è essere se stessi: oggi i ragazzi si muovo in massa, non ragionano da soli, ma per schemi. La ribellione è importante se ha uno scopo, non se è fine a se stessa: penso a Napoli, una città dove la ribellione è necessaria, perché siamo stati strumentalizzati e spesso viviamo credendo che questa sia la situazione che ci meritiamo. Per Napoli, ribellarsi vuol dire opporsi a un destino che sembra già scritto: dobbiamo ritrovare la dignità, meritiamo di avere degli input, meritiamo un sistema che funzioni, meritiamo di non sentirci inferiori. Perché in Italia quasi nessuno ha parlato dell’evento di Dolce&Gabbana che si è svolto a Napoli, mentre i media stranieri sì? Perché Napoli serve per essere strumentalizzata, per farci Gomorra: c’è razzismo, dà fastidio vedere Napoli capitale della moda, anche solo per qualche giorno. Apprezzo Saviano soprattutto quando parla di politica, meno quando analizza l’attualità: le sue denunce sarebbero state utilissime se poi fosse cambiato qualcosa, ma nella sostanza la rivoluzione sociale non c’è stata.

Nell’assopimento delle coscienze, la musica ha delle colpe?
La musica no, sono gli artisti ad averle: dipende da come si usa la musica, e oggi molti la sfruttano solo per diventare famosi. La musica potrebbe fare tantissimo, ma deve scontrarsi con queste situazioni, e con una grande ignoranza del pubblico.

Brooke Candy. La più cattiva delle popstar

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Per questione di sintesi, nel titolo di questo articolo ho scritto “popstar”, ma il mondo di Brooke Candy ruota in realtà attorno tanto al pop quanto all’hip hop, e non è raro leggere per lei la definizione di “rapper”. Resta comunque il fatto che il suo è il volto più perverso e più cattivo tra quelli attualmente in circolazione nel pop e nell’hip hop: un volto sfrontato, provocatorio e provocante, distorto, assolutamente affascinante.

Pensate alla Lady Gaga di qualche anno fa (diciamo il periodo Bad Romance/Alejandro), prima cioè che decidesse di vestire i panni di dama del jazz: outfit estremi, e un deciso gusto per il “non bello”, il blasfemo, persino il macabro (vi ricordate i teschi, i litri di sangue finto, l’abito di carne cruda?). Ecco, pensate a quella Lady Gaga e poi ripensatela al quadrato o al cubo, e avrete un’idea più o meno precisa di quello che è Brooke Candy.
Probabilmente, se non fosse arrivata Lady Gaga a buttare sul pop quella secchiata di vernice color petrolio, oggi non avremmo Brooke Candy (così come non avremmo mai avuto Gaga se non ci fosse stata prima Madonna, che a sua volta deve molto a icone come Debbie Harry, e via così all’indietro, con buona pace di tutti): questo non perché Lady Gaga abbia davvero inventato qualcosa, ma è stato il personaggio che è riuscito a dare enorme visibilità a certe scelte di stile.
Ecco, la giovane Brooke si è messa su questa strada: nonostante il confronto inevitabile, pare però che non ami essere accostata alla Germanotta, ma piuttosto ha dichiarato di ispirarsi a un’altra diva del music biz, Lil’ Kim.

Nata a Oxnard, in California, nel 1989, Brooke è figlia del direttore finanziario della rivista a tinte porno Hustler. I primi passi nella musica li ha mossi nel 2012, quando i suoi primi video sono apparsi su Youtube: fra questi c’era Das Me, che la vedeva in versione cyber con capelli fucsia e mega zatteroni. Sono arrivate le prime collaborazioni (Charlie XCX, Grimes), le prime citazioni su magazine di musica e di moda e il suo nome ha iniziato a girare.

Il primo punto di svolta è però arrivato nel 2014, quando Brooke ha fatto il colpaccio aggiudicandosi la regia dell’arcipatinato Steven Klein per il video di Opulence, il singolo – firmato anche da Sia e prodotto da Diplo – che avrebbe dato il titolo al primo EP: scenario violentissimo, atmosfere claustrofobiche, distopiche, visionarie, un’orgia di delirio e sesso. In poche hanno osato così tanto, Brooke Candy si è spinta ben al di là delle bistecche crude di Gaga, ci ha mostrato il lato più malato e perverso a cui può arrivare il pop.
Ad oggi il video conta solo 2 milioni di visualizzazioni, il disco non ha lasciato segno in classifica e il nome di Brooke Candy è rimasto nel limbo dell’underground o poco più.
Forse ci si aspettava un altro riscontro…

La ragazza non si è comunque fermata, ma anzi si è legata sempre di più al mondo del fashion, seguendo la stessa ricetta delle colleghe più celebri, ma facendo le cose a modo suo: come aveva fatto Lady Gaga nel periodo Born This Way, ha lavorato a stretto contatto con lo stylist Nicola Formichetti, un altro a cui piacciono molto le bizzarrie noir, e si è fatta splendidamente immortalare – tra gli altri – da Klein, Terry Richardson, Richard Burbridge, in servizi fotografici che difficilmente hanno lasciato indifferenti. Tra il 2015 e il 2016 ha collaborato con il colosso M.A.C. per lanciare sul mercato due linee di cosmetici.
Non bisogna certo essere Madonna per sapere quanto sia fondamentale per una popstar vendere bene la propria immagine: Brooke Candy lo fa portando il gioco all’estremo, con un’immagine potente e sfacciata, eppure bellissima. Restando perfettamente a metà strada tra pop e hip hop, Brooke li concentra anche nel suo universo visivo: più patinata di Lil’ Kim, più cattiva di Lady Gaga, molto più sporca di Nicki Minaj, ancora più eccessiva di Rihanna. 

Se volete fidanzarvi con lei, sappiate che si definisce “pansessuale”, mentre se entrerete a far parte della schiera dei suoi fan, sarete dei #FagMob.

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Nell’ultimo anno Brooke Candy ha pubblicato diversi singoli (quasi tutti accompagnati dai relativi video), molti dei quali quali finiranno probabilmente in The Daddy Issues, il suo primo album, che dovrebbe arrivare entro la fine del 2016: uscirà per la Sony e si parla di una produzione curatissima, in cui è stata coinvolta anche Sia.

Insomma, sembra arrivato anche per lei il momento del grande salto.
E io lo aspetto, con una certa impazienza.

#NUOVAMUSICA: Cecile feat. Kuerty Uyop, AfroFunky

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Dopo le barre arrabbiatissime, di N.E.G.R.A. con cui l’avevamo conosciuta a Sanremo, Cecile torna con un pezzo decisamente più solare.
Il nuovo singolo, lanciato proprio per l’estate, si intitola AfroFunky (Musica per l’Africa) ed è una commistione di leggerezza e impegno sociale: con questo brano Cecile sostiene infatti Amref, società no-profit che si occupa da 60 anni dell’Africa e che celebrerà nel 2017 una campagna dal nome “Musica per l’Africa”, mentre musicalmente si sposta su territori dancehall.

AfroFunky vede la partecipazione del duo i DJ Kuerty Uyop, mentre il video, firmato da Cosimo Alemà, è stato girato tra Piazza Vittorio a Roma (una vera kasbah multirazziale), una farmacia, la spiaggia… e una location segreta.

“Sono pigro, torno alle cover”: Giuliano Palma torna con Groovin’

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Dagli Aristogatti a Elton John, passando per Vasco Rossi.

Dopo Old Boy, uscito due anni fa, per il nuovo progetto discografico, Giuliano Palma torna al mondo delle cover,e lo fa con Groovin’. Il motivo di questa scelta è lui stesso a rivelarlo, tra il serio e il faceto: “Sono pigro, di una pigrizia che a volte rasenta l’accidia: inizialmente volevo tornare con un album di inediti, poi ci sono state delle vicissitudini personali e professionali che mi hanno tenuto lontano dalla scrittura, e la pigrizia ha preso il sopravvento: non volevo pubblicare un disco di cui non fossi convinto, così ho scelto le cover”.
Per la prima volta nella sua carriera, durante la lavorazione di Groovin’ non ha curato personalmente tutti i dettagli – a cominciare dai fiati -, ma si è affidato alle mani del nuovo team, di cui fanno parte Fabrizio Ferraguzzo, Riccardo “Deepa” Di Paola e Riccardo “Jeeba” Gibertini, perché – confessa – aveva capito di potersi fidare e di aver trovato in loro il giusto feeling, il “groove” che dà il titolo all’album.

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E lui il groove è uno che ce l’ha sempre avuto, a differenza di altri che si sono persi, distratti, e che il groove non hanno saputo mantenerlo: sono proprio queste persone quelle che, metaforicamente, compaiono sulla copertina del disco girate di spalle, mentre lui prosegue per la sua strada guardando dritto l’obiettivo (“Dicono che sono un crooner, e quindi croono“), sempre attraverso gli immancabili occhiali neri.
E proprio parlando di groove e del nuovo gruppo di lavoro, Giuliano non riesce a trattenersi dall’esprimere il rammarico e la rabbia per la fine del rapporto professionale con il suo storico collaboratore e amico Fabio Merigo: “Insieme avevamo una missione, e dopo tanti anni non avrei immaginato che finisse così, invece l’ho visto perdersi per strada per una donna. E’ stato come un tradimento”.

Nelle 13 cover dell’album non mancano le partecipazioni, come quella di Cris Cab nella versione italiana di Bada Bing, scelta come primo singolo (“Per la versione italiana la casa discografica si è rivolta a me: è la prima volta che metto in un mio album un pezzo di cui sono solo ospite”), Fabri Fibra per Splendida giornata di Vasco Rossi, riletta in chiave reggae, Clementino in I say I’ sto cca di Pino Daniele (“La presenza di Fabri Fibra e Clementino mi aiuta ad avvicinare a miei suoni un pubblico che altrimenti ne resterebbe distante: sono felice che Fibra abbia accettato, perché è un artista per nulla mondano, Clementino ha spaccato rappando in slang”), e Chiara in Don’t Go Beaking My Heart, portata al successo a Elton John e Kiki Dee (“Chiara l’ho conosciuta perché abbiamo lo stesso management: per questo pezzo è perfetta”).
Tra gli altri brani, menzione speciale meritano Eternità dei Camaleonti, You’ll Never Walk Alone, scritto nel 1945 dal duo statunitense Rodgers/Hammerstein e così popolare da divenire l’inno ufficiale del Liverpool (“Quando ci sono le partite è bellissimo vedere tutto il pubblico, dal bambino alla vecchietta con la sciarpa della squadra, intonare la canzone”), Qui e là di Patty Pravo, e Alleluja! Tutti jazzisti, tratta dal cartone animato Gli Aristogatti e già presente in We Love Disney (“Questo era il pezzo che tutti gli artisti coinvolti nel progetto volevano fare, ed è stato affidato a me!”).

A chiudere l’inedito Un pazzo come me (“Parla degli inquieti”).

Groovin’ è dedicato a Carlo Ubaldo Rossi, musicista e produttore scomparso nel 2015 in un incidente: “La sua perdita è uno strazio, non saprei definirla diversamente”.

#NUOVAMUSICA: Moreno,Un giorno di festa

Frutto dell’incontro con Big Fish, Un giorno di festa è il nuovo singolo di Moreno, antipasto estivo del nuovo album in arrivo il 2 settembre.
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Il brano, ultra-light e “colorato”, sembra riproporre un po’ la ricetta che lo scorso anno fece scoppiare la bomba di Roma-Bangkok: base tra dancehall, pop ed elettronica, una forte dose di hip hop touch e testo spensieratissimo, dove il sole e le spiagge sono i protagonisti.

Tutti i presupposti per farne una nuova mega-hit.

Furbino, il ragazzo, furbino!! 

Uè uè, ritorna Luchè! Il nuovo album è Malammore

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Arriverà il 15 luglio Malammore, il nuovo disco del fondatore dei Co’ Sang, Luchè che vedrà la partecipazione di Guè Pequeno, Baby K e il rapper napoletano Coco.

Rime esplicite, atmosfere gangster e una produzione sonora di alto livello, Malammore è fortemente ancorato alle radici ma è altrettanto teso verso atmosfere di livello internazionale.

Il disco è stato anticipato dal singolo O’ primmo ammore, incluso in anteprima nella decima puntata della serie tv Gomorra.

Questa la tracklist:
Violento
Il mio nome
O’ primmo ammore
Bello (feat. Guè Pequeno)
Fin qui (feat. Coco)
Che Dio mi benedica
Per la mia città
E’ sord
Non mi va
Stesso viso (feat. Da Blonde)
Quando non ero nessuno
Cos’hai da dire (feat. Coco)
Ti amo
Quelli di ieri (feat. Baby K)
Il mio ricordo
Andro’ via da qui
Devi amarmi
E’ cumpagn mie (Bonus track)
Nisciun (Bonus track).

Fabio Rovazzi: quando lo streaming diventa… oro

E’ un vero e proprio caso dell’Internet, il primo di questo tipo in Italia: Fabio Rovazzi, youtuber/videomaker milanese, si è infatti guadagnato il disco d’oro per il suo brano Andiamo a comandare solo grazie allo streaming.

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Un risultato significato e per certi aspetti storico, perché se da una parte conferma quanto siano “forti” e influenti le star create dal web (ma questo già si sapeva), dall’altro ci mette davanti uno scenario nuovo per il mercato discografico, fatto non più di download e copie vendute, ma di ascolti on line.

Se il mercato americano si era già da tempo confrontato con questo fenomeno, al punto che Billboard da più di anno ormai ha adeguato i criteri per stilare le sue classifiche tenendo conto anche dello streaming, in Italia non era mai accaduto che una certificazione ufficiale della FIMI venisse attribuita esclusivamente grazie a questo servizio.

Il singolo è disponibile su iTunes da venerdì 17 giugno, mentre inizierà a girare in radio dal 24.

Merk & Kremont, dj/producer italiani, hanno curato la produzione musicale del brano e compaiono come guest del videoclip nel ruolo di Ghost Produttori. Inoltre nella clip sono coinvolti alcuni dei più importanti youtuber italiani, oltre J-Ax e Fedez.

Ma chi si nasconde dietro questo successo?
Se anche a voi il nome di Fabio Rovazzi fa comparire un emblematico punto interrogativo in testa, eccovi in breve la biografia della nuova star della Rete: nasce nel quartiere di Lambrate, a Milano, il 18 gennaio 1994. Si avvicina al mondo del web come videomaker e autore, collaborando con alcuni dei più importanti Youtuber nella realizzazione dei loro video, e coltiva la sua passione per la musica elettronica. Nel 2014, apre la sua pagina su Facebook e inizia a realizzare i propri video, alternando la pubblicazione di video su Facebook all’attività di videomaker per artisti come Merk & Kremont e Fred De Palma, oltre a realizzare video aziendali per importanti brand italiani. Il suo lavoro non passa inosservato e anche due artisti come Fedez e J-Ax si accorgono di lui, chiedendogli di iniziare a collaborare. Per Fedez cura la realizzazione di alcuni Videodiary, oltre a partecipare come guest star in diversi dei suoi video. Con J-Ax, partecipa alla trasmissione Sorci Verdi. Nel 2016 Fabio affida il proprio management alla label Newtopia, sotto l’egida di Fedez e J-Ax.

#NUOVAMUSICA: Luana, MTCPM

MTCPM (Ma tu ci pensi mai) è il nuovo singolo di Luana.

Il brano, disponibile in freedownload sul sito www.luanacorino.it segna un vero e proprio inizio discografico per la ragazza, che nei primi anni 2000 era apparsa sulla scena con lo pseudonimo LaMiss.

Nel 2009 ha pubblicato il suo primo album, Il profumo della pioggia, che contiene collaborazioni con artisti hip hop come Tormento, Amir e Dj Double S.
Nel 2011 è arrivato Follia amatoriale, da cui viene estratto anche il singolo Cosa ti prende, in collaborazione con Baby K.

Nel febbraio del 2012 LaMiss entra a far parte degli artisti di MTV New Generation con il singolo Pistole ad acqua.

Luana decide però di abbandonare lo pseudonimo LaMiss, incidendo provini realizzati con sound e testi totalmente nuovi rispetto ai lavori precedenti: verso la fine del 2013 incontra il produttore Big Fish al quale decide di far ascoltare i suoi nuovi provini. Tra questi c’è L’appartamento, che viene scelto per essere pubblicato dalla sua etichetta Doner Music.

MTCPM è l’inizio di questo nuovo capitolo.

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